la prevedibile lava

Immagine: Lara Mantoanelli
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da EUGENIO TRIVINO

La storica irruzione della nuova feccia politica nel tessuto alto dello Stato getta il debito della rovina in grembo alle élite conservatrici

a Angela Pintor dos Reis

“Quello che Hannah Arendt chiama il male assoluto, io preferisco definirlo mostruoso. O anthropos crea il sublime, ma è ugualmente capace di creare la mostruosità” (Cornelius Castoriadis, I destini del totalitarismo).

La tribalizzazione bolsonarista della politica (ovvero un certo rapporto autoritario con la disputa di potere sul perimetro dello Stato) e la drammatica escalation pandemica nel Paese (più precisamente un certo rapporto negazionista e antioccidentale con questa tragedia umanitaria) hanno permesso farci conoscere un po' di più delle frange oscure dell'anima del popolo brasiliano.

Per chi pratica la deduzione come metodo, lo scantinato neofascista riaffiorante all'inizio di questo secolo è sempre stato spalancato, ha sempre variato sinonimi e sfumature, a volte in falsa legalità, a volte con pudore distaccato, dall'assalto al steli di Caesalpinia echinata, attuale Paubrasilia echinata, conosciuto brazilwood. Per quanto celati i segni della scabrosità, questo mondo sotterraneo non ha mai smesso di implorare la distribuzione delle lettere, dalla barca coloniale a Pindorama.

Il problema politico e sociale più recente è che magmi vulcanici risentiti e molto ignoranti nella corsa incontinente finirono per incombere nella crosta istituzionale della società; e, abbagliati dalla ribalta accesa sotto i riflettori, controllano oggi – fascino ai volti – il mazzo dei vandali sul tavolo dell'assurdo come normalità.

È ormai chiaro quanto questa ruvida e ingrata lava, tanto intrattabile quanto infame, e totalmente ineducata per la democrazia (come per la civiltà, disprezzate le bande con bastoni e fucili, orgoglio collerico al fronte, rozza corazza di stufa), non avrebbe mai potuto raggiungere i più alti strati decisionali dello Stato, in particolare il principale presidente esecutivo della Repubblica. L'infelicità della pandemia ha contribuito a mettere a nudo le viscere di questo magma: un insieme abbondante di intenzioni stupide e insensibili, il cui gangsterismo sorprende solo la percezione credulona e miope.

Da echi lontani – dall'Impero alla Repubblica –, il disservizio sistemico di tante élite politiche conservatrici e reazionarie, attraverso successive forme di amministrazione che riproducono disuguaglianze estreme, è penalmente implicato nella ricorrente lattazione e irruzione di queste effemeridi storiche. Il futuro dell'intelligence dovrà certamente inquadrare la lava nei peculiari alfabeti dell'inciviltà. Più di tre secoli di investimenti insufficienti e (quasi) continui in istruzione,1 senza qualità, efficacia e gestione del risultato, ottiene un giorno un effetto macrostrutturale e unitario con un dito militare in aria – fuoco inguainato, miccia accesa – sulla faccia rossa della cinica indifferenza e della simulata ingenuità, attributi della mentalità di vertice tecnocratico. Questo sforzo di bilancio strutturalmente disorganizzato o incompleto, sempre sproporzionato rispetto alle dimensioni geopolitiche del paese – lontano da quanto sostenevano, tra gli altri, Fernando de Azevedo, Anísio Teixeira, Paulo Freire e Darcy Ribeiro2 –, se combinato con alti tassi di disoccupazione e segregazione della popolazione, mostra un effetto esplosivo, pagando un alto prezzo collettivo, al di là delle roccaforti elitarie: sulla scia del 2016 e del 2018, l'amministrazione negazionista e disastrosa della pandemia, più di 300mila morti più tardi, fa espiare al Brasile l'obbrobrio del mondo.

Nell'impeto insolente del ripetersi dei decenni militari, l'orgogliosa feccia – interclassista – e con un buffone rappresentante a Palazzo Planalto, espande le radici neofasciste: rumina ossessivamente il colpo di perpetuazione – Colpo di difesa, golpe di Sitio, golpe militarizzato o consorti –, lancia abusi alla corsa presidenziale in corso.

Per riscattarsi dal biasimo, le élite politiche conservatrici, che hanno sostenuto il neofascismo bolsonarista e oggi intendono ripulirsene, vorranno spazzare via la scabrosità (questa profonda amarezza che le ha assalite ai lati e ora risiede nel giardino antistante ) al covo blindato dei tabù, sotto tappeti dal pallore ridente, nel soggiorno.

Chiedono alla decenza di dimenticare ciò che vede e deduce. Incondizionatamente, disobbedisce all'iniquità. La sua legittima indisciplina afferma che il resoconto politico, economico e morale della ricostruzione di ciò che pochi anni hanno già distrutto viene gettato in grembo ai nepotisti e ai fisiologi del conservatorismo istituito, con proiezione lungo tutto il secolo. I movimenti sociali di centrosinistra non dimenticheranno mai la paternità di questa devastazione così spesso annunciata. Una stima storica ottimistica avverte che anche un investimento triplicato e sistematico nella struttura e nel lavoro irreversibile a tutti i livelli educativi, per più di cinque decenni, sarà insufficiente – e questo tenendo presente la proporzione del dovuto sospetto: neofascisti, suprematisti e simili – dai singoli ai gruppi e alle imprese – raramente sono convinti, con autenticità e onestà, del valore universale della democrazia e dei suoi effetti benefici per lo sviluppo degli individui e delle relazioni sociali. Per sabotarlo, coltivano, all'interno della mentalità di destra, un alibi donchisciottesco e puerile: la necessità di una difesa feticistica contro il “comunismo immaginario”, abolendo ogni differenza (materiale e simbolica). Con un logoro espediente retorico, dapprima attribuiscono a questa chimera la minaccia generale alle istituzioni (di “ordine” e “progresso”) e, successivamente, se ne servono per giustificare la stessa chiusura del tempo.

Raramente l'ovvio merita una spiegazione, come in questo caso: la vergogna storica della responsabilità menzionata nell'istruzione non sarà mai delle classi popolari, vulnerabili, segrete, periferiche e/o svantaggiate - le classi maggioritarie rese "di servizio" e legalmente obbligate ( indipendentemente da inclinazioni volontarie circostanziali e impreviste). Nessuno stratagemma discorsivo egemonico nasconde la falla e i suoi starnuti. Raggiungono, anche colpevolizzando, l'ambiguità di comodo e ancora irrisolvibile della borghesia brasiliana.

Per amore di rigore, in mezzo a speranze nulle, il miglior esempio che le élite conservatrici darebbero – e, ovviamente, non lo faranno mai – sarebbe non solo sottrarsi ai riflettori, ma anche abbandonare la scena nazionale per molto tempo, a passo silenzioso, per evitare fischi dai quattro angoli. Brevettare il rigore dei rigori fa, almeno, più che esporre l'osso nutriente che tali élite e dintorni non lasciano andare: mantiene l'ago di ciò che è giusto nella ferita principale, in legame con i posteri.

*Eugène Trivinho è professore del Graduate Studies Program in Communication and Semiotics presso la Pontificia Università Cattolica di San Paolo (PUC-SP).

note:


1- L'eccezione pertinente a questo riguardo comprende la politica di bilancio dei governi progressisti. Il periodo dal 2002 al 2015, in cui l'alleanza di potere guidata dal Partito dei Lavoratori (PT) ha amministrato il paese, è stato quello che ha visto maggiormente gli investimenti nell'istruzione in Brasile. I dettagli statistici internazionali e comparativi possono essere visti, ad esempio, nei rapporti L'educazione a colpo d'occhio dal 2017 al 2019, dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). L'Istituto Nazionale di Studi e Ricerche sull'Educazione Anisio Teixeira (INEP), un'agenzia del Ministero della Pubblica Istruzione, fornisce l'accesso agli archivi (in inglese e portoghese), in http://inep.gov.br/education-at-a-glance.

2 – L'occasione, vessata da tante grossolane incertezze, esige urgenza: vale la pena citare, per doverosa divulgazione, i rispettivi volumi del Coleção Educadores, ideato e finanziato dal Ministero dell'Istruzione (quando l'ente era un ambito rispettato e qualificante della filiale), in collaborazione con il Organizzazione delle Nazioni Unite per Educazione, una Scienza e Cultura (UNESCO) e la Fondazione Joaquim Nabuco:

BEISIEGEL, Celso de Rui. Paulo Freire. Recife: Fondazione Joaquim Nabuco; Massangana, 2010.

NUNES, Clarice. Anísio Teixeira. Recife: Fondazione Joaquim Nabuco; Massangana, 2010.

GOMES, Candido Alberto. Darcy Ribeiro. Recife: Fondazione Joaquim Nabuco; Massangana, 2010.

PENNA, Maria Luisa. Fernando de Azevedo. Recife: Fondazione Joaquim Nabuco; Massangana, 2010.

Gli oltre 60 volumi della Collezione Educatori, compresi i precedenti, sono disponibili all'indirizzo http://www.dominiopublico.gov.br/pesquisa/ResultadoPesquisaObraForm.do.

 

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