da LUIZ WERNECK VIANNA*
La prima tentazione per il vincitore è quella di tornare al vecchio repertorio, rivalutando opere e istituzioni di provata utilità nel passato.
Seguiamo, imprecisamente dagli anni Trenta, due linee parallele nel nostro processo di sviluppo, quella della modernizzazione e quella del moderno, come suggerito da Raymundo Faoro nel suo penetrante saggio “La repubblica incompiuta”, linee che rivelano una inequivocabile prevalenza della il primo sul primo del moderno che si presenta in deboli tracce lungo tutto il periodo e, in generale, come effetto collaterale indesiderato del processo di modernizzazione, ma che nel governo JK e fino al 1930 conobbe un'impennata affermativa.
Sempre secondo Raymundo Faoro, per processi di modernizzazione si dovrebbero intendere quelli che derivano dall'azione di élite politiche che tentano di condurre società arretrate, attraverso il controllo autocratico del potere politico, nel senso di accelerarne l'espansione economica e di intervenire nel senso di rafforzandoli in termini di competizione internazionale per il controllo dei mercati, come nei classici casi di Germania, Italia e Giappone. Ha origine, quindi, in processi politici che operano al di sopra della società tra le sue élite e, come tali, impongono percorsi artificiali di sviluppo per una società che ne soffre solo gli effetti.
Sotto il governo Bolsonaro, abbiamo sperimentato una doppia negazione, sia delle vie della modernizzazione che per decenni hanno trovato il suo principale sostegno nelle corporazioni militari, sia quelle del moderno che aveva trovato scappatoie per infiltrarsi, ovviamente per la sua natura autoritaria, e siamo stati esposti alla vacuità del neoliberismo propugnato dal suo ministro delle finanze Paulo Guedes, strenuo oppositore di entrambi, dominato dalle sue passioni per le virtù di un mercato affidato alla propria logica. Con questo orientamento, rigorosamente seguito, si è cercato di separare chirurgicamente il paese dal suo passato e dalle sue tradizioni.
Il processo elettorale, con la vittoria della candidatura Lula-Alkmin, ha tagliato la possibilità di radicalizzare ulteriormente questa rottura, anche se il danno già fatto è difficile da riparare, anche perché il campo sconfitto non solo ha perso per un numero esiguo di voti, ma, soprattutto per aver mantenuto una forte presenza nelle camere legislative e in importanti stati della federazione, tra cui San Paolo.
Nei quattro anni di distruzione sistematica delle istituzioni e della cultura politica che si è radicata sotto il regime democratico in cui si è impegnato il governo Bolsonaro, degradando la memoria del lavoro e delle imprese che gli sono servite da guida, come nel caso di Paulo Freire, che sono diventati paradigmatici, tra molti altri, lasciando un vuoto nel posto che occupavano nell'immaginazione dei brasiliani su come pensare e agire nelle loro circostanze.
La vittoriosa campagna elettorale che ha sconfitto il fascismo, forse per calcoli rivelatisi corretti, ha aggirato l'agenda delle questioni politico-culturali senza fornire risposte alla rabbia distruttiva del governo Bolsonaro in questo campo, concentrandosi sui temi della disuguaglianza, e poi su questioni della povertà, delle donne sottoposte a un patriarcato laico e delle regioni svantaggiate del capitalismo brasiliano, come il nord-est, un'agenda che ha aperto la strada al successo, sebbene promettesse un terreno roccioso.
La prima tentazione per il vincitore è quella di tornare al vecchio repertorio, rivalutando opere e istituzioni di comprovata utilità nel passato. Ma il Natale è cambiato, la convinzione diffusa che, nonostante le disgrazie, la società fosse animata da un continuo, seppur lento, movimento in direzione progressiva verso uno sviluppo meno disomogeneo in termini sociali e più agiato nell'economia, è in franca dissipazione. I vecchi partiti che sostenevano tali convinzioni non esistono più, sepolti da una marea di organizzazioni senz'anima e meramente fisiologiche, a parte i sopravvissuti come il PT e poche e minoritarie come PSol, Rede e Cidadania, tutte con scarsa rappresentanza organica nella politica settori.
D'altra parte, gli intellettuali, precedentemente inclini a partecipare alla vita pubblica, si ritrovano confinati nelle loro nicchie specializzate e privi di sostegno sociale, e solo pochi artisti di fama rompono sporadicamente l'isolamento dal pubblico. La cognizione desertifica in un momento in cui è più che mai necessaria in questo momento di moda per le concezioni distopiche.
In tempi sfortunati come questi, quando le porte del futuro sembrano chiuse, conviene aprire gli scrigni del passato con i loro tesori nascosti da cui può venire l'ispirazione per riprendere lo slancio creativo che ci aggiorna nell'agire nel momento presente , ci sono i nostri anziani ai quali dobbiamo ridare la vita, riprendendo i legami presenti nelle loro creazioni. Con loro e da loro estrarre i vantaggi di ciò che è stata la nostra modernizzazione senza perdere di vista il fatto che ciò che vogliamo è moderno.
*Luiz Werneck Vianna è professore presso il Dipartimento di Scienze Sociali del PUC-Rio. Autore, tra gli altri libri, di La rivoluzione passiva: iberismo e americanismo in Brasile (Revan).
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