La frase di Lula

Bambino palestinese nella Striscia di Gaza / Riproduzione Telegram
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da HENRY BURNET*

La grande vittoria del nazismo non è stata quella di sterminare gli ebrei, i neri, i disabili e i gay, ma di ridurli ad una condizione subumana. E per molti versi il nazifascismo ha vinto e continua a vincere

Come molte persone in Brasile e nel mondo, inizialmente sono rimasto scioccato dalla dichiarazione di Lula sull'azione israeliana e sulla sua somiglianza con l'azione nazista. La reazione prevedibile è arrivata immediatamente, soprattutto attraverso la cosiddetta stampa mainstream – da quanto ho potuto leggere, era per lo più contraria alla dichiarazione del presidente, come era prevedibile. Quanto tempo avrebbero avuto per pensare? Alcune analisi importanti, senza dubbio, ma non sono ancora oggetto di questo commento. Voglio soffermarmi su un altro punto, che sembra semplicemente sconosciuto, anche se presente in modo apparente. Mi riferisco, parafrasando Giorgio Agamben, a “ciò che resta di Auschwitz”.

Come molti studenti e insegnanti in Brasile, soprattutto nel campo della filosofia, ho passato gli ultimi 30 anni a leggere e scrivere sul nazifascismo, spesso a scapito, ad esempio, della lettura della schiavitù. Per questo motivo, quando il bolsonarismo muoveva i primi passi, ero tra coloro che esitavano a sottolineare le caratteristiche fasciste del movimento autoritario interno.

Temevo la banalizzazione di un termine caro alla storia dell'umanità, allo stesso tempo che non volevo dare all'estremismo brasiliano arie maggiori di quelle che in realtà aveva, o dubitavo che lo avesse, cioè esitavo nella speranza che avevo torto, che in fondo volevo che si sbagliassero diversi colleghi che non hanno mai esitato nella diagnosi, mi sono tirato indietro per due anni dopo il mio insediamento, finché non ho cambiato completamente la mia visione di quel momento storico.

Tutti gli elementi che portarono all’ascesa del nazifascismo furono chiaramente dati durante il rafforzamento del bolsonarismo, per citarne alcuni: patriottismo, religione, economia, famiglia, morale, simbolismo nazionale, valori, proprietà, antifascismo. l'odio per le arti, la repulsione verso il godimento sessuale, la censura dei libri, il risorgere della visione “medievale” della Terra, la negazione scientifica, ma, soprattutto, l'odio profondo per l'altro, per l'ignoto.

Corpi neri, gay, artisti, trans, grassi, deformi, anziani, tutte le tipologie umane che si scontrano proprio con l'idealizzazione della famiglia così come è costituita nei tempi moderni: nella figura centrale del padre autoritario, della madre sottomessa e di figli obbedienti. Ecco perché alle persone “religiose” e “patriottiche” sembra banale che ogni corpo vulnerabile possa semplicemente scomparire; In questo senso, la pandemia e il bolsonarismo si sono uniti in un’alleanza fraterna. Più morti sono, meglio è, ma non morti qualunque, soprattutto quelli che non “amavano il Brasile” o, per usare l’esempio razzista, quelli che non sarebbero mai entrati nella cerchia familiare perché lì “l’istruzione” perseverava.

Se uccidere corpi devianti e inadeguati è sempre stata una delle azioni più efficaci dell’Impero e della Repubblica (schiavitù, Guerra dei Canudos, Dittatura Militare…), la pandemia lo ha fatto a costo zero. Non che la letalità dello Stato desse tregua. Le forze di sicurezza hanno continuato il loro cammino, sterminando soprattutto i giovani neri, in un programma di sbiancamento che era stato teoricamente difeso all'inizio del XIX secolo e che oggi rimane sotto il manto della difesa della sicurezza, con l'acquiescenza e la protezione dello Stato e gli applausi. dalle élite, sostenitori di Bolsonaro o meno.

Non abbiamo bisogno di un concetto aggiornato di genocidio, dobbiamo ammettere che tacciamo di fronte alla sua efficacia programmatica, poiché sono diverse le forme di sterminio deliberato in atto in diversi luoghi del mondo, razziali, politici, etnici, parziali o totale di diversi gruppi e/o individui.

Perché sostituire tutto questo, fatti ampiamente conosciuti e studiati anche nelle scienze umane, per difendere Lula? No. Ricordare che la grande vittoria del nazismo non è stata quella di sterminare ebrei, neri, disabili e gay, ma di ridurli a una condizione subumana, indiscernibile da ogni delimitazione filosofica, trasformandoli in “musulmani”, come abbiamo appreso con Primo Levi; uomini e donne incapaci di mangiare, pensare, reagire e perfino morire - pertanto, molte forme di genocidio oggi in corso vanno dritte al punto, anche se permangono il retroterra razziale e la violenza estrema, anche senza le "sfumature" laboratoriali e sperimentali delle SS . Chi dovrebbe morire? Tutti coloro che non si adattano o che impediscono l’avanzata incontrollabile del progresso capitalista immorale, che porta il mondo nella direzione apparentemente irreversibile della sua auto-soppressione.

Ricordo tutto questo con vergognosa brevità perché il sincronizzazione richiedere. Non dobbiamo dimenticare che la permanenza dell’ideale nazista non si manifesta solo nei rinnovati campi di sterminio, nelle prigioni illegali basate su stati di eccezione “democratici”, nell’eliminazione fisica degli oppositori, nell’abbandono internazionale dei meno privilegiati, ma in tutte le azioni che mirano a eliminare con la forza chi impedisce il trionfo totale di chi intende scrivere la storia.

In molti modi, il nazifascismo ha vinto e continua a vincere, al punto che le sue forme di azione servono ancora oggi da paradigma per gli oppressori, che devono sempre vincere, chiunque essi siano.

*Henry Burnett è professore di filosofia all'Unifesp. Autore, tra gli altri libri, di Specchio musicale del mondo (Fi Editore).


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