Bernardo Bertolucci — primi passi cinematografici

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da TESSUTO MARIAROSARIA*

Commenti sul percorso iniziale del cineasta italiano

Bernardo Bertolucci debutta ufficialmente nel cinema nel 1961, quando Pier Paolo Pasolini lo invita come suo assistente alla regia in Accattone (disadattato sociale). All'epoca aveva una piccola esperienza come regista di cortometraggi fatti in casa, con uno stage di un mese alla Cinemateca Françasa (1960), che gli era stato premiato per aver superato il esame di maturità (che corrisponde al nostro attuale Enem), e con un grande background cinematografico acquisito fin dall'infanzia quando suo padre, il poeta Attilio Bertolucci, da lungo tempo appassionato di cinema e critico cinematografico del Gazzetta di Parma, Lo portavo due o tre volte a settimana a guardare film.

I due emiliani si erano conosciuti poco dopo il trasferimento della famiglia Bertolucci a Roma (1954), in un primo pomeriggio di domenica, quando Pasolini bussò alla porta dell'appartamento di via Carini 45, come scrive lo stesso Bernardo in un testo facente parte del volume Cinema di profilo. Il giovane, in un primo momento, non fece entrare il visitatore, sospettando che fosse un ladro, malinteso presto risolto dal padre, il quale, giunto nella capitale italiana nell'aprile del 1951, era già in visita al poeta.

Cinque anni dopo, quando la famiglia Pasolini si trasferì allo stesso indirizzo, l'amicizia tra i due si rinsaldò e Bernardo compose nuovamente poesie da sottoporre a Pier Paolo, che lo incoraggiò a pubblicarle e scrisse la prefazione al volume. Nel mezzo del mistero (Alla ricerca del mistero, 1962), che vinse il prestigioso premio Viareggio-Rèpaci nella categoria “opera prima”. Nello stesso anno 1962 Bertolucci presentò al Festival di Venezia La comma secca (La morte), di cui Pasolini gli aveva affidato la sceneggiatura e di cui scrisse con la collaborazione di Sergio Citti.

In termini di trama, è molto vicino alle narrazioni letterarie di Pasolin — Ragazzi di vita (ragazzi della vita, 1955), che costituisce la base del documentario La canta delle marane (1961), di Cecilia Mangini, ed una vita violenta (una vita violenta, 1959), da cui è tratto – e per il cinema – l'omonimo lungometraggio di Paolo Heusch e Brunello Rondi (1962). Accattone, ma anche gli itinerari di La nota arrabbiata (La lunga notte della follia, 1959), di Mauro Bolognini, e La nebbiosa (la nebulosa, 1959), che ha dato origine Milano (1961), di Gian Rocco e Pino Serpi —, Bernardo Bertolucci riproponeva le storie dell'amico, ma, durante le riprese, preferì assimilare gli insegnamenti di altri registi, soprattutto di Jean-Luc Godard.

Due anni dopo, il giovane regista si è affermato ancora una volta Primo della rivoluzione (prima della rivoluzione, 1964), girato nella sua città natale, la cui sceneggiatura è basata sul romanzo La Certosa di Parme (La Certosa di Parma, 1839), di Stendhal, scritto in collaborazione con Gianni Amico. Con il consolidamento della sua carriera cinematografica, lascia gli studi presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Roma e l'attività poetica, iniziata nel 1947, quando impara a scrivere,, ma trascurata prima dei sedici anni, quando girò due cortometraggi: La funivia (b/n, ca. 10', estate 1956, probabilmente luglio) e La morte del maiale (sempre nel 1956, tre mesi dopo).

Della finzione cinematografica — di cui erano interpreti il ​​fratello minore Giuseppe, allora intorno ai 9 anni e mezzo, e le cuginette Marta e Ninì (Galeazzina) — Fabien S. Gerard ha scritto una sorta di sinossi: “Tre bambini godersi l'ora della siesta per addentrarsi da soli nel bosco oltre il ruscello e il cimitero, cercando tracce di una funivia dismessa, per trasformarla in un'altalena. Scrutano invano i rami più alti, sperando di intravedere un cavo arrugginito. Con il passare del pomeriggio, i tre si perdono nel labirinto dei castagni, senza rendersi conto che alcune torri e, soprattutto, il cavo, caduto da tempo, si nascondono ora sotto i loro passi, in mezzo a felci e ortiche.

Lasciamo la parola a Bernardo, un ragazzo di 15 anni, che conclude con questi termini la 'argomentazione' di aver rotto la telecamera poco prima degli scatti: 'Alla fine, stanchi, pensano a tornare a casa attraverso il bosco. Sono tristi per il fallimento dell'operazione e, senza rendersene conto, attraversano il torrente e ritornano, nel tardo pomeriggio, sempre attraverso il bosco. All'improvviso si ritrovano sulla strada in costruzione. Il sole sta tramontando. I bambini sono già avvolti nell'ombra.

Da dove sono hanno tutta la valle davanti a loro. L'obiettivo ti inquadrerà fin dall'inizio, verso le montagne, poi i pascoli, il paese tra i castagni, la faglia rocciosa, il bosco, la funivia in lontananza. All'improvviso G[iuseppe] si rimette in strada. È lungo e bianco, con le montagne sullo sfondo. Più lentamente, N[inì] gira nella direzione opposta. La funivia, il bosco, il monte Gaio, la grande valle verso la pianura ancora illuminata'”,.

C'è, alla fine di questa storia, un tocco di impermanenza nel senso di precarietà, provvisorietà, la stessa cosa che Fabien S. Gerard ha sottolineato nella poesia che Attilio ha dedicato al cortometraggio di suo figlio e che, secondo l'autore, “tornerà in diversi film dei decenni successivi, soprattutto in La comma secca e Piccolo Buddha [Il piccolo Budda, 1993]”. Secondo una dichiarazione dello stesso Bernardo Bertolucci, riprodotta da Treccani, a questo elenco si potrebbero aggiungere altre opere: “Quando correva Primo della rivoluzione, Pensavo che sarebbe stato il mio ultimo film. Invece ogni volta, miracolosamente, mi viene chiesto di farne un altro. E ogni volta, immancabilmente, penso che sarà l'ultima. L’impermanenza dei film, la sensazione di terminalità che danno, è la stessa della vita”.

Diamo ora la parola ad Attilio Bertolucci che, nella poesia “La teleferica (a B, con una otto millimetri)”, descrive il dietro le quinte del primo film di suo figlio più vecchio:

“L’estate copre di polvere le siepi,
anche sopra i mille metri,
copre di polvere le more ostinate
in un'adolescenza acre.
Ma la tua adolescenza si addolcisce, matura
con pazienza artigianale e sottile
di questo scatto dal basso verso l'alto
e da dietro la siepe strappata
così da intrecciarsi con spine, foglie e bacche
la trama in tempo reale
cadenzato dai passi silenziosi
e di nascosto dai figli, Giuseppe, Marta,
Galeazzina, 'fuggi di casa'
quando tutti dormono a Casarola,
perché è luglio e il fuoco della meridiana
piega anche i selvaggi
dagli Appennini, alle donne
indomabile nell'avarizia e nella sporcizia,
ansimante su miserabili brande
in triste pace.
Solo voi, gentili vacanzieri,
vivi quest'ora, ruba la tua
fiamma tagliente in modo che i tuoi occhi
sorriderà, in primo piano, per sempre
sotto il sole delle tre.
Affrettatevi, la funivia è lontana
e Bernardo, che ha le gambe lunghe
dall'età di quattordici anni, la mania per narratore,
insiste sul tempo reale, li vuole
perso tra castagni e felci,
cercando, con la luce che va
diventando sempre più debole – sbrigati,
la notte in montagna è spaventosa —
i fili metallici che ti tagliano le mani
e porta via la legna
per il tannino, oppure lo portavano in fabbrica
cadendo a pezzi e i cavi si intrecciarono
ci è voluto Giuseppe per ritrovarli, perduti
nella vertigine dei rami più alti,
ruggine e clorofilla, avventura e terrore
di un bambino che gioca: questi
lo sfondo della trama, ora lui
prendi i cugini più grandi
fino all'equilibrio desiderato
e non lo troverai più,
il tuo cuore sentirà dolore,
uguale solo a quello che, dopo anni ed infiniti anni,
l'uomo avverte il primo orgasmo dell'infarto.
L'ultimo fotogramma è dall'alto
da un ramo di leccio, l'occhio della telecamera
scruta inquieto i tuoi occhi inquieti,
guida scaduta
mentre le ragazze sono già distratte,
la maggiore delle sorelle si intreccia
un cappello di foglie sui capelli
del più giovane, il poeta operatore
rimane incantato anche lui, pensando all'effetto
che realizzerà quando sarà già asciutto
le foglie finiranno nella polvere
roseo dal freddo crepuscolo
sulla via del ritorno, dimenticato
il dolore precoce, l'allievo deluso,
il tema umano della storia.
Lasciamo che l'arte abbia
di queste vendette improvvisate ma giuste
contro la vita, lascia che un ragazzo si diverta
e sii consapevole in quei cari anni
della vocazione e dell’apprendimento”,.

La descrizione di Marta Simonazzi, che per certi aspetti sembra riprendere la poesia di Attilio, aggiunge qualche dettaglio in più alla trama: “Tre ragazzi, scappati di casa dopo pranzo, quando tutti dormivano perché è luglio e fa caldo, si perdono un bosco di castagni secolari, tra felci e massi franati dal Groppo Sovrano, una foresta da cui Bernardo effettuerà nuove riprese nel film La tragedia ha regalato un uomo ridicolo [La tragedia di un uomo ridicolo, 1981], con Ugo Tognazzi. Mentre la bambina prega davanti ad un'immagine religiosa, aspettando un segno o un miracolo, io e Giuseppe cerchiamo tra spine e castagni i segni per ritrovare la via del ritorno. Finalmente, nascosta tra cataste di legna, appare davanti ai nostri occhi una vecchia funivia abbandonata da chissà quanto tempo e, seguendo il suo percorso, riusciamo a tornare a casa, senza che nessuno si accorga di nulla”.

Lo stesso Bernardo ha ricordato la sua prima avventura cinematografica, spiegando perché ne aveva realizzato le prime riprese La comma secca in un bosco di grandi eucalipti:

“Il motivo di questa scelta l’ho tenuto per me, era un segreto anche per il produttore. Chissà con quale 'cerimoniale' ho voluto ritornare alle regole e all'emozione di un gioco interrotto qualche anno fa, precisamente nell'estate del 1956. In effetti, ho scoperto il cinema per scherzo, e anche allora nel bosco., Se non erano eucalipti erano enormi castagni dell'Appennino, e ricordo che, dietro i miei piccoli attori in primo piano, c'erano sempre rami e foglie, in una dolce luce perpetua, impressionistica. Ha fatto tutto da solo, con lo stesso amore che un meccanico di 15 anni mette per gli ingranaggi della sua moto”.

Per Gerard, oltre al primo lungometraggio, ci sono altri possibili dialoghi tra loro La funivia e successivamente i film di Bertolucci: “l’idea della vegetazione che ricopre il cavo caduto a terra verrà ricreata alla fine La sstrategia ragno [La strategia del ragno, 1970], mentre il regista visiterà ancora una volta il suo primo set in una sequenza di La tragedia è così ridicola"(come abbiamo visto, evidenziato anche da Marta Simonazzi).

Così, prima di prendere in mano una Paillard-Bolex 16mm, prestata dal padre dei suoi cugini, Ugo Galeazzi, che l'aveva acquistata in Venezuela, Bernardo, ha scritto la sceneggiatura, con la collaborazione di Giuseppe, e, consapevole di non padroneggiare il montaggio, progettò l'intero decoupage, comprese diverse carte con didascalie in versi scritti a mano su fogli di carta, poiché il film era muto. E, con i suoi partner, ha trascorso l'estate alla ricerca di location, strutturando sequenze e provando l'inquadratura.

Nonostante fosse solo un film amatoriale, è stato proiettato. Il critico cinematografico Adriano Aprà, in un testo del 2019, ammetteva che, all'epoca, era un po' invidioso di quel ragazzo poco più giovane di lui, che stava presentando le sue prime imprese a un famoso sceneggiatore, e non cercava solo consigli:

“Lo conobbi quando avevo sedici anni, nel 1957, a casa di Cesare Zavattini (amico di mio padre), dove […] proiettò due cortometraggi in 16mm: La funivia, film di finzione e La morte del maiale, documentario. Anche se avevo solo quattro mesi più di lui, facevo la parte del critico: troppi fotogrammi dentro contra-plongee nel primo, il secondo è buono. Credo di essere stato uno dei pochissimi a vederli (erano perduti), ma ne ho ancora un ricordo. Per la cronaca ero appena andato a chiedere come avrei potuto pubblicare (ha collaborato Zavattini CinemaNuovo, quindi, per me unica rivista di riferimento)”.

Dal semi-documentario La morte del maiale [La morte del maiale], del ragionamento sono rimaste due bozze, riprodotte sul sito della “Fondazione Bernardo Bertolucci”. Si compone di sei pagine, di cui le prime quattro — che corrispondono allo schema intitolato Una ragazza invernale (Una giornata invernale) — si confondono, poiché, dopo quella iniziale, compaiono la terza, la quarta e, solo alla fine, la seconda; gli ultimi due corrispondono allo schizzo senza titolo, che si ferma al quindicesimo pezzo, poiché quello successivo è vuoto. La mancanza di datazione rende difficile stabilire quale versione sia stata scritta per prima; L'unica prova che potrebbe portare alla conclusione che il giovane Bernardo abbia scritto lo schizzo senza titolo in primo luogo sono i dettagli più piccoli e la scrittura più sciolta, come se si trattasse di una bozza scarabocchiata frettolosamente.

In ogni caso i due testi si completano a vicenda, talvolta nell'aggiunta di piccoli dettagli, ma soprattutto nell'aumento del numero di sequenze in quella che consideravo la seconda stesura. In questo, il ruolo del ragazzo di campagna, intorno ai sette-otto anni, che assiste alla mattanza e ai preparativi che la precedono, diventa più prominente, creando una maggiore attesa. Dato che i testi non sono stati dattiloscritti né digitalizzati e la grafia del giovane autore è talvolta indecifrabile, la trascrizione degli originali in italiano è stata piuttosto difficoltosa, c'erano alcuni dubbi e lacune, ma nulla che pregiudicasse seriamente la loro comprensione né la traduzione in portoghese.

L’uso dei termini dialettali dell’Emilia — “risdora” (scritto da Bertolucci senza virgolette e che in italiano corrisponde a “massaia”, casalinga), in entrambe le versioni, e “arrossire"(="stiletto”, nel linguaggio comune, una specie di pugnale dalla lama sottile), nel primo — era ancora un'altra difficoltà da superare.

Nell'argomento di La morte del maiale Nelle sue due versioni risaltano i movimenti di macchina nominati o impliciti, nonché la sicura concatenazione delle sequenze, che, in generale, erano ben dettagliate, ad eccezione della macellazione del maiale. Questo episodio, infatti, riserverà una sorpresa, come riportato dallo stesso Bernardo Bertolucci: il salumiere, forse disturbato dalla presenza della telecamera, lasciò scappare il maiale che, correndo attraverso il cortile, spargeva il suo sangue sulla neve. Un avvenimento imprevisto che anticipò il risultato di un consiglio che Jean Renoir gli avrebbe dato nel 1974: “Ricordati, sul set devi sempre lasciare una porta aperta. Non si sa mai: potrebbe entrare qualcuno di inaspettato, è la realtà che ti sta facendo un regalo!” - come ha registrato il regista Il mistero del cinema.

Ci sono stati anche altri momenti in cui il giovane regista non è rimasto “fedele” al testo, lavorando con una sceneggiatura a finale aperto: “I nostri contadini avevano un solo maiale e io ho filmato all'alba, poco prima dell'alba, questi due salumieri che arrivavano da bicicletta per uccidere il maiale […]. Ma mi è sembrato che questo arrivo in bicicletta non fosse del tutto “epico”. Allora ho chiesto ai due salumieri di indossare delle mantelle al posto dei cappotti e ho ordinato loro di arrivare attraverso i campi, a piedi, nella neve, per iniziare il film in modo più emozionante. Ma soprattutto, ho fatto poco messa in scena. Non capivano e dicevano: “Ah, ci sta fotografando…”.

Il cortometraggio è stato girato con la stessa macchina da presa del film precedente nel luogo di Baccanelli (frazione di Parma), dove Bernardo visse fino all'età di dodici anni, bramando ogni novembre, insieme ai figli dei contadini che lavoravano per il nonno paterno. , l'arrivo dei salumieri. Il tema di questo film del 1956 ritornerà nei progetti successivi del regista, poiché non realizzato Io porci (1965) — tratto dall'opera omonima (1946) di Anna Banti, che faceva parte del volume di racconti Donne muoiono (1951) – fino al suddetto La tragedia ha regalato un uomo ridicolo, attraverso Novecento (1900, 1976), senza dimenticare la sequenza dell'omicidio di Anna Quadri, moglie di un oppositore del fascismo, in Il conformista (il conformista, 1971), che si riferisce alla fuga dell'animale sanguinante nel film giovanile.

Em Novecento, come ha dichiarato lo stesso Bernardo Bertolucci: “Con la sequenza della macellazione del maiale ho cercato di fare cosa remake da quella vecchia pellicola 16mm. C'è la presenza di bambini che guardano e si tappano le orecchie per non sentire le urla” (registrata al Festival del Cinema Ritrovato).

Passiamo alla prima versione dell'argomentazione, senza titolo: “(i) Un uomo esce dalla stalla, portando una lanterna e attraversa il cortile verso il porcile. Cammina con una fretta insolita, quasi innaturale per un contadino. (ii) La telecamera inquadra il porcile con la porta aperta, all'interno si vedono le ombre del maiale e il suo proprietario. È mattina presto. Carretto in giro per casa fino al portico con la caldaia e Marietta che accende il fuoco. (iii) Dalla stalla esce un ragazzino con le mani in tasca e il colletto alzato e si avvicina all'uomo che ora è uscito dal porcile.

(iv) Mentre l'uomo sistema dei bastoni contro il muro, il ragazzo lo guarda distrattamente. Il contadino si gira energicamente e, dandogli una pacca sulla testa, gli dice di chiedere l'ora a casa. (v) Ora il ragazzo, correndo verso casa, si imbatte nel salumiere che sta arrivando in bicicletta, ben vestito. (vi) Il contadino, quando alza la testa, vede il ragazzo correre e gridare che è arrivato il salume. (vii) Interno della cucina. Partendo da una tazzina da caffè vuota, nella quale ci sono due mozziconi di sigaretta spenti, viene inquadrato il salume, che fruga continuamente sul tavolo e propone di iniziare.

(viii) Uscendo nel corridoio, il salumiere, bussando alla porta socchiusa, si trova davanti una ragazza che, con una spazzola dura, sta lavando le assi di legno. E […]. (ix) Lungo il sentiero arrivano tre uomini in bicicletta, ben vestiti. Li vediamo per un attimo, poi stacchiamo sul salumiere e sul contadino che stanno facendo qualcosa vicino alla caldaia. (x) I tre uomini, uno dopo l'altro, svoltano l'angolo del porcile e appoggiano le biciclette al portico. (xi) Ora stanno fermi e guardano i due lavorare attorno alla caldaia. Controllano i loro mantelli. Poi il primo rompe il ghiaccio, si libera del mantello e corre a scaldarsi le mani nel fuoco della caldaia. Gli altri lo seguono.

(xii) Inquadratura della cucina. La massaia va alla finestra e la apre per buttare via qualcosa. E guarda il salumiere che estrae coltello e uncino. L'obiettivo segue la casalinga che subito si volta e quasi corre fuori dalla stanza. (xiii) Ancora la finestra. La telecamera la lascia, spostandosi verso gli uomini che ormai sono pronti e si guardano. (xiv) Porta del porcile. Il padrone del maiale vi si ferma un attimo davanti, poi lo apre. E qui abbiamo la sequenza dell'uccisione del maiale. (xv) Primo piano della massaia all'interno della casa subito dopo la macellazione del maiale. La massaia sospira, come per dire: è finita. Poi guarda la ragazza che prima stava pulendo le assi e sorride, quasi stupito della propria commozione. E propone alcuni piccoli compiti. (xvi) [vuoto]”,.

Ora la seconda versione, Una giornata invernale:

“(1) Di buon mattino, non è ancora del tutto chiaro, un uomo esce dalla stalla, portando una lanterna e attraversa il cortile verso il porcile. Cammina con una fretta insolita, quasi innaturale per un contadino. (2) Lasciando cadere la lanterna, il contadino scompare, dall'altra parte del portico. Poi la telecamera scopre, in un angolo, un calderone che si sta scaldando, in mezzo al fumo. (3) Il contadino ritorna con in mano dei bastoni e comincia a montare uno strano aggeggio, dopo essersi guardato intorno, per assicurarsi, potremmo quasi pensare, che nessuno lo veda.

(4) La porta del portico della stalla si apre lentamente. Da esso esce, ancora stordito, un ragazzo con le mani in tasca, tremante dal freddo. Cammina e si ferma a pochi metri dall'uomo che lavora e non lo vede. (5) Il contadino, prendendo in mano un bastone, si accorge che il ragazzo è lì. E lui subito si gira, quasi sgarbatamente, e gli dice di tornare a casa a controllare l'ora. Il ragazzo corre. (6) Il ragazzo, mentre corre, vicino alla porta di casa, si imbatte in un uomo ben vestito, che sta arrivando in bicicletta. (7) L'uomo porta dei pacchi sotto il braccio, uno di essi cade e, scartato, rimane a terra. Inquadratura, una grande lama.

(8) Il ragazzo si volta improvvisamente e corre verso suo padre, gridando il nome del nuovo arrivato. Il padre segue il ragazzo a casa. (9) La telecamera inquadra il camino fumante della casa. Panoramica lunga del campo. Finisce su una specie di forca eretta dal contadino. (10) Una gallina corre lungo un muro. La telecamera fa una panoramica su una porta dalla quale escono tre uomini ben vestiti, salgono in bicicletta e se ne vanno.

(11) Il ragazzo apre una porta. Interno di una cucina. Il contadino e l'uomo con i pacchi sono seduti e parlano. La massaia si avvicina con una tazza di caffè. (12) Caffè servito in tazza. (13) Una ruota di bicicletta. Poi due, poi tre, poi quattro. Le tre bici scendono lungo la ripida strada. (14) La tazzina da caffè, vuota e con dentro un mozzicone di sigaretta. Ora ne cade un altro. (15) L'uomo dei pacchi, con un affabile pugno sul tavolo, si alza, come per dire: Cominciamo?

(16) Attraverso la porta d'ingresso dell'atrio, mentre i due uomini escono, vediamo una ragazza che lava un'asse con una spazzola dura. (17) Dall'inquadratura dei tre uomini in bicicletta, che avanzano lungo la carrareccia, al contadino e all'altro uomo, che estraggono le loro lame lucenti. (18) I tre uomini arrivano al cortile e parcheggiano le biciclette. Rimangono un po' al caldo dei loro pesanti mantelli, poi se ne liberano e li raggiungono entrambi. Uno di loro corre a scaldarsi le mani sul fuoco del calderone.

(19) La cucina. La casalinga sta cercando qualcosa e, per caso, la valigetta del ragazzo le cade tra le mani. Posizionalo sopra la credenza. (20) Gli uomini vicino al cancello, guardano. Sono pronti. (21) La massaia si avvicina alla finestra e la apre per buttare via qualcosa e vede gli uomini che, guidati dal marito, si dirigono verso il porcile. Uno di loro tiene in mano un gancio e un sottile pugnale. (22) Il ragazzo si dirige verso gli uomini, ma la madre lo chiama, energicamente, dalla finestra. (23) Anche il ragazzo vorrebbe andare al porcile e quando sta per chiederlo, la madre lancia la sua valigetta dalla finestra.

(24) La finestra è chiusa. La casalinga lancia un'ultima occhiata agli uomini, poi si volta e corre in un'altra stanza. (25) La porta del porcile. Il proprietario del maiale si ferma davanti ad esso solo per un secondo, poi lo apre. (26) Uno degli uomini si volta e vede in lontananza sull'erba un ragazzo con la valigetta sotto il braccio. (27) Il salumiere mette le mani dietro la schiena ed entra. (28) Il ragazzo nasconde la valigetta sotto un ponte e, da lontano, dietro i cespugli, vede gli uomini davanti al porcile. (29) La macellazione del maiale (interrotta dal ragazzo che corre). (30) Proprio nel momento della macellazione del maiale, primo piano della massaia che sospira. Poi guarda la ragazza che prima stava pulendo le assi e sorride. (31) Il ragazzo, camminando tra i cespugli, si avvicina sempre di più e vede il maiale trasportato in una specie di rete da pesca”.,

Le ipotesi possono essere verificate e i dubbi risolti con la visione di La morte del maiale, poiché, nell'ultima edizione del Il cinema retrò, ne è stata annunciata la location e la proiezione al cinema Modernissimo (il 28) di Bologna, come riportato dal festival stesso il 26 giugno 2024. Nel comunicato, però, non c'è alcun riferimento al montaggio del corto, che , sul sito web di Fondazione Bernardo Bertolucci, continua ad essere indicato come “un film mai montato e presumibilmente perduto”.

Bernardo Bertolucci, però, ha esordito nel campo del cinema ben prima dei traguardi fin qui discussi. Il suo battesimo risale alla prima infanzia, quando Antonio Marchi, lo ha filmato insieme a suo padre Attilio e Bernardo Bertolucci a Casarola durante la guerra (1943), A film domestico (nel nome di oggi) presentato nell'edizione 2019 del suddetto festival bolognese. Il filmato amatoriale, reperibile su internet, “mostra ombre, luci, case di campagna, specchi d'acqua, finestre e, quindi, l'affascinante e malinconica desolazione della campagna. Ad un certo punto […], arriva un ragazzo sorridente e felice di essere a Casarola”, nella descrizione di Carolina Caterina Minguzzi — un ragazzo di cui seguiremo le peregrinazioni per circa 75 secondi, un ragazzo che appare sullo schermo con le mani nelle tasche, come il bambino che viene spazzato via uscendo dalla stalla La morte del maiale.

Sequenza di fotogrammi del film di Antonio Marchi

Gli scatti di Antonio Marchi hanno immortalato i primi passi cinematografici del piccolo Bernardo che, crescendo, lo ha confessato

“è stato fatale che girassi il mio primo film a Casarola: La funivia, si chiamava. […] Era una prova di pura espressione. Voglio dire, lo ricordo come forse il mio unico momento da regista in cui ero davvero a corto di qualsiasi riflessione, di qualsiasi bisogno di essere cosciente, a meno di pensare al cinema. Cercavo solo la pura espressione, senza saperlo. Volevo solo stampare su pellicola, ecco cosa volevo fare. Scoprire che fissare quel paesaggio, la sua complessità, il suo significato è stato qualcosa di miracoloso che è avvenuto attraverso le mie mani e poi davanti ai miei occhi. Casarola rimosso dalla sua realtà e trasfigurato in quel film”.

Confessione registrata nel libro Il mistero del cinema, che riproduce il lectio dottorali che Bertolucci ha pronunciato il 16 dicembre 2014, quando l'Università di Parma gli ha conferito il titolo di dottore causa onoraria in Storia e critica delle arti e dello spettacolo. E, continuando il ricordo del suo profondo legame con questo e altri paesaggi dell'infanzia e dell'adolescenza, mai dimenticati: “Non potevo che partire da qui, da Casarola, dalle origini appenniniche, da un villaggio e da una casa che per noi erano sempre fuori del tempo, un luogo in cui vivere protetti dal mondo. […] Casarola è un paese che ci ha segnato, che ha condizionato me e mio fratello Giuseppe. Eravamo molto legati a quel posto, a quella casa. Siamo nati con il mito di Casarola, luogo da cui proveniva la famiglia Bertolucci […]. Una delle mie prime poesie, tra i 6 e i 7 anni, diceva: Viene svegliato dall'eco di un gallo che canta / una farfalla bianca si stropiccia gli occhi / Casarola, che tutti credono sia stata inventata”.

Nell'originale: “Ti sveglia l'eco di un gallo che canta / ti frega gli occhi una farfalla bianca / Casarola, che tutti credon fòla". 'Fola”, termine che può avere due significati, quello di “favola, fiaba” (= “favola) e “frottola, Cosa no vera” (= “fib”), ma entrambi legati al concetto di invenzione. Casarola fola: un luogo reale e immaginario, un luogo mitico, un luogo d'origine, che ha continuato a stimolare la fantasia creativa di Bernardo Bertolucci in campo cinematografico. Un luogo da cui si è proiettato nel mondo e nel cui grembo tellurico, accanto al fratello, ha voluto ritirarsi per sempre.

*Mariarosaria Fabris è professore in pensione presso il Dipartimento di Lettere Moderne della FFLCH-USP. Autore, tra gli altri testi, di “Cinema Italiano Contemporaneo”, che integra il volume Cinema del mondo contemporaneo (Papirus).

Riferimenti


“Bernardo Bertolucci inedito: rivitalizzare il film La morte del maiale girato como aveva solo 15 anni” (26 giugno 2024). Disponibile presso:https://festival.ilcinemaritrovato.it/ bernardo-bertolucci-non pubblicato/>.

BERTOLUCCI, Bernardo. “Il cavaliere della valle solitaria”. In: PASOLINI, Pier Paolo. Cinema di profilo. Milano: Mondadori, 2001.

BERTOLUCCI, Bernardo. Il mistero del cinema. Milano: La Nave di Teseo, 2021. Disponibile presso: .

“Cugino del cinema amore. Storia dell'anagrafe Antonio Marchi”. Disponibile presso: .

Fondazione Bernardo Bertolucci. Disponibile presso: .

GIROLDINI, Cugino. “Cittadella Film: la Cinecittà del Nord”. Disponibile presso: .

“Impermanenza” (2021). Disponibile presso:
impermanenza_(Neologismi)/>. Il brano citato dall'enciclopedia è tratto da VECCHI, Bruno. “Aspettando il Sessantotto”. L'Unità/L'Unità2, Roma, 5 giugno. 1994.

MINGUZZI, Carolina Caterina. “Parlando di Bernardo” (29 giugno 2019). Disponibile presso: .

note:


[1] Bernardo imparò a esercitarsi nella lettura leggendo le poesie di suo padre, quindi quando divenne alfabetizzato, fu naturale per lui scrivere poesie.

[2] Dati e citazioni del/sul direttore sono stati in gran parte tratti dal sito della “Fondazione Bernardo Bertolucci”. Quanto alle altre fonti, sono evidenziate in tutto il testo.

[3] A Casarola, piccola frazione montuosa di Monchio delle Corti, in provincia di Parma (Emilia-Romagna), era ubicata l'antica residenza del padre di Attilio, rifugio della famiglia durante la seconda guerra mondiale e dimora estiva dopo il trasferimento. a Roma. Nel febbraio 2023 il luogo è entrato a far parte del progetto “Case e studi delle persone illustri dell'Emilia-Romagna”, meritato riconoscimento per aver ospitato uno dei più grandi poeti italiani dell'Emilia-Romagna. secolo XX e i suoi due figli, rinomati registi.

[4] La poesia è stata pubblicata sulla rivista palato, Parma, n. 9 gennaio-marzo 1959 e successivi in ​​volume Viaggio invernale (Milano: Garzanti, 1971). Testo originale: “L'estate impolvera le siepi, / anche oltre i mille metri, / impolvera le more ostinate / in un'adolescenza agra. // Ma la tua adolescenza invecchia, matura / nella pace artigiana e sottile / questa è una ripresa dal basso / e la dieta della stracciata siepe / così da tramare di spini foglie e bacche / il racconto nel suo tempo reale / scandito dai passi silenti / e furtivi dei bambini Giuseppe Marta / Galeazzina 'fuggiti di casa' / quando dormo a Casarola / perché è luglio e il fuoco meridiano / corny like the wild people / dell'Appennino, anche le donne / indomabili nell'avarizia e nella sporcizia, / boccheggianti su pagliericci miseri in ritmo triste. // Soltanto voi, gentili villeggianti, / vivete quest'ora, ne rubate / l'acuta fiamma sì che i vostri occhi / rideranno, nel primo piano, per sempre / al sole delle tre. // Affrettatevi, la teleferica è lunga / e Bernardo, che ha le gambe lunghe / Ho dato quattordici anni, la smania di esso narratore, / insist sul tempo reale, vuole / che vi perdiate fra castagni e felci / a Cercare, con la luce che si fa / più e píù debole — affrettatevi, / la sera è paurosa sui monti — / i fili metallici che tagliano le mani / e perciò via il legname / per il tannino, o lo portavano, la fabbrica / va in pezzi, e le funi intrecciate / ci voleva Giuseppe a scoprirle perse / nella vertigine dei rami più alti, / hlorophylla, avventura e terrore / di un bambino che gioca: questo / l'antefatto del racconto, ora egli conduce le cugine più grandi / all'altalena sospirata / e non la troverà più, / il suo cuore ne sentià dolore, / quale letanto, passati anni e anni infiniti, / l'uomo si prova nel primo orgasmo dell'infarto. // L'ultimo fotogramma è in alto / su un ramo della collina, in cima alla collina / è inquieto e inquieto, / le guide sconfitta / tra il bambin e distraggono, / il big più delle sorelle intreccia / un cappello di foglie sui capelli / della più piccola, l'operatore poeta / se ne innamora anche lui, pensa all'effetto / che ne ricaverà como avvizzite / le foglie finiranno nella polvere / rosata del crepuscolo freddo / sulla via del ritorno, scordati / Il precoce dolore , l'allievo delirante, / il tema umano della novelletta. / Lasciate che l'arte si prenda / queste rivincite improvvise ma giuste / sulla vita, che un ragazzo ne profitti / e abbia coscienza in quei cari anni / della vocazione e dell'apprendistato”. Ci sono due piccole imprecisioni nella poesia: Bernardo, all'epoca, aveva 15 anni e non 14, essendo nato a Parma, il 16 marzo 1941, e la macchina fotografica che utilizzava era una 16mm.

[5] Nei ricordi della cugina Marta, invece: “A noi ragazzi sembrava un gioco fantastico, divertente e insolito, ma per Bernardo era qualcosa di più. Fu l’inizio della sua scintilla poetico-cinematografica”.

[6] Testo originale: “1) Un uomo esce dalla stalla con una lucerna in mano e attraversa l'aia andando verso il porcile. Camminare con una sveltezza insolita, quasi innaturale, in un contenitore. / 2) La macchina incornicia il porcile stringendo la porta, dentro di sé l'ombra del maiale e del suo padrone. È una mattinata veloce. Carrellata verso il campanello della casa al portichetto con la caldaia e la Marietta che fa fuoco. / 3) Dalla stalla viene un bambino piccolo [?] con le mani in tasca e il bavero alzato e si avvicina all'uomo che ora è uscito dal porcile. /4) Anche se l'ho messo in ordine, l'ho messo al muro[,] Ce l'ho con la guardia, ozioso. Il contadino si torna energico e con uno scappellotto lo manda a chiedere l'ora a casa. / 5) Adesso il bambino correndo verso casa incontra il norcino che sta arrivando su una bicicletta intatta. / 6) Il contadino alzando la fronte vede il bambino que viene correndo e gridando che c'è il norcino. / 7) Interno della cucina. Se parte da una tazzina di caffè dentro la quale si trascorre il sonno dovuto ai mozziconi di Sigaretta e se comprende il norcino con un lavorio fruga sul tavolo [e] propone incominciare. / 8) Utilizzando il corridoio del norcino, con un lamantino alla porta semiliscia, si imbatte di fronte ad una ragazza che ha una lava dura spazzola sul tavolo. E […]. / 9) Dalla carraia vengono tre uomini in bici intabarrati. L'ho letto per un'attimo [sic], quindi passiamo a nord e lì raggiungiamo la stessa frazione di Caldaia. / 10) I tre uomini, uno dopo l'altro[,] svoltano l'angolo del porcile e vanno ad appoggiare le biciclette al portico. / 11) Adesso dormo fermi e osservano i due lavorare into alla caldaia. Conservatelo da sopra l'ho dato ai tabarri. Per il cugino dei loro scioglie il ghiaccio liberandosi dal tabarro e correndo a scaldarsi le mani al fuoco della caldaia. Gli altri lo seguono. / 12) Struttura cucina. La resdora si avvia alla finestra e la apre per buttare di sotto qualcosa. E vedi il norcino che sfodera il 'coradòr' e l'uncino. L'obiettivo segue la risposta che ritorna immediata e quasi fugge dalla strofa. / 13) Ancorare la finestra. La macchina ne esce verso gli uomini che som ormai pronti e se storno. / 14) La porta di porcellana. Il padrone del maiale sosta un attimo davanti a lei, poi apre. E quella è la scena dell'incidente del maiale. / 15) Il primo piano della resdora in casa proprio improvvisamente dopo che il maiale è stramazzato. La resdora fa un sospiro come per dire: è finita. Quindi salva la ragazza che per prima colpisce il tavolo e sorride quasi stupidamente alla tua stessa commozione. E proporre qualche lavorino (?). /16)”.

[7] Testo originale — Una ragazza invernale: “1) La mattina presto, non è un chiarore del tutto ancora, una cosa esce dalla bancarella con una lampada in mano e dall'altra parte della strada sotto il portico. Cammina con una sveltezza insolita, quasi innaturale in un contenitore. / 2) Posata la lucerna il contadino scompare, al di la del portico. Perché la macchina scova in Angola una grande caldaia che brucia di fumo. / 3) Il contadino está con dei pali in mano e si mette a costruire uno strano trabiccolo, dopo essersi storage intorno, probabilmente credere quasi per assicurarsi che nessuno lo vede[.] / 4) La porta del porticato della stalla si apre lentamente . Ne esce ancora insomnolito un bambino con le mani in tasca e che rabbrividisce per il freddo. Cammina e si ferma a qualche metro dall'uomo che lavora e non lo vede[.] / 5) Il contadino, raccogliendo un palo, si accorge del bambino. E all'improvviso ritorna, quasi sgarbatamente[,] e lo manda a casa a guardarlo dormire. Il bambino corre. / 6) L'uomo ha dei pagotti sotto il braccio, e gliene cade uno[,] srotolandosi rimanendo per terra. Immagine, un grande fango. / 7) I[l] bambino si volta improvvisamente e corre a gridare al prete del nuovo arrivato. Il prete segue il bambino a casa. / 8) La macchina blocca il percorso dei fumatori verso l'abitazione. Affondo panoramico attraverso la campagna. Se finisce, è una specie di forza costruita dall’interno. / 9) Una gallina che corre contro un muro. La macchina suona il campanello ad una porta di casa mentre utilizza tre intabarrati che montano le biciclette del sudle e parto. / 10) Il bambino apre una porta. Interno d'una cucina[.] Il contadino e l'uomo dei phagotti parlano seduti. La risdora si avvicina con un bricco al caffè. / 11) Il caffè è disponibile in tazza. / 12) Sulla strada c'è una bicicletta. Poi due, poi tre, poi quattro. Le tre biciclette vanno lungo la stradetta diretta. / 13) La tazza di caffè, contiene all'interno un mozzicone di Sigaretta. Ora [...] ne cade un'altro [sic]. / 15) L'uomo dei pagotti, con un bonario pugno sul tavolo[,] si alza come per dire: Incominciamo? / 16) Attraverso una porta del piano, tra due porte mi nascondo[,] intravediamo una ragazza che lava un tavolo in[?] una dura spazzola. / 17) Da un'inquadratura dei tre uomini in bicicletta che avanzano lungo la carraia, al contadino e altro uomo che sfoderano le lame luccicanti. / 18) I tre uomini arrivano nell'aia e appoggiano le biciclette. Ho raggiunto un attimo fermi nel brodo che ho dato ai loro tabarri, mentre si liberava e raggiungevo i due. Uno dei loro corre a scaldarsi le mani nel fuoco della caldaia. / 19) La cucina. La resdora circonda qualcosa e il capita tra le mani, ad esempio, la cartella del bambino. Gliela mette sul comò. / 20) Gli uomini vicino al cortile, e guardianno. Pronto per dormire. / 21) La resdora si avvicina alla finestra e la apre per buttar via qualcosa e vede gli uomini che, guidati da suo marito, si dirigono verso il porcile. Uno di loro ha in mano uncino e un pugnale sottile. / 22) Il bambino si dirige dall'altra parte. Ma la madre lo chiama, energicamente, dalla finestra[.] / 23) Il bambino vorrebbe andare anche lui al porcile e[,] mentre glielo sta chiedendo, su madre gli butta la cartella dalla finestra. Lui rimane fermo con la cartello in mano[.] / 24) La finestra si chiude. La risdora da [sic] un'ultima guardia agli uomini, perché se si gira e corre in a[']altra strofa. / 25) La porta di porcellana. Il padrone del maiale solo un attimo di fronte a lei, poi apre. / 26) Uno degli uomini si torna e lo vede su un piatto, lontano[,] il bambino arriva con la carta sotto braccio. / 27) Il norcino met le mani dietro la schiena ed enter. / 28) Il bambino che nasconde la cartella sotto un bridge e vede da lontano[,] inside the gaggie, gli uomini contro il porcile. / 29) L'uccisione del maiale (Interrotta dalla corsa del bambino)[.] / 30) Proprio nell'attimo in cui il maiale è stramazzato, primo piano della resdora che fa un gran sospiro. Quindi salva la borsa quando premi il tavolo e sorridi. / 31) Il bambino cammina col suo bavaglio se si ferma sempre e vede come diventa caricaturale la sua unica specie di carella.”

[8] Più noto a livello regionale che nazionale, il parmense Antonio Marchi lavorò in campo cinematografico tra il 1946 e il 1957. Fu autore di film amatoriali, come La liberazione di Montechiarugolo (1944-1945), in cui registrava la liberazione di un piccolo paese dell'Emilia da parte delle truppe alleate, con la presenza dei nostri soldati. Ha anche diretto diversi cortometraggi, tra cui La doccia a Parma (1948), Il Parmigiano (1948), Nasce il romanico (1949) e Canzoni nel dopoguerra (1950), per i cui testi di supporto si avvalse della collaborazione di Attilio Bertolucci. Nel 1954, insieme a Luigi Malerba, realizza il suo unico lungometraggio, Donne e soldati. Hanno firmato la sceneggiatura i due registi, più Luciana Momigliano, Attilio Bertolucci e Marco Ferreri (uno degli interpreti principali). È stato direttore della rivista Critica cinematografica (12 numeri tra l'inizio del 1946 e la fine del 1948), che vide la collaborazione di Guido Aristarco, Attilio Bertolucci, Ugo Casiraghi, Francesco Pasinetti, Renzo Renzi, Dino Risi, Ottone Rosai, Giuseppe Ungaretti, Mario Verdone, tra gli altri, avendo anche organizzato la prima edizione di un festival cinematografico, insieme ad altri scrittori. Nel giugno 1946, durante la boom del cinema documentario nel dopoguerra, fu tra i collaboratori de “La Cittadella Film”, che doveva essere una piccola Cinecittà del Nord Italia, la cui produzione iniziò nel settembre dello stesso anno. Gli archivi della casa di produzione contengono argomenti e sceneggiature di noti esponenti del cinema italiano, come Michelangelo Antonioni, Giorgio Bassani e Pier Paolo Pasolini. Nel 1953 fece parte del comitato organizzatore di un congresso sul Neorealismo, insieme a Zavattini, Bertolucci, Malerba, Pietro Bianchi e l'industriale Pietro Barilla. Come si legge nel sito de “La Cittadella Film”: “Seguendo i suggerimenti e le teorie di Cesare Zavattini per rilanciare il movimento neorealista, nelle giornate del 3, 4 e 5 dicembre, su Parma converge tutto il grande Stato del cinema italiano: Michelangelo Antonioni, i giovani registi [Carlo] Lizzani, [Francesco] Maselli e [Gillo] Pontecorvo, Vittorio De Sica, i critici Renzi e Aristarco, la sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico e lo stesso Zavattini presentano importanti comunicazioni, affrontando i temi più significativi per il rilancio del movimento”. L'avventura di questo appassionato della settima arte è stata raccontata da Mirko Grasso in Amore cugino del cinema. Storia di Antonio Marchi (Lecce: Kurumuny Edizioni, 2010).


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