da CARLO DE NICOLA*
Considerazioni basate sul libro di Lilia M. Schwarcz & Heloisa M. Starling
Em Brasile: una biografia, di Lilia M. Schwarcz & Heloisa M. Starling, pubblicato nel 2015, le contraddizioni del paese vengono rivelate e possono assumere la forma di epitaffi tombali. Leggiamo questioni fondamentali dell’esistenza nazionale che non sono mai state risolte nemmeno dopo più di cinque secoli di storia “ufficiale” costruita seppellendo altre storie.
Epitaffio 1 – Circolarità storiche
Citando l'opera o leopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uno dei più importanti romanzi italiani con la voce del personaggio Tancredi, su sceneggiatura di Luchino Visconti, per l'omonimo film del 1963, gli autori evocano un possibile primo epitaffio: “Se vogliamo affinché tutto rimanga com’è, dobbiamo far sì che tutto cambi”.
Morendo un giorno, questo Brasile biografato potrebbe ricevere un tale onore post-mortem. Questo perché la storia nazionale è piena di circolarità: la massiccia e crudele schiavitù dei neri e degli indigeni nel corso dei secoli, poi mitigata con una falsa abolizione nel 1888 che ha lasciato tracce profonde nella socialità nazionale, permeata dal razzismo strutturante, sostenuta dalla disuguaglianza sociale. in modo tale da lasciare gli ex schiavi sulla strada, stigmatizzati e senza prospettive.
Forse questo epitaffio serviva a ricordare ciò che mancava, ovvero una resa dei conti tra la società schiavista e il suo passato, attraverso la creazione di condizioni affinché la popolazione potesse godere di possibilità di avanzamento sociale e professionale.
Una delle linee di collegamento tra questo epitaffio potrebbe essere l’episodio della guerra del Paraguay, nel 1865, più precisamente il fatto che consacrò l’esercito brasiliano come “forza d’élite”, secondo le parole degli autori, allora separato dalla Guardia Nazionale – un sorta di predecessore della Forza Nazionale di Pubblica Sicurezza. Dopo la guerra, questa professione, quella del soldato professionista, divenne una forma di ascesa sociale, formando un'élite all'interno dell'esercito, contrapposta all'élite civile della società brasiliana. L'insoddisfazione per la situazione del paese e per la propria posizione nella gerarchia del potere era una caratteristica distintiva di questa nuova élite.
In effetti Tancredi aveva ragione. Tutto è continuato come prima. Gli ex schiavi, gli emarginati e i colonnelli, ora in uniforme.
Epitaffio 2 – centro delle capitanerie ereditarie
Un altro possibile epitaffio, in un'altra frase citata dagli autori, questa volta di Machado de Assis nel suo racconto “Teoria del medaglione”, del 1881, è il seguente: “Puoi appartenere a qualsiasi partito, liberale o conservatore, repubblicano o ultramontano, con la sola clausola di non legare a queste parole nessuna idea particolare…”. Il Centrão brasiliano creato nell'Assemblea Costituente del 1988 è un'eredità dei tempi delle capitanerie ereditarie, quando l'utile prendeva il posto di un eventuale progetto, piano o promozione del destino nazionale. La classe politica egemonica brasiliana non ha mai avuto un orizzonte d'azione diverso dalla subordinazione internazionale del Paese allineata alla violenta sottomissione nazionale dei suoi concittadini, ovviamente delle popolazioni socialmente più fragili come gli schiavi.
Un'altra linea di questo epitaffio nazionale, ma con i contorni della trama principale, fu l'episodio di Leonel Brizola, allora governatore del Rio Grande do Sul, durante l'attacco dello stesso esercito di Caxias contro l'insediamento del presidente costituzionale João Goulart nel 1961. – il vicepresidente di Jânio Quadros, che si è ritirato dalla presidenza di sua spontanea volontà, nonostante abbia accusato “alcune forze” che lo mettevano sotto pressione. Leonel Brizola mobilitò la Brigata Militare del Rio Grande do Sul – all’epoca equivalente alla polizia militare, ancora fedele al “legalismo” repubblicano – e mosse la Radio Guaíba al seminterrato del Palácio Piratini, sede del governo del Rio Grande do Sul. Leonel Brizola ha mobilitato lo Stato e il resto del Brasile a favore della difesa della Costituzione, su “Rádio da Legalidade”, in trasmissioni 24 ore su XNUMX, ascoltate anche all'estero in una campagna di agitazione e propaganda senza precedenti.
Centrão cerca di convincerci che non prende posizione, e Leonel Brizola, in quel momento del 1961, si schierò dalla parte di una nazione non sottomessa.
Epitaffio 3 – nazionale per sottrazione
Un possibile terzo epitaffio potrebbe scaturire dal critico letterario Roberto Schwarz il quale, secondo gli autori del libro in questione, nel testo “Nacional por subtação” pubblicato in una raccolta del 2009, avrebbe affermato che in Brasile tutto sembra “[…]' ricominciare da capo' , e che qui il nazionale si costruisce per sottrazione.”. Nell’ultimo decennio in Brasile abbiamo vissuto campagne nazionali per la Presidenza guidate dall’annullamento della proposta. È stato così nelle elezioni del 2014 che hanno portato Dilma Roussef e Aécio Neves al secondo turno, poi, nel 2018, nelle elezioni che hanno consacrato Jair Bolsonaro e Fernando Haddad e, infine, nel 2022, ancora Jair Bolsonaro, ora contro Lula, l'antagonista vincente.
L'opposizione alla destra rappresentata da Aécio Neves nel 2014 e all'estrema destra rappresentata da Jair Bolsonaro nel 2018 e nel 2022 consiste in un progressismo sfumato, ma completamente opposto al neoliberismo radicale, nella cancellazione della memoria della dittatura militare, tra molti altri punti dannoso. In ogni caso, Dilma Roussef, Fernando Haddad e Lula si sono sostenuti respingendo i loro avversari, normalmente salvando i vecchi programmi di governo, soprattutto dei primi due mandati di Lula come presidente (2002-2005 e 2006-2009). Quella mancanza di progetto paese, che colpisce anche il progressismo e anche la sinistra, si traduce quindi in questa nazionale per sottrazione da cui gli autori salvano, e che dovrebbe apparire sulla nostra lapide collettiva.
Le ultime complessità di questa tomba della nazione potrebbero continuare a svelare confronti presidenziali, in questo caso, coprendo Jânio Quadros (1961), Fernando Collor (1990-1992) e Jair Bolsonaro (2019-2022). Nonostante gli oltre sessant’anni che separano il primo mandato dall’ultimo, ci sono alcune somiglianze in queste figure nazionali di destra, proselitisti, che evocano – forse senza aver mai letto – Machado de Assis e persino Roberto Schwarz. Sostenuto da un discorso vuoto di lotta alla corruzione, che richiedeva sempre di trovare spaventapasseri – fatti di scope (letteralmente) nel caso di Quadros, o di eterei “marajás”, nel caso di Fernando Collor, e, nel caso di Jair Bolsonaro , dei comunisti (ladri), le loro basi ideologiche potrebbero essere riassunte nelle figure di uomini bianchi sulle moto d'acqua, in un rituale di performance fragile, basato su una certa concezione di mascolinità.
La ripetizione non è una semplice coincidenza. Oltre a ricominciare da capo, Jânio Quadros, Fernando Collor e Jair Bolsonaro sono riusciti a essere ancora più nulli dello stesso zero.
La frase finale sulla nostra lapide nazionale potrebbe essere quella scommessa fatta dagli stessi autori, sull’ultima pagina dell’ultimo capitolo, nell’ormai lontano 2015 (che, si ricorda, ha preceduto aritmeticamente l’anno successivo, cioè il 2016 – l’anno del colpo di stato di Dilma Roussef): “in Brasile, chissà, la democrazia potrebbe non avere fine, e il futuro sarà buono”. Gli autori hanno commesso un errore, ma bisogna perdonarli perché, dopo tutto, non capita tutti i giorni di scrivere una biografia del Brasile e tanto meno di offrirne epitaffi.
Carlo De Nicola è un membro del movimento socio-ambientale.
Riferimento
Lilia M. Schwarcz e Heloisa M. Starling. Brasile: una biografia: con il nuovo poscritto. San Paolo, Companhia das Letras, 2015. [https://amzn.to/42Mou4S]
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