da RENAN FERREIRA DA SILVA*
Considerazioni sul libro recentemente pubblicato di Jacques Rancière e Javier Bassas
la traduzione di Le parole e il danno. Dialogo sulla politica linguistica, insieme ad altre opere di Jacques Rancière venute alla luce negli ultimi quattro anni, come Lo spazio delle parole: da Mallarmé a Broodthaers (Reliquiario, 2020), I margini della finzione (Redazione 34, 2021), Il metodo della scena (Chisciotte Do, 2021), Aisthesis: scene dal regime estetico dell'arte (Redazione 34, 2021), Il lavoro delle immagini: conversazioni con Andrea Soto Caldéron (Chão de Feira, 2021), João Guimarães Rosa: narrativa ai margini del nulla (Reliquiario, 2021) e Disagio estetico (Editora 34/PUC-Rio, 2023), segue il recente interesse critico e sistematico degli ambienti accademici brasiliani per l'opera di Jacques Rancière, momento che Pedro Hussak van Velthen Ramos chiama il “terzo momento nella ricezione dell'opera di Jacques Rancière, in Brasile, legato all'interesse per il tema dell'estetica”.[I]
Questo interesse inizia, sottolinea Pedro Hussak, con il lancio di Scrivere politiche (1995), che ha seguito il percorso teorico di Jacques Rancière verso il dominio teorico dell'estetica. Dopo gli anni '1990, soprattutto con la traduzione di Condividere il sensibile (Editora 34, 2005), i ricercatori brasiliani cominciano a prestare maggiore attenzione alle riflessioni estetiche di Jacques Rancière, interesse che inizia, dice Pedro Hussak, e in modo non sorprendente, con il campo dell'arte contemporanea, che, attraverso il testo, immaginava un modo alternativo di riconsiderare i legami tra estetica e politica.[Ii]
Successivamente, il lavoro di Jacques Rancière ha guadagnato maggiore attenzione da parte dei dipartimenti di filosofia e dei loro ricercatori, tanto che vediamo sempre più articoli, monografie, tesi di master e tesi di dottorato dedicati all'esplorazione di questa intersezione proposta dal filosofo, costituendo così, secondo Pedro Hussak, “un solido ricezione [del suo pensiero] in Brasile (…) una delle più interessanti e originali del mondo”.[Iii]
Ad esempio Condividere il sensibile, Il metodo della scena e Il lavoro delle immagini: conversazioni con Andrea Soto Caldéron, per citarne solo alcuni, Le parole e il danno. Dialogo sulla politica linguistica Adotta, come già indica il titolo, il dialogo come forma testuale, genere che, potremmo dire, caro a Rancière. Risultato del seminario organizzato dal filosofo e traduttore spagnolo Javier Bassas, professore all'Università di Barcellona, insieme a Rancière, tenutosi a La Virreina Centre de la Image, nel 2018, il lavoro che abbiamo tra le mani nasce da questo movimento dialogico stabilito tra Bassas e Rancière.
Se sottolineiamo l'importanza dell'aspetto formale del Parole e danni, ciò è dovuto al ruolo notevole, ma non occasionale, del dialogo nella produzione teorica del filosofo, come ricordano Laurent Jean Pierre e Dork Zabunyan[Iv]. Secondo lo stesso Jacques Rancière conversando con i ricercatori, un'intervista non va confusa con i risultati di un lavoro di ricerca. Si tratta tuttavia di una parte non trascurabile del “metodo dell’uguaglianza”, processo difeso da Jacques Rancière fin dall’inizio della sua produzione teorica negli anni ’1970.
Per il filosofo il colloquio non sminuisce né l'efficacia né la potenza del pensiero, comunemente considerato estremamente efficace nel lavoro di ricerca. Con il metodo dell'uguaglianza, Jacques Rancière postula che “non esiste un posto proprio per il pensiero”, poiché esso si trova ovunque, essendo “sempre in attività”.[V]
Se il pensiero non mantiene un posto specifico, che dire allora del suo rapporto con le parole, soprattutto nella forma della scrittura? Essendo uno dei temi cari all'opera di Jacques Rancière, verrà spiegato il legame tra parole, scrittura e pensiero Parole e danni. Per il filosofo, le parole, contrariamente a quanto lasciato in eredità dalla tradizione platonica (che privilegia il loghi, cioè la parola in tutta la sua presenza a scapito del mutismo della scrittura), non sono ombre contrarie alla solida realtà delle cose. Loro stessi sono realtà la cui azione costruisce o sovverte un ordine mondiale.
Costituendo realtà in sé, le parole si incarnano attraverso l'attività scritturale, stabilendo o sovvertendo una certa condivisione del sensibile. E un rapporto così dirompente tra linguaggio e pensiero ne è il filo conduttore Le parole e i torti, come si vede fin dall'inizio: fondato sulla logica dell'uguaglianza, che costituisce il fondamento del pensiero rancièriano, come pensare una parola (le password) per non tradirla[Vi]?
Ogni attività di pensiero, ricorda Javier Bassas, implica una capacità intellettuale, che è, secondo Jacques Rancière, qualcosa di comunemente condiviso, primordiale e assiomatico, che si trova nel principio di ogni politica: l'uguaglianza delle intelligenze. Questa uguaglianza, attesta il filosofo, è la testimonianza di ogni contingenza dell'ordine, rivelando l'infondatezza di ogni ordine sociale.
In questo senso, se tutti avessero la stessa capacità intellettuale, allora il lavoro del pensiero non sarebbe esclusività e privilegio di alcuni, come vuole la logica della divisione del lavoro che lega ciascun corpo a una determinata attività, gerarchizzando le pratiche e, al tempo stesso, limite, stabilendo il dominio del pensiero sul lavoro manuale distinguendo due tipologie di esseri umani, alcuni legati all'attività di astrazione, uomini saggi che discutono e spiegano, mentre altri trovano il loro destino legato alla materialità del mondo, ignoranti senza possesso del discorso intellettuale.
In questo modo, l'esercizio filosofico di Jacques Rancière cerca di rompere con questa logica “che fa di un potere comune [l'intelligenza] un'opera specifica”[Vii], nel tentativo di costruire, attraverso la scrittura, “un piano di uguaglianza tra blocchi di linguaggio e blocchi di pensiero normalmente separati”[Viii] dalla divisione delle funzioni stabilita dall’ordine sociale. Qui si svela un’altra idea portante del libro, ovvero che la scrittura non va intesa come pura illustrazione del pensiero.
È l'attività stessa del pensiero, il cui lavoro spezza il filo del tessuto consensuale che costituisce le relazioni verticali tra pensiero e sensibilità, rimescolando così le gerarchie tra le diverse modalità discorsive. Sia nella scrittura filosofica che nelle pratiche di emancipazione politica, ciò che Rancière cerca è un piano di orizzontalità, un’azione che rimescoli le divisioni che separano e definiscono al loro posto l’esperienza di prassi e l'attività del pensiero.
È importante sottolineare che il tema dell Parole e danni, ovvero i rapporti tra linguaggio, pensiero e politica, è parte essenziale della produzione teorica di Jacques Rancière. Durante un'altra intervista, rilasciata alla rivista segni diacritici, il filosofo viene interrogato da Davide Panagia riguardo alla sua impresa filosofica: si potrebbe qualificare la sua riflessione sulla democrazia come una “poetica della politica”, tenendo conto dell'enfasi attribuita all'efficacia politica delle parole[Ix]?
Ora, se scorriamo la sua bibliografia, possiamo vedere che questa efficacia è presente in diversi momenti del suo pensiero: se prendiamo, ad esempio, I nomi della storia: saggio sulla poetica della conoscenza (1992), vedremo come il filosofo ci mostra che l'eccesso di parole tra gli individui è alla base di ogni evento rivoluzionario, manifestandosi «nella forma specifica di uno spostamento del dire: un'appropriazione 'fuori della verità della parola dell'altro' che il significa diversamente”[X], di conseguenza “conflagrando i discorsi, mescolando i loro tempi e spostando le parole dal loro percorso nominativo”[Xi].
Questo tema può essere trovato anche in l'equivoco (1995). In questo scritto, Jacques Rancière elabora il concetto di soggettivazione politica, intesa come il processo attraverso il quale coloro che non hanno la loro parte riconosciuta nell’ordine sociale, coloro che sono politicamente invisibili e inudibili, che non hanno alcuna parte nella comunità, il “ parte del senza parte”[Xii], cominciano a dichiarare ed enunciare verbalmente, in modo collettivo, la loro pretesa di esistenza politica – pretesa che può essere consapevole o meno.
Questa lotta per il riconoscimento politico deve essere interpretata come una manifestazione della “sem-parcela” della comunità – il demos ateniese, o anche il proletariato moderno – di un errore fondamentale, di una disputa depositata all’origine del tessuto sociale, cioè di un “danno” (torta) causato dalle altre parti e che si ritrova nel principio di organizzazione della comunità politica: un conteggio delle parcelle e delle parti della comunità, un conteggio che è, appunto, un “falso conteggio, un doppio conteggio o un conteggio errore"[Xiii], poiché relega il popolo all'inesistenza, nello stesso tempo in cui rivela la contingenza di ogni organizzazione sociale.
È attraverso il processo di soggettivazione che si cura questo danno, consentendo ai soggetti politici di ridisegnare la dimensione sensibile, cioè estetica, della comunità. Pertanto, Jacques Rancière concepisce la politica come disaccordo, contrariamente a uno spazio consensuale attraverso il quale potrebbe esserci un accordo in relazione al bene comune; si tratta, in sostanza, di una controversia attraverso la quale le parti senza parti esprimono, a parole, l'entità del loro danno. In questo contesto, l’“eccesso di parole” appare sotto il concetto di “letterarità”, che indica la potenzialità di questo eccesso di annullare “il rapporto tra l’ordine delle parole e l’ordine dei corpi”.[Xiv]. Inoltre, la “letterarità” riguarda anche il regime della scrittura, cioè la condizione stessa di possibilità della letteratura e il suo limite, oltre il quale essa diventa indistinta dagli altri regimi discorsivi.[Xv]
Questi esempi servono a illustrare e mettere in luce questa questione fondamentale che è al centro della filosofia di Jacques Rancière: la sua preoccupazione per le parole, la loro efficacia politica e la loro forza dirompente, il potere che il loro eccesso rappresenta nei campi della politica, delle arti e della conoscenza, così come i loro effetti sulla riconfigurazione dell'ordine del sensibile. Questa preoccupazione non è casuale o circostanziale, poiché deriva da un punto specifico e importante del suo pensiero, derivante dai suoi anni di formazione intellettuale, e che può essere fissato, come afferma il filosofo Alain Badiou, nel rapporto dialettico tra conoscenza e potere , tra conoscenza e autorità[Xvi].
In questo senso, Le parole e i torti è nel solco di questa preoccupazione, e in quest'opera il filosofo sintetizza, attraverso un discorso che mette in luce il metodo dell'uguaglianza, i diversi momenti della sua riflessione e ricerca filosofica che affrontano il tema del linguaggio e della politica, affrontando questioni che vanno da la sua posizione nei confronti dell'althusserianesimo, ad altri che coinvolgono il suo rapporto con la fenomenologia o addirittura con la decostruzione derridiana.
Con esplicito riferimento a Le parole e le cose, di Michel Foucault, Parole e danni propone al lettore una riflessione dialogica sulla forma specifica dell'uguaglianza, il punto controverso e universale secondo il quale, secondo Rancière, la politica diventa possibile.[Xvii]
*Renan Ferreira da Silva è un dottorando in filosofia all'USP.
Riferimento
Jacques Rancière e Javier Bassas. Le parole e il danno. Dialogo sulla politica linguistica. Traduzione: Lílian do Valle. San Paolo, Editora 34, 2024, 114 pagine. [https://amzn.to/3yvOWoP]

Bibliografia
BADIOU, A. L'avventura della filosofia francese nel Novecento. Trans. di Antônio Teixeira, Gilson Iannini. Belo Horizonte: Autentica Editora, 2015.
HUSSAK vV RAMOS, P. “Prefazione”. In: SILVA, RF da. Jacques Rancière e la rivoluzione silenziosa in letteratura. San Paolo: Editora Dialética, 2022.
RANCIERE, J. Il metodo dell'égalité. Entretien con Laurent Jeanpierre e Dork Zabunyan. Montrouge: Edizioni Bayard, 2012.
RANCIÈRE, J. “L'arma della teoria della ripresa del marxismo”. In: LASOWSKI, AW Althusser e noi. Parigi: PUF, 2016.
RANCIERE, J. Il disaccordo. Trans. di Ângela Lopes Leite. San Paolo: Editora 34, 2018.
RANCIERE, J. I nomi della storia: saggio sulla poetica della conoscenza. Trans. di Mariana Echalar. San Paolo: Unesp, 2014.
RANCIÈRE, J; BASSA, J. Parole e danno: dialogo sulla politica del linguaggio. Trans. di Lílian do Valle. San Paolo: SOFIE/Editora 34, 2024.
RANCIÈRE, J.; PANAGIA, D. “Parole dissenzienti: una conversazione con Jacques Rancière". In: segni diacritici, v. 30, n. 2, 2000.
SILVA, RF da. Jacques Rancière e la rivoluzione silenziosa in letteratura. San Paolo: Editora Dialética, 2022.
note:
[I] HUSSAK vV RAMOS, P. “Prefazione”. In: SILVA, RF da. Jacques Rancière e la rivoluzione silenziosa in letteratura. San Paolo: Editora Dialética, 2022, p. 13.
[Ii] Ibidem, pag. 15.
[Iii] Ibid.
[Iv] RANCIERE, J. Il metodo dell'égalité. Entretien con Laurent Jeanpierre e Dork Zabunyan. Montrouge: Edizioni Bayard, 2012, p. 7-8.
[V] Ibid.
[Vi] RANCIÈRE, J; BASSA, J. Parole e danno: dialogo sulla politica del linguaggio. Trans. di Lílian do Valle. San Paolo: SOFIE/Editora 34, 2024, p. 15.
[Vii] RANCIÈRE, J. “L'arma teorica di una ripresa del marxismo”. In: LASOWSKI, AW Althusser e noi. Parigi: PUF, 2016, pag. 247.
[Viii] RANCIÈRE, J; BASSA, J. Parole e danno: dialogo sulla politica del linguaggio, P. 23.
[Ix] RANCIÈRE, J.; PANAGIA, D. “Parole dissenzienti: una conversazione con Jacques Rancière”. In: segni diacritici, v. 30, n. 2, 2000, pag. 113.
[X] RANCIERE, J. I nomi della storia: saggio sulla poetica della conoscenza. Trans. di Mariana Echalar. San Paolo: Unesp, 2014, p. 46.
[Xi] SILVA, RF da. Jacques Rancière e la rivoluzione silenziosa in letteratura, P. 29.
[Xii] RANCIERE, J. Il disaccordo. Trans. di Ângela Lopes Leite. San Paolo: Editora 34, 2018, p. 24.
[Xiii] Ibidem, pag. 21.
[Xiv] Ibidem, pag. 49.
[Xv] Sull’idea di “letterarità” in Rancière, vedi SILVA, RF da. Jacques Rancière e la rivoluzione silenziosa in letteratura, P. 75 e segg.
[Xvi] BADIOU, A. L'avventura della filosofia francese nel Novecento. Trans. di Antônio Teixeira, Gilson Iannini. Belo Horizonte: Autentica Editora, 2015, p. 178.
[Xvii] Versione parzialmente modificata della recensione, originariamente pubblicata in Prometeica – Revista De Filosofía y Ciencias (DOI: 10.34024/prometeica.2022.24.12945). Disponibile presso: https://periodicos.unifesp.br/index.php/prometeica/article/view/12945
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