La rivolta dei sarti

Carybé (Hector Julio Páride Bernabó), "Bahia", 1971.
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da DANIELE BRASILE*

Commento al libro “Esconjuro!”, di Luís Pimentel

Pochi brasiliani conoscono a fondo la Conjuração Baiana, che porta il nome poetico (e un po' dispregiativo) di Revolta dos Alfaiates, per la grande partecipazione di artigiani, piccoli commercianti, calzolai e sarti. Per gli intimi era la Revolta dos Búzios, un codice identificativo dei partecipanti, che indossavano un piccolo buzio legato ai polsi.

Il movimento indipendentista, promosso a Salvador nel 1798, ebbe una grande differenza rispetto all'Inconfidência Mineira, avvenuta pochi anni prima (1792): la grande partecipazione di neri e mulatti. Il grande valore dato a Tiradentes e ai suoi colleghi, e il disprezzo storico per i quattro martiri bahiani (Lucas Dantas, Manoel Faustino, Luís Gonzaga e João de Deus) la dice lunga sull'attuale razzismo nel nostro paese. Tutti furono impiccati e squartati, ma solo il minatore divenne un “santo”, venendo idealizzato come una specie di Cristo nelle rappresentazioni grafiche (tutte assurde, tra l'altro).

L'Invocazione Baiana, oltre a volere l'indipendenza dal Portogallo, predicava la fine della schiavitù. Qui giunse la notizia della prima vittoriosa rivolta di schiavi, ad Haiti, contro il dominio francese (1794). Volantini collocati nelle chiese di Salvador dai congiurati annunciavano: “Coraggio, popolo di Bahia! Sta per arrivare il tempo felice della nostra libertà, il tempo in cui saremo tutti fratelli, il tempo in cui saremo tutti uguali!”.

I minatori non hanno raggiunto tale audacia. Il loro problema era la riscossione delle tasse, in modo che tutti potessero continuare a tenere al sicuro i propri schiavi. Erano liberali, diciamo. Ciò ha reso più facile per loro essere cantati in prosa e in versi, diventando simboli nazionali. E, in campo letterario, pochi omaggi hanno avuto successo come il Romanzo di insicurezza, di Cecilia Meireles.

Perché il bahiano-carioca Luís Pimentel ha deciso di avvicinarsi alla Revolta dos Alfaiates, realizzando un'opera ibrida bandisco!, che utilizza diverse lingue. Allinea fatti storici con personaggi di fantasia, propone un bellissimo dialogo con le illustrazioni di Daniel Viana e crea situazioni mescolate con teatro e poesia, più vicine alle radici nord-orientali che all'erudizione mimetica di Cecília. Non c'è da stupirsi che il sottotitolo del libro sia "la corda e lo spago", un riferimento alla forca e alla forma popolare di espressione poetica.

Il grande ideologo della Rivolta, Cipriano Barata, fu un fervido sostenitore degli ideali della Rivoluzione francese. Dottore in Chirurgia, Filosofia e Matematica all'Università di Coimbra, massone, fu un grande propagandista dell'indipendenza, fondando giornali di opposizione, scambiando idee con Frei Caneca a Pernambuco, passando per diverse carceri a Recife, Salvador e Rio de Janeiro. Ma era bianco ed era un dottore, quindi gli era rimasto lo spago. Per i tuoi compagni neri, la corda.

Pimentel tratteggia abilmente il profilo di questo e di altri personaggi, ne inventa altri, sottolinea la partecipazione delle donne al movimento e produce un'opera originale che incoraggia soprattutto i giovani (a cui il libro è destinato) a conoscere meglio la storia. Di più: attraversa riferimenti poetici senza tempo (Gregório de Matos, Dorival Caymmi), alterna voci narranti e crea una narrazione accattivante, dove il piacere della lettura si mescola all'intima rivolta contro le ingiustizie del mondo.

* Daniele Brasile è uno scrittore, autore del romanzo seme di re (Penalux), sceneggiatore e regista televisivo, critico musicale e letterario.

Riferimento


Luigi Pimentel. bandisco!: la corda e lo spago nella rivolta dei sarti. Prefazione: Chico Alencar. Rio de Janeiro, Editora Pallas, 2021, 88 pagine.

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