la rosa caramello

Elyeser Szturm, della serie Heavens
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da ARNALDO SAMPAIO DE MORAES GODOY*

Commento al racconto di Mia Couto

Il critico Álvaro Lins ha scritto che il giallo nelle fotografie può scomparire. Può diventare nero. L'alimentazione diventa rossa. Tutto dipende dalla memoria. Questa percezione, così realistica, prende più colore quando leggiamo scrittori in cui si confondono reminiscenza e finzione. Il lettore (e anche l'autore) non definisce chiaramente i confini tra ciò che viene vissuto, ciò che viene immaginato e ciò che viene catturato nelle conversazioni e nelle esperienze. In letteratura non ci sono limiti precisi. Ci sono paradossi e possibilità.

Nell'espressione contemporanea della lingua portoghese, tra noi, spicca, in questa logica, l'amazzone Miltom Hatoun. Dall'altra parte dell'Atlantico, Mia Couto, che infrange le barriere di un particolarismo concepito in una lingua non parlata (e anche non letta) dalla maggior parte della popolazione con cui l'autrice convive. Sebbene il portoghese sia la lingua ufficiale, in Mozambico si parlano circa 40 lingue, di origine bantu, che la Costituzione di quel paese dell'Africa sudorientale registra come lingue nazionali. Si intuisce che si tratta di un mercato editoriale ridotto.

Mia Couto nasce a Beira (1955), in Mozambico. È figlio di immigrati portoghesi che sono andati a cercare di guadagnarsi da vivere in Africa durante il periodo coloniale. Una piccola famiglia. Mia Couto era un membro del Fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO), convivendo con la guerra civile che ha scosso quel paese dal 1976 al 1992. Non ha preso le armi. Ai mozambicani bianchi – a quanto pare – le forze armate riservavano altre funzioni. Era il tempo di Samora Machel. La guerra civile segna in modo fortissimo la storia del Mozambico. Il trauma persiste. L'amara reminiscenza delle atrocità vissute è ricorrente nell'opera di Mia Couto.

Anche biologa, Mia Couto si occupa di rapporti ambientali, come consulente. Si può vedere nei suoi romanzi, racconti e poesie un riverbero della natura raramente visto negli scrittori cosmopoliti. Mia Couto viene dal Mozambico, ma è un autore cosmopolita. È uno dei più importanti scrittori africani di oggi. È tradotto e letto in Francia, tra gli altri paesi. La sua letteratura è diversa, intelligente, provocatoria. Il racconto “A Rosa Caramela”, che apre Ogni uomo è una razza (Companhia das Letras) è una narrazione insolita con allusioni alla vita mozambicana, che permeano il testo, compreso il lessico e la sintassi, affascinanti per noi brasiliani. Ci sono espressioni e costruzioni che ci ricordano l'immaginazione dei nostri autori, come Guimarães Rosa.

In “A Rosa Caramela” il lettore raggiunge una tensione tra sogno e realtà, tra desiderio e possibilità. Questa percezione rende il racconto un record universale e senza tempo, anche se geograficamente fissato, sebbene non datato. Mia Couto è universale nella misura in cui definisce e spiega il suo villaggio. Segue il canone di Tolstoj: parla del suo luogo e quindi descrive tutti i luoghi.

“A Rosa Caramela” è la storia di una donna (ci racconta l'autrice una gobba verde acqua) che si innamorò delle statue. È un racconto che esplora anche il tema della follia e i molti modi in cui la follia funge da antidoto alla frustrazione. Il frustrato fa il matto, reinventa la realtà, che afferma e sottolinea come l'unica possibile. Alla fine della narrazione Mia Couto esplora anche la riserva mentale, cioè quello stato d'animo in cui non riveliamo cosa siamo, o cosa sentiamo. Dissimuliamo. Inganniamo quelli con cui viviamo.

“Si sapeva poco di lei”. Con questa frase iniziale Mia Couto rivela che il personaggio centrale è conosciuto solo attraverso sfaccettature, vignette, frammenti. Un altro personaggio ricorda che Rosa portava una “schiena sulla schiena”; era un esemplare femmina di Quasimodo. Il suo nome di nascita non era noto. Era stato rinominato. Rosa Caramela è stata un'invenzione di chi l'ha conosciuta. Esisteva agli occhi degli altri. Ma era reale, il che non giustifica necessariamente la narrazione.

Il narratore ci racconta che Rosa era il risultato di un miscuglio di razze, in transito attraverso tutti i continenti. Rosa non aveva famiglia. Viveva in un tugurio. Non si sapeva come mangiasse, né quando mangiasse, né cosa mangiasse. Aveva un viso in qualche modo grazioso, che poteva persino suscitare desideri; cioè, se escluso dal resto del corpo, nella fredda e onesta descrizione del narratore. Rosa Caramela parlava alle statue, e quella era la sua più grande malattia. Una patologia finora sconosciuta. Amava le statue. Li asciugò con un panno sporco. Pregò le immagini scolpite di lasciare le loro forme inerti. Volevo essere amato da quei pezzi di pietra. Una donna che si innamorò delle statue.

Il tema delle statue non è inedito nella letteratura narrativa. In Tereza Batista stanca della guerra Jorge Amado (che ha influenzato Mia Couto) fa scendere dalla piazza Castro Alves (che è rimasto in statua) e difende le prostitute, allora in sciopero. Morto da cento anni, il poeta si alzò, nella piazza che portava il suo nome, assumendo la tribuna dove aveva gridato per gli schiavi, nel Teatro São João, di cui aveva consumato il fuoco, per invitare quelle donne a dire basta è abbastanza.

Le statue tornarono al boccascena. Vengono distrutti, attaccati, in quanto storicamente ripudiati. Dimentichiamo che ogni epoca ha la sua storia, ogni tempo ha la sua narrazione. La storia è meno il passato che il presente alle cui domande cerca di rispondere. Ogni volta pone le sue domande. È il tema del paradigma, come si legge in Thomas S. Kuhn (1922-1996), fisico americano interessato alla storia e alle condizioni della scienza. il tuo lavoro La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Perspective) è un libro difficile, che ci mette di fronte a un concetto sofisticato della normalità della scienza.

Dal passato di Rita Caramela si sapeva che era stata lasciata in chiesa, il giorno del suo matrimonio, da uno sposo assente. Lo sposo si è fatto aspettare così a lungo che alla fine non è arrivato, dice il narratore. Scossa, pazza, Rita è stata ricoverata in ospedale. Una volta libero, divenne ossessionato dalle statue. li accarezzò. Li ha riscaldati nelle notti fredde. Il padre del narratore ha deriso la narrazione, ma ha riconosciuto le difficoltà che deprimevano Rosa Caramela. È stato riferito che è stata arrestata. Il delitto: aveva venerato la statua di un esploratore colonialista, da cui scaturì una sentenza che si basava sulla nostalgia del passato. Un problema storiografico insormontabile, esasperato nella lotta anticolonialista.

Si segnala una sepoltura. Lo zio del narratore ritorna dal cimitero. Rosa Caramela era al funerale e improvvisamente appare a casa del narratore. È vestita a lutto. Lo zio dice che ha gettato i vestiti nella tomba. Rita sfida tutti, chiedendo chi potrebbe impedirle di interessarsi al morto. Il padre del narratore è impaziente. In questa insofferenza potrebbe risiedere la chiave interpretativa del racconto e la sua insolita conclusione.

La tensione si risolve inaspettatamente. Il lettore si ritrova in qualche modo scioccato e incantato dal segreto di una narrazione che ci porta oltre le possibilità comprensive della realtà. Si ha l'impressione che in “A Rosa Caramela” Mia Couto insinui che ci sono spiegazioni per tutto, anche se, molto probabilmente, le spiegazioni vanno oltre la nostra comprensione.

* Arnaldo Sampaio de Moraes Godoy Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di San Paolo (USP)

 

Riferimento


Mia Couto. “La rosa caramello”. In: Ogni uomo è una razza. San Paolo: Companhia das Letras.

 

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