la trama della vita

Immagine: Mali Maeder
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da RICARDO ABRAMOVAY*

I social network fungini stanno trasformando la scienza

La scienza moderna è stata inaugurata, in un certo senso, con la famosa frase di Galileo Galilei (1564-1642): “il gran libro della natura fu scritto in linguaggio matematico ei suoi caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche”. La cosa più importante in questa definizione è che la natura ci viene posta e data davanti a noi come un oggetto puro e passivo, in attesa della nostra capacità interpretativa.

È un atteggiamento intellettuale che colloca la scienza in una sorta di torre d'avorio, tanto più efficiente quanto più isolata e protetta dalle espressioni dello spirito umano che non rientrano nei suoi protocolli. È una visione del mondo secondo la quale siamo noi a parlare e la natura risponde solo attraverso la nostra intelligenza, che ne decifra i segni.

Ma il vetro di questa cupola si sta rompendo. L'intelligenza vegetale (che non è la nostra intelligenza nel comprendere le piante) è un termine sempre più frequente nel vocabolario scientifico. Nel 2018, l'ingegnere forestale Peter Wohlleben ha pubblicato La vita segreta degli alberi, caratterizzando le foreste come "superorganismi con interconnessioni simili a quelle delle colonie di formiche". Molto più che processi competitivi alla ricerca di nutrienti e luce, gli alberi hanno sviluppato metodi e segnali che consentono loro di proteggersi in modo cooperativo dai predatori.

La neurobiologia delle piante è una disciplina inaugurata nel 2006 da un gruppo di autori, tra cui Stefano Mancuso, che ha cercato ispirazione nella foresta e ha avuto come motto il termine “nhe'éry” (pronuncia nheeri). Nhe'éry è il modo in cui i Guarani chiamano la Foresta Atlantica. La parola significa: dove si bagnano le anime. Inoltre, come spiega Carlos Papá, regista e leader del popolo Guarani, nhe'éry veicola messaggi attraverso fili di parole.

Questa elaborazione indigena converge con la scoperta scientifica che i meccanismi genetici e biochimici sono insufficienti per spiegare la sensibilità e la reattività delle piante all'ambiente. Le piante hanno sistemi elettrici e chimici che non sono in alcun modo inferiori a quelli che il processo evolutivo degli animali ha materializzato nel loro cervello.

Ma non è solo nelle piante e negli animali che questi sistemi elettrici e chimici sono componenti determinanti della loro evoluzione. È di un giovane biologo inglese, Merlin Sheldrake, autore di un libro affascinante per rigore, chiarezza e, allo stesso tempo, poetico, che cerca nei funghi il senso della vita e, forse non è esagerato dire, il senso della vita umana.

Se hai visto il documentario Netflix fantastico fungo, leggerà il libro di Sheldrake con raddoppiato piacere. L'ottima traduzione di Gilberto Stram ha dato il titolo originale in inglese (Vita intricata) una versione adatta alla nostra lingua: la trama della vita.

La componente drammatica del titolo rende giustizia a un libro che si legge come un romanzo e soprattutto al suo sottotitolo: “come i funghi costruiscono il mondo”. I funghi sono protagonisti. Siamo i tuoi prodotti Sono dentro di noi e fuori di noi. Sono gli ingegneri più importanti degli ecosistemi da cui dipendiamo. I funghi percepiscono e interpretano attivamente il mondo, anche se gli esseri umani non possono sapere com'è per i funghi percepire e interpretare il mondo.

Furono loro, cinquecento milioni di anni fa, a permettere alle alghe di lasciare i loro ambienti acquatici e occupare l'ostile ambiente terrestre, alterando la composizione chimica di quella che divenne la nostra atmosfera, lasciando il posto alle piante e, successivamente, agli animali.

L'estensione dei miceli (i rami aggrovigliati che trasportano i nutrienti dove i funghi li dirigono e spiegano i loro processi simbiotici con le piante) è sbalorditiva: nei primi dieci centimetri di suolo del pianeta, i miceli occupano un'area corrispondente alla metà della superficie di nostra galassia. Si basa su di essi che i suoli ospitano non meno del 25% di tutte le specie sulla Terra e il 75% di tutto il suo carbonio.

Il libro di Sheldrake è un invito a ripensare alcuni dei più importanti luoghi comuni del pensiero scientifico. In primo luogo, mostra che, contrariamente all'immagine di Galileo, la natura ha un proprio linguaggio la cui analogia più vicina a ciò che conosciamo è la rete sociale e non triangoli, cerchi e altre figure geometriche.

Le piante sono collegate da reti sociali fungine, che stabiliscono elaborati sistemi di simbiosi e cooperazione. Il tessuto della vita non può essere pensato solo in termini di competizione e conflitto. Sheldrake dedica un capitolo del libro all'“intimità tra estranei” per ripensare la nozione stessa di individuo, sulla base di esempi tratti dalle relazioni tra funghi, piante e animali.

Un secondo luogo comune che Sheldrake scuote si trova nel capitolo che dedica alla "micologia radicale (da mikes, greco per fungo)". La micologia radicale fa parte del movimento fai-da-te emerso nella scena psichedelica degli anni 1970. È espressione di una caratteristica fondamentale della scienza del XNUMX° secolo, che è la citizen science. Conta sulla partecipazione pubblica, laica e amatoriale alla ricerca. Nel settore dei funghi (e della sua espressione visibile, i funghi) questa partecipazione è in crescita ed è oggetto di importanti incontri.

Le tecniche di coltivazione negli spazi domestici si diffondono rapidamente. Uno dei più noti promotori di questa coltivazione insegna ad addestrare ceppi fungini in grado di contribuire alla rigenerazione di ambienti degradati o alla produzione di beni fino ad allora confezionati con materiali inquinanti.

Il team INPA, guidato da Noemia Ishikawa (un'icona internazionale in questo settore) e guidato dall'indigeno Aldevan Baniwa, ha registrato, a fine novembre, i Brilhos da Floresta, un insieme di funghi bioluminescenti, utilizzati come illuminatori per i sentieri a São Gabriele da Cachoeira.

Ed è proprio lì che il generale Augusto Heleno (capo dell'Ufficio Sicurezza Istituzionale della Presidenza della Repubblica e uno degli esponenti del fanatismo fondamentalista brasiliano) ha appena ceduto alle miniere aree protette per l'esplorazione di oro e niobio. Chi sa vedere la natura solo come un nemico da devastare non avrà mai occhi per le ricchezze più importanti e promettenti del bosco, tanto meno per l'intelligenza di piante e funghi.

*Ricardo Abramovay è professore senior presso l'Istituto di Energia e Ambiente dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Amazzonia: verso un'economia basata sulla conoscenza della natura (Elefante/Terza Via).

Originariamente pubblicato sul portale UOL.

 

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