da BENTO PRADO JR.*
Commento al libro “Sophistic Essays”, di Barbara Cassin
“La vera filosofia ride della filosofia” (Pascal).
sotto il titolo di Saggi sofisticati, Barbara Cassin ci propone quattro saggi che non si limitano a restituire, con i migliori strumenti della filologia, lo stile e la vocazione del sofistico nell'età classica greca o verso la fine dell'Antichità. I tuoi saggi lo fanno, è certo, anche, un'opera di storia, che riporta il sofisma al suo orizzonte originario. Lo fanno anche suggerendo una lettura diversa da quella a cui siamo portati, senza riflettere, dall'inerzia di una tradizione antica: quella platonico-aristotelica, che espelle il sofista oltre i limiti del senso e dell'umanità.
Ma non si tratta solo di rendere giustizia ai sofisti, o di aggiungere generosamente un dossier in più al lungo processo di “recupero”, già doppiamente laico, innescato da giuristi come Hegel, Burkhardt, Grote, Gomperz, Dupréel e Untersteiner . È, piuttosto, il modo più perverso e sottile, di mostrare la permanenza dei vecchi meccanismi di esclusione, tra le righe di testi più o meno recenti, che promuovono il ripristino della dignità del sofista e del sofista.
Riflettiamo sul titolo di questo bellissimo libro. L'aggettivo “sofistico” non qualifica solo l'oggetto più visibile dei saggi. Suggerimento che potrebbe far arrabbiare il lettore: “Ma come! Quindi l'autore confessa, già sulla copertina del suo libro, di fare il sofista? Sì e no, caro lettore. Intendiamoci: più che un'opera filologica, questo libro è l'opera di una filosofia che opera entro i limiti della filosofia stessa, lì dove comunica con lei altro o con la non filosofia (politica, letteratura, psicoanalisi e, al limite, Il mondo reale).
Oggetto dei saggi non è solo la “sofistica storica”, così lontana da noi nel tempo, ma soprattutto la sofistica intesa come “effetto strutturale” della filosofia stessa. Se la definizione platonico-aristotelica della filosofia, sulla scia parmenidiana, come cattura “logica” dell'essere, ha saputo mantenersi viva attraverso i secoli, non sorprende che abbia mantenuto la sua altro o il tuo nemico (definito, fin dall'inizio, come soprannome, cioè menzogna, menzogna, simulacro, fantasma), qualcosa come un “punto cieco” centrale, senza il quale lo sguardo limpido del filosofo perde la sua lucidità o i limiti del suo campo visivo.
In realtà, lo scopo di questo libro è la divisione o la separazione tra il razionale e l'irrazionale, coestensiva all'intera storia della filosofia. Tutto accade come se la filosofia greca classica avesse imposto per sempre una concezione decisivo della ragione, che lo trasforma in uno strumento tagliente. Ricordiamo che già Platone definiva la dialettica o la filosofia (in contrapposizione alla sofistica) rispetto al buon macellaio: l'uno taglia il bue secondo le sue “articolazioni naturali”, l'altro divide le idee (o il mondo reale) secondo una muta sintassi , più antico del nostro linguaggio fin troppo umano.
Ma, per tagliare le cose onestamente con l'uso delle forbici logico-linguistiche, è necessario assumere un taglio netto e assoluto, prima di ogni domanda, tra parole e cose. Perché le parole descrivano adeguatamente le cose, senza ambiguità o contraddizioni, occorre che siano poste come a distanza dalle cose, qualcosa come un cielo logico-linguistico deve fornire quella coesione che essenzialmente manca alla nostra povera terra sublunare.
Un'esigenza che in qualche modo ruba lo spessore del nostro discorso terreno. Quello stesso spessore che si rivela nel Nomos o nel consenso politico privo di qualsiasi fondamento “naturale”, nella produttività del romanzo e della poesia che liberamente costituiscono il mondo, o nella produttività del puro significante della “logica del desiderio” (in Lacan, certamente, se non in Freud).
Riconoscere l'efficacia del linguaggio, o l'efficacia della sua materialità (al di là della sua dimensione semantica) non significa necessariamente tuffarsi nel buio esteriore dell'irragionevolezza. Significa porsi tra filosofia e non filosofia, tra il filosofo e la sua ombra, nel passaggio tra il giorno e la notte, riconoscendo, con lo stesso Platone, che esistono somiglianze che mettono in pericolo l'identità delle essenze, “come quella tra il lupo e il cane, il più selvaggio e il più addomesticato”. Un'“aria di famiglia” visibile nei volti del filosofo e del sofista.
* Bento Prado jr. (1937-2007) è stato professore di filosofia all'Università Federale di São Carlos. Autore, tra gli altri libri, di alcuni saggi (Pace e Terra).
Pubblicato sul giornale Folha San Paolo, il 30 marzo 1991.
Riferimento
Barbara Cassino. saggi sofisticati. Traduzione: Ana Lúcia de Oliveira e Lúcia Cláudia Leão. San Paolo, siciliano, 1990.