da AMANDA DE ALMEIDA ROMÃO*
Il senso della vita per Contardo Calligaris
Em Il senso della vita, Contardo Calligaris, psicoanalista il cui contributo teorico è ampiamente riconosciuto, ci regala molte provocazioni: dal disagio per la classica domanda del saluto brasiliano, “Come stai?”, ai versi di Francesco Petrarca, “una bella morte nella tua vita onoraria”. Se però inserisco questi due esempi è solo per mostrare la varietà degli argomenti affrontati, e non per supporre una gerarchia che separi le due frasi agli estremi opposti.
Questo perché Contardo Calligaris, quando parla del senso della vita, non indica una nozione straordinaria, ma si interessa alla quotidianità e alle sue trame comuni, alle possibilità che abbiamo di ampliare le nostre percezioni e di arricchire le nostre esperienze attraverso la cultura, sì, ma in breve, la vita che si svolge senza lo splendore immaginario dei nostri ideali – narcisistici, politici, ecc.
Questa presa di posizione, da Hegel a Lukács, appare sotto il velo dell'arte romantica: un tratto della modernità che ha come modus operandi cogliere gli oggetti nella loro accidentalità, non esprimendo più l'armonia tra forma e contenuto. Non proseguirò però con gli autori nell’approfondimento del tema, soprattutto non decreterò con Hegel la fine dell’arte proprio per questo motivo. Torniamo a due aspetti centrali del libro di Contardo Calligaris.
Il primo si riferisce alla qualità delle esperienze: così come la vita non può essere misurata da uno scopo, a telos che guiderebbe ogni azione, la sperimentazione non dovrebbe essere sotto l’egida di un valore trascendente o di un obbligo di felicità. Le esperienze sono considerate migliori nella misura in cui forniscono una vita interessante al soggetto, anche se provocano malcontento e/o dolore. Nelle recensioni disponibili su internet sul libro, questo aspetto è ampiamente trattato.
Vale però la pena sottolineare una formula molto intelligente che Contardo sentì dire dal padre ancora ragazzino: “ci sono libri che sono scritti per riempire i buchi della libreria, e ci sono libri che sono scritti per preservare i buchi” nello scaffale” (CALLIGARIS, 2023, p. 82). In altre parole: ci sono libri fatti per appiattire il vuoto che ci costituisce e ce ne sono altri, più interessanti, che sono fatti perché il vuoto venga mantenuto. Formula affascinante, alla enigma della sfinge, e anche invitante: cosa sarebbe un libro che sta sullo scaffale, riempie oggettivamente uno spazio su di esso, ma mantiene in esso il vuoto?
Con questo elogio della complessità appreso dal giovane Contardo, esaminiamo più in dettaglio il secondo aspetto intrigante del suo libro: la radicalità della vita estetica. Nel tentativo di riscoprire attraverso le fotografie la storia della sua famiglia, e in particolare il percorso del padre, lo psicoanalista scoprì che era stato attivista antifascista dal settembre 1943, era stato sindaco di Mesero nel 1945, ed era stato un partigiano (nessuna appartenenza al partito). Ma non conosceva i dettagli di quella vita intensa, poiché suo padre non era un uomo che parlava tanto.
Quelle fotografie, la Breda 37 piena di munizioni che trovò da bambino e, nonostante ciò, l'assenza di una posizione politica chiaramente espressa da parte di suo padre, tutto ciò incuriosì molto Contardo Calligaris.
Riproduco qui sotto stralci del dialogo: «Sapevo che mio padre era stato antifascista, ma non sapevo fino a che punto. Ho deciso di interrogarlo, o meglio ancora di provocarlo: “Va bene, lo so che eri antifascista, ma perché? Tu non sei comunista e nemmeno socialista, sei liberale (il che, all'epoca, per me, era quasi un insulto). Perché allora saresti stato antifascista? In nome di cosa? (…) Ha preso molto sul serio la mia domanda, rimanendo in silenzio per un bel momento. E finalmente mi diede una risposta che allora mi fece indignare (…). Lui ha risposto così: “È perché i fascisti erano molto volgari”. Ero pietrificato, stupito dall’idea che avesse potuto prendere posizione per un motivo che in fondo si riduceva a un giudizio estetico – niente a che vedere con la lotta di classe, niente a che fare con quelli che avrei riconosciuto come valori ideali, niente da a che fare con gli interessi economici. Solo un giudizio estetico”. (CALLIGARIS, 2023, p. 100-102).
Solo un giudizio estetico… Solo la ricerca di fondare una condotta morale basata su un giudizio estetico. Arrivando fino a rischiare la vita per un giudizio estetico e, così facendo, nobilitare la vita terrena. Senza cercare un principio soprasensibile o un programma politico che orienti l'azione, egli comincia con la sua libertà nel provare un profondo disgusto per il basso modo di pensare espresso nel fascismo, per il ripudio che la vista di un fascista provoca.
Il comportamento del padre di Contardo Calligaris sembra educare proprio come nei romanzi didattici (romanzo di formazione) e, quindi, è in grado di attraversare il tempo e comunicare con noi. Le pagine successive del libro sono dedicate alle ipotesi del figlio su quale sarebbe questa volgarità a cui si riferiva il padre, e sulle quali non ci soffermeremo.
Se la radicalità della vita estetica ha preso in considerazione Contardo Calligaris – e, lo confesso, ha preso anche me – è perché si tratta soprattutto di negare tutte le risposte più ovvie all’impegno in una lotta armata e, in questo momento, impegnarsi a lottare affinché la vita non venga soffocata da visioni del mondo estremiste. Il diritto alla vita nella sua radicalità: il diritto delle persone a vivere la propria vita quotidiana, a tracciare le linee del proprio destino, ad affermare la vita come qualcosa che si svolge in noi e attraverso di noi.
È vero che questa comprensione richiede una sensibilità e una leggerezza uniche per accorgersi che non le manca nulla. Ma certi che l'ultimo film di Wim Wenders (Giorni perfetti) rafforzato questo tipo di sensibilità, la bellezza ordinaria contenuta nella prosa della vita, possiamo soffermarci più da vicino sull'argomento.
Spostando la questione nell’ambito estetico, però, non pretendiamo di trascurare il complesso ambito politico in questione. A questo proposito, ognuno di noi può immaginare cosa faremmo se il nostro Paese fosse attaccato dal fascismo (in Brasile, visto l’ultimo governo, questo è ragionevolmente facile da immaginare). Questo non vuol dire che i programmi politici siano irrilevanti, che sia necessario essere apartitici, niente del genere. Si tratta dello stupore nel rendersi conto che, pur essendo ignaro di tutto questo, qualcuno potrebbe prendere una seria decisione estetico-etica nella vita – e sarebbe vero il contrario, cioè qualcuno che si lascia prendere solo dagli imperativi dell'agenda politica. capace di una raffinatezza estetica di questa sottigliezza? Questa è la domanda.
Se insisto sul fatto che a questa posizione non manca nulla è perché non c’è da rimpiangere il fatto che in un momento come quello non fosse comunista. Fondare un giudizio estetico come giustificazione è ritagliarsi una ragione singolare per poter combattere le forze reattive del fascismo, lontano dal rischio di ripetere qualunque slogan, lontano dall’essere un soggetto assimilabile a un simbolo. Una posizione alquanto impopolare e quindi interessante.
Purtroppo sostenere questa posizione singolare quando si parla di gruppi è difficile. Esaminare attentamente le ragioni per fare ciò che si fa e invitare ciascuno a farlo per sé, aprendo spazi alla divergenza, è solitamente oggetto di filosofi e psicoterapeuti. In politica, nella maggior parte dei casi, essa opera attraverso la logica della psicologia di massa – il contributo estremamente importante di Freud all'argomento.
Allora la lotta contro la volgarità diventa una lotta combattuta per la vita immanente (in opposizione alla vita trascendente) e contro la stupidità. Contardo dice che un idiota è qualcuno che vuole che l'altra persona si diverta nel modo che ritiene giusto. Nel caso dell'Italia, attraverso la figura di Mussolini, la stupidità ha preso forma attraverso la fede assoluta in una “razza” e in una “nazione”.
In considerazione di ciò, ecco gli inviti che le due generazioni di Calligaris ci hanno lasciato: abitare lo stile come processo di individuazione della vita, non contrapporre l'estetica all'etica come se fossero ambiti inconciliabili (e non presupporre in entrambe la gerarchia). , e avere il coraggio di non affogare negli ideali dominanti per creare dentro di sé un corpo capace di arricchire l'esperienza vitale – nel qui e ora, con se stessi e con gli altri.
*Amanda de Almeida Romão è uno studente del master in filosofia presso l'Università Federale di San Paolo.
Riferimento
CALLIGARIS, Contardo. Il senso della vita. San Paolo: Planeta do Brasil, 2023. [https://amzn.to/4f7Elk9]
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