da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*
L'alleanza schiavista-coloniale-capitalista, per promuovere la sua agenda economica, ha distrutto ciò che restava della democrazia in Brasile
Jacob Gorender inizia la sua famosa opera, Il Brasile in bianco e nero, richiamando l'attenzione del lettore sull'ampiezza dell'estensione territoriale del Brasile, evidenziando anche che la colonizzazione spagnola nel continente americano ha portato a 18 paesi indipendenti, mentre alla colonizzazione portoghese, nello stesso continente, è rimasto un solo Stato, il Brasile. E, chiede: “Da dove viene questa caratteristica del nostro Paese?”
La risposta che egli stesso propone è: “Ciò che, in fondo, ha permesso al potere centrale di trionfare sulle tendenze frammentarie e mantenere l'unità del territorio nazionale è stata l'esistenza di una classe dominante coordinata nazionalmente dal comune interesse di difendere l'istituto della schiavitù”. Il fatto è che la possibilità di sfruttare il lavoro degli schiavi era il punto di equilibrio tra le varie frazioni della classe dirigente nazionale e tra queste e lo Stato coloniale e imperiale.
Sono passati secoli e di fronte alle cronache delle ultime settimane sulle tensioni tra potere centrale e classe dirigente nazionale, è inevitabile il riferimento all'interrogatorio e alla conclusione di Gorender.
L'attuale scenario sociale, politico ed economico in Brasile presenta un conflitto esplicito tra le frazioni ideologicamente diverse della borghesia brasiliana, ma questo conflitto non genera alcun tipo di rottura, poiché ciò che finisce per prevalere è il patto delimitante di “aggressioni” che mantiene le cose, in sostanza, esattamente come sono – ed è così da molto tempo, va notato.
Occorre, allora, chiedersi: da dove nasce la stabilità istituzionale in un Paese la cui classe dirigente borghese è composta prevalentemente da liberali, sedicenti democratici (alcuni dei quali sono considerati addirittura di “sinistra”, difensori dell'umano diritti umani), conservatori e fascisti, e questi si scontrano pubblicamente?
La risposta, che serve addirittura a dimostrare che tra noi la schiavitù non è stata effettivamente superata, poiché questa unificazione apparentemente strana ha colore, va sulla stessa linea di quella presentata da Gorender, ovvero: ciò che, in fondo, permette la stabilità di uno dei contrastanti (apparentemente ) rapporti delle frazioni borghesi nazionali è la possibilità di mantenere lo sfruttamento del lavoro a livelli di espropriazione sempre più intensi e, con ciò, fornire alla classe dirigente nel suo insieme (anche se sempre meno numerosa) ricchezza accumulata, proprietà privata , potere politico e benessere sociale.
Per tutti gli altri, membri della classe operaia maggioritaria, ciò che è riservato è la scarsità, la sottomissione, l'oppressione, la sofferenza e la vana speranza in un futuro migliore che non arriva mai, quando no, la completa esclusione annacquata dalla fame e dalla miseria estrema. E i più direttamente colpiti sono ancora usati come motto per l'argomentazione ideologica, a sostegno del sistema, che coloro che non sono totalmente esclusi e che si trovano in un rapporto di sfruttamento, pur senza alcun parametro di cittadinanza e di accesso ai diritti fondamentali, sono esseri privilegiati. Questi, come avverte Ricardo Antunes, agli occhi della classe dirigente nazionale, sono coloro che vantano il “privilegio della servitù”.
Affinché qualcuno consideri esagerata questa proposta, bisognerebbe aver vissuto completamente lontano dalla realtà brasiliana, essere in gran parte dominato dall'alienazione, essere incluso nell'elenco di coloro che beneficiano direttamente di tutto ciò (che può includere coloro che mantengono l'illusione che o sono un giorno faranno parte di questo gruppo ristretto), o addirittura intendono qualche ricompensa economica o personale con la diffusione intellettuale delle storture e del revisionismo che servono alla classe borghese, nel suo progetto di dominio, sfruttamento e conservazione dei privilegi .
Ricordiamo cosa è successo di recente con la “riforma” del lavoro.
La “riforma”, che in effetti non era una riforma, poiché significava solo l'inserimento forcipe, nella legislazione del lavoro, di norme che riflettessero solo gli interessi immediati ed egoistici dei grandi conglomerati economici, fu possibile solo promuovendo una rottura istituzionale , con la quale una Presidente democraticamente eletta si è bruscamente ritirata dal governo perché non ha dimostrato la forza politica per realizzare lo smantellamento sociale richiesto dal potere economico, da esso ritenuto necessario, nel contesto di una crisi economica, per mantenere i propri margini di profitto (sebbene questo sia stato pronunciato sotto forma di richiesta da parte dell '"economia").
L'obiettivo del golpe istituzionale era quello di sostituire la guida del potere politico centrale, consegnandola a un governante che non aveva alcun impegno elettorale e nei confronti del quale nessuna pretesa era avanzata nemmeno in termini di rielezione, data la sua personale condizione di soggezione per le numerose denunce di cui fu oggetto nell'ambito di Lava Jato. Questo attore poteva (e doveva) fare il “lavoro sporco” di realizzare, attraverso la soppressione delle garanzie costituzionali, le “riforme” richieste dai segmenti dominanti del potere economico nazionale e internazionale, e lo faceva sotto la costante sorveglianza del stampa mainstream e con il prezioso supporto di parlamentari (molti dei quali storditi anche dalle minacce di Lava Jato) e persino di magistrati. Vale la pena ricordare che il personaggio in questione si presentò al servizio quando pubblicò, ancora da membro del governo, il progetto del suo partito, “Un ponte verso il futuro”, in cui le “riforme” del lavoro e della sicurezza sociale apparivano come priorità assolute .
Ciò che scaturì dal golpe – e ciò che ne costituì la motivazione – fu, come tutti sanno, l'attuazione della “riforma” del lavoro, sancita dalla pubblicazione della legge n. 13.467/17.
Ma è altrettanto noto che l'iter legislativo della Legge n. 13.467/17, dalla sua elaborazione alla sua approvazione, è stato del tutto irregolare, del resto bisognava affrettarsi, visto che anche il governo illegittimo di Temer aveva una data di scadenza (poco più di 2 anni) e non c'era, in quel momento, nessuna sicurezza su cosa sarebbe potuto accadere nelle elezioni del 2018 (sebbene l'altra parte del colpo di stato, ovvero l'incarcerazione politica di Lula, fosse già stata adeguatamente affrontata, al fine di impedire la sua partecipazione alle elezioni). Non che, storicamente, i governi di Lula non avessero, a modo loro, fatto parte dell'alleanza che manteneva lo sfruttamento del lavoro a un livello inferiore al patto costituzionale del 1988, ma l'elezione del PT rappresenterebbe un certo rischio per la continuità del il nuovo livello di retrocessione stabilito dalla Legge n. 13.467/17, poiché in relazione alla vicenda specifica della “riforma” sindacale, il partito è rimasto apertamente ed esplicitamente contrario.
Sta di fatto che i vari assalti alla regolarità democratica formale e al calpestio delle garanzie costituzionali, anche in ambito penale, che hanno portato alla “riforma” sindacale e alla successione del governo Temer, sono stati compiuti alla luce del sole sotto molteplici minacce accuse, l'incoraggiamento e gli effusivi applausi della stampa ufficiale, delle rappresentanze economiche e finanziarie, del Parlamento, degli economisti liberali, dei conservatori, dei fascisti e dello stesso Tribunale federale (come ha finito per ipotizzare, di recente, nella sentenza della Habeas corpus dell'ex presidente Lula).
Vale la pena notare che la rottura con l'ancora incipiente ed embrionale processo di costruzione di un ordine democratico nel Paese – tenendo presente che non abbiamo mai avuto una democrazia concretamente al servizio degli interessi della maggioranza della popolazione brasiliana – si è basata anche sulla il silenzio di certi “progressisti” e l'indifferenza o addirittura l'appoggio di alcuni cosiddetti “rivoluzionari”, perché la possibilità di ridurre i costi dello sfruttamento lavorativo, imporre maggiori sofferenze a certi corpi, soprattutto uomini e donne di colore, facendo accedere a giustizia irrealizzabile per i lavoratori e le lavoratrici, lo smantellamento e la destrutturazione del Tribunale del lavoro sono fattori che, in Brasile, data la sua eredità di schiavitù, unificano o fuggono dalle preoccupazioni poste in primo piano.
Con l'elezione di un governo impegnato nell'agenda neoliberista, le alleanze intorno al processo di distruzione dei diritti sociali restano in vigore. In tal senso, è possibile verificare che quando si produssero gli effetti previsti (anche se non pubblicamente ammessi) della “riforma” del lavoro, vale a dire aumento della disoccupazione, riduzione dei salari, fallimento dei sindacati, perdita dei diritti conquistati nelle contrattazioni collettive , negazione dell'accesso alla giustizia per lavoratori e lavoratrici, aumento delle forme precarie di assunzione (esternalizzazione, lavoro intermittente), progressione dell'informalità, diffusione della sofferenza e della miseria, alleanze rivolte all'attività di mantenimento della validità e dell'incidenza concreta dei termini notoriamente incostituzionali della “riforma”, in particolare per quanto riguarda il divieto del diritto di accesso alla giustizia, assumendo un ruolo rilevante al riguardo la stessa Magistratura del lavoro, in tutte le sue istanze, e, soprattutto, il Corte suprema federale.
Le connivenze intorno al ritiro e alla disfatta delle garanzie costituzionali, fondate sul patto attorno alla maggiore estrazione di valore dalla forza lavoro, hanno però allargato le possibilità del dominio politico, escludendo, ovviamente, ogni alternativa del centrosinistra, per evitare il rischio di una battuta d'arresto nella “conquista” raggiunta, oltre a mantenere aperta la finestra di opportunità intorno a nuovi attacchi ai diritti sociali, del resto, l'agenda della “riforma” previdenziale era ancora incompiuta.
Fu così, all'interno di questa alleanza, che fu promossa l'ascesa del radicalismo di destra, che finì per vincere le elezioni del 2018. affermarono, all'epoca, alcuni veicoli della grande stampa, per adombrare il processo in corso (cfr. , a proposito, articolo in Rivista IstoÉ, del 31/10/18, dal titolo: “E il PT creò Bolsonaro”).
E quella che era in atto era la costituzione di un'alleanza tra il potere economico e un governo dichiaratamente di estrema destra, che sottoscrisse un impegno a mantenere e persino portare avanti l'agenda economica, tanto che uno dei suoi principali esponenti, al Ministero dell'Economia , è un autentico rappresentante degli interessi del grande capitale, con uno “status”, anche, di “immobile”.
Accade così che questo governo, data la sua configurazione ideologica, sia ben poco disposto a non invadere tutte le altre sfere delle garanzie costituzionali per promuovere la sua agenda conservatrice, approfittando della situazione di terra bruciata, in termini di regolarità, democrazia e stabilità delle istituzioni, che ha ricevuto come eredità del processo storico che ha reso possibile la sua vittoria elettorale.
In altre parole, più brevemente, l'alleanza schiavista-coloniale-capitalista, al fine di rafforzare la sua agenda economica, ha distrutto ciò che restava della democrazia e della normatività costituzionale e istituzionale in Brasile e, al fine di mantenere e persino espandere questa stessa agenda, ha concepito la possibilità che il potere politico venga consegnato al radicalismo di destra.
Ciò che ne risulta è un'alleanza che corre sul filo del rasoio, in quanto coloro ai quali è stato conferito tale potere sono pienamente consapevoli del processo storico che si è aperto e, con questo, stanno toccando a grandi passi l'agenda conservatrice, con fondamenti democratici e garanzie costituzionali in crescita scioccante, tanto che una volta hanno flirtato con il colpo di stato, oggi annunciano pubblicamente il colpo di stato.
D'altra parte, parte del settore economico e alcune frazioni della classe dirigente, in particolare i cosiddetti liberali, sono a disagio con questo, ma non è possibile esonerarli dal biasimo, anche perché sapevano già, dal all'inizio, il problema che stavano creando, come rivela l'articolo pubblicato dalla rivista Guardare, del 31/10/18, poco dopo l'elezione di Bolsonaro, dal titolo “In caso di emergenza, rompi il vetro”, il cui contenuto esprimeva il monito che spetterebbe alle istituzioni e, in particolare, all'STF, utilizzare il Costituzione per combattere le minacce alla democrazia che potrebbero provenire dal nuovo governo.
Il punto è che il governo è pienamente consapevole della situazione e, con ciò, dettando le regole del gioco, è riuscito addirittura a mantenere la stabilità dell'alleanza attraverso successive concessioni (sempre accompagnate da nuove promesse) al potere economico, alla tempo stesso tempo che approfondisce le scosse democratiche, accresce l'indebolimento delle istituzioni e massacra la Costituzione. Va ricordato che l'alleanza in questione cominciava già a dare i frutti della “riforma” previdenziale e ben presto si annunciava quello che doveva venire: la riforma amministrativa; riforma fiscale; eliminazione dei vincoli ambientali; privatizzazioni ecc. Concretamente, parallelamente all'agenda economica neoliberista e antinazionalista, la traiettoria autoritaria si è intensificata.
Vista la situazione da un'altra angolazione, quello che si può dire è che l'autoritarismo è stato cullato dal patto di aumentare lo sfruttamento del lavoro, che si è concretizzato attraverso la distruzione delle garanzie costituzionali storicamente conquistate dalla classe operaia. Così, l'avanzata dell'autoritarismo avviene con la connivenza compromettente di coloro che, pubblicamente, si pongono come oppositori del governo e in difesa della democrazia e della Costituzione.
Sta di fatto che alle frazioni della classe dirigente, grate al governo per le misure di riduzione dei diritti sociali, non interessa minimamente il fatto che, per raggiungere questo obiettivo, la democrazia e la Costituzione siano ancora più attaccate , perché, per loro, i membri della classe operaia, oggetto della revoca dei diritti, esistono solo per servirli, non essendo, quindi, abbracciati dal concetto di cittadinanza; sono semplicemente i suoi "strumenti" per estrarre profitti.
Per inciso, il sospetto più grande è che la pressione da loro pubblicamente esercitata sul governo, nella cosiddetta difesa della democrazia e dell'ordine costituzionale, sia finalizzata esclusivamente a strappare al governo ulteriori impegni in merito alla revoca dei diritti sociali, tanto che le concrete iniziative di confronto politico con il governo non vanno mai avanti e anzi arretrano ad ogni cenno.
Fu così, ad esempio, che anche di fronte all'atteggiamento negazionista del governo federale, che ha portato all'aggravarsi della pandemia in Brasile, la governance non è stata scossa e questo, soprattutto, per lo stanziamento di oltre 5 miliardi di reais dal fondo pubblico al settore produttivo privato, attraverso il pagamento dell'assicurazione contro la disoccupazione ai lavoratori i cui contratti di lavoro sono stati sospesi o hanno avuto riduzioni salariali fino al 70% durante la pandemia (come previsto dalla MP 936). Il tutto senza pretendere alcun compenso dalle aziende beneficiarie in termini di mantenimento del posto di lavoro o prova di necessità economica. Si segnala che per le piccole e medie imprese, che sono quelle che impiegano di più e che hanno dovuto interrompere completamente la propria attività a causa della pandemia, la possibilità di sospendere il contratto di lavoro e, soprattutto, di ridurre le retribuzioni riducendo orario di lavoro, molto poco o nulla, in termini di salvaguardia effettiva delle proprie attività e di conservazione della propria stabilità finanziaria.
Ciò che occorreva era che il governo mantenesse i posti di lavoro, indipendentemente dal lavoro, sovvenzionando le piccole imprese (grandi datori di lavoro) con l'emissione di moneta, e vietando alle grandi imprese di licenziare i lavoratori, mantenendo il pagamento integrale dei salari, anche senza lavoro, come dovere sociale funzione derivante dai profitti storicamente ottenuti e dagli incentivi fiscali, sulla falsariga di quanto hanno fatto altri Paesi nello stesso periodo.
In pratica, la politica adottata dal governo brasiliano ha rappresentato un investimento pubblico miliardario per incrementare i profitti di poche grandi aziende (come ha apertamente riconosciuto, tra l'altro, il ministro Paulo Guedes nella famigerata riunione ministeriale del 22 aprile 2020), e tutto questo nel periodo in cui la maggioranza della popolazione (e delle imprese in genere) ha avuto una riduzione dei guadagni ed un aumento delle sofferenze, non derivanti da tale iniziativa, ivi compreso ogni effetto economico socialmente rilevante, anzi, al contrario, dal momento che il Brasile, dopo il periodo iniziato nel 2017, è tornato nella mappa della fame.
Sta di fatto che i parlamentari 927 e 936, redatti dal governo durante la pandemia e che hanno portato formule ancora più approfondite di sfruttamento del lavoro, fino al livello della soppressione della vita, hanno costituito il fattore di unione tra il governo e coloro che, inserita nella classe dominante, si è presentata pubblicamente come sua avversaria.
Anche tra STF e capo del governo federale, che si presentano come strenui oppositori, il punto di unione è l'aumento dello sfruttamento della forza lavoro. Su questo aspetto, infatti, l'STF assume una posizione di estrema rilevanza, poiché tale risultato di revoca dei diritti del lavoro non può essere raggiunto senza ledere le basi giuridiche costituzionali.
Si ricorda, peraltro, che la STF, selettivamente, non si è ancora pronunciata sulla costituzionalità, messa in discussione attraverso le ADI, di vari punti della “riforma” del lavoro e, in via accelerata, ha dichiarato (in ADI 6363) la costituzionalità della norma contenuta in MP 936 che consentiva la riduzione del salario e dei diritti mediante accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro, in quanto ci troviamo in uno stato di eccezione.
Questa unità di intenti, mantenuta in un momento di pandemia, acquista un aspetto macabro, in quanto impedisce un'effettiva reazione istituzionale alla politica negazionista adottata dal governo, il che spiega, in modo più ampio e reale, il fatto che, il 26/ 08/21, a 578 morti per COVID-19 in Brasile.
Per inciso, dopo così tante morti senza alcun serio confronto in termini di responsabilità, ciò che è già stato sancito come la nostra "nuova normalità" è la completa insensibilità alla vita degli altri. Le vittime del COVID-19 e dell'incuria istituzionale continuano a morire, da 800 a 1.000 persone al giorno, ma questo dato non entra nemmeno nelle nostre preoccupazioni.
Il risultato è che, senza una reazione seria e coerente da parte di altre parti della classe dirigente, i decessi per COVID-19 si sono diffusi nel Paese, colpendo soprattutto la classe operaia, che, anche con l'avallo della classe dirigente, è stata sottoposti a condizioni di vita e di lavoro sempre più precarie e, come effetto integrato di tutto ciò, pur senza alcuna rilevante obiezione istituzionale, il governo ha approfondito le sue pratiche autoritarie, espresse in arresti arbitrari di dirigenti di movimenti sociali, in atti di violenza personale contro persone di colore, donne e persone transgender, nell'apertura di procedimenti amministrativi contro insegnanti e dipendenti pubblici, nella repressione degli scioperi (sotto quest'ultimo aspetto, v. , con l'obiettivo di individuare la programmazione degli scioperi nella pubblica amministrazione federale, monitorare le interruzioni, promuovere il taglio automatico del punto del server che aderisce allo sciopero).
E così, con questa macabra alleanza, sostenuta da provvedimenti che hanno reso possibile il maggior sfruttamento della forza lavoro, come i mp 927 e 936, e rafforzata anche da promesse circa l'adozione di altri interventi normativi volti ad aprire spazi per iniziative del settore privato, come come le privatizzazioni, la riforma amministrativa (PEC 32), la riforma fiscale, le aperture ambientali (già attuate con il diniego dell'ispezione) e l'inquadramento temporale (già in atto con il genocidio dei popoli originari e attraverso la totale assenza di politiche pubbliche in materia delle riserve indigene), la tragica situazione in Brasile si sta solo aggravando.
In materia di rapporti di lavoro, come già accennato, è rimasta nota l'inefficacia sociale ed economica della MP 936, che ha favorito soprattutto le grandi imprese nella loro intenzione di mantenere i margini di profitto anche durante la pandemia, aumentando l'estrazione di valore della forza lavoro di coloro che la prosecuzione del lavoro, attraverso la riduzione dei diritti e dei salari e l'aumento dell'orario di lavoro, oltre alla sospensione del controllo statale sul rispetto delle misure di salute e sicurezza sul lavoro.
Nonostante ciò, il 28 aprile 2021, quando l'istituzione del CPI COVID-19 divenne realtà e il numero dei morti raggiunse i 400, il provvedimento preso dal governo, con il chiaro scopo di mantenere le tensioni con la parte della classe dirigente , doveva rinnovare il favore al settore economico, promuovendo, poi, l'edizione dell'MP 1045. L'MP 1045, all'atto della sua pubblicazione, prorogava praticamente solo per altri 120 giorni gli effetti dell'MP 936 (della sospensione dei contratti e riduzione degli stipendi).
Tuttavia, per mostrare come le forze dominanti si uniscono e si articolano per aumentare lo sfruttamento della forza lavoro in Brasile, quando il deputato è stato sottoposto al voto alla Camera dei Deputati, sono stati aggiunti diversi altri temi, tutti nella stessa direzione la soddisfazione di interessi economici. Al testo del Provvedimento sono state aggiunte altre tre forme precarie di sfruttamento della forza lavoro, oltre a nuove modifiche al CLT, soprattutto per ostacolare ulteriormente l'accesso alla Giustizia del Lavoro da parte dei lavoratori.
Questo autentico colpo legislativo è stato compiuto senza fanfara mediatica, poiché la notizia è stata volutamente ripresa dai ripetuti discorsi del Presidente sul voto stampato e sull'imminenza del voto sul disegno di legge in materia al Congresso nazionale. Fu così che, silenziosamente, nella stessa seduta in cui fu bocciato il progetto del voto cartaceo, il 10 agosto 2021, alla Camera dei Deputati fu approvato il testo base della MP 1045, appena dopo due giorni di elaborazione, avendo Tutte le cosiddette “tartarughe” che erano incluse nel testo originale sono state mantenute.
Tuttavia, l'incostituzionalità di tale procedura per l'inserimento di nuovi argomenti nel voto di conversione dei deputati, come già definita dalla STF, nella sentenza ADI 5127. oggetto di decisione della STF, con provvedimento del 16 giugno 2020 (ADI 6363), quando è stata dichiarata la possibilità di riduzione salariale e sospensione contrattuale mediante accordo individuale - ovvero senza partecipazione sindacale - sarebbe possibile solo in via eccezionale, per un periodo di 90 (novanta) giorni. In secondo luogo, perché non si è ritenuto, come giustificato nella sentenza emessa dall'STF, che la misura fosse efficace nel preservare i posti di lavoro. In terzo luogo, per aver creato nuove forme precarie di sfruttamento del lavoro e promosso cambiamenti nel CLT con l'obiettivo di impedire l'accesso alla giustizia e violare il precetto costituzionale relativo alla gratuità.
In sintesi, MP 1045, già convertito nel Disegno di Conversione n. 17/2021 (“PLC 17”), vista l'approvazione già promossa in Camera dei Deputati, oltre a riprodurre i termini di MP 936, che richiama “ Emergenza occupazione e mantenimento del reddito”; la riduzione proporzionale dell'orario di lavoro e della retribuzione e la sospensione temporanea del contratto di lavoro crea inoltre: (1) “Programma prima opportunità di reinserimento lavorativo” (PRIORE); (2) “Regime speciale per il lavoro incentivante, la qualificazione e l'inclusione produttiva” (REQUIP); (3) “Programma Nazionale di Prestazione di Servizi Sociali Volontari”.
Le nuove possibilità di “assunzione” sono palesemente incostituzionali, perché, con il pretesto di mirare, come affermato nelle premesse del Progetto, a contribuire all'accesso al lavoro di persone in situazione di vulnerabilità, invece di creare un meccanismo di inclusione come quello delle “quote” , l'individuazione di uno specifico gruppo sociale è effettuata unicamente per sfruttare la condizione di vulnerabilità al fine di consentire l'acquisto ad un costo inferiore della forza lavoro delle persone integrate nel gruppo, che si concretizza mediante l'espresso allontanamento da il rapporto di lavoro e la conseguente eliminazione dei diritti costituzionalmente garantiti ai lavoratori e alle lavoratrici in genere.
La vulnerabilità viene quindi adottata come fattore di riduzione della cittadinanza. In particolare, per le persone che si considerano in una situazione di vulnerabilità, invece di concedersi le garanzie della previdenza sociale e promuovere l'attuazione di politiche pubbliche di effettiva inclusione, ciò che si fa è negare loro l'ordine costituzionale, in particolare per quanto riguarda fa riferimento ai diritti del lavoro, stabiliti nella Costituzione come diritti minimi, dando alle aziende private e allo stesso Stato la possibilità di sfruttare economicamente queste persone. Così, le istituzioni brasiliane offrono alle imprese (e allo stesso Stato) da sfruttare i miseri, che sono stati creati proprio dalle forme precarie già in vigore.
Si tratta, dunque, di un autentico scandalo legislativo, una presa in giro, un rimprovero, nello stile di chi pronuncia ripetutamente il capo della nazione, ma che, questa volta, arriva dalla Camera dei Deputati, con l'esplicito appoggio della sentenza classe , compresa la stampa mainstream e i suoi intellettuali organici. E va notato che, a fronte delle tante riduzioni di diritti già promosse, anche la cosiddetta contrattazione tipica del CLT non risponde più al livello fissato dalla Costituzione. Tanto che lo stesso governo federale, nella sua smania di affrontare i dipendenti pubblici, rivendica già la possibilità di assumere tramite CLT.
A questo proposito, va anche notato, per dimostrare ancora una volta come, in Brasile, forze apparentemente avverse si uniscono quando si tratta di aumentare lo sfruttamento della forza lavoro, per la conservazione di interessi diversi, che, il 17 agosto, quando il “ crisi” tra l'STF e il Presidente della Repubblica, la notizia è diventata pubblica – STF tende a consentire contratti CLT nell'Unione – nel senso che l'STF, in segno di tregua e di ricerca della pace tra le Potenze, nel giudizio che si terrà l'indomani 18 agosto, riferendosi ad un'azione proposta 21 anni fa, sarebbe disposta ad autorizzare la formalizzazione di questo tipo di assunzioni, anche facilitando il compito del governo in merito all'approvazione dello stesso tema inserito nella PEC 32 (riforma amministrativa). Il processo è stato sospeso a causa della richiesta di revisione del ministro Nunes Marques.
La PLC 17 (MP 1045) è stata trasmessa al Senato Federale, ma ora tutte queste questioni sono state rese pubbliche. Con questo, le organizzazioni dei lavoratori hanno l'opportunità di mobilitarsi ed esporre la loro opposizione al progetto. D'altra parte, le alleanze della classe dirigente si muovono verso pressioni sul Senato per l'approvazione del progetto, non manifestandosi sulle incostituzionalità che porta (https://valorinveste.globo.com/mercados/brasil-e-politica/noticia/2021/08/26/importante-fazer-apelo-ao-senado-para-que-a-mp-1045-seja-aprovada-diz-onyx.ghtml; https://valor.globo.com/brasil/noticia/2021/08/26/nao-trabalho-com-a-possibilidade-de-queda-da-mp-1045-diz-dalcolmo.ghtml).
Da parte sua, il Presidente della Repubblica continua a svolgere il suo ruolo in questa proprietà terriera, che è quello di esprimere discorsi sempre più minacciosi su un colpo di stato, per distogliere l'attenzione della cronaca sul campo delle sue spavalderie e delle sue offese di ogni genere a tutto e tutti, e, per trasmettere il messaggio che il patto di alleanza con la classe economica dominante è ancora in vigore, rivolge la sua verbosità di fucile alla formulazione di critiche al CLT.
Non è un caso, quindi, che nel bel mezzo dell'annuncio di una mobilitazione militare per il 7 settembre, il Presidente esca pubblicamente e si chieda, sarcastico: come è possibile creare posti di lavoro “con un CLT così rigido? " (https://www1.folha.uol.com.br/mercado/2021/08/como-e-que-pode-gerar-emprego-com-uma-clt-tao-rigida-dessa-forma-diz-bolsonaro.shtml?utm_source=whatsapp&utm_medium=social&utm_campaign=compwa)
E la classe dirigente plaude e rassicura se stessa, del resto, parafrasando Gorender, “ciò che, in fondo, ha consentito al governo federale di trionfare sulle tendenze frammentarie e sull'instabilità istituzionale è di tenere sotto efficace gestione gli interessi di una classe dirigente coordinata a livello nazionale dal interesse nazionale difesa comune dell'espropriazione della classe operaia”.
Non si sa solo fino a che punto il Presidente e i suoi più diretti sostenitori radicali non inizieranno a considerare che la spettacolarizzazione può smettere di essere solo una deviazione retorica e diventare qualcosa di effettivamente plausibile e realizzabile, anche perché portano con sé il merito della complicità ripetuta delle istituzioni, delle varie forze politiche e delle frazioni più influenti della classe dirigente, nei confronti del disprezzo dei precetti garanti dell'ordine democratico e dei diritti individuali e sociali costituzionalmente garantiti.
Inoltre, la Magistratura del Lavoro (che ha applicato, senza alcun senso critico, la “riforma” del lavoro), la Corte Suprema Federale (che non si pronuncia sull'incostituzionalità della “riforma” e legittima tante altre incostituzionalità, in particolare quando si tratta di ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici), le rappresentanze dei soggetti produttivi e finanziari, i media mainstream e la Camera dei Deputati.
Può sembrare una vanteria esagerata, ma la situazione è arrivata a un punto in cui l'unica speranza che ci resta ora è il Senato Federale, perché se il Potere Legislativo approva questa aberrazione legislativa, integrata con tutto ciò che è già stato realizzato, non possibile parlare più concretamente e seriamente di regolarità democratica formale e dello stato di diritto nel Paese.
Vediamo, allora, cosa dirà il Senato Federale sulle flagranti incostituzionalità espresse nella PLC 17 (MP 1045), nella seduta prevista per il 1°o di settembre.
A seconda di quanto si dirà, la manifestazione golpista prevista per il 07 settembre potrebbe rappresentare solo un evento di commemorazione del governo e dei suoi più diretti alleati dell'ala conservatrice radicale in termini di consolidamento della completa rimozione dei vincoli costituzionali e del conseguente pieno potere su tutto altre forze politiche ed economiche legate alla classe dirigente, con gravi ripercussioni, ovviamente, sulla vita di tutte le persone e, soprattutto, dei lavoratori.
In un modo o nell'altro, ciò che è già concreto è che le rivelazioni aperte da questo processo storico danno alla classe operaia la reale possibilità di strappare il riconoscimento di essere coinvolta in un gioco a cui partecipa solo come un pezzo sulla scacchiera. non come uno che suona, scaturisce da questa comprensione la speranza che le forze popolari, finalmente, si risveglino e si riprendano il potere che le spetta e il posto che meritano nel protagonismo della storia, che potrebbe anche iniziare lo stesso giorno 07 .
*Jorge Luiz Souto Maior è docente di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Il danno morale nei rapporti di lavoro (redattori di studio).