da GUILHERME SIMÕES REIS*
Prefazione al libro recentemente pubblicato di Sergio Schargel
La necessità di indagare sistematicamente i fascismi
Studiare il fascismo è trovare soddisfazione nell'ombra, proprio creando le condizioni per allertare quando sta percorrendo le strade della democrazia e della giustizia. E che grande gioia vedere l'eccezionale tesi di Sergio Schargel, che ho avuto il piacere di supervisionare al Master in Scienze Politiche dell'UNIRIO, convertita in questo bellissimo libro.
Considero il fascismo uno dei temi più rilevanti da dibattere nella politica contemporanea, allineandomi ovviamente al gruppo di studiosi con la visione che Sergio Schargel ha classificato come “fascismo malleabile” – e nella quale si inserisce anche lui, perdonami O spoiler. La cosa più interessante di questo lavoro, ancor più del coerente studio dello stato dell’arte del dibattito sul tema svolto all’inizio, è che l’autore discute l’attualità del problema rivolgendosi anche alla passato.
Un tuffo nella produzione testuale del fascismo italiano permette, in modo molto ricco, di rendersi conto che il movimento stesso ha subito adattamenti, aggiustamenti e cambiamenti piuttosto drastici nel corso dei decenni. Ciò rafforza la carenza di definizioni molto rigide di questo fenomeno politico. Anche se si prende in esame un singolo caso, esso non rimane statico, con esattamente le stesse caratteristiche, nel tempo.
Un concetto applicabile a più casi richiede necessariamente parametri meno ristretti dalle circostanze. Evidentemente bisogna fare attenzione a non incorrere in quello che chiamava Giovanni Sartori “stiramento concettuale”, cioè “allungare” troppo il concetto per poterlo applicare a qualunque situazione si voglia. Sergio Schargel cita diversi casi in cui il termine “fascismo” è stato adottato in questo modo. La scioltezza con cui il “fascismo” viene talvolta utilizzato come espressione di attacco non rende il suo opposto, la negazione del fascismo come fenomeno esistente, una posizione intellettuale più produttiva.
Il modo in cui Sergio Schargel esplora i tortuosi sentieri tracciati da Mussolini e dai suoi seguaci aiuta molto a comprendere il fenomeno nella sua complessità e, per estensione, consente la proiezione del problema in altri contesti spaziali e temporali. Vengono analizzati documenti e discorsi a partire dal primo programma fascista, pubblicato nel 1919 sul giornale Il Popolo d'Italia, al DottrinaDi 1932.
La stessa metodologia si applica al Brasile, che, oltre a gruppi minori direttamente ispirati all'approccio di Benito Mussolini e al nazismo tedesco, contava, nell'epoca classica del fascismo, un significativo movimento autoctono e originale, sebbene ispirato all'esperienza italiana: l'integralismo. Il movimento guidato da Plínio Salgado ha prodotto anche documenti, che vengono analizzati, con gli stessi parametri teorici e metodologici, da Sergio Schargel, sulla base della teoria Manifesto di ottobre di 1932.
Il rifiuto dell'individualismo e del classismo sono visti, sia nel fascismo italiano che nell'integralismo brasiliano, come deviazioni egoistiche dall'unità nazionale. È così che nascono entrambi in opposizione al liberalismo, anche se questo si diluisce nel tempo e le alleanze con l'imprenditoria liberale avvengono in tempi diversi. Il contrasto di questa incoerente opposizione al liberalismo con il perenne e virulento anticomunismo, con l'avversione viscerale alla visione classista della sinistra, con il completo ed eterno ripudio del concetto di lotta di classe, in nome di presunti interessi nazionali e di l’unità, è brutale: i “rossi” saranno sempre i vostri nemici.
La lotta di classe, è bene chiarirlo, vista la confusione sull’argomento, non si limita alle situazioni di scontro fisico, quella che Antonio Gramsci chiamava “guerra di movimento”. La lotta di classe si riferisce a qualsiasi antagonismo di interessi tra la classe operaia, “dipendente dal salario”, come la chiamava Wolfgang Streeck, e la classe capitalista. Si riferisce a qualsiasi conflitto distributivo tra di loro.
Questa opposizione si riflette in ogni riforma che aumenta la natura regressiva delle tasse o deregolamenta i diritti dei lavoratori, in ogni (dis)aggiustamento della politica economica verso una maggiore austerità, in ogni (ir)razionalizzazione del sistema dei trasporti che riduce la spesa delle imprese che lo sfruttano privatamente. aumentando al contempo la quantità di tempo libero e di riposo dei lavoratori sui vagoni degli autobus o dei treni.
Lo studio del fascismo richiede una mente attenta, che non si adatta a formule e semplificazioni esagerate. Questo perché è necessario individuare i modelli comuni, propri del fascismo, nello stesso tempo in cui ogni caso è unico, con i suoi rispettivi specifici “capri espiatori”, con i suoi repertori nazionali singolari, con il passato che ciascuno di essi idealizza e utilizza come specchio dell’ordine che intende costruire, una volta distrutto quello attuale.
La preziosa indagine di Sergio Schargel esplora con precisione le idiosincrasie di ciascun caso e, contemporaneamente, traccia i ponti e gli avvicinamenti tra di essi. Senza l'eccessiva rigidità, comune tra gli storici, di resistere a raggruppare casi distanti nello stesso gruppo, a causa degli aspetti unici che ciascuno di essi ovviamente presenta, l'autore è abile nel collegare i fascismi classici con il bolsonarismo contemporaneo, e il fascismo dell'Italia centrale con quello brasiliano fascismi periferici.
Questa capacità di sistematizzazione a livello macro è una delle virtù della scienza politica – che, ovviamente, ha anche i suoi punti deboli, come ogni disciplina accademica. La formazione plurale di Sergio Schargel, anche lui maestro in lettere, ha permesso a tale ordine, tipico dei politologi, di scrutare con disinvoltura le produzioni testuali dei tre casi di fascismo mobilitati in questo libro, analizzando i discorsi, i messaggi , le immagini di sé.
La missione intellettuale in cui l'autore è impegnato è quella di esaminare le influenze e le penetrazioni della politica nella letteratura e della letteratura nella politica. Inevitabili quindi i punti di contatto con il suo libro precedente, Fascismo infinito, nella realtà e nella finzione: come la letteratura ha presentato il fascismo negli ultimi cento anni, prodotto dell'altra sua tesi di master, in letteratura alla PUC-Rio, la cui difesa ho avuto l'opportunità di far parte del comitato di valutazione.
In quel libro scopre che il fascismo potrebbe tornare – qui un riferimento all’eccellente film tedesco Er ist wieder da, e l'omonimo romanzo di Timur Vermes da cui è stato adattato. In questo libro Sergio Schargel mostra che il fascismo è effettivamente tornato, anche in Brasile.
Studiare il bolsonarismo è molto più che indagare le condizioni che ne hanno consentito l’ascesa, che includono la criminalizzazione della politica tramite Lava Jato e la rottura del patto democratico da parte dei partiti di destra nel stabilimento, con il mancato riconoscimento della sconfitta elettorale del candidato tucano Aécio Neves e il colpo di stato mascherato da accusa contro la deputata del PT Dilma Rousseff.
Il bolsonarismo, possiamo dire in linguaggio economico, ha un lato della domanda e un lato dell’offerta. Dal lato della domanda, c’era spazio per una figura autoritaria e reazionaria, che si atteggia a fuori dagli schemi distruttivo di tutte le basi del sistema politico. Avevo sviluppato questo punto in un articolo del 2017, “Il fascismo in Brasile: l’uovo del serpente si schiude” (Sviluppo nel dibattito, vol. 5), scritto in collaborazione con Giovanna Soares. Il lato dell’offerta, a sua volta, ha a che fare con chi sia questa figura, con il cognome, guarda caso tragico, Messia.
Sergio Schargel svolge una solida ricerca sull'impatto che il pensiero autoritario militare, con i suoi paranoici sogni ad occhi aperti di "marxismo culturale", ha avuto sul militare indisciplinato e prematuramente in pensione Jair Bolsonaro, che, dopo una lunga carriera come deputato federale del "basso clero" , diventerebbe presidente della Repubblica in questi tempi tristi in cui la democrazia sta regredendo in tutto il pianeta.
Sempre come documento testuale, viene analizzato anche un articolo di Ernesto Araújo, che riassume le tracce della lettura “terra piatta” che il bolsonarismo fa della politica mondiale. Oltre all’allineamento remissivo con Donald Trump, c’è la xenofobia orientalista (nel senso di Edward Said!), le teorie del complotto, l’islamofobia.
Come sottolinea Sergio Schagel, l’estrema destra è riuscita, in tutto il mondo, a trarre vantaggio dall’uso dei social network più di altri gruppi ideologici. È interessante notare che i fascismi si avvalsero anche di altre tecnologie della comunicazione, in altri momenti storici, con particolare efficienza. I nazisti, i seguaci di Mussolini e gli agitatori reazionari americani del dopoguerra studiati dai francofortesi erano tutti esperti nell'uso della radio. Il nazismo ebbe un noto successo anche nel cinema, con i film iconici di Leni Riefenstahl che promuovevano gli ideali di superiorità razziale, antisemitismo e incoraggiavano l'imperialismo e la guerra.
Il fatto che il fascismo mobiliti emozioni, odio, paura, desiderio, piuttosto che argomenti razionalmente concatenati, rende i mass media molto favorevoli ai suoi fini. Il bolsonarismo fa lo stesso nell’era dei meme, dei messaggi a catena sulle app di messaggistica e dei diffusi canali YouTube sponsorizzati in cui qualsiasi “influencer” ha un’autorità equivalente o superiore a quella di uno studioso specializzato o di qualcuno con una vasta esperienza sull’argomento in questione.
Il libro che presento in questa prefazione aiuta a comprendere questo fenomeno che riemerge da un secolo in contesti molto diversi, con aspetti diversi, ma sempre intolleranti, ostili, autoritari e reattivi ai progressi civilizzatori verso un mondo più giusto e solidale (mi riferisco alla solidarietà con il diverso, non alla compagnia dell’entourage).
Per affrontare un problema non bastano preoccupazione e volontà, occorre individuare la minaccia. E non possiamo aspettare decenni per affrontare questo problema, poiché il pericolo attraversa il nostro cammino ogni giorno.
*Guilherme Simões Reis è professore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università Federale dello Stato di Rio de Janeiro (Unirio).
Riferimento
Sergio Scargel. Bolsonarismo, integralismo e fascismo. Rio de Janeiro, Folhas de Relva, 2024, 308 pagine. [https://amzn.to/3ySJo7F]
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