da FERNANDO LIONEL QUIROGA*
Ciò che costituisce e riproduce una società altamente autoritaria è l’immagine sempre più distante dalla nozione di democrazia – una società in cui la libertà è sempre più parte della pubblicità del mercato che della vita stessa.
Una parafrasi sociologica è opportuna alla domanda posta da Nietzsche in Ecce Homo, “Come fa qualcuno a diventare quello che è” che, riformulato, consisterebbe nella domanda: come fa una società a diventare quello che è? A questa domanda ne segue un’altra: perché in Brasile resiste una tradizione intensamente autoritaria?
Tali domande non offrono risposte già pronte, conoscenza finita e confezionata, pronta per l'uso. E la difficoltà risiede nella natura ambigua dei concetti chiave per costruire risposte: il modo in cui affrontiamo nozioni aperte come “democrazia”, “diritti umani”, “società”, “giustizia”, “rispetto”, ecc. dirige il nostro sguardo, a volte da una parte, a volte dall'altra.
Sebbene sia possibile ammettere qualcosa di immanente nell’idea di democrazia, giustizia, ecc. ciò che resta sono gli usi sociali e il corpus rappresentazionale che li riguarda, impedendo alle concezioni oggettivate di coincidere con le forme sociali che acquisiscono nei diversi ambiti in cui si inseriscono. Quindi: la giustizia tra fratelli non è la stessa giustizia tra una coppia di innamorati. I molteplici dettagli della vita quotidiana, accumulandosi nel tempo, producono codici sottili che modellano la nozione di giustizia posta tra loro. È nella nozione di “mezzo”, di questo “tra noi” che finisce per espandersi e modellarsi, come tirando il flusso temporale dell'idea originaria; e strangolandolo come una massa colorata, lo strumento di concetti che usiamo per spiegare la realtà.
Annunciamo, nel titolo di questo saggio, l'autorità regnante nella società brasiliana. Ma cos’è e cosa lo rende durevole e riproducibile? Andiamo sulle piste. Diciamo che la società è autoritaria, e non esclusivamente questo o quel governo. Ecco il punto: la democrazia, nel contesto culturale brasiliano, ha bisogno di essere riscritta – il che non significa cancellare dalla memoria gli esempi di coloro che hanno lottato per la sua costruzione ed espansione.
Anticipo: la riscrittura della democrazia non richiede un nuovo testo costituzionale. La pietra miliare costituzionale del 1988 rappresenta già la riprogettazione della democrazia dopo più di due decenni di governo militare. Si scopre che, non appena iniziata la ridemocratizzazione, il neoliberalismo vampirico già presente nelle vene aperte dell’America Latina, soprattutto nel Cile di Pinochet, è arrivato in Brasile in modo incisivo, manifestandosi attraverso l’iperinflazione che ha accompagnato l’intero governo Sarney (1985 -1990), seguiti da successivi e falliti piani economici.
È stato seguito niente di più e niente di meno che Fernando Collor de Mello (1990-1992) – un prototipo neoliberista di quello che, anni dopo, sarebbe diventato lo stereotipo dell’estrema destra rappresentato, qui, da Jair Bolsonaro (2019 -2022). , negli USA, da Donald Trump (2017-2021), in Ungheria, Viktor Orbán (dal 2010), in Turchia, Recep Tayyip Erdoğan (Primo Ministro, 2003-2014; Presidente dal 2014), in Polonia, Andrzej Duda (dal 2015), nelle Filippine, Rodrigo Duterte (2016-2022), in Italia, Matteo Salvini (leader della Lega Nord, ex vice primo ministro e ministro dell’Interno, 2018-2019).
Se si esclude il periodo in cui il Brasile è stato governato dal PT, prima da Luiz Inácio Lula da Silva (2003-2011) e, poi, da Dilma Rousseff (2011-2016), che meritano uno sguardo più approfondito alla luce della realtà effetti prodotti nella società, come l’emergere della nuova classe media, l’espansione dell’università pubblica, la riduzione della povertà e delle disuguaglianze sociali, tra gli altri, inoltre, ne consegue che, in Brasile, il neoliberismo, coincidendo con il processo di ridemocratizzazione, si trattava della costruzione di una nuova mentalità, il cui punto di partenza consisteva nel soddisfare le aspettative più profonde della popolazione: quella del passaggio da una società controllata – segnata dagli anni della dittatura – a una società libera, inclusiva e plurale.
E poi, il corollario dei nuovi tempi ha portato con sé la nozione di diversità e, di conseguenza, di programmi identitari come le massime espressioni di questa nuova democrazia con un’aria di libertà. Ecco un primo segno degli ingranaggi che perpetuano il funzionamento della società autoritaria: la sostituzione dell’agenda storicamente legittima di sfruttamento e tensione lavorativa con agende frammentate in bolle di domanda. È il carattere di specializzazione introiettato nel cuore della lotta di classe.
Un altro segno è la distribuzione dell’autorità (e, per estensione, della parola) attraverso quella che Pierre Bourdieu ha chiamato “inflazione da diploma”, le cui conseguenze sociali, oltre all’aumento della competitività a beneficio esclusivo del mercato, implicano la relativa svalutazione in ragione della sostituzione la nozione di distinzione con obbligo e, infine, la frustrazione derivante dalla “promessa” intrinseca al diploma, in contrasto con la “potenza” del discorso che produce, soprattutto se si considera l’inflazione dei diplomi ai livelli formativi più elevati, così come maestri e medici.
Allora, mettiamo insieme i tasselli di ciò che costituisce e riproduce una società fortemente autoritaria: l'immagine sempre più distante dalla nozione di democrazia (una società in cui la libertà è sempre più parte della pubblicità del mercato che della vita stessa); le agende rivendicative frammentarie e ideologicamente orientate; l’autorità della parola sostenuta da un diploma opaco, seguita da un disperato risentimento e cinismo. E, finalmente, possiamo capire perché l’odio è la caratteristica centrale della società brasiliana contemporanea – e perché è urgente ripensare la democrazia.
*Fernando Lionel Quiroga è professore di Fondamenti dell'Educazione presso l'Università Statale di Goiás (UEG).
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