da RICARDO EVANDRO S. MARTINS*
Commento al film diretto da Walter Salles
"Sono ancora qui”
Il film di Walter Salles Sono ancora qui (2024, Brasile), presentato in anteprima questa settimana in Brasile. Fernanda Torres e sua madre Fernanda Montenegro interpretano il personaggio dell'avvocato per i diritti umani Eunice Paiva, in due momenti diversi della sua vita.
Eunice Paiva è un vero personaggio della recente storia brasiliana. Basato sull'omonimo libro di Marcelo Rubens Paiva, il film racconta la tragica storia della sua famiglia, a partire dal rapimento di suo padre, l'ex deputato Rubens Paiva, torturato e assassinato dalla dittatura civile-militare brasiliana, in 1971. Nel film, mostra la gioia solare della famiglia Paiva nella loro grande casa vicino alla spiaggia, nella città di Rio de Janeiro, all'inizio degli anni '1970.
Ma assistiamo anche a un processo di oscuramento della vita: di una casa così luminosa, circondata dalle urla dei bambini, dalle risate degli amici, dal tintinnio delle posate sui piatti da soufflé, dall'abbaiare dei cani, dalla musica nel giradischi, e da un si sente addirittura l'aria di mare sulla spiaggia di Leblon, la consistenza della sabbia e l'umidità fredda dei vestiti bagnati dall'acqua del mare, si osservano le tende chiudersi, le grida e il concreto senso di impotenza di fronte al truculenza del regime militare.
Di tante scene, due sono ancora qui con me nella mia memoria. La prima è la scena che mostra come una guarnigione dell'Esercito in borghese entra nella casa Paiva. Senza preavviso, identificazione o ulteriore spiegazione, e con ironica gentilezza, il 20 gennaio 1971, gli agenti del CISA-Centro Informazioni sulla Sicurezza Aeronautica prelevarono l'ex vice Rubens Paiva per fornire chiarimenti sul sospetto di collaborare allo scambio di corrispondenza in arrivo dal Cile,[I] forse da brasiliani in esilio nel paese di Salvador Allende, che pochi anni dopo avrebbe subito un colpo di stato militare guidato dal generale Pinochet.
Alcuni agenti sono in servizio a casa e, dopo una lunga e dolorosa notte di attesa del marito, Eunice viene portata con una delle sue figlie adolescenti, incappucciata, al distaccamento per le operazioni di informazione del DOI della 1a armata, a Rio de Janeiro. . Sua figlia ha trascorso solo una notte al DOI, ma Eunice Paiva è rimasta lì per giorni, rilasciando la sua dichiarazione e detenuta in una cella buia senza accorgersi del passare del tempo. Un momento curioso del film è la scena in cui, oltre agli interrogatori, Eunice interagisce con uno dei soldati che la sorvegliavano e, prima di essere rilasciato, dice che vorrebbe farle sapere che “non è d'accordo ”.
Eunice Paiva e i suoi figli non avrebbero mai più rivisto il loro marito e padre. Fino ad allora era molto impegnata, aveva molti figli da “allevare”, ignara di ciò in cui Rubens sarebbe stato coinvolto. Alcuni anni prima era stato deputato al Congresso brasiliano fino alla revoca del suo mandato attraverso la disposizione giuridica della legge istituzionale n. 1, decretato dalla stessa giunta militare che all’epoca depose il regime democratico brasiliano, nel 1964, con il colpo di stato compiuto contro l’allora presidente João Goulart.
Rubens Paiva lasciò il Paese, ma ritornò a Rio de Janeiro per continuare la sua vita, lavorando come ingegnere, essendo un padre e un marito gentile, felice e presente. La pellicola Sono ancora qui È anche un recupero del felice ricordo della famiglia di Rubens Paiva. Ad oggi, nessuno dei suoi torturatori e assassini è stato processato e condannato. Tra questo passato e il presente esiste una legge di amnistia o, come in greco antico, di amnistia, o anche, mancanza di memoria, dimenticanza.
Ma è importante ricordare che nel 2014 la Commissione Nazionale per la Verità ha prodotto una serie di rapporti su casi di crimini commessi dallo Stato brasiliano durante la dittatura, con l’obiettivo di non lasciare nel dimenticatoio questa violenza arcaica che ancora esiste nel Paese.
Sono ancora qui Si tratta, quindi, di un trauma doloroso per la famiglia Paiva e di uno dei tanti diritti violati: quello di essere dichiarato morto. Oltre alla tortura, le sparizioni forzate, i rapimenti e la “sparizione” di persone come tattica di guerra civile erano la regola della violenza statale contro i suoi cittadini.
La seconda scena indimenticabile del film di Walter Salles è quella in cui Eunice Paiva ottiene finalmente, negli anni '1990, il certificato di morte del marito, dichiarandolo ufficialmente morto. Si è trattato di un processo complesso, segnato da una frode inaugurale. Con decisione manoscritta, emessa nella Seduta n. 57 del 02 agosto 1971, il Tribunale Militare Superiore decide di dichiarare che Rubens Paiva non era arrestato al momento della sua scomparsa e che, pertanto, la richiesta di habeas corpus depositata dall'avvocato Lino Machado in favore dell'ex deputato.[Ii]
Si trattava ovviamente di una manovra legale per confondere l'opinione pubblica dell'epoca e nascondere, ancora una volta, il corpo di Rubens Paiva. E ora, condannandolo all'impossibilità che venga dichiarata la sua morte legale.
La vita come processo di habeas corpus
Esattamente 30 anni fa, il filosofo italiano Giorgio Agamben pubblicava il suo primo libro della serie Homo Sacer (1994). In questo testo egli articola la tesi dello “stato di eccezione” permanente di Walter Benjamin con il paradosso della sovranità scoperto da Carl Schmitt, nel tentativo di mettere in dialogo le riflessioni di Hannah Arendt sul totalitarismo e il famoso concetto di biopolitica di Michel Foucault – concetto citato da il filosofo francese per la prima volta nella sua opera qui in Brasile, negli anni '1970, durante la dittatura.
In questo libro Giorgio Agamben elabora il concetto di “nuda vita”: la riduzione della vita umana, della vita cittadina, formalmente protetta da garanzie e diritti costituzionali e umani, a mera vita corporea, biologica, senza qualità, senza protezione, in abbandono. “davanti alla Legge” (Kafka), ma senza legittimità, e davanti alla mistica della pura forza giuridica (Força-de-Legge), ma senza legalità; o, in alternativa, una vita in una zona di indistinzione tra il corpo senza diritti e il corpo tutelato dalla Legge stessa; uno spazio confuso tra l’essere cittadino e allo stesso tempo essere passibile di essere ucciso senza che ciò sia considerato omicidio – e anche senza un certificato di morte.
È in questo stesso senso che il giurista Paloma Sá Simões spiega che “(…) i luoghi utilizzati per la pratica della tortura, durante la dittatura militare brasiliana, sono gli ambiti biopolitici in cui sono passati al mondo gli individui perseguitati, torturati, scomparsi e uccisi”. condizione di nuda vita, di esseri viventi privati dello status giuridico e politico (…)”, divenendo così “(…) semplici pezzi nelle mani del potere sovrano esercitato dai militari.”.[Iii] Come spiega Giorgio Agamben, è attraverso questa vita ridotta a vita biologica che “è possibile comprendere la velocità, altrimenti inspiegabile, con cui nel nostro [XX] secolo le democrazie parlamentari hanno potuto diventare Stati totalitari (…)”.[Iv]
E, facendo una genealogia del concetto di “nuda vita” nel tuo Homo Sacer, Giorgio Agamben sostiene che “la prima testimonianza della nuda vita come nuovo soggetto politico è già implicita nel documento che unanimemente viene posto a base della moderna democrazia: il mandato [ordinanza del tribunale] di Habeas corpus 1679."[V]
Nato per essere uno strumento di difesa contro gli arbitri delle autorità giuridico-politiche, il cosiddetto “rimedio costituzionale” del habeas corpus rivela l’ambiguità insita nelle democrazie.[Vi] La vita corporea vive sottomessa al potere violento e arbitrario, capace di ucciderla senza un giusto processo legale, nello stesso tempo che deve essere protetta da questo stesso potere, che dovrebbe anche garantire le sue libertà individuali.
Ecco allora un paradosso della nuda vita: abbandonata all'arbitrarietà e alla violenza, nello stesso tempo in cui è costituita e riconosciuta da diritti e garanzie, in un paradosso biopolitico insolubile. E il film Sono ancora qui rivela ancora una volta questa condizione di vita del Brasile, vissuto in uno stato di eccezione per gran parte della nostra storia repubblicana.[Vii]
Oltre a mostrare le ambiguità del rapporto tra il corpo di Rubens Paiva davanti alla Legge e il suo potere sovrano, il film di Walter Salles mette in scena anche il carattere misterioso, violento, fittizio e arbitrario di ogni processo giudiziario: il suo Mysterium burocratium, in cui colpa e pietà si intrecciano misteriosamente.[Viii] Ma la mia ipotesi interpretativa centrale riguardo al film recentemente uscito di Salles è questa Sono ancora qui Sembra anche dirci che le nostre vite sono come un processo giudiziario, e forse come un processo di habeas corpus.
La vita comincia con una “accusa” iniziale: con un nome che ci viene dato, a quel punto abbiamo il diritto di tacere (i neonati) o di difenderci, poiché acquisiamo anche la personalità giuridica e, con essa, i nostri diritti e doveri in le contraddizioni, o meglio, nei contraddittori di questa vita giuridica. E in questo “processo” vitale alleghiamo documenti: vecchie foto, filmati Super 8, appunti, cartoline di Natale, cartoline di una relazione finita senza salutarsi, e perfino i “denti da latte”, conservati come souvenir, fino a quando questo non si conclude. con un certificato di morte – e senza una giusta convinzione, né la corretta idea di quando sarebbe iniziata la sua condanna.
Eunice Paiva si è battuta fino alla fine per la liberazione del marito, della sua memoria, di informazioni su dove si trovasse, soprattutto per il riconoscimento della sua morte violenta. Ma rimane un altro tipo di habeas corpus: quella della liberazione del cadavere di Rubens Paiva, mai ritrovato. Per fare ciò bisognerebbe pensare ad a habeas corpus diverso, che opera non solo con la biopolitica sovrana, ma con quella che Achille Mbembe chiama necropolitica.[Ix]
Devi pensare a a habeas corpus sotto un regime politico non solo della vita, ma anche del cadavere. E questa è la politica sui cadaveri, tipica dell' nomos di terra coloniale, in relazione all'eccezione al ius publicum europeo, che si esprime come principio (arco) ancora oggi reggente – come nei recenti casi, vale la pena ricordare, della scomparsa di Amarildo e dell'esecuzione sommaria da parte di ex soldati di Marielle Franco e Anderson.
Sono ancora qui diventa un nuovo archivio tra tutte le testimonianze di vita legate ai documenti della famiglia di Eunice e Rubens Paiva; un archivio per non dimenticare il nostro recente passato, che insiste a restare, come ripetizione inconsciamente performativa di un trauma.
Il film di Salles è una prova di resistenza alla tirannia dei dittatori, ma soprattutto di resistenza alle tirannie del tempo, al dolore della nostalgia e a tutte le forze esterne ed interne che ancora reclamano il ritorno della dittatura e la subalternità del nostro Paese. Sono ancora qui È la prova della nostra innocenza rispetto al crimine di essere vivi e di voler vivere e morire in pace e con dignità in Brasile.
*Ricardo Evandro S. Martins Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federale del Pará (UFPA).
Riferimento
Sono ancora qui
Brasile, 2024, 135 minuti.
Regia: Walter Salles.
Sceneggiatura: Murilo Hauser e Heitor Lorega.
Direttore della fotografia: Adrian Teijido.
Montaggio: Affonso Gonçalves.
Direzione artistica: Carlos Conti
Musica: Warren Ellis
Cast: Fernanda Torres; Fernanda Montenegro; Selton Mello; Valentina Herszage, Luiza Kosovski, Bárbara Luz, Guilherme Silveira e Cora Ramalho, Olivia Torres, Antonio Saboia, Marjorie Estiano, Maria Manoella e Gabriela Carneiro da Cunha.
note:
[I] BRASILE. Commissione nazionale per la verità. Rapporto preliminare di ricerca sul caso Rubens Paiva. Febbraio 2014, pag. 3-4.
[Ii] BRASILE. Commissione nazionale per la verità. 037 – Decisione della Corte Superiore Militare. 02 agosto 1971. Disponibile presso: https://comissaodaverdade.al.sp.gov.br/arquivos/documentos/037-decisao-superior-tribunal-militar-rubens-paiva
[Iii] SIMÕES, Paloma Sá; MARTINS, Ricardo Evandro S. (2021). Spazi di tortura della dittatura come campo biopolitico. profanazioni, 8, P. 63. Disponibile presso: https://doi.org/10.24302/prof.v8.3305.
[Iv] AGAMBENO. Homo Sacer: potere sovrano e nuda vita I. Trans. Henrique Burigo. Belo Horizonte: Editora UFMG, 2010, p. 127.
[V] AGAMBENO. Homo Sacer: potere sovrano e nuda vita I. Trans. Henrique Burigo. Belo Horizonte: Editora UFMG, 2010, p. 129.
[Vi] Vedi AGAMBENO. Homo Sacer: potere sovrano e nuda vita I. Trans. Henrique Burigo. Belo Horizonte: Editora UFMG, 2010, p. 130.
[Vii] Vedi GOMES, Ana Suelen Tossige Gomes; MATOS, Andityas Soares de Moura Costa. Lo stato di eccezione nel Brasile repubblicano. Revista Direito e Praxis, Rio de Janeiro, v. 8, n. 3, pag. 1760-1787, 2017. Disponibile presso: https://www.e-publicacoes.uerj.br/revistaceaju/article/view/21373.
[Viii] AGAMBE, Giorgio. Il fuoco e la storia. San Paolo: Boitempo, 2018, p. 33.
[Ix] Vedi MBEMBE, A. Necropolitica: biopotere, sovranità, stato di eccezione, politica della morte. Tradotto da Renata Santini. San Paolo: edizioni N-1, 2018.
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