da GABRIELE FRANCO DA ROSA & PAOLO DE CARVALHO YAMAMOTO*
Il progetto colombiano segue la tendenza globale di cercare di salvare i membri della classe operaia del paese dall'informalità
"Anche se non vogliamo, sopportiamo nuove leggi \ Sopportiamo oggi per oggi che esistono ancora i re \ Puniamo gli umili e sopportiamo i crudeli (Calle 13, El Aguante).
Il 19 ottobre, la Camera dei Rappresentanti colombiana – che equivale alla Camera dei Deputati brasiliana – ha approvato in una seconda tornata il testo fondamentale di una riforma del lavoro. Se, dentro terre brasiliane, l’espressione “riforma del lavoro” mette i brividi perché era l’eufemismo usato (e difeso ad nauseam) da parte della comunità imprenditoriale brasiliana post-1988 per difendere la riduzione dei diritti sociali – e che, purtroppo, è stata approvata nel 2017 – lì la situazione è diversa.
Il disegno di legge che modifica la Codice del lavoro (Decreto 2.663/1950) è stato proposto al fine di attuare l’idea di lavoro dignitoso e dignitoso. Lo sforzo colombiano è simile al recente caso della Spagna, che nel 2021 (dicembre-legge 32/21) ha cercato di combattere la precarietà e promuovere la stabilità del lavoro. In entrambi i casi, infatti, le modifiche protezionistiche hanno fatto seguito ad altre riforme, che hanno ridotto la tutela del lavoro.
Il concetto di lavoro dignitoso è fondamentale per il diritto del lavoro contemporaneo e dovrebbe avere maggiore centralità in Sud America, visto che è stato sviluppato in occasione dell’87a Conferenza dell’ILO, sotto l’impegno dell’allora direttore generale, il giurista cileno Juan Somavía.[I] Sebbene sia spesso trascurato da alcuni interpreti dell’ordinamento giuridico brasiliano, il concetto appare come l’ottavo degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, secondo la previsione di “promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso”. per tutti."
Oltre al dibattito sull’evoluzione del concetto, è importante evidenziare alcune dimensioni essenziali per il suo riconoscimento, quali: opportunità occupazionali, reddito adeguato e lavoro produttivo, orari di lavoro dignitosi, stabilità e sicurezza sul lavoro, pari opportunità e trattamento sul lavoro, ambiente di lavoro sicuro, sicurezza sociale, dialogo sociale e rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro.
È vero che questo non è il primo cambiamento che subisce la legislazione colombiana sul lavoro. Se stesso Codice del lavoro era già stata vittima di altre due importanti riforme che riducevano la portata della tutela dei lavoratori. Almeno, per quanto riguarda la tutela contro la cessazione del rapporto di lavoro, i nostri vicini non hanno attraversato l’imbarazzo internazionale di ratificare la Convenzione n. 158 dell’ILO per poi denunciarla, in modo invalido ma efficace, secondo la soluzione giuridica eterodossa trovata dalla STF, nell'ambito dell'ADI nº 1625.
Per quanto riguarda l’informalità, sia in Brasile che in Colombia si registrano alti tassi di lavoro informale, che causano perdite all’intera società. Di fronte a questo problema sociale, le nostre soluzioni appaiono molto diverse. Il progetto colombiano segue la tendenza globale di cercare di salvare i membri della classe operaia del paese dall'informalità. Ne sono un esempio alcune disposizioni riformiste, come gli articoli 73, 75, 76, 77, nonché nuove proposte di articoli.
D’altra parte, qui in Brasile, la Corte Suprema ha portato avanti una riforma radicale e ultraliberale, come si può vedere nel Tema 725 di Ripercussione Generale[Ii] e nell'ADPF 324.[Iii] O, ancora, attraverso le Ricorsi Costituzionali, che mirano ad ampliare, monocraticamente, la distruzione del lavoro legale per riconoscere la validità dei contratti anche verbali di natura civile, pur in presenza degli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro, ledendo fatalmente il principio di primato della realtà.
Infatti, rispetto a questo principio basilare (ancora) iscritto nell’articolo 9 del CLT,[Iv] costituisce inoltre una pietra angolare del diritto del lavoro colombiano. L’innovazione tecnologica, quando applicata in uno Stato democratico governato dallo Stato di diritto, è soggetta all’ordinamento nazionale. Pertanto, il progetto colombiano, negli articoli da 24 a 30, sottopone il lavoro su piattaforma all’intelligenza del “principio del primato della realtà”, per differenziare le assunzioni autonome e subordinate, oltre a determinare la registrazione delle piattaforme presso il Ministero del Lavoro. , automazione della trasparenza, sistemi di supervisione e decisionali e supervisione umana. Si può facilmente constatare la superiorità della soluzione colombiana rispetto alla proposta contenuta nel PLP brasiliano 12/2024.
Numerose altre modifiche legislative nel testo rafforzano l’espansione della protezione dei lavoratori e indicano un’altra tendenza globale, riflessa nei recenti documenti dell’ILO e nell’Agenda 2030. Non si tratta di ridurre la complessità della realtà globale e i movimenti diversi e irregolari che si espandono o si riducono tutela del lavoratore, ma per dimostrare che la possibilità che la STF si è avvalsa di deroga giurisprudenziale (che però è vietata dalla logica giuridica), paradossalmente spesso avviene per mano della “custode della Costituzione”), il “principio del primato della realtà” e, quindi, lo stesso diritto del lavoro, sono lungi dall’essere l’unica alternativa o addirittura una tendenza maggioritaria globale. Al contrario, è un’opzione che isola ulteriormente il Brasile, collegandolo al livello di civiltà corrispondente al suo attuale stato produttivo.
Naturalmente, questo ricorda il caso di reggaeton, uno stile musicale colombiano ascoltato in tutto il mondo, ma quasi sconosciuto in Brasile. Spetterebbe al Brasile ascoltare con più attenzione ciò che arriva dalla Colombia, compresa la reggaeton.
*Gabriel Franco da Rosa È un avvocato sindacale e ha conseguito un dottorato di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP..
*Paulo de Carvalho Yamamoto È consulente legale e ha conseguito un dottorato di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP..
Nota
[I] Organizzazione Internazionale del Lavoro. Relazione sul rapporto di lavoro. Conferenza Internazionale del Lavoro, 87a Sessione, 1999. Disponibile su:https://webapps.ilo.org/public/spanish/standards/relm/ilc/ilc87/rep-i.htm>.
[Ii] “L’esternalizzazione o qualsiasi altra forma di divisione del lavoro tra soggetti giuridici diversi è lecita, indipendentemente dall’oggetto sociale delle società coinvolte, salva la responsabilità sussidiaria dell’impresa contraente.”
[Iii] “L’esternalizzazione di qualsiasi attività, mezzo o fine è lecita e non costituisce rapporto di lavoro tra l’appaltatore e il suo dipendente.”
[Iv] XLAM, art. 9°: Sono nulli tutti gli atti posti in essere allo scopo di falsare, impedire o frodare l'applicazione delle prescrizioni contenute nel presente Testo Unico.
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