Il potere della diaspora

Immagine: Markus Spiske
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da SABRINA SEDLMAYER*

Commenti sul presente e sul futuro della lingua portoghese

1.

È toccato alla scrittrice Lídia Jorge riassumere i punti fondamentali discussi nell'audace colloquio “La lingua portoghese: presente e futuro”, svoltosi nel dicembre 2004, presso la Fondazione Calouste Gulbenkian, a Lisbona, il cui obiettivo era riflettere sulla la lingua portoghese e le sue forme di insegnamento. Analisi teoriche, inventari, diagnosi e testimonianze diverse sono state raggruppate attorno a sei aree tematiche che spaziavano dalla presenza indelebile di Internet e l'emergere di una cultura post-simbolica alle politiche e agli usi estetici di una forma di linguaggio che ha sempre resistito al gesto pragmatico , comunicazione tra parlanti.

Lo scrivente, che è stato con noi al XIV Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti nella città di Porto, ha recuperato, al termine dei due giorni di discussione, alcuni punti importanti per il presente testo, che intende mettere in luce la presenza e rilevanza di partner brasiliani in questa Associazione, e toccare la complessità di cosa significhi essere un ricercatore brasiliano legato a un gruppo il cui nome istituzionale porta già con sé un imbarazzo terminologico con l’idea di Lusofonia.

Il primo punto sollevato da Lídia Jorge sarebbe l'esistenza di lingue nella lingua. Un termine meno doloroso per gli schiavi, difeso da Solange Parvaux, sarebbe “lingue in portoghese”. Il secondo, rappresentato dall’UNESCO, è il riconoscimento della molteplicità e della mobilità delle lingue insieme alle rispettive culture, posizione contraria all’egemonia di una lingua sulle altre.

La terza, “che il Brasile svolgerà il ruolo di motore per l’affermazione della lingua portoghese nel mondo, attraverso i valori di grandezza che riguardano la sua popolazione in crescita, e attraverso il posto che occupa come potenza emergente, eventualmente, a causa al ruolo che potrebbe svolgere nel quadro delle Nazioni Unite” (Jorge, 2015, p. 351).

È noto che quando si svolse questo dibattito a Lisbona, la società, le università e la cultura brasiliane non erano ancora state colpite duramente dal governo genocida di Jair Bolsonaro. C’era speranza, un enorme scambio di studenti e ricercatori tra i paesi di lingua portoghese, nonché una responsabilità etica e morale nel rivedere gli stereotipi etnici, linguistici, culturali e di genere. C’è stata una pausa dolorosa durata quattro anni, permeata di lotte e combattimenti, e oggi le università pubbliche e gratuite stanno cominciando a ricostruirsi. E il XIV Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti è stato testimone di questo sforzo.

Tradizionalmente organizzati nel mese di luglio (vacanze scolastiche in Brasile e inizio estate in Europa), gli eventi si aprono alla diversità. La scelta degli autori e degli argomenti presentati dimostra mobilità e fluidità: i portoghesi leggono scrittori mozambicani; Gli angolani leggono autori guineani; Gli italiani sviluppano domande teoriche su un pensatore portoghese, i galiziani interpretano i macauani, i brasiliani leggono i capoverdiani; Gli abitanti di Macao citano versi di poeti di São Tomé E molto altro ancora.

Di tutti i congressi dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti a cui ho partecipato, ciò che rimane, come ricordo, è proprio la potenza della diaspora. Ma basta un breve controllo sull'elenco dei partecipanti al prossimo Congresso per vedere come il “latino in polvere” (titolo del curioso libro del collega Caetano Galindo, uscito nel 2022, ancorato nella canzone “Língua” di Caetano Veloso) continui ad essere diffuso, e come “niente di ciò che è accaduto alla lingua portoghese in Europa è paragonabile a ciò che le è accaduto quando salpò” (Galindo, 2022, p.129)

Se gli spazi linguistici e gli spazi culturali si influenzano a vicenda, l’Associazione Internazionale dei Lusitanisti si assume il compito di ideare strategie che allevino questo “colonialismo sconsiderato”, come lo chiamava acutamente Eduardo Lourenço, riferendosi al gesto di dominio e sfruttamento dei territori altrui, complotto che ci ha intrappolati fin dal XV secolo. “Lusofonia” va necessariamente usato tra virgolette, portando con sé tutta la sospensione, la citazione e l’estraneità che questo signum citationis implica.

O meglio, nel citarlo bisogna prendere le distanze, come avverte Giorgio Agamben: «Con le virgolette, chi scrive prende le distanze rispetto al linguaggio: indicano che un dato termine non è preso nel significato che gli è proprio, che il suo il significato è stato modificato (citato, chiamato fuori dal suo campo abituale), senza però essere del tutto escluso dalla sua tradizione semantica. Non puoi o non vuoi usare semplicemente il vecchio termine, ma non vuoi nemmeno trovarne uno nuovo. Il termine tra virgolette resta sospeso nella sua storia, è pesante – cioè, almeno in modo elementare, pensiero”. (Agamben, 2012, p. 99-100).

Gli associati potrebbero proporre una nuova parola che non abbracci la visione luso-tropicalista e l’idea di sintesi. Ma ciò che in pratica accade, da molto tempo, è che l’Associazione Internazionale dei Lusitanisti si è aperta e si è mossa tra diversi saperi, in modo multidisciplinare, e ha cercato di mettere in discussione la tortuosa storia della violenza linguistica e culturale legata alla storia coloniale che segna ancora oggi la vita dei brasiliani (e degli africani, è bene aggiungere).

La traduzione di questa ambivalenza, pur descritta nella forma consacrata da Camões, il sonetto, è evidenziata in “Patrialíngua”, della scrittrice brasiliana contemporanea Jacyntho Lins Brandão:

La mia patria, la mia lingua. Che lingua
Questo è quello che mi resta e non mi dice e dentro
Cosa dico per uccidermi silenziosamente senza bisogno?
Di una lingua che non ho né ho?
Se parla, parlare è pura lotta
Mi imbarazza non dire che le parlo.
Lingua madre, niente! lingua da puttana,
Impuro, incolto, apolide: così bello.
La veglia e l'insonnia mi riempiono
In ogni negazione, in ogni affermazione
Detto questo con gentilezza, con acrimonia,
Lei è la mia lingua, la mia Babilonia,
La confusione che ti porta alla deriva:
Nessuna patria. Quindi: lingua coloniale.

Allora ci chiediamo continuamente (e ripetutamente), guidati da Caetano Veloso: cosa vuole e cosa può fare questa lingua?

2.

Nomi canonici come Clarice Lispector, Jorge Amado, Machado de Assis, Guimarães Rosa, si affiancano agli studi sulla traduzione, sull'hip hop e sugli effetti del Covid nelle scuole del Sud del Brasile nella programmazione del XIV Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti. E questa “confusione che nasce”, come dice Jacyntho Brandão nella poesia citata, si sperimenta in ogni seduta, in ogni tavolo aggiornato, nei giorni in cui si svolge l’incontro triennale.

In termini di partecipazione effettiva dei brasiliani alla gestione di questo gruppo, non solo nella forma amministrativa, va sottolineata la maestra di molte generazioni: la professoressa Cleonice Berardinelli. Cleô, come l'ho chiamata da grande, è stata vicepresidente dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti ed è stata presente, con saggezza e lucidità, a quasi tutti gli incontri.

Una sessione speciale a lei dedicata sarà uno dei momenti più attesi dell'incontro di luglio. Anima gentile che se ne andò e che diffuse le lingue portoghesi per più di ottant'anni in tutto il mondo, sarà onorata da coloro che furono formati dal ricercatore.

Un altro rappresentante importante, ad oggi unico presidente di origine brasiliana, è la professoressa Regina Zilbermann, che ha concluso il suo produttivo mandato al Congresso dell'isola di Madeira nel 2010.

Attualmente gestiamo la rivista percorsi, ricercatore Frederico Fernandes (al posto che un tempo fu di Regina Dalcastagnè, che apportò modifiche e rinnovò il periodico, con rigore e creatività nella gestione passata), oltre a tanti altri soci che contribuiscono a costruire la storia di questa associazione che fu creato da un gruppo di studiosi di letteratura e lingua portoghese in territorio francese, ancora nel 1984.

Nel 2027 avremo l’opportunità di ospitare questo evento in Brasile per la seconda volta nei quarant’anni di esistenza dell’Associazione Internazionale dei Lusitanisti. L'UnB (Università di Brasilia) ospiterà il XV Congresso, coordinato dalla professoressa Ana Clara Medeiros e da tutti i professori dell'area della Letteratura portoghese in collaborazione con il potente gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Regina Dalcastagnè.

Infine, vale la pena mettere tra virgolette anche la designazione di “umanesimo” e “umano” come motori della diffusione accademica della lingua portoghese nel mondo. Ripensare, in profondità, le giustificazioni della servitù e del dominio che Africa e Brasile hanno subito per più di trecento anni. Come invita giustamente la critica Silvina Rodrigues Lopes: è necessario disfare le appartenenze e “navigare, tradurre, aprirsi all’ignoto”. (Lopes, 2021, pag.12)

Forse è questa gioia dell’incrocio che muove i brasiliani. Si muovono e viaggiano con i loro saperi e con le infinite espressioni che la diaspora ha saputo produrre per un'intensa settimana di incontri plurali. Pensare e parlare in questa lingua babilonese che confonde ma, soprattutto, è capace di creare ai margini, insieme a infinite narrazioni non ancora raccontate.

*Sabrina Sedlmayer È professoressa alla Facoltà di Lettere dell'UFMG e presidente dell'Associazione Internazionale dei Lusitanisti.

Riferimenti


AGAMBE, Giorgio. Idea di prosa. Traduzione, prefazione e note João Barrento. Belo Horizonte: Autentica, 2012.

BRANDÌO, Jacyntho Lins. Harsiese. San Paolo: Patua, 2023.

GALINDO, Caetano W. Latino in polvere: una passeggiata attraverso la formazione del nostro portoghese. 1 ed. San Paolo: Companhia das Letras, 2022.

JORGE, Lidia. Sintesi. La lingua portoghese: presente e futuro. 3 ed. Lisbona: Fondazione Calouste Gulbenkian, 2015.

LOPES, Silvina. Gioia, attraversamento. La nascita del mondo nei suoi passaggi. Lisbona: Edições Saguão, 2021.


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