L'insostenibile leggerezza della libertà.

Immagine: Elyeser Szturm
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da FLAVIO AGUIAR*

Quali sorprese e shock, il mistero dei misteri, la meraviglia delle meraviglie, è stata la registrazione dell'incontro, il fatto che sia stato conservato per i posteri.

Il mistero più stupefacente dell'incontro ministeriale del 22 aprile a Planalto non è l'incontro in sé. Dopo tutto, cosa ci si poteva aspettare da quel branco di depravati che non fosse depravazione? L'incontro stesso, la volgarità, l'impudenza, la sfacciataggine, la mancanza di modestia, l'opportunismo, la mancanza di vergogna in faccia, la stupidità di tutte le proposte sul tavolo, il disprezzo e il disprezzo per le afflizioni del popolo e il paese, nessuna di queste sorprese o shock. Ciò che sorprende e sconvolge, il mistero dei misteri, lo stupore degli stupori, è il fatto che sia stato registrato. Il fatto che sia stata immortalata, conservata per i posteri.

Qual era lo scopo originale della registrazione? A chi è venuta l'idea? Era un'abitudine del protocollo? Era un'eccezione? Domanda a margine: ci sono i minuti? Forse la differenza tra la registrazione e il verbale chiarirebbe l'eventuale scopo di entrambi. Se il giudice Celso de Mello non lo richiedesse, quale sarebbe il destino della registrazione? Chi l'avrebbe presa? A cosa servirebbe? Dal contenuto dei discorsi si può pensare addirittura al ricatto.

Una cosa è certa: pur scendendo negli inferni del gergo, della bassezza o della mancanza di morale, i personaggi di questa farsa, insieme comica e sinistra, si comportavano – tutti, compresi quelli che tacevano – come se erano dei dell'Olimpo, al di sopra del bene, del male e delle leggi, sia quelle del paese che quelle delle buone maniere, vedendosi come entità onnipotenti, impunite e indiscutibili davanti a chiunque della lingua portoghese, anche il Dio che dicono di essere adorano tanto, ma per i quali non manifestano, in fondo, il minimo rispetto, per tanto abusare invano del suo nome.

Ho provato a pensare ad alcuni incontri simili, nella storia vera e anche nella finzione. La prima che mi è venuta in mente, e di cui ho già parlato in un altro articolo, è stata la messa funebre del Consiglio di Sicurezza Nazionale, tenutasi il 13 dicembre 1968, quando il governo presieduto da Costa e Silva decise di varare la Legge Istituzionale n.o. 5 in cima al Brasile e alle menti del popolo brasiliano.

Ci sono profonde differenze tra i due, perché in quella del 1968 tutti i risciò e le troll del decoro e del protocollo erano rispettati: era Vostra Eccellenza laggiù e il Ministro quaggiù; ma il filo conduttore tra i due incontri è il sentimento di impunità e la celebre frase dell'allora ministro del Lavoro, Jarbas Passarinho, secondo cui in certi momenti gli scrupoli vanno messi da parte. Eppure c'è una lacuna: i personaggi del 13 dicembre, anche se in realtà non ne avevano, pensavano di averne o almeno volevano dare l'impressione di avere degli scrupoli.

L'unico voto contrario all'emanazione della legge è stato quello del vicepresidente Pedro Aleixo. Ma anche lui si considerava un “uomo della Rivoluzione”; altrimenti non sarebbe dov'era. All'adunanza del 22 aprile non c'era nulla da perdere o apparire: non c'erano scrupoli, nemmeno da parte di chi voleva apparire attraverso un ossequioso silenzio. Ed era chiaro che non c'erano scrupoli, né da parte del ministro delle Finanze che citava gli economisti di Hitler né da parte del giudice che fino ad allora era stato complice di tutto. Lo sarebbe ancora, se il “tuo” delegato del PF non fosse defenestrato? Oh, dubbio crudele...

Sempre sulla scia del 1968, mi venne in mente il titolo di un libro, uscito quell'anno: O carnevale due animais, dal mio defunto amico Moacyr Scliar. E invece no: né il Carnevale né gli animali meritavano di battezzare quell'incontro, condotto da una marmaglia così disumana. Inoltre, Moacyr, ovunque si trovi, si scandalizzerebbe nel vedere il nome di un suo libro usato per caratterizzare la follia di un branco di senz'anima.

Mi venne in mente un altro incontro: il 20 gennaio 1942, in una villa di Wansee, alla periferia di Berlino, si riunirono quindici alti rappresentanti del Terzo Reich, sotto la presidenza del generale Reinhard Heydrich (che sarebbe stato ucciso dai cechi resistenza nel giugno dello stesso anno). Segretario della riunione: tenente colonnello Adolf Eichmann. Tra i presenti, il giudice Roland Freisler, sicuramente uno degli ispiratori, anche se insospettato, dei metodi e delle procedure di Lava Jato. Le differenze nelle situazioni erano e sono evidenti. Ma li accomuna lo stesso sentimento di impunità, di maestri di corda e mannaia nella vita degli altri.

Un'osservazione: con l'andata della carrozza e la guerra, i presenti alla riunione del 1942 tentarono di distruggere le 30 copie dei suoi verbali, accuratamente redatti con termini “ammorbiditi” da Eichmann; riuscirono a distruggerne 29. Ma ne rimase uno, che fu trovato e servì come prova, a Norimberga, della determinazione e della pianificazione dell'Olocausto. All'incontro del 22 aprile, almeno inizialmente, non c'era alcuna preoccupazione di distruggere qualcosa. Al contrario, c'era la soddisfazione dell'esibizionismo, qualcosa di un puerilità birichina che si diverte a registrare ed esibire il misfatto, la “cacca pietrificata” nella stanza, per citare una casta espressione di uno dei presenti.

Poi mi sono rivolto alla narrativa. nella poesia Paradise Lost [Paradise Lost], di John Milton, nel secondo canto, gli angeli ribelli, sconfitti nella loro rivolta, vengono scagliati nell'Inferno. Lucifero li riunisce in un'assemblea, per deliberare sul da farsi. I capi si manifestano, come Belzebù, Belial, Mammona. Alcuni vogliono riprendere la lotta, altri preferiscono restare dove sono per evitare una sorte peggiore. Del resto parla Satana stesso, Lucifero, il fulgido angelo caduto, che fa un'affermazione insieme gioiosa, dolorosa e gloriosa, per restare nel verbo liturgico: “è meglio regnare all'Inferno che essere schiavo in Paradiso ”. Hegel e la sua dialettica di padrone e schiavo ti ringrazierebbero.

Ma neanche il confronto ha funzionato molto bene. Satana conclude dicendo di aver udito la notizia che il Signore ha creato un nuovo essere, a sua immagine e somiglianza: un essere umano, dotato di libertà. “Chissà”, sostiene Satana, “potrebbe diventare nostro alleato?” In altre parole: Satana, da vero statista, parte per fare politica, cosa del tutto estranea all'incontro del 22 aprile. In questo regnava l'antipolitica; invece della legge di polizia, regnava l'oscurità dello smantellamento arbitrario e non conforme. Non c'era Satana presente, solo alcuni diavoli senza categoria, infatuati dalla loro vanità, presieduti da uno storpio spirituale e codardo, che si diverte ad attaccare i più deboli e oppressi, e ama fare da zerbino al potente mostro di l'emisfero settentrionale, seduto sulla riva del Potomac, proprio come se lo fosse Satana, quando non è che un semplice Tartufo di seconda mano.

Dopotutto, ricordavo qualcosa che si adattava come punto di paragone. Mi riferisco a un passaggio del film di Luis Buñuel, il fantasma della libertà, del 1974. In questo passaggio del film surreale, alcuni ospiti si riuniscono a casa del padrone di casa per quella che sembra essere una cena. Sembra. Perché quando si siedono a tavola, si siedono sui water, dove defecano in pubblico. Un bambino dice: "Ho fame". E viene rimproverata: “questo non si dice a tavola”. Ad un certo punto uno degli ospiti si alza e chiede alla cameriera dov'è la sala da pranzo. Lei gli mostra il posto e lui se ne va, seduto da solo in quello che dovrebbe essere un bagno/toilette per... mangiare! Con un buon vino a parte. Osceno, no? Un altro ospite bussa alla porta, e lui risponde come si conviene: “è impegnato”.

Ebbene, questo è il paragone perfetto per l'incontro del 22 aprile: le persone defecano in pubblico, l'atto è registrato per la storia. Perché ciò che si teme è proprio la libertà degli altri: nel profondo di quei cuori di anime tormentate, di morti che non sanno di essere morti, batte una spaventosa paura del libero pensiero degli altri.

*Flavio Aguiar è uno scrittore, professore in pensione di letteratura brasiliana all'USP e autore, tra gli altri libri, di Cronache del mondo sottosopra (Boitempo)

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