L’emergente cultura nazionale-multipolare

Immagine: Dalila Dalprat
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da LUIS EUSTÁQUIO SOARES*

Una rivoluzione culturale del Sud Globale è assolutamente necessaria. Dovrebbe mirare a decolonizzare l’Occidente

"Non voglio nemmeno che la mia vita venga sottratta agli invasori!" (José Azueta, Messico, 21/04/1914).

Preambolo

Per iniziare questo saggio cito i seguenti versi della poesia “Scenario”, presente nel libro Romanzo di insicurezza (1953), della poetessa riamense Cecília Meireles:

“Vedo una forma nell’aria sollevarsi serenamente:
forma vaga, di tempo distaccato.
È la mano del Guardiamarina, che saluta da lontano.
Eloquenza di un semplice addio:
"Arrivederci! Lavorerò per tutti!…”

(Questo addio scuote la mia vita.)” (MEIRELES, 1979, p. 15)

Comparativamente, considera il frammento seguente Otello, una tragedia di Shakespeare, Atto 1, Scena I, scritta trecentocinquanta anni prima Romanzo di insicurezza:

“Il cielo è testimone:
 Non sono mosso dal dovere o dall’amicizia,
ma, senza rivelarlo, solo l'interesse
Se l'esteriore mostra de' miei atti
 traducimi le tue ragioni
del cuore nei tratti manifesti,
Indosserei il mio cuore sulla manica,
per gettarlo alle torri. Assicurati:
Non sono quello che sono
(SHAKESPEARE, p. 19-20, s/d)).

Prima di analizzare il rapporto che andrò a stabilire tra i due frammenti citati, propongo un dialogo con due teorici e precisamente: con Raymond Willians, da Tragedia moderna (2002); e con l'intellettuale palestinese Edward Said di Cultura e imperialismo (1993).

Dal primo prendo in prestito il suo concetto di tragedia, concepito così: la tragedia viene prima dell'evento tragico, del suo effetto, in quanto immanente agli assetti istituzionali, con le loro convenzioni ed esperienze, strutturate nel segno dell'esclusione e della violenza. Ad esempio, il capitalismo è un modo di produzione con un assetto strutturale-istituzionale assolutamente tragico perché in esso il capitale accumula potere e ricchezza a scapito del lavoro collettivo e individuale, compreso il lavoro schiavo (non retribuito) della natura.

La conseguenza di questa architettura di dominio, per citare un brano tratto dai testi dell’Internazionale Comunista, è la seguente: il modo di produzione capitalistico è una tragica “caverna stretta”, per la borghesia e gli operai, con la differenza sostanziale legata alla fatto che, nell’ambito dei rapporti sociali di produzione, è sempre la classe operaia a presentarsi come oggetto convenzionale di esperienze tragiche, in quanto classe sfruttata e disumanizzata.

Dal secondo, con Said de Cultura e imperialismo, la questione centrale da sviluppare è legata all'esistenza di una cultura imperialista, dalla quale nemmeno autori come Shakespeare sfuggirono, per due ragioni: (i) per il puro e semplice fatto di scrivere in inglese, divenne un rappresentante della L'imperialismo britannico in divenire, anche se non lo sapeva o non lo voleva; (ii) perché, nonostante la qualità estetica della sua produzione letteraria, ha plasmato nelle sue opere teatrali la struttura tragica degli imperi oligarchici occidentali, proiettandoli allo stesso tempo come inconscio estetico e politico per la costituzione e la formazione dell'imperialismo britannico.

Per quanto riguarda il punto ii, esemplare è il brano Borgo (1599), il drammaturgo inglese più noto e famoso. La sua tragica trama ruota attorno all'assassinio del padre di Amleto compiuto da suo zio, Claudio, per usurpare il trono, in consorzio nientemeno che con la regina stessa.

Assassinato, il padre diventa lo Spettro, personaggio che, nell’Atto I, Scena V, implora vendetta nei confronti del figlio nei seguenti termini: “Non permettere che il letto reale di Danimarca diventi una culla di incesto e di lussuria” (SHAKESPERE, 1992, p. 61), evidenziando questa carica affettiva alla fine del brano: “Ricordati di me” (SHAKESPERE, 1992, p.6).

Se, nel dialogo con Sigmund Freud, c'è, nei sogni, un contenuto manifesto, ciò che è sognato; e il contenuto primario, quello che viene rimosso e nascosto dal primo, attraverso processi di spostamento e condensazione, difendo l'esistenza di un'architettura tragica in Borgo costituito da due piani: (a) quello edipico e manifesto, segnato dal richiamo affettivo del padre (ricordati di me); (b) il contenuto principale relativo alle guerre di conquista e di espansione dei regni, degli imperi, dell'imperialismo, rappresentato da Fortimbrás, il principe di Norvegia e gli ambasciatori d'Inghilterra.

Ora, considerato che il primo piano è costituito come una “tana angusta”, le sue convenzioni e le sue esperienze tragiche sono il campo fertile per il verificarsi di tragedie basate sulla colpa, sulla punizione, sulla gelosia, sull’inganno confessionale e sull’autoinganno, limitate dal triangolo edipico paterno, madre, figlio e le loro non meno ridondanze edipiche che vorticano dal miraggio di un sistema di filiazione che replica il padre (nei sostituti Claudio, Amleto, padre e potenziale re), la madre (la regina infedele e il suo virtuale sostituto dell'età, Ofelia) , in futuro di nuovi eredi, considerando la prospettiva del matrimonio di Amleto con Ofelia.

Nei suoi processi intimi e familistici di spostamento e condensazione, la vendicativa trama edipica del dramma produce i suoi tragici effetti con l'omicidio involontario di Polonio, padre di Ofelia, compiuto da Amleto, con il suicidio di Ofelia, con furore, in nome dell'onore, di Laerte , fino a giungere alla conclusione della trama, nell'atto V, con la scena dell'eccidio in cui tutti si vendicano e si uccidono a vicenda, evidenziando il trionfo del tragico secondo piano con il seguente ordine da Amleto quasi morto a Orazio: “Io muoio , Orazio ; il veleno ormai domina quasi tutto il mio spirito; Non posso vivere abbastanza da sapere cosa ci arriva dall'Inghilterra. Tuttavia profetizzo che sarà scelto Fortimbras. Anche il mio voto in punto di morte è suo” (SHAKESPEARE, 1992, p.400).

Il piano edipico dell'opera funziona così come il suo contenuto tragico manifesto, tanto che il primario non è altro che questo: il regno dell'Inghilterra allargata, che comprende anche Danimarca e Norvegia, sarà tanto più vittorioso e imbattibile quanto più sarà è fare la guerra contro altri imperi e nazioni, non poter perdere tempo con intrighi di palazzo. Le sue istituzioni e convenzioni strutturalmente tragiche devono essere organizzate per espandere i territori, colonizzare, saccheggiare, sterminare e schiavizzare le persone. Non c’è spazio per aporie metafisiche nello stile del monologo amletico dell’“essere o non essere, questo è il problema”.

Con Raymond Williams, con Said e con Freud, l'assetto tragico della cultura imperiale o imperialista è il contenuto primario della civiltà occidentale, basata sull'espansione e sulla guerra di saccheggio e di colonizzazione, quell'atto (im)puro di violenza, come sostiene Franz Fanon In I Dannati della Terra (1961). È in questo senso che si può affermare che Shakespeare fu un drammaturgo del proto-imperialismo inglese e divenne l'autore irripetibile e straordinario che è perché seppe esprimere in modo singolare e realistico la dialettica tra contenuto manifesto e contenuto primario. della tragedia moderna, convergente, al fior di socius, la cultura e la politica imperialista anglosassone in molti atti e nelle sue molteplici scene che sono allo stesso tempo edipiche e guerresche, e sempre tragiche.

Dopo aver presentato lo scenario teorico dell'analisi, raggiungo l'obiettivo di questo saggio: analizzare tre forme di cultura, imperialista, concentrandosi sull'ultra-imperialismo americano unipolare; quello antimperialista, basato sulla sovranità nazionale, necessariamente multipolare; e infine la cultura edipica, frutto della manipolazione oligarchica ed erede della formazione del patriarcato occidentale, con il suo tragico assioma legato alla creazione della proprietà privata, dello Stato dei rapporti privati ​​di produzione; e la famiglia monogama, effetto non meno nevrotico-tragico della privatizzazione patrilineare della sessualità e della procreazione della prole, argomento elaborato in dialogo con il libro Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (1884), di Friedrich Engels.

Culture e modi di produzione occidentali

La cultura non è un segmento separato dell’economia e della politica, perché, in questo modo, in convergenza con Félix Guattari e Suely Rolnik de Micropolitica: la cartografia del desiderio (1986, 15), sarà necessariamente una cultura reazionaria, anche se vissuta all'interno di una cultura erudita, popolare o di massa, perché, una volta separata dalla totalità dell'essere sociale, diventa necessariamente impotente, facilmente manipolabile dalla cultura della classe che detiene il potere materiale e, quindi, spirituale. Inoltre, non deve essere confuso con la società civile, concettualizzata da Terry Eagleton Idea di cultura (2011) come ciò di cui viviamo, perché, allo stesso modo, è anche sussunto, segmentato.

Sì, ci sono culture (popolare, erudita, di massa, identitaria, resistenziale, alternativa, emergente) e tutte sono in rapporto dialettico con la cultura dominante di un tempo, che è la cultura immanente nelle formazioni socioeconomiche situate nello spazio e nella tempo; una cultura dell'economia politica e, quindi, delle tipologie dei rapporti sociali di produzione concreti, reali. La civiltà greco-romana generò, in questo processo, una cultura oligarchica che, nel tempo, divenne aristocratica, un effetto ancora tragico derivante dall’ozio fornito dall’espansione militarista e dall’imposizione di rapporti di produzione schiavistica.

La cosiddetta cultura erudita in generale si costituiva come un sistema di prosodia (discorso presumibilmente colto, intonazione, ritmo) e di gesti che amalgamava, con l'avvento della scrittura alfabetica, il modello mistificato della cultura alfabetica.

La formazione socioeconomica del regno del capitale è la base del materialismo storico-culturale dell’universalizzazione del feticismo delle merci, così come dell’economia politica della cultura dei rapporti sociali di produzione basati sui valori di scambio, il cui slogan, per l’appunto, di esistere, egemonicamente, è: nascondere, sussumere, rendere inattuabile la cultura dei valori d'uso della classe operaia e della natura, questa tragedia delle tragedie della civiltà borghese, che colpisce, con un'infinità di avvenimenti tragici, l'intera umanità e gli ecosistemi del pianeta, poiché a essere reso invisibile è sempre il lavoro alienato dalla sua produzione socio-economica individuale e collettiva, compreso il lavoro della natura – e il lavoro è cultura naturale-sociale.

C'è infine la cultura della fase imperialista del capitale e soprattutto del colonialismo, del capitalismo e dell'imperialismo anglosassone, dominanti da quattrocento anni; Inglese, all'inizio; e quello nordamericano dal XX secolo in poi, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa cultura è inseparabile dall’irrazionalità del capitale monopolistico e dell’oligarchia/aristocrazia finanziaria. La sua caratteristica distintiva, in termini di cultura imperialista, è legata alla sussunzione che essa opera delle precedenti culture oligarchiche occidentali, essendo allo stesso tempo metacapitalista, metacoloniale e meta-greco-romana.

Si tratta, quindi, di una cultura plastico-mercantile, fondamentalmente revisionista e artificiale, che si avvale sia dei flussi di dominio, come il razzismo, il machismo, il nazismo, il fascismo, sia dei flussi legati alle lotte per l'emancipazione dei popoli, flussi patriarcali, antimacho, sovranità corporea, autonomia di genere, perché, con Octavio Ianni de Imperialismo e cultura della violenza in America Latina (1970), “l’imperialismo si esercita attraverso le più svariate tecniche di violenza” (IANNI, 1974, p. 96), in quanto è un “sistema che realizza le fasi più avanzate delle strutture di dominio e di appropriazione del capitalismo” ( IANNI,1974, p.96).

Cultura/cultus dell’ultra-imperialismo statunitense

Secondo Alfredo Bosi in Dialetica da colonizzazione (1992, p. 11), la parola cultura ha come origine etimologica il “verbo latino colo, il cui participio passato è cultus e il participio futuro è culturus”. Il primo è legato al passato e al culto, anche, dei morti; il secondo, a sua volta, al processo reale di sviluppo della cultura, che implica, dialetticamente, passato, presente e futuro, soprattutto considerando la cultura come prassi, come dimensione costituita e costituente, considerando ciò per cui lottiamo, come sottolineava Antonio Gramsci in Letteratura e vita nazionale (1950), con lo scopo di affermare che la letteratura nazionale, se nuova, in termini di culturus, deve essere messo in relazione con la lotta per una cultura nazionale e popolare, coinvolta nella storia dei popoli, nelle loro sfide in termini di autosufficienza espressiva, inseparabile dalla dimensione economica e politica, quotidianamente.

Proprio durante il periodo delle lotte per l’indipendenza nei paesi dell’America Latina e approfittando di questa effervescenza emancipatrice, nei primi decenni del XIX secolo, come unità di contraddizione, in America Latina da più di duecento anni queste sfide sono legate alla in seguito alla condanna a morte inflitta dalla Dottrina Monroe del 1823: “Le Americhe appartengono agli americani!” Dopo la seconda guerra mondiale, Harry Truman la globalizzò, nella Grecia devastata dalla guerra, dichiarando “Il mondo appartiene agli Stati Uniti!” È questa l'ambientazione del complesso strategico della dimensione culturale del contemporaneo, ragione del valore simbolico dei versi di Romanzo di insicurezza di Cecília Meireles “È la mano del Guardiamarina, che saluta da lontano. Eloquenza di un semplice addio: arrivederci! Lavorerò per tutti!”

Il tragico assetto istituzionale e convenzionale inaugurato dalla Dottrina Truman esige un’attenzione antimperialista da parte dei popoli e dei paesi, al fine di, come Ensign Tiradentes di Cecília Meireles, posizionarsi al momento della giornata, lavorando per tutti. La lotta, quindi, per la cultura della sovranità nazionale deve necessariamente essere antimperialista e soprattutto anti-antropica, soprattutto perché il capitalismo neoliberista attualmente esistente ha l’immagine e la somiglianza dell’ultra-imperialismo americano.

Con questo vorrei dire che non si può parlare di capitalismo in modo astratto, né di borghesia e di lavoratori. Se ciò che definisce il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione, per la produzione di beni e servizi feticizzati, con la sua primo tra i pari, denaro, questo non significa in alcun modo che esista un solo capitalismo possibile. C'è, al contrario, n possibilità delle culture tragiche del capitale, considerando i limiti finiti della Terra nel metabolismo con la natura e la tradizione oligarchica occidentale, da cui deriva Monsieur capital.

Il capitalismo che esiste realmente, pubblicato a partire dal 2GM, è quello del fossile capitale-dollaro-m-dollaro (dollaro, petrolio, dollaro), con un piede nell’industria culturale della menzogna e degli intrighi senza fine; e l'altro nel suo complesso industriale-militare, in vista del passaggio dalla Rivoluzione tecnico-scientifica-informativa (la Terza), alla Quarta, relativa ai progressi scientifici nel campo delle nanotecnologie e dell'ingegneria genetica, con la possibile proiezione di costituzione, in infatti, del post-umano, scheggiato, ciascuno con il proprio codice a barre.

Ho aggettivato “il capitalismo che esiste realmente”, all’americano, con il participio passato del verbo edit, editato, nel paragrafo precedente, perché volevo che diventasse l’aggancio per riprendere il dialogo previsto con Otello di Shakespeare, soprattutto considerando il Guardiamarina Iago, dall'opera teatrale, un personaggio completamente diverso dal Guardiamarina Tiradentes, di Cecília Meireles. Se questo è ciò che dice “lavoro per tutti” nel poema epico-eroico del poeta Rio; è lui a confessare “né il dovere/né l'amicizia mi muovono”, avvertendo il nobile Rodrigo, suo interlocutore, “stai sicuro:/ Non sono quello che sono”.

Erede dell'imperialismo inglese, l'ultra (americano) può essere definito Iago all'infinitesimale, completamente cinico, intrigante, artificioso, senza mai essere quello che dice di essere o di fare, usando il dovere e l'amicizia come pretesti modificabili all'infinito perché lui effettivamente non rispetta gli accordi e non ha nemmeno amici.

Tirando le fila del modo in cui Raymond Williams definisce la plasticità reale, in processo, di una cultura effettivamente dominante, in dialogo con il suo saggio “Base e superstruttura nella teoria della cultura marxista”, l'americano agisce “nel processo sociale reale di cui dipende” (WILLIAMS, 2005, p. 53) e questo processo incorpora all’infinito significati, valori ed esperienze di culture diverse, assorbendoli, montandoli, rielaborandoli, come un film in tempo reale, della propria vita confabulata , simile all'inizio dell'Atto IV dell'Otello, visto il passaggio successivo in cui Iago instilla la gelosia nel Moro, Otello, istigandolo a credere che Cassio, suo luogotenente, sarebbe stato l'amante di Desdemona, sua moglie: “Lavoro , il mio veleno! Funziona! È così che catturiamo gli idioti creduloni. Ed è anche così che si continua a parlare di molte donne degne e caste” (SHAKESPEARE, s/d, p. 108-109).

L’egemonia nordamericana è inseparabile dall’appropriazione privata del modo di produzione culturale dell’umanità, attraverso l’industria culturale, articolandolo in modo tale che al suo interno, vivendolo come propria cultura, il lavoro che si svolge nella propria vita, perché la cultura è la vita è il lavoro di avvelenarti, intrappolato nella tua trama edipica, che non è altro che una tragedia (auto)orchestrata. È analizzando la cultura come dimensione materiale della vita, fondata sul materialismo storico, che Williams, privandosi del rapporto meccanicistico tra “struttura determinante e sovrastruttura determinata”, definisce la cultura come base perché, per il critico, “La base è il vero esistenza dell’uomo” (WILLIAMS, 2005, p.47); e l'uomo è la sua cultura.

In questo aspetto risiede il complesso strategico del modo di produzione culturale dell’ultra-imperialismo americano, desideroso e plastico, come Iago, di incorporare le più diverse forme di cultura, trasformandole in materia prima per nuove merci e artefatti culturali faticosamente configurati, come Cavalli di Troia, per istigare, attraverso il desiderio, le persone, i loro generi, le loro etnie, le loro religioni, valori, prospettive, classi, ascendenze; le persone, a lavorare, nella dimensione concreta dell'esistenza, avvelenata dai loro intrighi e notizie false.

l'autore di Tragedia moderna concettualizzato e analizzato dialetticamente, oltre agli aspetti plastici della cultura dominante, altre due forme di cultura: residua ed emergente. Questa è stata da lui descritta come segnata da nuovi significati, valori, nuove pratiche; definendolo così: “Per residui intendo alcune esperienze, significati e valori che non possono essere espressi nei termini della cultura dominante, sono, tuttavia, vissuti e praticati come residui – sia culturali che sociali – di precedenti formazioni sociali” ( WILLIAMS, 2005, pag.

Io sostengo, tra l’altro, che la cosiddetta cultura di massa dovrebbe essere definita come un mosaico nazionale-globale di culture residue ed emergenti incorporate dall’industria culturale americana, trasformandole in cultus di valori di scambio che (il lavoro, il mio veleno) simulano l’uso o i valori comunitari, come è l’esempio del neo-pentecostalismo oggi; È culturus, considerando le seconde, emergenti, ugualmente catturate dalle relazioni feticizzate (il mio veleno funziona anche qui), di tutto ciò che è legittimo desiderio di autonomia corporea, di emancipazione, di cura, come avviene oggi nella cultura svegliato.

In ogni caso, la cultura dominante dell’ultra-imperialismo yankee è in realtà la cultura del contenuto primario che, come Iago, cerca di trasformare le culture residue ed emergenti in culture edipiche o di contenuto manifesto (il lavoro, il mio veleno).

La cultura dominante degli USA raggiunse il suo apice durante la Terza Rivoluzione Industriale, combattendo fianco a fianco le culture rivoluzionarie dell’asse socialista, con l’avanguardia dell’URSS e della Cina. Una cultura rivoluzionaria è più che una cultura emergente, soprattutto se segnata da successi storici, come nel caso della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e del Celeste Impero del 1949.

Attraverso di esso si rivela un'altra forma di veleno; il veleno della cultura dei contenuti primari come quella per cui ci si batte sulla base della razionalità del lavoro collettivo, in chiave decolonizzante, superando il giogo degli oppressori del proprio presente storico e dell'intero passato, sebbene la vita sia ora, verso l'aldilà ; e l'eterno ritorno della cultura edipica è l'unica cosa che si ripete, con manierismi stilizzati da antiche novità.

Dal periodo della Seconda Rivoluzione Industriale, sotto il dominio britannico, fino all’emergere della Terza, il mondo è stato scosso dall’emergere della fase imperialista del capitale, dall’avvento dell’1GM, come contenuto primario (dal lato della rivoluzione industriale) dagli anglosassoni) e dai sovietici; e il contenuto si manifesta dalla parte degli imperi austro-ungarico, germanico e ottomano.

Ciò che seguì fu l’intrigo britannico-americano (stile Iago, lavoro, mio ​​veleno) attorno alla cultura coloniale dei perdenti, culla manipolata del fascismo, del nazismo e del franchismo, che portò al 2GM contro soprattutto la cultura rivoluzionaria dell’URSS che, avendo vinto non senza immensi costi umani e materiali, dovette continuamente affrontare la Prima Guerra Fredda americana, basata interamente sulla cultura emergente incorporata di una gioventù ribelle e anarchica, presumibilmente emancipata dal peso della tradizione e del mondo adulto.

In questo contesto, i sovietici non potevano resistere alla pressione. Furono infine sconfitti dal colpo di stato del 1991, con il tradimento di Gorbaciov, motivato dalla seduzione propagandistica della cultura del stile di vita americano. D'altro canto anche la Cina ha dovuto cedere, allontanandosi dai sovietici e avvicinandosi agli USA – periodo di letargo dell'orso panda – a partire dagli anni '70.

La storia, però, non sempre si ripete come una farsa della tragedia quotidiana, quando la rivoluzione emerge dalle crisi causate dall’emergere di nuove forze produttive. Cina e Russia (ex URSS) recuperano il terreno perduto a causa della sconfitta nel contesto della Prima Guerra Fredda, contendendosi l'alba della Quarta Rivoluzione Industriale, con l'avanguardia militare di Mosca e l'avanguardia economico-tecnologica di Pechino.

La cultura multipolare è diventata emergente e contesta il futuro sulla base della lotta per la piena sovranità nazionale, basata sul processo di sostituzione delle importazioni e di scambio tra i paesi del Sud del mondo, con enfasi su Brics +, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e l’Economia Eurasiatica Unione.

La cultura emergente della Quarta Rivoluzione Industriale è, ovviamente, in palio. La parte occidentale-unipolare, guidata dagli Stati Uniti, è in svantaggio economico-militare. Tuttavia, non si può sottovalutare lo Iago-Yankee, che raggiunse l’egemonia globale a partire dalla Seconda Guerra Mondiale dominando i mezzi di produzione culturale e, quindi, catturando le culture residue, emergenti e persino rivoluzionarie dei popoli, rilanciandole in forme controrivoluzionarie e modo del tutto revisionista.

In questo contesto, presenta ancora due vantaggi accumulati nel materialismo storico della Terza Rivoluzione Industriale, soprattutto considerando la sua specialità, vale a dire: modificare e rimontare, con i venti della storia, stili di vita che oggi sono prevalentemente reazionari, come quelli che riguardano il ritorno rivisitato del neofascismo e del neonazismo, accanto alla cultura residua degli anni '30; e sul versante dell’incorporazione delle culture emergenti, dette wake, rielaborandole (il lavoro, il mio veleno) e contrastandole in tempo reale, attraverso il predominio delle piattaforme mediatiche notizie false della Silicon Valley, soprattutto considerando GAFA, acronimo di Google, Amazon, Facebook, Appel, con l'avanguardia della colonizzazione spaziale guidata dalla SpaceX di Musk, con seimila satelliti in orbita e altri seimila in arrivo, seguita più indietro dal proprietario Di Amazon, Jeff Bezos, come analizzato da Silva Ribeiro nell'eccellente articolo "I proprietari terrieri ti raggiungeranno".

Il secondo vantaggio è direttamente correlato al primo: la colonizzazione materiale della cultura, questa dimensione concreta della vita, il suo desiderio, nell'ambito degli esseri, ricollocandoli all'interfaccia tra il mondo fisico, digitale e biologico, confabulando sempre contro le persone , contro la vita, nello stile di una guerra a spettro completo, che comprende anche il progresso senza precedenti della guerra biologica, come ha dimostrato il Ministero della Difesa russo in relazione agli esperimenti scientifici più sinistri e diversificati del mondo. piano di guerra biologica, un asse da cui l’obiettivo è scartare la classe operaia globale, sostituendola con robotica, intelligenza artificiale e connessione dentro fuori dagli esseri umani all'Internet delle cose, per non dire all'Internet planetario, una sorta di geointernt della virtualizzazione e digitalizzazione a spettro completo, online; nella nuvola atomica.

Cultura rivoluzionaria del Sud del mondo versus cultus la morte

Il Sud del mondo ha bisogno, tra l’altro, di essere più efficacemente proattivo nel contesto della battaglia culturale all’interno della Quarta Rivoluzione Industriale. Il complesso strategico della dimensione culturale del popolo deve entrare in azione non solo difensivamente, come è avvenuto oggi in Russia, con la valorizzazione della cultura residua prima del periodo sovietico, ma soprattutto emergente e perfino rivoluzionario. È sempre necessario essere puntuali, poiché ai suoi tempi Mao Tse-Tung guidò l’audace Rivoluzione Culturale cinese del 1966-1976, in tutto e per tutto incomparabile con la svolta culturale franco-europea del maggio 68, che, in verità, non Non si passò da una rivoluzione colorata contro la Francia del generale Charles de Gaulle, che accumulò riserve auree con l’obiettivo di abbandonare la dittatura del sistema dollaro-oro di Bretton Woods.

Una rivoluzione culturale nel Sud del mondo è quindi assolutamente necessaria. Deve mirare a decolonizzare l’Occidente, in particolare il sistema edipico (il lavoro, il mio veleno) di dominio culturale americano, che ha prodotto una sinistra piccolo-borghese, con il dito alzato, antimarxista e filo-imperialista; una tragica cultura di massa, che banalizza e infantilizza le persone; un sistema educativo senza fondamento nazionale, così come una struttura universitaria dipendente che volta le spalle alle sfide urgenti dei suoi veri finanziatori, il popolo, replicando teorie demagogiche e divisive; per non parlare del dilagare dei fondamentalismi religiosi che hanno inebriato una parte significativa dell’umanità, rendendola dedita ad oscurantismi premoderni, paradossalmente collegati ai GAFA, innescando psicopatie sioniste bibliche e ritorni in terre promesse, fuori dalla storia e, quindi, arcadiche e vulnerabile ai capricci del sovrano dell’epoca, come ben descrive Cecília Meireles nella poesia intitolata “Romance XX o Dal paese di Arcádia: “Il paese di Arcádia/si trova dentro un ventaglio:/esiste o finisce/a seconda decreto/la Dona che l'apertura/il Destino che la chiude” (MEIRELES,1979,63).

È quindi necessario, per una lotta efficace per una cultura rivoluzionaria nazional-multipolare, abbandonare “il paese dell’Arcadia”, che, nei termini di questo saggio, è il paese dei contenuti manifesti elaborati dalla cultura dominante dell’ultra-americanismo. l'imperialismo, dividendosi, per meglio dividerci, nella cultura svegliato cultura pseudo-emergente e neofascista. Queste due culture sono opposte che si attraggono; un assetto di valori, istituzioni e significati assolutamente tragico per due ragioni inseparabili: (i) sono due culture edipiche (il lavoro, il mio veleno) che si nutrono e si nutrono a vicenda, fomentando l'odio tra le loro trame militanti; (ii) servono, quanto più si agitano e lavorano (con il veleno dello yankee Iago) per combattere, in tempo reale, la lotta per una cultura popolare nazional-multipolare, senza la quale l'immagine del ventaglio dei versi citati da Romanzo di insicurezza, in cui si trova il “paese dell’Arcadia”, sarà il deposito o la cloaca comune di una cultura, quella dell’ultra-imperialismo, che non potrà più emergere, culturus, per essere diventato cultus fino alla morte dell'umanità.

E questa cultura rivoluzionaria nazionale-multipolare, come cultura emergente, come culturus, non puoi abbandonare il cultus all'epopea di un Cunhambebe, uno Zumbi dos Palmares, un Dandara, un Chico-Rei, una Chica da Silva, un Tiradentes, un Francisco Julião, un Frei Tito, un Bete Mendes, un Chico Mendes e tanti altri i cui addii devono scuotere le sfide dell’anima del nostro presente nazional-multipolare, in cammino verso il socialismo dei popoli.

*Luis Eustaquio Soares È professore presso il Dipartimento di Letteratura dell'Università Federale dell'Espírito Santo (UFES).

Riferimenti


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