La Biennale dell'Avana

Marcelo Guimarães Lima, Dark Fruit, acrilico su carta, 21.5x28 cm, 2020
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da MARCELO GUIMARÉS LIMA*

Il boicottaggio dell'attuale Biennale dell'Avana si inserisce in un contesto generale di attacchi allo Stato cubano e al popolo cubano, attacchi guidati dallo Stato USA aiutato dai paesi associati

Mettiamola nel modo più semplice e diretto possibile: la proposta che circola articolatamente nelle reti di boicottaggio dell'attuale Biennale dell'Avana si inserisce, e non poteva non inserirsi, in un quadro generale di attacchi allo Stato cubano e alla persone, attacchi controllati dallo stato americano aiutato da paesi associati e subordinati in cui prevale l'ideologia e la pratica neoliberista-totalitaria del nostro presente storico. Un presente che vuole e si afferma come antistorico per eccellenza, cioè regressivo, imponente, indiscutibile.

E questo nonostante i critici “ben intenzionati”, ed esistono (con o senza virgolette) ma che, purtroppo per loro e per le loro migliori intenzioni, in certe situazioni non possono essere distinti da quelli espressamente malevoli.

Seguendo la stessa logica “universalista democratica”, bisognerebbe probabilmente boicottare le biennali europee e le mostre equivalenti negli USA in quanto si invocano ragioni politico-culturali o il “collaborazionismo implicito” di artisti che si rifiutano di denunciare esplicitamente, puntualmente, i mali e persino i crimini politici dei rispettivi stati. Crimini come, ad esempio, invasioni, guerre, genocidi, embarghi commerciali, appropriazione di risorse, censura implicita o esplicita, criminalizzazione di Stati e imposizione unilaterale di varie sanzioni contro Stati e interi popoli, ecc.

Promuovere la democrazia altrove e allo stesso tempo, come stiamo assistendo oggi, minare ciò che resta della vita democratica nei paesi “paradigma” della democrazia liberale, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, tra gli altri, non è forse la migliore strategia per convincere coloro che apparentemente hanno bisogno di convincere. Julian Assange avrebbe sicuramente qualcosa da dirci sulla libertà di informazione e sulle azioni contro le leggi dei leader politici nelle democrazie se potessimo consultarlo.

Non mancano esempi recenti e meno recenti di arbitrarietà che fanno del diritto internazionale mere chiacchiere prive di senso reale: l'inflessibile e interminabile embargo “universale”, cioè imposto universalmente e unilateralmente da un paese, gli USA, contro Cuba, ne è un esempio, tra gli altri, diversi altri esempi di illegalità e arbitrarietà esercitate in nome della democrazia liberale e dei suoi “valori”. Arbitrarietà che non può mascherare, per chi vuole vedere la realtà così com'è, la logica o ragione “inequivocabile” del potere come potere, cioè della violenza che, per essere esercitata, può al tempo stesso invocare nobili ideali e , alla fine, fa a meno delle proprie giustificazioni nell'esercizio effettivo del potere.

Cuba con la sua rivoluzione ha dimostrato che la vera indipendenza, l'autodeterminazione nazionale necessitava di un cambio di regime socio-politico per diventare effettiva in America Latina. Lezione pericolosa, ancora attuale o ancora più attuale che mai nella nostra era neoliberista. Le vicissitudini della rivoluzione cubana, il confronto diretto con il potere imperiale ei suoi alleati interni ed esterni, hanno espresso in modo decisivo la forza della volontà popolare. Cuba ha dimostrato che nessuno Stato o regime, per quanto “forte” o imponente, può resistere a un embargo generalizzato, come le sanzioni imposte da tanti decenni al piccolo Paese caraibico, se non ha un deciso appoggio popolare.

Allo stesso modo, comprendere le contraddizioni del processo rivoluzionario cubano, ed esistono come esistono per tutti i processi storici che mirano a un altro futuro per i popoli, contraddizioni in cui si mescolano fattori interni e potenti vincoli esterni della situazione mondiale, è un compito cruciale per le lotte progressiste del nostro tempo.

Ma soprattutto il futuro di Cuba e della sua rivoluzione è un compito autonomo e una decisione del popolo cubano, un popolo che si è sacrificato per costruire una società più egualitaria e non abbandonerà certo, nonostante tutte le difficoltà, le pressioni e i ricatti, il sogno e la lotta. Perché, in fondo, la pura e semplice capitolazione, l'abbandono della lotta rivoluzionaria è, dietro la retorica liberale, la solita pretesa dei soliti avversari.

Il popolo cubano non chiede né ha bisogno di consigli per gestire i propri affari. Così come sono gli artisti cubani a dover decidere delle iniziative artistiche e culturali del Paese a beneficio della società cubana, non hanno certo bisogno di consigli o ordini esterni.

*Marcello Guimarães Lima è un artista, ricercatore, scrittore e insegnante.

 

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