da PEDRO HENRIQUE MAURICIO ANICETO*
L’aumento delle disuguaglianze socioeconomiche negli ultimi decenni rappresenta una delle tendenze strutturali più preoccupanti dell’inizio del XNUMX° secolo
La legittimazione delle disuguaglianze in qualsiasi società è una sfida costante che dà origine a una miriade di discorsi e ideologie divergenti. Come notato da Thomas Piketty in Capitale e ideologia, si tratta di un processo intellettuale, istituzionale e politico che modella le strutture sociali e politiche
Nello scenario attuale, prevale la narrativa proprietaria, imprenditoriale e meritocratica come giustificazione del regime inegualitario ipercapitalista, nella convinzione che la disuguaglianza moderna sia il risultato di scelte individuali, pari opportunità e merito personale. Tuttavia, questa narrazione, che ha acquisito importanza nel XIX secolo e ha subito una riformulazione globale alla fine del XX secolo, mostra segni di fragilità.
Negli ultimi decenni, un fenomeno globale ha messo in discussione le narrazioni che sostengono le disuguaglianze socioeconomiche. A partire dagli anni Ottanta e Novanta, le disuguaglianze sono aumentate in quasi tutte le regioni del mondo, raggiungendo livelli che rendono difficile giustificarle in nome dell’interesse generale. La retorica meritocratica e imprenditoriale, che sostiene che la moderna disuguaglianza è il risultato di scelte individuali e di pari opportunità, è sempre più in contrasto con la realtà affrontata dalle classi svantaggiate, che spesso hanno un accesso limitato all’istruzione e alla ricchezza.
Inoltre, la colpa dei meno privilegiati sta diventando sempre più evidente, in contrasto con i regimi inegualitari del passato che enfatizzavano la complementarità funzionale tra i gruppi sociali. Questa disuguaglianza moderna è anche associata a pratiche discriminatorie e disuguaglianze statutarie ed etno-religiose, che sono raramente menzionate nelle narrazioni meritocratiche. Date queste contraddizioni e l’assenza di una nuova visione universalista ed egualitaria per affrontare le sfide del XNUMX° secolo, il rischio di una rinascita del populismo xenofobo e nazionalista diventa una possibilità preoccupante.
L’essenza di ogni regime inegualitario risiede nella complessa interconnessione tra una teoria del confine e una teoria della proprietà. Queste due questioni cruciali svolgono un ruolo interdipendente nel plasmare le società e nel giustificare le disuguaglianze. La questione dei confini richiede una spiegazione di chi appartiene alla comunità politica, in quale territorio e sotto quali istituzioni questa comunità dovrebbe organizzarsi e come si relaziona con le altre comunità nel contesto globale.
La questione della proprietà implica la definizione di rapporti tra proprietari e non proprietari, che vanno dalla proprietà di individui, terreni e aziende alle risorse naturali, alla conoscenza e ai beni finanziari. Questi regimi di proprietà, insieme ai sistemi educativi e fiscali, svolgono un ruolo centrale nella strutturazione delle disuguaglianze sociali e nella loro evoluzione nel corso della storia.
Nelle società antiche, come quelle schiaviste, le questioni del regime politico e del regime di proprietà erano strettamente intrecciate, poiché alcuni individui possedevano altri ed esercitavano sia il potere sulle persone che sulla terra. Nelle società ternarie, divise in tre classi funzionali, le classi dominanti detenevano poteri e proprietà sovrane, mantenendo questo rapporto diretto tra potere sugli individui e proprietà.
Nelle società proprietarie fiorite in Europa nel XIX secolo si tentò di separare rigorosamente i diritti di proprietà dal potere sovrano, ma il rapporto tra regime politico e regime di proprietà rimase intricato. I regimi di censimento hanno a lungo riservato diritti politici ai proprietari di proprietà, mentre le norme costituzionali limitavano la capacità di ridefinire il regime di proprietà in modo pacifico e legale.
Queste connessioni strutturali tra regime politico e regime di proprietà persistono nelle società moderne, comprese le società postcoloniali e ipercapitaliste. È essenziale riconoscere che la disuguaglianza contemporanea è profondamente influenzata dal sistema di confini, nazionalità e diritti sociali e politici, che genera complessi conflitti ideologici nel XNUMX° secolo. Le divisioni etnico-religiose e nazionali spesso rendono difficile la formazione di coalizioni politiche globali per affrontare le crescenti disuguaglianze.
L’aumento delle disuguaglianze socioeconomiche negli ultimi decenni rappresenta una delle tendenze strutturali più preoccupanti dell’inizio del XNUMX° secolo a livello globale. Questo fenomeno mette a dura prova non solo la stabilità economica, ma anche la ricerca di soluzioni a una serie di altre sfide urgenti, tra cui le questioni climatiche e migratorie. Ridurre le disuguaglianze e stabilire uno standard di giustizia accettabile è diventato fondamentale per affrontare efficacemente queste sfide.
Una semplice analisi, basata sulla quota del decile più alto del reddito totale, rivela un notevole aumento delle disuguaglianze a partire dagli anni ’1980 in quasi tutte le regioni del mondo. Questa quota, che era intorno al 25%-35% nel 1980, ora varia tra il 35%-55% nel 2018, suggerendo che le disuguaglianze potrebbero continuare a crescere. Inoltre, l’aumento delle disuguaglianze ha colpito in modo sproporzionato il 50% più povero, la cui quota del reddito totale è diminuita sostanzialmente. Le disparità di disuguaglianza variano in modo significativo tra le regioni, anche considerando livelli di sviluppo simili.
Ad esempio, gli Stati Uniti hanno registrato un aumento della disuguaglianza più rapido rispetto all’Europa, e l’India ha registrato un aumento più rapido rispetto alla Cina. Inoltre, alcune regioni, come l’Africa sub-sahariana, il Brasile e il Medio Oriente, presentavano già forti disuguaglianze nel 2018, con il decile più alto che deteneva una quota ancora maggiore del reddito totale.
Le complesse origini di queste disuguaglianze vanno dalle eredità storiche alla discriminazione razziale e coloniale, con un ruolo giocato da fattori come la concentrazione della ricchezza petrolifera. Tuttavia, queste regioni hanno in comune il fatto di trovarsi sulla frontiera delle disuguaglianze contemporanee, con la partecipazione della decima popolazione più ricca che rappresenta circa il 55%-65% del reddito totale.
In conclusione, le riflessioni presentate dal lavoro Capitale e ideologia, di Thomas Piketty, evidenziano la complessità delle questioni legate alle disuguaglianze socioeconomiche e il loro impatto globale. Legittimare le disuguaglianze è stata una sfida continua nelle società, con narrazioni basate sulla meritocrazia e sull’imprenditorialità in aumento, che giustificano le disparità di ricchezza.
In definitiva, evidenzia la necessità di una riflessione approfondita e di un’azione coordinata a livello globale per affrontare le crescenti disuguaglianze e costruire una società più giusta ed equa nel XNUMX° secolo. La rinascita del populismo xenofobo e nazionalista è un rischio che deve essere evitato, e la promozione di narrazioni alternative e soluzioni efficaci diventa essenziale per forgiare un futuro più equo.
*Pedro Henrique M. Aniceto studia economia all'Università Federale di Juiz de Fora (UFJF).
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