L’insostenibile leggerezza delle narrazioni

Foto: Marek Piwnicki
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram
image_pdfimage_print

da RENATO ORTIZ*

Una narrazione non si definisce in termini di realtà, è il resoconto, basta da sola

Tutto è narrativo: i racconti dei fratelli Grimm, un romanzo, Terra piatta, articoli di giornale, l'annunciatore di una partita di calcio, un discorso politico, un pezzo pubblicitario. Nella sua discrepanza e onnipresenza l’idea di narrazione gode dell’insostenibile leggerezza dell’essere. Da non confondere con la nozione di discorso, esplorata da linguisti e semiologi, è imprecisa e insoddisfacente; tuttavia, il suo uso diffuso gli conferisce un'apparente apparenza di verità.

A rigor di termini, la vaghezza concettuale garantisce un indiscutibile successo nel vocabolario quotidiano; soprattutto con l’avvento dei social network, in cui si alimenta un’illusione collettiva, tutto ciò che viene detto con convinzione e stridore diventa convincente. Una narrazione è una serie di eventi che costituiscono una storia, si dice in inglese: narrativa.

Il suo intento è quello di raccontare “tutto quello che è successo”, cioè la sequenza di quanto viene narrato in un resoconto. La sua verità sta nell'essere coerente, la ragione della sua esistenza non risiede in ciò che gli è estraneo. Si differenzia quindi dal concetto di ideologia, richiede un necessario contrappunto con la realtà, la questione della menzogna è sempre presente. È in questo senso che si diceva che l’ideologia o religione borghese era una “falsa coscienza” del mondo.

Certamente mobilitavano le persone, davano senso alla loro vita, ma erano parziali (la conoscenza ideologica è contrassegnata dalla parzialità). Alla base della nozione di ideologia c'è il tratto di “distorsione” o di incompletezza, i punti del suo resoconto possono essere contrastati da qualcosa che è al di fuori della sua enunciazione.

Una narrazione non si definisce in termini di realtà, è il resoconto, è sufficiente in sé. Ciò che accade intorno a te è impertinente, la sua essenza, ciò che viene narrato, conta. Due esempi “estremi” (se di estremi si può parlare nell'universo dei resoconti) sono suggestivi. Il primo si riferisce al terrerismo piatto, afferma: i nostri sensi indicano che la Terra è piatta; non vediamo la curvatura dell'orizzonte nemmeno quando siamo in aereo; fiumi e laghi sono piani, dovrebbero avere una curvatura se la Terra fosse sferica. Il pianeta è un disco rotondo e piatto in cui il Polo Nord si trova al centro e il bordo è formato dal ghiaccio, l'Antartide.

La seconda implica la negazione della corsa allo spazio verso la Luna. Lo sostiene una prova specifica: la fotografia della bandiera americana sulla superficie lunare. In esso si vede una piccola parte piegata, che viene percepita come qualcosa di “tremante”; Ora sulla Luna non c'è vento, quindi la foto è stata scattata da qualche parte sulla Terra. Nessuna di queste considerazioni può essere contraddetta dal principio di realtà, cioè rispetto al discorso scientifico.

Ci assicura che la Terra è rotonda, ci sono foto e filmati ripresi nello spazio sul pianeta blu, e che esistono prove concrete che dimostrano la presenza dell'uomo sulla Luna. Tuttavia tali evidenze sono esterne alla coerenza interna di quanto affermato, non disturbano in alcun modo. Si può anche dire che anche la scienza stessa è una narrazione; si collocherebbe così accanto alle altre, senza però contraddirle.

Ma la coerenza strutturale delle “storie” non sembra sufficiente perché queste si confermino come tali. Ci sono dei rumori. Anche le narrazioni cospirative sono coerenti, come si suol dire, sono “teorie” organizzate attraverso una spiegazione razionale delle forze nascoste che perpetuano un determinato atto. In questo senso gli esempi che ho utilizzato non prescindono del tutto dall'utilizzo di alcuni elementi della realtà. Affermare che “non possiamo vedere la curvatura della Terra” o “non c’è vento sulla luna” implica ricercare una materialità della realtà che possa giustificare tali affermazioni.

Ciò non sarebbe in contraddizione con la nozione stessa di narrativa? Credo che la contraddizione venga risolta quando si analizza l'uso di queste storie, in particolare considerando il carattere accusatorio che contengono. Come dimostrano gli antropologi in relazione alla stregoneria, si tratta di una credenza condivisa da tutti i membri di una comunità. Tuttavia, nessuno si identifica come uno stregone. Il “male” esiste, ma è praticato da altri.

Le narrazioni si nutrono dell'accusa di falsità altrui. Come nella stregoneria, ponendo la menzogna fuori di sé, la fede espelle i rumori della sua contraddizione; accusando gli oppositori di distorcere la realtà, la sua dimensione interna resta indenne, immutata. La virtù di esistere è così ancorata alla sua immacolata leggerezza.

* Renato Ortiz È professore presso il Dipartimento di Sociologia di Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di L'universo del lusso (Alameda). [https://amzn.to/3XopStv]

Originariamente pubblicato su da blog BVP


la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

La distopia come strumento di contenimento
Di Gustavo Gabriel Garcia: L'industria culturale usa narrazioni distopiche per promuovere paura e paralisi critica, suggerendo che sia meglio mantenere lo status quo piuttosto che rischiare il cambiamento. Pertanto, nonostante l'oppressione globale, non è ancora emerso un movimento che metta in discussione il modello di gestione della vita basato sul capitale.
Aura ed estetica della guerra in Walter Benjamin
Di FERNÃO PESSOA RAMOS: L'"estetica della guerra" di Benjamin non è solo una cupa diagnosi del fascismo, ma uno specchio inquietante della nostra epoca, dove la riproducibilità tecnica della violenza è normalizzata nei flussi digitali. Se un tempo l'aura emanava dalla distanza del sacro, oggi svanisce nell'istantaneità dello spettacolo bellico, dove la contemplazione della distruzione si confonde con il consumo.
La prossima volta che incontrerai un poeta
Di URARIANO MOTA: La prossima volta che incontrerete un poeta, ricordate: non è un monumento, ma un fuoco. Le sue fiamme non illuminano i corridoi, ma si spengono nell'aria, lasciando solo l'odore di zolfo e miele. E quando se ne sarà andato, vi mancheranno persino le sue ceneri.
I veli di Maya
Di OTÁVIO A. FILHO: Tra Platone e le fake news, la verità si nasconde sotto veli tessuti nel corso dei secoli. Maya – parola indù che parla di illusioni – ci insegna: l'illusione fa parte del gioco e la diffidenza è il primo passo per vedere oltre le ombre che chiamiamo realtà.
La riduzione sociologica
Di BRUNO GALVÃO: Commento al libro di Alberto Guerreiro Ramos
Premio Machado de Assis 2025
Di DANIEL AFONSO DA SILVA: diplomatico, professore, storico, interprete e costruttore del Brasile, uomo di cultura, letterato, scrittore. Non si sa chi sia il primo. Rubens, Ricupero o Rubens Ricupero.
Conferenza su James Joyce
Di JORGE LUIS BORGES: Il genio irlandese nella cultura occidentale non deriva dalla purezza razziale celtica, ma da una condizione paradossale: il saper gestire splendidamente una tradizione a cui non si deve alcuna particolare fedeltà. Joyce incarna questa rivoluzione letteraria trasformando la normale giornata di Leopold Bloom in un'odissea senza fine.
Regis Bonvicino (1955-2025)
Di TALES AB'SÁBER: Omaggio al poeta recentemente scomparso
Sindrome di apatia
Di JOÃO LANARI BO: Commento al film diretto da Alexandros Avranas, attualmente nelle sale cinematografiche.
Economia della felicità contro economia del buon vivere
Di FERNANDO NOGUEIRA DA COSTA: Di fronte al feticismo delle metriche globali, il "buen vivir" propone un pluriverso di conoscenza. Se la felicità occidentale si adatta a fogli di calcolo, la vita nella sua pienezza richiede una rottura epistemica – e la natura come soggetto, non come risorsa.
Tecnofeudalesimo
Di EMILIO CAFASSI: Considerazioni sul libro appena tradotto di Yanis Varoufakis
Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI