Poesia e lavoro con il linguaggio

Denis Gubarev, Massa latente, 2018
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da SERAFINO PIETROFORTE*

Prendersi cura delle dimensioni prosodica e fonologica della lingua, almeno nel discorso poetico, lontano dal belletrismo e dal capriccio letterario, significa prendersi cura dell'espressione linguistica

Ho una laurea in linguistica e portoghese; Sono diventata docente di semiotica e letteratura durante il mio percorso accademico... la poesia, per me, tra tante forme di approccio, si identifica con il lavoro con il linguaggio.

Alla luce di ciò, per giustificare la mia opinione, vorrei raccontare un'esperienza personale che ha coinvolto libri e autori; in questo caso tre libri e tre autori, completamente diversi negli stili e distanti nel tempo e nello spazio: (i) le metamorfosi, di Ovidio, in particolare, i versi sulla Mirra e le sue disgrazie – tradotti da Paolo Cascina Alberto –; (ii) il libro delle storie Il re in giallo, di Robert Chambers, incentrato sul racconto La strada di Nossa Senhora dos Campos – tradotto da Edmundo Barreiros –; (iii) e la lunga storia d'amore L'arcobaleno della gravità, di Thomas Pynchon – tradotto da Paulo Henriques Britto.

La storia di Mirra è fantastica. Non mi riferisco solo all'amore tragico per il padre, ma: (a) ai modi in cui Ovidio esprime i pensieri della giovane tra dubbi e certezze, progetti e frustrazioni; (b) la sincronizzazione della storia con i riti dell'epoca, quando le donne sposate, allora, si ritiravano in astinenza, lontane dai mariti, fino al punto di evitare le norme igieniche, contrariamente al delizioso profumo estratto dall'albero in cui loro il protagonista si trasforma; (c) la nascita di Adone, figlio della ragazza e del padre di lei, personificando le mitologie sugli aromi e sulla vegetazione e sui loro cicli.

Robert Chambers, a sua volta, concepisce una storia spaventosa Il re in giallo. Nei racconti del volume è presente un libro maledetto in cui viene raccontata la storia del Re in Giallo; Chi ha la sfortuna – o la fortuna – di leggere un libro del genere, presente nei primi racconti, finisce per impazzire. Nelle storie finali, però, questo tema scompare ed emergono altri temi, oltre all'horror; tra questi, Robert Chambers tematizza l'amore.

Quindi dentro La strada di Nossa Senhora dos Campos, c'è una bella descrizione dell'affetto tra due giovani, cioè una ragazza francese, la cui emancipazione e amore libero si confonde con la prostituzione, e un ragazzo di provincia americano. L'amore non appare all'improvviso; Robert Chambers racconta lentamente e in modo approfondito la relazione, descrivendo gesti ed espressioni facciali, senza dimenticare la simbolizzazione della natura, correlata alla scena d'amore, e i dettagli della statua di Eros, situata vicino alla coppia, che rappresenta l'epifania vissuta dagli innamorati .

Infine, il romanticismo L'arcobaleno della gravità, in cui Thomas Pynchon crea un delirio lungo più di 800 pagine. La storia è ambientata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il cui protagonista è il combattente americano Tyrone Slothrop; il discorso, però, non si limita alla narrazione cronologica di fatti apparentemente storici e noiosi.

Nel romanzo, in mezzo alla narrazione frammentata, Thomas Pynchon pone grande cura nelle descrizioni, negli enumeramenti e, tra le altre risorse letterarie, nell'abbondanza di personaggi singolari, provenienti da universi diversi, come cartoni animati, canzoni, poesie e fumetti, trovandoli sia nei laboratori di ricerca parapsicologica e paranormale, nei casinò, nelle navi abbandonate, nelle città perdute in zone di guerra e in altri luoghi insoliti.

Tutto questo, però, non si limita a buone idee coordinate attorno allo stesso protagonista; Si tratta infatti di un ottimo lavoro con il linguaggio, del resto i linguaggi non sono subordinati ai contenuti immaginati, è vero esattamente il contrario, poiché le narrazioni, le descrizioni e le dissertazioni emanano dal linguaggio, attraverso il linguaggio utilizzato.

Ora, data la scelta di queste tre opere per riflettere sulla poesia, vale la pena chiedersi perché, tra queste, solo una rientri in questo genere letterario, mentre le altre appartengano alla prosa. Per quanto riguarda Il re in giallo, scritto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la sua concezione coincide con il Simbolismo, le cui caratteristiche, pur disseminate in versi, non mancarono di influenzare i prosatori, generando una prosa vicina alla poesia – il passo commentato del racconto La strada di Nossa Senhora dos Campos, a causa delle correlazioni simboliche tracciate tra i personaggi, l'ambientazione e la natura illustrano tali procedure –; per quanto riguarda L'arcobaleno della gravità, valgono le stesse considerazioni esposte nel racconto di Robert Chambers, semplicemente, invece di invocare il Simbolismo, inserendo il romanzo nella postmodernità, osservando, in esso, l'eclettismo storico, il pluralismo stilistico e la trasgressione dei generi artistici tradizionali, compresi quelli letterari.

Per proseguire vale la pena commentare, anche brevemente, il momento della mia vita in cui ho letto questi testi. Purtroppo, nonostante le letture fossero piuttosto allegre, le ho effettuate durante la pandemia di Covid-19, che ha devastato il pianeta Terra nel 2020 e nel 2021. So che molti colleghi poeti e prosatori hanno prodotto molto durante questo periodo di raccoglimento; Io invece durante il primo anno di isolamento non ho potuto scrivere nulla; Fu solo a metà del secondo anno, dopo aver letto Ovidio, Chambers e Pynchon, che cominciai a rivedere i miei romanzi, racconti e poesie.

In tali circostanze, confesso la mia delusione per il lavoro svolto fino a quel momento. Le sviste, tuttavia, non erano dovute solo alle mie insufficienze letterarie, poiché condividevo la maggior parte dei miei difetti con diversi scrittori della stessa generazione. Pertanto, senza citare gli autori, elencherò alcune di queste imperfezioni: (i) mancanza di conoscenza delle coniugazioni verbali portoghesi, con conseguente uso eccessivo di forme composte, quindi, uso dell'infinito, soprattutto nella prima coniugazione; (ii) uso eccessivo del verbo “ser” nel predicato nominale, indicante la mancanza di conoscenza di altri verbi concatenanti e sinonimi approssimativi del verbo “ser”; (iii) uso eccessivo del verbo “ser” nella forma passiva, indice di ignoranza della forma passiva sintetica; (iv) predominanza di periodi coordinati asindetici, motivo per cui mancano i periodi subordinati e non vengono utilizzate le congiunzioni della lingua portoghese; (v) uso eccessivo di “que”, sia come pronome relativo che come congiunzione integrale, che avviene in assenza di proposizioni ridotte; (vi) uso eccessivo del verbo “dire” per indicare il discorso diretto, dimostrando ignoranza di altri verbi illocutivi; (vii) mancata conoscenza del morfema -mente, che forma un avverbio, di conseguenza si utilizzano aggettivi con funzione di avverbio; (viii) lessico povero ed eccessivamente colloquiale per il registro letterario. In altre parole, gli scrittori sembrano inconsapevoli della materia prima della letteratura, o meglio, non sono consapevoli del linguaggio stesso; Non voglio sembrare scortese, ma non capire i termini grammaticali delle mie argomentazioni già lo esprime.

Ebbene, se tali questioni si manifestano in gran parte della prosa, spetta al lettore immaginare l'abbandono della poesia, quando il lavoro con il piano dell'espressione verbale, o meglio, con la prosodia e la fonologia, viene spiegato con veemenza. Su questo tema è piuttosto difficile discutere con i poeti perché, purtroppo, molti di loro identificano la poesia con la libertà letteraria, l'ispirazione, l'estasi mistica, la medianità e altre posizioni quantomeno indefinite, confuse e contraddittorie, se non addirittura contraddittorie. , errato e fuorviante.

Prendersi cura delle dimensioni prosodica e fonologica della lingua, almeno nel discorso poetico, lontano dal belletrismo e dai luoghi comuni letterari, significa prendersi cura dell'espressione linguistica, quindi, nella sua interezza, in fondo la lingua è fatta di espressione e non solo di contenuto . In questo modo, il ricorso a forme poetiche come il sonetto, ad esempio, non si limita a sofisticare, con regole apparentemente inutili, le bellezze della semplicità, mutilandole; evoca sonetti, haiku, madrigali, ecc. Implica piuttosto il dialogo con la letteratura stessa, proponendo ai lettori e agli altri poeti un’interazione simile.

Ancora con il sonetto, da Petrarca e la sua invenzione a EM de Melo e Castro, con le poligoni del sonetto, e Glauco Mattoso, con 5555 componimenti, si parla innanzitutto di poesia; In considerazione di ciò, la realizzazione di sonetti non si limita a mettere insieme rime e decasillabi distribuiti in due quartetti e due terzine. In termini generali, il sonetto classico rappresenta il pensiero sillogistico in termini poetici; A rigor di termini, in questa forma poetica viene presentato un tema generale e poi trattato in termini personali, cercando, in conclusione, qualche soluzione. In questo modo, l'uso dei sonetti rimanda, almeno, ai fondamenti dello stesso pensiero occidentale; Per illustrare, ecco il sonetto Chi vede, Signora, chiaro e manifesto, da Camões:

           Chi vede, Signora, chiaro e manifesto
           La bellezza dei tuoi occhi belli,
           Se non ti perdi di vista solo vedendoli,
           Non paga più quello che deve per il tuo gesto.

           Mi è sembrato un prezzo onesto;
           Ma io, perché li merito,
           Ho dato più della mia vita e della mia anima per volerli,
           Di cui non mi è rimasto più nulla.

           Così che la vita, l'anima e la speranza,
           E tutto quello che ho, tutto è tuo,
           E ne approfitto solo.

           Perché è una tale felicità
           Per darti quanto ho e quanto posso,
           Cioè, più ti pago, più ti devo.

Non voglio perdermi nell'analisi delle poesie, ma il seguente sonetto di Bocage, Cagare era la signora più bella, scritto due secoli dopo, dialoga però con la forma rinascimentale, incorporando il tono fescenico, tipico del pensiero barocco, così contrario all'equilibrio camoniano, mostrando che, dagli occhi al cielo, tutto rientra nel sonetto:

           Cagare era la signora più bella,
           E il cielo non è mai stato così bianco;
           Ma vederlo cagare sulla sua bellezza
           Disgusto il desiderio più avido!

           Ha espulso la massa puzzolente
           Ad un certo costo, perché era difficile;
           Una lettera d'amore purificante
           Serviva quella parte puzzolente:

           Adesso mandalo alla ragazza più bella
           Una lettera d'amore lusinghiera
           Gli affetti si muovono, i cuori incitano:

           Andarlo a vedere serve da sipario
           Alla porta, dove dimora il fetore e la trappola,
           Dall'oscuro palazzo sull'asfalto!

Col passare del tempo, tre secoli dopo Bocage e cinque dopo Camões, un altro poeta portoghese, EM de Melo e Castro, riprende il sonetto, rielaborandolo secondo concezioni simboliste, citando addirittura il poeta brasiliano Cruz e Sousa, altro sonettista, e incorporando, nel serie Poligoni del sonetto, dalle avanguardie moderne al sonetto classico. Ecco il Poligoni del sonetto 19:

           le voci con la voce con questa voce
           voce e timbro gelidi
           la voce con questa voce o con le voci
           poligono infinito polivoce

           voce sonora a cascata costellata
           polvere serena improvvisamente agitata
           poliedro di schiuma polmonare
           lato in vetro colorato con polvere di veleno vitale

           le voci le volute i violati
           le onde viola sublinguali
           Lialumi luminosi della voce del lago

           velocemente ho visto le voci volte volte
           chiamate estinte a restare
           le voci per la voce per il luogo

Infine Glauco Mattoso, che compulsivamente e facendo arte concettuale, compose 5555, tematizzando tutto nelle forme letterarie del sonetto classico, dai gruppi rock alla frutta e verdura venduta in fiera, compreso il sesso sadomasochista. Ecco la poesia Flatulento:

           Le scorregge, più dei rutti, ispirano risate
           delizioso, selvaggio, ridente,
           da parte di chiunque abbia scorreggiato,
           mentre altri danno giudizi sbagliati.

           In base al mio caso, analizzo,
           perché, anche se siamo soli, claustrali,
           risate dopo il rilascio dei gas
           e respiro il mio fetore, come un Narciso.

           Comincio a immaginare la reazione
           di qualcuno abituato agli standard di etichetta
           colto di sorpresa davanti al petardo...

           Il mio sogno era scoreggiare fumo nero
           a un tavolo da banchetto, così
           lascia che le risate mi travolgano...

Nel sonetto di Glauco Mattoso non bisogna considerare soltanto lo stato d'animo delle riflessioni del poeta messe in versi. Accanto alla risata che risuona nelle rime dei quartetti, con l'accento sulle vocali /a/ e /i/, caratteristiche delle interiezioni in ah e ih che esprimono la risata, ci sono le allitterazioni delle consonanti occlusive che simulano il flatus e quelle vibranti, eruttazioni; Glauco segue anche un ragionamento sillogistico in tutte le strofe per prendersi cura delle scorregge e dei rutti, riferendosi a forme letterarie con almeno 700 anni di esistenza. In questa prospettiva, versi come questo non si limitano a poesie specifiche, frutto dell'occasione, ma dialogano con l'arte poetica, esprimendo la storia della poesia stessa.

Tali procedure non si fermano solo alle forme fisse, come i sonetti, gli haiku, ecc. Nei poeti creativi ciò si estende a tutte le forme; Roberto Piva, nella poesia Ho visto gli angeli di Sodoma, dialoga, almeno, con la famosa poesia ululato, di Allen Ginsberg, con surrealismo e poesia omoerotica. Ecco la poesia:

           Ho visto gli angeli di Sodoma arrampicarsi
                  una montagna verso il cielo
           E le tue ali distrutte dal fuoco
                  ventilava l'aria pomeridiana
           Ho visto gli angeli di Sodoma seminare
                  meraviglie per la creazione
                  perdi il ritmo delle arpe
           Ho visto leccare gli angeli di Sodoma
                  le ferite di coloro che sono morti senza
                  vanto, di supplici, di suicidi
                  e i giovani morti
           Ho visto crescere gli angeli di Sodoma
                  con il fuoco e saltarono dalle loro bocche
                  medusa cieca
           Ho visto gli angeli di Sodoma scarmigliati e
                  uomini violenti che annientano i mercanti,
                  rubare il sonno alle vergini,
                  creando parole turbolente
           Ho visto gli angeli di Sodoma inventare
                  La follia e il pentimento di Dio

Allo stesso modo, Hilda Hilst, nella prima chiamata del Dieci chiamate ad un amico, oltre a seminare versi decasillabi tra le strofe, dialoga con canti amici, rappresentativi della poesia trobadorica del Basso Medioevo, utilizzando metafore antiche quanto l'umanità stessa, come la donna identificata con la terra e l'uomo, con la l'acqua, il pastore e la nautica.

           Se ti sembro notturno e imperfetto
           Guardami ancora. Perché stasera
           Mi sono guardato, come se tu mi stessi guardando.
           Ed era come se l'acqua
           Desiderio

           Fuggi da casa tua che è il fiume
           E semplicemente scivolando, senza nemmeno toccare la riva

           Ti ho guardato. Ed è passato così tanto tempo
           Spero che
           Possa il tuo specchio d'acqua più fraterno
           Estenditi sul mio. Pastore e marinaio

           Guardami ancora. Con meno orgoglio.
           E più attento.

Infine, un’ultima osservazione sul lavoro con il linguaggio. Nelle lezioni di linguistica e semiotica all'università, un concetto difficilmente modificabile per gli studenti si riferisce all'idea del linguaggio come semplice riflesso del mondo e del pensiero.

Contrariamente a tali idee, ci rivolgiamo a Ferdinand de Saussure, considerato il pensatore più eminente della linguistica storica del XIX secolo, fondatore della linguistica moderna e della semiotica dei secoli successivi; Saussure influenzò direttamente anche lo strutturalismo, ispirando Claude Lévi-Strauss, Jacques Lacan e Roland Barthes, tra molti altri. Per lui la lingua non consiste in una nomenclatura, ma piuttosto come un criterio di classificazione che si proietta sul mondo dotandolo di significato.

Per fare chiarezza su questo argomento ci rivolgiamo a un altro celebre linguista, Louis Hjelmslev, il quale, sviluppando le proposte di Saussure, osserva che la lingua non è altro che un semplice compagno, ma si rivela, secondo le sue stesse parole, un filo profondamente intrecciato nella reti di pensiero; In altre parole, il linguaggio non si limita a riflettere pensieri, emozioni, sensazioni, ecc., ma può essere considerato la fonte dello sviluppo di tutto questo.

Da questo punto di vista, quello del linguaggio non come riflessione, ma come immanenza di senso e di significazione, lavorare sul linguaggio, lontano dal belletrismo e dal virtuosismo letterario, equivale a investire sulla fonte del senso e, forse, dell'umanità con le sue varie culture.

*Serafino Pietroforte È professore ordinario di semiotica presso l'Università di San Paolo (USP). Autore, tra gli altri libri, di Semiotica visiva: i percorsi dello sguardo (Contesto). [https://amzn.to/4g05uWM]

Riferimenti


CAMERE, Robert (2014). Il re in giallo. Rio de Janeiro: intrinseco.

DETIENNE, Marcel (1989). I giardini di Adone. Parigi: Gallimard.

GUINSBURG, Jacob e BARBOSA, Ana Mae (2008). Postmodernismo. San Paolo: Prospettiva.

HJELMSLEV, Louis (1975). Prolegomeni a una teoria del linguaggio. San Paolo: Prospettiva.

OVIDIO (2010). le metamorfosi. Lisbona: Cotovia.

PYNCHON, Tommaso (1998). L'arcobaleno della gravità. San Paolo: Companhia das Letras.

SAUSSURE, Ferdinand de (2012). Corso di linguistica generale. San Paolo: Cultrix.


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