da JULIO TUDE D'AVILA*
Commento al libro recentemente pubblicato di Chico Buarque
"ostacolo È un libro brillante, scritto con ingegno e mano leggera”. La caratterizzazione di Roberto Schwarz del primo romanzo di Chico Buarque serve ancora a descrivere la narrativa del compositore. Bambino a Roma È un libro squisito, divertente e sottile che può essere letto in poche ore. La leggerezza, però, non sminuisce la forza della narrazione, che ci mostra – come spesso accade con i libri di Chico Buarque – che la realtà non è così semplice come sembra.
Nella prima parte del libro, il narratore ripercorre i ricordi della sua infanzia nella Roma degli anni Cinquanta. Tra la scuola per stranieri, le feste di gala e le partite gol con Amadeo, il suo povero amico, il narratore descrive tutto ciò. periodo della sua vita pieno di nostalgia, dallo sguardo dolce e sensibile, deliziato dal ricordo delle passeggiate per la città sulla sua bicicletta nichelata, dell'amore non corrisposto di un collega e di quella volta in cui ballò con Alida Valli, la più grande star del cinema italiano dell'epoca.
Lo scenario che costruisce è bellissimo, e le strade in cui si avventura appaiono nella mente del lettore con una particolare familiarità, come se condividesse quell'esperienza con il narratore. Con lo stesso tono racconta che il suo insegnante gli ha messo la mano nei pantaloncini e gli ha stretto il sedere e, quando pensa di denunciarlo, decide che non lo prenderebbero sul serio perché è brasiliano, cioè originario di una Paese liberale che chissà, forse un giorno l'insegnante potrebbe far visita, per selezionare i ragazzi sulla spiaggia e molestarli a piacimento.
Apprendiamo anche che il narratore ha spiato sua sorella mentre stava cambiando, che l'amore non corrisposto gli ha dato la sua prima lezione di cuckolding e che è scampato per un pelo a rapimenti o abusi. La mitezza del racconto è attraversata da questi momenti che insinuano una fragilità nel quadro che vediamo, indicando che è sostenuto da una prospettiva distorta o incompleta, anche se, con l'umorismo, la prosa cerca di disarmare questi elementi.
Inoltre, il narratore mette costantemente in dubbio la veridicità di quanto spiega: “[…] la mia carta da parati era un’imitazione di un muro di mattoni. A causa dell'umidità, la carta si allentava lungo le giunture, rivelando un vero muro di mattoni sottostante. Il mio libro dei ricordi dei sogni potrebbe essere proprio questo, una carta da parati che riproduca allo stesso tempo ciò che nasconde”, in un estratto esemplare dalla scrittura cristallina dell’autore.
Talvolta si verificano metalinguaggio e autoreferenzialità, ma non stancano né allontanano il lettore dalla storia come è comune nei romanzi che tentano lo stesso. In Bambino a Roma rafforza il carattere ambiguo della finzione. In questa prima parte, dunque, ci resta un'immagine nostalgica, seppur trafitta da reminiscenze meno innocenti.
Nella seconda parte, il narratore ritorna a Roma invecchiato, e la frattura della storia viene pienamente rivelata: senza le risorse immaginative della memoria, il narratore deve confrontarsi con ciò che ha di fronte, l'immediato, il reale. Camminando per le strade che conosce, vede un ragazzo che ha più o meno l'età che aveva quando arrivò a Roma per la prima volta.
Il ragazzo, però, sembra sospettare che il narratore stia per abusare di lui, pagare per qualcosa di sessuale e fa una scenata davanti all'albergo dove alloggia. Quando torna nell'appartamento dove viveva, scopre un edificio quasi vuoto, e quando cerca di recuperare la storia di quell'edificio, viene rifiutato dall'impiegata senegalese che si occupa della pulizia del locale e teme che venga licenziata. se lei lo aiuta.
Alla fine riesce a parlare con l'inquilina di un altro appartamento del palazzo, di cui cerca l'aiuto quando scopre che anche lei, come lui, passa tutto il giorno a leggere. Quando si parla di letteratura, però, si apprende che legge documenti legali e raramente si lascia distrarre dai capricci letterari.
La donna alla fine cede quando pensa di poter ricevere un incarico per mediare i contatti tra il narratore e gli attuali proprietari: un gruppo di mafiosi russi che utilizzano il locale per festini sessuali con prostitute di diversi paesi (si può supporre che lavorino nel settore della droga). traffico di donne), tra le altre cose), e fare speculazioni immobiliari sul posto.
Il narratore chiarisce che non vuole acquistare la proprietà, vuole visitarla solo una volta, per ricordare la sua infanzia. Ne coglie l'opportunità, ma non riesce a superare l'ingresso. All'improvviso cammina all'indietro, come se lo spirito di sua madre lo tirasse per il bavero. L'idea onirica dell'appartamento è preservata.
È chiaro, quindi, che non vuole liberarsi dell'illusione che sostiene la sua immagine di quel luogo, di quel tempo, di quelle persone e di chi lui è. Il passato romanticizzato è qualcosa che il narratore costruisce, un'invenzione che nasconde la brutalità del mondo di oggi, nasconde le fessure della realtà nella nostra favola collettiva su ciò in cui viviamo e supporta la storia che racconta a se stesso su chi è.
Il viaggio a Roma è una fuga, anche in senso letterale: il narratore lascia il Brasile e lascia la sua famiglia, ma sospetta che non senta la sua mancanza. Ma è una fuga in un passato che non è proprio come lo ricordiamo, non proprio come vorremmo poterlo ricordare.
Per essere tollerabile, ha bisogno di una dose di autoinganno e di un pizzico di mistificazione. È un'immagine che ci offre un rifugio dal mondo fratturato e violento in cui viviamo ora. Affrontare questo fatto costringerebbe il narratore a rivedere ciò che ha inventato, a liberarsi di queste illusioni e a valutare, senza inganni o occhi infantili, quale sia stata questa realtà in cui si è formato e come si sia arrivati fin qui.
L'ultimo capitolo chiude magistralmente la storia e regala un sorriso amaro e ironico a chiunque, giustamente, sia mai stato spedito sul “ponte che se n'è andato”, per dirla in termini familiari al compositore. Alcune persone possono creare realtà per se stesse, altre no.
Bambino a Roma è un altro splendido libro di Chico Buarque.
*Julio Tude d'Avila Laureato in Scienze Sociali presso l'USP.
Riferimento
Chico Burque. Bambino a Roma. San Paolo, Companhia das Letras, 2024, 168 pagine. [https://amzn.to/3M4G8sU]

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