Antonio Negri (1933-2023)

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da HUGO ALBUQUERQUE*

La più grande lezione di Antonio Negri è quella di non arrendersi mai al Nord rivoluzionario

Il mondo ha perso un grande militante comunista. All'età di 90 anni, l'italiano Toni Negri lasciò Parigi, la capitale della Francia dove aveva vissuto a lungo. Nato a Padova, in Veneto, fu uno dei leader più importanti del potere operaio e dopo autonomia operativa, la sinistra extraparlamentare italiana degli anni Sessanta e Settanta, legata all’“autonomismo marxista” e impegnata nella lotta sociale radicale – mentre i partiti tradizionali capitolavano alla logica istituzionale e alla fede nello sviluppo fine a se stesso.

Nella sua lunga e produttiva carriera, si distinguono almeno quattro fasi di Antonio Negri: la sua formazione militante in Italia negli anni Cinquanta, soprattutto nella collaborazione con Mario Tronti – anch'egli scomparso in questo anno 1950 – e Raniero Panzieri – nel Quaderni Rossi [Quaderni rossi], la sua radicalizzazione alla fine degli anni '1960, il suo esilio francese, in cui si relaziona con il post-strutturalismo e la sua fama mondiale dal 2000 in poi, in collaborazione con Michael Hardt, con la tetralogia Impero, folla, bene comune e montaggio.

Nella sua fase finale è ancora evidente lo stretto legame di Toni Negri con il Brasile e l'America Latina. Qui ha effettuato visite costanti, ha mantenuto un dialogo diretto con attivisti e reti, essendo un entusiasta delle cosiddette “esperienze progressiste” – proprio perché ha realizzato la dimensione rivoluzionaria dell’essere un riformista nella nostra periferia del mondo. Il Brasile ha sempre incantato Antonio Negri, nei cui incontri ha sempre rivelato il suo lato potente di realista senza mai perdere la sua allegria.

Italia: dal dopoguerra al maggio 1968

Dopo la tragedia del fascismo e le stragi della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia dominata dagli Alleati era una terra povera, devastata dalle tempeste dell’estrema destra e dal più grande conflitto che l’umanità abbia conosciuto. Il giovane Antonio Negri, il cui padre era un attivista comunista morto quando lui aveva due anni, fu un attivista impegnato già da giovanissimo, per poi unirsi all'ala sinistra del Partito Socialista – dove rimase per sette anni.

Laureato in filosofia a Padova, sua terra natale, Toni Negri si dedicò alla teoria dello Stato e alla teoria costituzionale. Nel fertile suolo dell’Italia nord-orientale, Negri si collegò presto con l’intellighenzia dissidente dello stesso Partito Comunista, che ricercava un rinnovamento marxista, mentre il partito – il più grande gruppo comunista dell’Europa occidentale, diventava una nave alla deriva, persa nelle logiche elettorali e parlamentare.

In un'intensa produzione intellettuale, soprattutto nelle pagine di Qaderni Rossi, Toni Negri è un osservatore privilegiato della morte del capitalismo fordista e innova con il concetto di “operaio massa” – in cui già prevede nuove forme di sfruttamento del lavoro da parte del capitale. È in questo contesto che si allea con i movimenti sociali in quello che sarà visto come un intero decennio di lotte nel suo Paese: in Italia il 1968 durò più di dieci anni e durò tutti gli anni '1970.

L’Italia si sviluppò nel dopoguerra in regime di democrazia rappresentativa, con un’irruzione anche nel campo dell’arte intellettuale, ma gli anni ’1970 furono il momento della verità per un altro progetto di umanità – forse l’ultimo progetto di questo genere realizzato in Europa. . . Tutto si conclude con il rapimento e la morte del primo ministro Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, nel 1978, che innesca un'ondata di repressioni e arresti, i cui obiettivi andavano ben oltre.

All'epoca Toni Negri si proponeva come un intellettuale di spicco, riconosciuto in Francia, dove si produceva quanto di più intellettualmente avanzato è stato prodotto in Occidente. Dopo un ciclo di conferenze di successo con Louis Althusser a Parigi, che ha prodotto l'iconico Marx oltre Marx, Negri ritorna in Italia, dove viene coinvolto, mesi dopo, nel turbinio degli eventi che circondano la morte di Aldo Moro, sotto insolite accuse di essere l'ideatore morale del delitto, per il suo lavoro, e di essere un maestro prigioniero, un corruttore.

Prigione, esilio francese, ritorno in Italia e libertà

Arrestato, vituperato e degradato all'inizio del 1979, la storia di Antonio Negri non finirà però in quel momento. Pur essendo oggetto di un'attiva solidarietà internazionale, soprattutto tra gli intellettuali francesi, Negri resistette e non si arrese in carcere. Lì scrive il suo seminale L'anomalia selvaggia (Ed. 34) sull'opera di Spinoza, presenza che l'accompagna soprattutto tardi. Nel 1983 fu eletto deputato del Partito radicale, nonostante l'arresto, cosa che portò alla sua liberazione.

Infuriata, la destra si unisce alla sinistra parlamentare per revocare il mandato, e di conseguenza l'immunità parlamentare, a Toni Negri, che approfitta del suo breve rilascio per intraprendere una fuga cinematografica in Francia. Lì viene accolto dalla rete degli esuli italiani anni di piombo Italiani così come i filosofi Félix Guattari, Gilles Deleuze e Michel Foucault – che lo aiutarono ad affermarsi come professore all’Università di Parigi VIII (Vincennes) e a riprendere la sua produzione.

Protetto dalla cosiddetta “dottrina Mitterrand”, che permise l’accoglienza dei militanti italiani perseguitati dall’ondata repressiva a cavallo degli anni ’1970, enormemente produttiva, Toni Negri affronta l’ombra di non poter ritornare in patria – un dramma seguiti da tanti di questi esuli, soprattutto anziani, che vorrebbero morire in patria, vedere i propri cari e tante altre cose fondamentali.

Nel frattempo, la filosofia di Negriano vede gli anni Novanta come un vento positivo, che rifiuta le spiegazioni disfattiste e cerca di pensare al futuro, allineandosi al movimento alterglobalista – senza rifiutare il comunismo come istanza di comprensione e di lotta per i nuovi tempi, quando il movimento neoliberista l'egemonia sembra assoluta e invincibile. È in questo scenario che Toni Negri parte per la sua nativa Italia, per arrendersi e cercare di mettere in discussione il governo e la causa degli esuli.

Fu in questa nuova esperienza carceraria che Antonio Negri iniziò la produzione della trilogia, divenuta poi una tetralogia, che lo renderà famoso nel mondo, realizzata in collaborazione con l'americano Michael Hardt: Imperio (2000), Folla (2004), Molto comune (2009) e, infine, montaggio (2017). Una volta liberato, Antonio Negri visita il Brasile nel 2003, mantenendo uno stretto rapporto con il governo Lula, soprattutto con quello dell'allora entourage del Ministero della Cultura, presieduto da Gilberto Gil.

Toni Negri nel XNUMX° secolo

La produzione di Toni Negri con Michael Hardt lo eleva alla celebrità mondiale, tanto più che molte delle sue previsioni vengono confermate con la Primavera Araba, i movimenti di protesta in Europa e, infine, il Occupare negli Stati Uniti. La ciliegina sulla torta di Toni Negri, tuttavia, saranno le esperienze latinoamericane, che segnano nuove modalità di innovazione dalla periferia globale, con le loro popolazioni multirazziali e gli incrementi sociali che stavano attraversando una sostanziale democrazia.

Inizialmente vicino a Hugo Chávez in Venezuela, dal quale è relativamente distante, Toni Negri resterà vicino a Lula, opporsi a Lava Jato, pur riconoscendo il valore di Combattimenti del 2013. Il pensiero di Antonio Negri comincia a subire una serie di interrogativi alla luce dell'enorme ondata di reazione che si è verificata in America Latina, ma si è vista in tutte le parti del globo - dove il suo ottimismo militante con le possibilità spontanee della folla sembra, in definitiva, , da disfare con castelli di sabbia di fronte alla dura realtà.

Anche se, in un certo senso, le formulazioni hanno subito forti colpi, soprattutto lo scenario prospettato Imperio, le sue analisi sulle trasformazioni del capitalismo non sono un fatto banale o facilmente aggirabile – e se, in un certo senso, l’avanzata cinese è passata, per certi versi, inosservata, non è stato esattamente vero il contrario, poiché la sua opera nel XNUMX° secolo è stata tradotta anche in mandarino.

Nonostante i limiti di salute dovuti alla sua età, Negri è rimasto lucido e ha difeso posizioni coraggiose come quella una via d’uscita realistica dal conflitto ucraino o addirittura rifiutandosi di abbandonare il comunismo, o le idee di gioia e amore nel linguaggio politico. Evidentemente la sua eredità è immensa, per qualità e dimensione, che dovrà essere rivisitata non solo dopo la fine di questa specifica ondata di reazione – ma proprio al suo interno, per portarla a termine il prima possibile.

La più grande lezione di Antonio Negri è che non si rinuncia mai alla direzione rivoluzionaria, ma che questa esige unità tra teoria e pratica, che ci mette sempre di fronte all'enorme sfida di far camminare insieme realtà e desiderio. Non è un'impresa da poco. Ma scommettere sul potenziale creativo e resiliente dell’umanità è un percorso giusto e ragionevole, ancora di più in tempi così spaventosi. Non possiamo indebolirci, né cedere alla tristezza, perché la gioia è sempre la prova dei nove.

* Hugo Albuquerque è editore di Jacobin Brasil, redattore di Autonomia Literária, master in diritto della PUC-SP, avvocato e direttore dell'Istituto per l'Umanità, i Diritti e la Democrazia (IHUDD).

Originariamente pubblicato sulla rivista Brasile giacobino.


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