7 settembre: dipendenza e morte

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da CHICO ALENCAR*

Capitol cavalca di nuovo; ricordiamoci che Trump, l'idolo delle “tasche”, ha prevalso su se stesso

Il "Uh, impazzendo?"

Il pittore Pedro Américo (1843-1905), di Paraíba che trascorse la maggior parte della sua vita a Firenze (Italia), non avrebbe mai immaginato che il suo dipinto storico-romantico, “O Grito do Ipiranga”, sarebbe stato oggetto di un tentativo di “incarnazione ” da parte di un Presidente della Repubblica nel XXI secolo.

Presentata nel 1888, dopo tre anni di elaborazione, la tela “colossale”, che misura 7,6 per 4,15 m, idealizza l'atto di rottura con il Portogallo, rendendolo un episodio molto più grandioso di quello che fu. Il 7 settembre 1895 fu aperto al pubblico al Museu Paulista.

Bolsonaro deve aver visto l'illustrazione in qualche libro di testo ed è entrato in un autoproclamato "Imperatore". C'è infatti chi garantisce di avere questa delusione assolutistica da tre anni o più...

Quel 7 settembre 2021 vuole essere al centro del ritratto. Il suo grido sarà, come si vanta, un “ultimatum” contro chi “limita i suoi poteri”. Ultimatum che è un “ti uccido” per chi contesta l'autocrate, erede dell'autoritarismo monarchico di D. Pedro I. Dipendenza (continua) e morte.

Come nel dipinto di Pedro Américo, Bolsonaro vuole sempre essere circondato da soldati imponenti e civili sottomessi. Vuole sguainare la spada – arrugginita – e sentire un “autorizzo” ad assumere pieni poteri, contrari alla Costituzione. Ama cavalcare, alla Mussolini, un cavallo focoso, vero e proprio simbolo di forza guerriera (nel dipinto, altra “licenza pittorica” di Américo, poiché, all'epoca, nei lunghi viaggi, come quello che il Principe Reggente fatto con il suo entourage a São Paulo, si usavano solo asini, muli e asini, che erano più resistenti…)

L'opera d'arte che il capitano dei Bolsobelievers vuole mettere in scena – come una farsa – contiene però dettagli realistici. Nel famoso quadro, le persone sono in disparte: un operaio senza camicia, alla guida di un carro trainato da tronchi di legno (deforestazione inaugurale?), guarda con stupore ciò che non lo riguarda. C'è anche un osservatore a cavallo e un operaio nero che parte, portando le sue ceste, dando le spalle a un “grido” che non era né clamoroso né schiavitù abolita.

Così continua il nostro Brasile, con un governo alieno dal dolore, dall'esclusione e dai diritti della maggioranza. Il silenzio complice di fronte a 584mila famiglie in lutto per il Covid, i ritardi e i tentativi di corruzione nell'acquisto dei vaccini, l'inflazione galoppante. Il torrente Ipiranga in diminuzione, nella parte inferiore dello schermo, bagnando le zampe posteriori degli animali in primo piano, sembra prefigurare la crisi idrica...

Domani un corteo neofascista raglierà di armamenti, “voto stampato”, “inquadramento dei ministri”, arresto di comunisti e altri slogan fuori luogo, stupidi, devianti dalla realtà. Discorsi fondamentalisti, e persino una lettera del patetico prigioniero Roberto Jefferson, inciteranno attacchi contro gli edifici del Congresso e dell'STF. Forse alcuni poliziotti che saranno lì per proteggere i beni pubblici chiudono un occhio.

Potrebbero raggiungere quel punto, ma non saranno in grado di sostenersi, internamente e internazionalmente, già dall'8.

Lontani dalle tinte oscurantiste di questa arretrata e vergognosa “Dipendenza e morte”, i cittadini brasiliani compiranno atti in difesa della democrazia e della Costituzione. È la 27ª edizione del Grido degli Esclusi: Indipendenza e vita!

Chico Alencar È professore, scrittore e consigliere comunale di Rio de Janeiro.

 

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