da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*
“È una grande gioia avere la possibilità, 20 anni dopo, di scrivere un'altra 'lettera' al Presidente Lula, ancora una volta”
In tre occasioni precedenti, nel 2002, 2003 e 2005, pubblicai “lettere” pubbliche indirizzate all'allora presidente Lula. I messaggi non sono stati certamente ricevuti dal destinatario e, ancor meno, ne è stato considerato il contenuto.
In ogni caso, è una grande gioia avere la possibilità, 20 anni dopo, di scrivere un'altra “lettera” al presidente Lula, ancora una volta, anche se destinata alla stessa sorte delle precedenti. La gioia è legata al fatto che il sigillo elettorale della svolta personale, legale e politica di Lula è un simbolo che le istituzioni democratiche e le forze popolari sono riuscite a rimanere in vita nonostante tutti i tentativi di corrodere che hanno subito negli ultimi anni.
Bisogna riconoscere che questo momento non sarebbe stato raggiunto senza la perseveranza e il carisma di questo grande personaggio della storia brasiliana, Mr. Luiz Inácio Lula da Silva.
Ma, come sappiamo, i momenti di euforia, che hanno molto bisogno di essere celebrati, sono effimeri e molto rapidamente le sfide si impongono. Il punto è che, essendo molto vicini al fondo del pozzo, sotto tutti gli aspetti (istituzionali, sociali, economici, politici e, soprattutto, umani), gli innumerevoli compiti acquistano il trauma dell'urgenza, oltre ad essere estremamente difficile da realizzare, tanto più se si considera la persistente struttura sociale brasiliana segnata da schiavitù, razzismo, patriarcato, intolleranza, ingiustizia sociale, “elitarismo” e colonialismo con il suo conseguente stato di sottomissione e servilismo. Ecco perché, questa volta, è necessario che la presente lettera sia estesa a tutti ea tutti gli altri membri del governo.
Sta di fatto che, visto il contesto storico in cui si insedia il nuovo governo, orbita nell'aria un'enorme trappola: la tentazione di sopravvalutare le esperienze passate e aggrapparsi ad esse, anche per fare da contrappunto alle politiche di governo che finiscono.
Ora, la politica praticata dagli ultimi due governi, dal 2016, ha esacerbato tutti i mali sociali e umani che segnano la storia brasiliana e, da questo punto di vista, tutto ciò che esisteva prima ci appare come una realtà infinitamente migliore.
Il Brasile, in effetti, per due anni è stato bombardato dall'autoritarismo del capitale, con l'appoggio istituzionale e mediatico, lasciando dietro di sé le tragiche eredità del “tetto di spesa” e della “riforma del lavoro”, oltre alla spinta per altri “impopolari” riforme, come quelle previdenziali e amministrative, di quello che restava un aumento della precarietà, della sofferenza e dell'impoverimento della classe operaia, portando il Paese, negli anni, alla mappa della fame; e, nei quattro anni successivi, con un incentivo presidenziale senza precedenti, è stato dominato da barbarie, negazionismo, stupidità e odio, oltre all'approfondimento delle politiche economiche neoliberiste, in particolare nel campo dell'agrobusiness, lasciando l'eredità di un completo disprezzo per l'ambiente. Sta di fatto che questa anomia, coincidente con la pandemia, ha finito per significare il sacrificio, che si può definire criminale, di migliaia di vite nel Paese.
Questi risultati sarebbero sufficienti per affermare, con assoluta certezza, che stavamo molto meglio prima del colpo di stato del 2016.
È ancora necessario ricordare che il golpe non è stato un'opera del caso, ma un atto organizzato da forze economiche e politiche che fanno ancora parte della classe dirigente nazionale, in tutti gli ambiti della vita sociale e queste forze, certamente, sono state molto scomode con i miglioramenti sociali attuati dai governi del PT dal 2003 in poi.
Nonostante tutto ciò, non è corretto affermare che, prima del golpe, eravamo in una fase avanzata di promozione della giustizia sociale, ma che, in un paese strutturalmente schiavista e colonizzato, una scarsa distribuzione della ricchezza si rivela insopportabile per sfruttatori, rentier e conservatori.
Inoltre, la stabilità del governo, per l'attuazione di una politica di assistenza, per quanto importante possa essere stata, soprattutto nel campo della sicurezza abitativa e alimentare, che si riversava in modo significativo nel campo dell'istruzione, è stata sostenuta in una sorta di tacito aggiustamento in merito al non intervento nei meccanismi legali di incremento dello sfruttamento del lavoro introdotti dai governi neoliberisti degli anni '90, che hanno addirittura abbassato il livello delle conquiste del lavoro raggiunte nella Costituzione federale del 1988.
La classe dirigente imprenditoriale è riuscita a svuotare il contenuto giuridico e lavorativo della Costituzione e tale situazione è rimasta immutata dal 2003 al 2016, salvo l'ampliamento dei diritti indirizzato ai lavoratori domestici, nel 2013, dall'emendamento costituzionale 72, che però è stato anche minimizzato, nel 2015, dalla Legge Complementare 150.
Anche così, in questo stesso periodo, c'è stato un progresso nei diritti del lavoro, dovuto principalmente alla dottrina del lavoro e alla giurisprudenza. Notevole è stato anche l'incremento dell'effettività dei diritti, dovuto all'intenso e impegnato lavoro del Pubblico Ministero del Lavoro e degli ispettori del lavoro.
Nel frattempo, il governo di Dilma Rousseff, incapace di mantenere le promesse costituzionali sul piano operaio, perdeva identità con la classe operaia, vista nelle sue conformazioni disorganizzate, cioè sul “piano di fabbrica”, come è consuetudine. per dire, e questa distanza, che ha lasciato il governo senza appoggio popolare, ha fornito al settore economico l'occasione politica per promuovere il golpe politico parlamentare, al fine di raggiungere, con l'instaurarsi di una situazione di autentica rottura democratica, l'agognato obiettivo di aumentando ancora di più i loro tassi di profitto attraverso lo sfruttamento illimitato del lavoro, oltre a smantellare le piccole conquiste legali che venivano promosse in ambito giudiziario.
Si può anzi dire, in maniera semplificata, che la “riforma” sindacale sia stata causa ed effetto del golpe del 2016 e che questo sia stato sancito solo attraverso la violenza legale imposta all'allora candidato Lula.
Ecco perché un efficace movimento di ricostruzione del Paese deve partire dalla decostruzione degli effetti prodotti dal golpe politico che ha deposto la presidente Dilma Rousseff e dalla condanna politica imposta a Lula.
Ma è anche necessario non cadere nella trappola del vanto e del ritorno al periodo precedente, anche perché sono stati proprio gli assetti precedenti a permetterci di arrivare dove siamo.
Questa preoccupazione, però, è praticamente scomparsa ascoltando il contenuto degli interventi del Presidente Lula, al Congresso Nazionale e nel salotto buono davanti al Palazzo Planalto, in quanto è stato possibile verificare che le lezioni storiche sono state completamente colte dal Presidente. I suoi discorsi, oltre ad essere emotivi e commoventi, sono stati solidi, coerenti e impegnati (senza reticenze) per cause sociali e umane, incluso l'essere espliciti su questioni razziali, di genere e relative alla diversità.
Lula, si potrebbe dire, ha lavato le anime di tutti coloro che hanno sofferto intensamente per gli abusi avvenuti dal 2016. Non solo. Lula ha riportato al centro delle preoccupazioni dello Stato le persone, la solidarietà, la tolleranza, l'amore e l'effettività dei diritti sociali e umani, arrivando anche a propugnare, a livello sindacale, la necessità di promuovere una “nuova legislazione” , che costituisce un'enorme accuratezza dei suoi discorsi.
Quello che si è visto nel pomeriggio del primo giorno del 2023 è stato un Lula rinnovato, ispirato, emozionato, impegnato che sicuramente si è dimostrato molto ben supportato da una squadra estremamente competente impegnata nelle cause essenziali per il Brasile e per la stragrande maggioranza dei brasiliani persone – più volte citate dal Presidente.
Ma quello che scaturisce dal discorso del Presidente, oltre all'enorme soddisfazione e alla profonda commozione, è una grande responsabilità, del resto Lula e il suo governo non potranno promuovere tutto ciò che intendono fare senza il necessario sostegno popolare e istituzionale.
Quando ho iniziato a scrivere questo testo, domenica mattina, ho cercato, pretenziosamente, di portare al nuovo Presidente qualche richiesta o osservazione. Alla fine, dopo aver ascoltato i suoi discorsi, lo scopo di questa lettera si è completamente trasformato ed è diventato quello di dare atto di ricevuta di messaggi inviati dal Presidente, sicuramente appoggiati da membri del suo governo.
In linea con quanto sostenuto da Lula, è essenziale stabilire un “mutirão contro la disuguaglianza” e che “la gioia di oggi sia la materia prima delle lotte mattutine”, perché, certamente, c'è stato chi ha beneficiato nel periodo di smantellamento e questi “detentori del potere” non rinunceranno facilmente ai loro privilegi.
Nella lettera inviata nel 2002 parlavo della necessità che tutti i cittadini brasiliani si assumessero la responsabilità di essere coautori dello “spettacolo del cambiamento edilizio in questo Paese”. Vent'anni dopo, nel 2023, come ha sottolineato il presidente Lula, siamo di nuovo alle stesse sfide. In queste condizioni, ribadisco che sarò nella stessa trincea, dando attuazione ai diritti sociali e sostenendo tutte le forze che si muovono in questa direzione.
Da quanto si estrae dalle righe di apertura, sì, vivremo tempi buoni e nuovi! Grazie mille, governo Lula, per rinnovare la nostra speranza e rivitalizzare la nostra forza e la nostra energia!
*Jorge Luiz Souto Maior è professore di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP e presidente dell'American Association of Jurists – AAJ-Rama Brasil. Autore, tra gli altri libri, di Il danno morale nei rapporti di lavoro (Editori dello Studio).
Il sito la terra è rotonda esiste grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
Clicca qui e scopri come