l'inevitabile guerra

Immagine: Neosiam
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da RUBEN BAUER NAVEIRA*

Commento all'articolo di José Luís Fiori “La speranza della pace e la permanenza delle guerre”

In un recente articolo pubblicato sul sito web la terra è rotonda José Luís Fiori segnala, senza però esplicitarlo, che il mondo è sull'orlo di una grande guerra globale (anche perché è una cosa che non si può esplicitare, in primo luogo perché vedere qualcosa che nessun altro vede rischia di finire per testimoniare contro la stessa credibilità, secondo perché le conseguenze di questa guerra saranno catastrofiche a un livello inimmaginabile per la stragrande maggioranza dell'umanità, o addirittura per la sua interezza).

L'unicità di questa guerra rispetto a tutto ciò che l'ha preceduta è che si sa in anticipo quali armi nucleari verranno utilizzate. Se non fosse stato per questo “dettaglio”, la guerra sarebbe scoppiata da tempo. La prospettiva di una massiccia rappresaglia nucleare, anche di fronte a un devastante attacco a sorpresa (il concetto statunitense di “First Strike”), ha finora agito da efficace deterrente. E continuerà ad esserlo, fino a quando non si arriverà al punto in cui gli americani (per “americani”, intendo i cosiddetti “1%” e “Deep State”) capiranno di non avere più nulla da perdere, in termini di mantenendo la sua egemonia economica sul resto del mondo.

È chiaro che la guerra potrebbe essere evitata se i nordamericani si rassegnassero a diventare solo una nazione in più tra le altre, tutte soggette a piogge e temporali (leggi: senza che la loro moneta nazionale sia considerata il valore universale di riserva per il resto del mondo ). Tuttavia, questo è assolutamente fuori questione, per ragioni che richiederebbero tutta un'altra argomentazione.

La guerra, dunque, è sempre sul “quasi”, attraverso episodi successivi che chiaramente costituiscono un'escalation militare sempre più accelerata verso i fatti, come (tra gli altri) quelli in Kosovo (l'incidente di Pristina nel 1999), in Georgia (in 2008), in Ucraina (il Maidan e la Crimea, nel 2014), in Siria (dal 2015), ancora in Ucraina (la frustrata invasione del Donbass nel 2020), nella riuscita ma nascosta rappresaglia iraniana dell'08/01/2020 a l'assassinio del generale Soleimani, e più recentemente nel Mar Cinese Meridionale ea Taiwan, nonché la “crisi del gas” in corso in Europa.

Il fatto è che sia russi che cinesi hanno già annunciato agli americani e al resto del mondo, forte e chiaro, che ci sono linee rosse che non possono essere oltrepassate (che, a parte quello che hanno sicuramente fatto anche confidenzialmente, e ancor più duramente, attraverso canali diplomatici), e ha anche annunciato alle popolazioni russe e cinesi che la guerra è inevitabile, prima o poi (la popolazione nordamericana – così come le popolazioni occidentali in genere – è invece tenuta nella più assoluta e suicida ignoranza).

La posizione di russi e cinesi è quella di “guadagnare tempo” – e nel frattempo armarsi di più e meglio. La posizione nordamericana è quella di colpire mentre ci si prepara ad attaccare, cosa che si faceva in modo cumulativo e gestito (per evitare il rischio nucleare) con l'utilizzo di terze parti (“proxy”), ma d'ora in poi si farà sempre più con le forze armate (si inserisce in questo contesto il ritiro americano dall'Afghanistan, sostanzialmente un riposizionamento delle truppe verso la Cina).

Tornando al brillante articolo di Fiori, ha cercato nella storia, in elementi come la Pace di Vestfalia nel XVII secolo, di illustrare la traiettoria a lungo termine (più di quattrocento anni) che finirà fatalmente per condurci a una nuova guerra globale , di fronte al quale questo breve riassunto riguardante il breve periodo (meno di vent'anni) è un mero specchio su scala frattale.

* Ruben Bauer Naveira è un funzionario in pensione, attivista e autore del libro Una nuova utopia per il Brasile: tre guide per uscire dal caos (http://www.brasilutopia.com.br).

 

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