Noi siamo ancora qui, ma lo sono anche loro

Foto: Gabriela Palai
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da ANA LUIZA SARAMAGO STERN*

La brutalità della scomparsa di Rubens Paiva è il messaggio che chiunque può essere un Rubens Paiva in un regime di violenza

La vittoria del Golden Globe di Fernanda Torres è sicuramente il coronamento del miglior cinema brasiliano che ha da offrire, di un'arte che rompe le barriere, trascende i confini ed echeggia in tutto il pianeta. È la vittoria di un'attrice, di un regista, di una squadra e di un film che racconta una storia, come tendono a fare i buoni film.

Ma non solo una storia, raccontano una vita, un personaggio, una madre, una moglie, una donna che, da casalinga, viene dilaniata da forze abiette e oscure. Eppure, a partire dalla violenza brutale ed estrema, dalla scomparsa del marito e padre dei suoi figli, dalla preminenza del giorno dopo, dall'urgenza della fame dei suoi figli, Eunice Paiva si rifà, ovvero diventa più donna, più forte , continua lì.

Ed è nella semplicità e nella forza inequivocabile del racconto di Eunice Paiva che le critiche apparentemente più pertinenti alle scelte di sceneggiatori e regista perdono di significato. Il film non descrive dettagliatamente la realtà politica brasiliana di quei giorni, non si sofferma sulla storia e sulle gesta di Rubens Paiva, non approfondisce caratteristiche pertinenti specificamente a quei personaggi. Ma non si tratta di dimenticanza, o di disinteresse per queste specificità, non è perché sminuisce questa storia che il film sorvola su tali idiosincrasie, ma al contrario, perché la rende (la storia di Eunice) più grande della sua stessa storia. caratteristiche, più grandi dei suoi personaggi, più grandi della sua stessa storia, perché essendo una storia qualsiasi, è la storia che può capitare a chiunque.

Non volevo Sono ancora qui, a mio parere, soffermarsi volutamente sui dettagli di un determinato regime, di un determinato momento storico, di personaggi ben definiti, perché ha il merito di trattare un modus operandi caratteristica di ogni regime autoritario. Il silenzio su alcuni dettagli della sua storia è la trascendenza della storia di Eunice Paiva verso la possibilità di ripetere la stessa storia a qualsiasi Eunice, in qualsiasi dittatura. La brutalità della scomparsa di Rubens Paiva, nel silenzio sui dettagli del suo carattere, è il messaggio che chiunque può essere un Rubens Paiva in un regime di violenza.

In tempi bui come quelli attuali, in uno scenario in cui crescono ideologie autoritarie, estremiste, politici che relativizzano le conquiste della democrazia, l’importanza del cinema Sono ancora qui e la sua visibilità non è limitata a una storia specifica. Racconta la vita di Eunice Paiva ma in esso racconta la realtà di cosa sono i regimi autoritari, in tutte le loro forme. In uno scenario in cui il matrimonio (di convenienza) tra democrazia e capitalismo sembra essere in dubbio, in cui le bandiere neoliberiste sembrano disposte ad abbandonare le proprie premesse liberali costruite in secoli e secoli di lotte, il film trascende i nomi dei suoi personaggi per essere un monito di ciò che può accadere a chiunque quando vengono superati certi limiti, quando la logica schmittiana dell’amico-nemico diventa politica statale, quando la democrazia (per quanto imperfetta) viene relativizzata e la libertà cede il posto alla intransigenza.

Finché possiamo non essere d’accordo, discutere, ascoltare ed essere ascoltati, convivere in uno scenario democratico, certe garanzie, certe sicurezze, certi limiti restano ben tutelati. Quando, però, i confini della democrazia si sfilacciano, quando il potere si trasforma in violenza, quando la guerra (sia con la forza che psicologica) diventa politica statale, i risultati disastrosi e inesorabili saranno scantinati, sparizioni, bambini senza genitori, mogli e madri torturate, silenzio e paura.

Questo è il merito più grande di Sono ancora qui, insegnare ai più giovani, ricordare ai più grandi, dimostrare la veridicità della loro storia e allo stesso tempo approfondire ciò che tace di questa storia, ciò che accade nei regimi autoritari. Il film è essenziale al giorno d’oggi per evidenziare, in tutta la sua violenza e tragedia, la necessità di proteggere e lottare per difendere gli obiettivi democratici, perché se siamo ancora qui, lo sono anche loro (coloro che odiano la democrazia).

*Ana Luiza Saramago Stern Professore presso il Dipartimento di Giurisprudenza del PUC-Rio.

Riferimento

Sono ancora qui

Brasile, 2024, 135 minuti.

Regia: Walter Salles.

Sceneggiatura: Murilo Hauser e Heitor Lorega.

Direttore della fotografia: Adrian Teijido.

Montaggio: Affonso Gonçalves.

Direzione artistica: Carlos Conti

Musica: Warren Ellis

Cast: Fernanda Torres; Fernanda Montenegro; Selton Mello; Valentina Herszage, Luiza Kosovski, Bárbara Luz, Guilherme Silveira e Cora Ramalho, Olivia Torres, Antonio Saboia, Marjorie Estiano, Maria Manoella e Gabriela Carneiro da Cunha.


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