L'ideologia dell'imprenditorialità

Immagine: Giosuè
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da CESARE SANSON*

Due secoli e mezzo dopo assistiamo al ritorno delle origini del capitalismo nei rapporti di lavoro

Il capitalismo (ri)ha scoperto un nuovo modo di organizzare il lavoro senza doversi rendere responsabile dei diritti e, per di più, trasferendo vantaggiosamente i costi del finanziamento dei diritti fondamentali, come la sicurezza sociale, sui lavoratori stessi.

Almeno due esempi evidenziano questa nuova realtà, il primo è l’uberizzazione in cui i lavoratori svolgono il proprio lavoro slegato dalla garanzia dei diritti; il secondo è il contratto tra datore di lavoro e lavoratore che utilizza la risorsa microimprenditore individuale (MEI). Questa modalità è anche conosciuta come pejotizzazione. I cambiamenti nella regolamentazione dell'outsourcing, che non distingue tra mezzi e fini dell'attività lavorativa, e la Riforma del Lavoro, hanno fatto esplodere le assunzioni tramite MEI. In entrambe le forme il capitale non presuppone il pagamento dei diritti.

Ora vediamo migliaia di lavoratori lavorare senza alcun diritto o dover finanziare i propri diritti. La domanda è perché i lavoratori accettano questa condizione. Oltre ai problemi strutturali del mercato del lavoro brasiliano caratterizzato dall’informalità in cui la mancanza di alternative spinge le persone ad accettare questa situazione, ci sono altre ragioni non sempre così esplicite.

Uno di questi è che questi cambiamenti sono accompagnati e sostenuti dall'ideologia dell'imprenditorialità, la quale presuppone che il successo di una persona, in particolare nella vita lavorativa, dipenda solo dai suoi sforzi, dalla sua perfomance, la tua volontà, la tua perseveranza e le tue intuizioni visionarie. Molti attribuiscono la crescita del lavoro autonomo a questa ideologia.

Ma chi pensa che questi lavoratori si considerino imprenditori si sbaglia. Ci sono prove che una parte significativa viene indotta a lavorare senza diritti meno a causa di discorsi ideologici e più a causa della presunta autonomia promessa dalla modalità di uberizzazione e pejotizzazione.

Sono finiti i giorni in cui lavorare con un contratto formale e una giornata di 8 ore era il lavoro dei miei sogni. La resistenza all’occupazione fordista è dovuta alla giornata lavorativa standardizzata in cui il lavoratore deve trovarsi nello stesso posto per lo stesso numero di ore giornaliere ed è spesso subordinato a un capo o supervisore autoritario. Questo tipo di lavoro garantisce diritti – salario regolare e minimo, ferie, indennità di ferie, 13° stipendio, previdenza sociale – ma l'autonomia è limitata.

C’è un altro problema con l’occupazione standard fordista: paga molto poco.

Mettendo tutto in bilico, tra un lavoro con contratto regolare e un “lavoro” tipo Uber, molti optano per la seconda alternativa. Non è raro nelle conversazioni con i lavoratori Uberized dire che hanno lasciato il lavoro perché ora si sentono più autonomi e guadagnano lo stesso o anche di più.

L’adesione di migliaia di persone all’uberizzazione e alla pejotizzazione del lavoro si basa esclusivamente sulle spiegazioni di cui sopra? Ovviamente no. È evidente – rivela la ricerca – che i lavoratori Uberizzati vogliono diritti, preservando però la propria autonomia. Da qui la resistenza alla “celetizzazione” – contratto CLT – della regolamentazione del lavoro. Cresce il numero dei lavoratori che non accettano e non vogliono più lavorare in maniera subordinata.

Si tratta di un cambiamento significativo nel mondo del lavoro perché questa volta il discorso del capitalismo, secondo cui è possibile fare soldi organizzando la propria vita, trova un forte sostegno tra i lavoratori.

La lotta di classe rimane, ma è diventata più complessa.

* Cesare Sansone Professore di sociologia del lavoro presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università Federale del Rio Grande do Norte (UFRN), autore di Il lavoro nei classici della sociologia, Marx, Durkheim e Weber (Espressione Popolare, 2021) See More. [https://amzn.to/48aE5N3]


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