da RICARDO EVANDRO S. MARTINS*
Nel Carnevale brasiliano la vera parodia è la realtà che viene parodiata.
1.
Con l'aiuto della ricerca etimologica, il filologo svizzero Karl Meuli pubblicò nel 1971, in una delle sue opere raccolte, un saggio sull'origine del carnevale. Si tratta di una conferenza del 1963 intitolata “L’origine del carnevale”, in cui Karl Meuli realizza un interessante studio sull’argomento. Secondo Karl Meuli, la parola carnevale deriva dalla parola italiana carnevale, ma le spiegazioni linguistiche, mitologiche ed etimologiche sono ancora più ampie e diversificate.
Karl Meuli ricorda che un tempo si pensava che il termine “carnevale” derivasse da carus navale (carro navale), del dio greco Dioniso ad Atene, o anche della nave della dea egizia Iside. Ma per l'etimologo svizzero furono Merlo e Wartburg, i linguisti, a dimostrare in modo inconfutabile «(..) che la parola [carnevale] si riferisce all'inizio dei quaranta giorni di digiuno, non nel senso di carne, vale!, – Carne, addio! –, ma nel senso di carnem levare, 'portare, togliere la carne dalla tavola' (Roma, XIII secolo: carnelevario; Milano, XIV secolo: foglie di carne)” (Meuli, 2021, p. 1114).
Il significato di “togliere la carne dalla tavola” è proprio quello di prepararsi a ricevere il Corpo di Cristo, nei quaranta giorni che precedono la Pasqua cristiana, la settimana di Via Crucis di Cristo, della sua morte e della sua risurrezione. Secondo Karl Meuli, nel XIII secolo la Chiesa inaugurò la solennità della Quaresima: «i piaceri della carne devono cessare». E questo significò un cambiamento nelle abitudini in Europa. Secondo il filologo, a partire dal Concilio di Benevento, le feste con le loro maschere sfarzose, tradizioni ben più antiche della Chiesa stessa, erano tollerate, ma dovevano concludersi il Mercoledì delle Ceneri.
Questa tradizione continua anche in un paese che non è più una colonia europea, come il Brasile. Qui il Carnevale dovrebbe concludersi all'inizio della Quaresima. Anche in epoca repubblicana, presumibilmente secolarizzata, il carnevale brasiliano rispetta la determinazione medievale della Chiesa. Su questi argomenti, mi limiterò in questo saggio a parlare di un punto più specifico, che Karl Meuli ha finito per menzionare più di una volta nel suo già citato saggio sull’origine del carnevale: come la festa carnevalesca, i suoi accessori, le maschere, i suoi eccessi, provochino quella che lui chiama “anarchia legale” (Meuli, 2021, p. 1241).
L'idea che le norme sociali siano temporaneamente sospese, producendo così uno scambio di ruoli e atteggiamenti sociali – consentendo persino la transizione tra ciò che intendiamo come umano e animale, uomo e donna, re e sudditi – non è forse qualcosa di sconosciuto o nuovo nei dibattiti sociologici e antropologici che circondano i festeggiamenti del carnevale in Brasile.
2.
Nel 1990, nel suo Carnevali, imbroglioni ed eroi, l’antropologo brasiliano Roberto DaMatta ha chiamato questa idea “inversione”, o “inversione carnevalesca”, quando “ciò che normalmente è separato” viene riunito:
“Questo è esattamente ciò che sembra accadere in momenti come il carnevale brasiliano, quando l’uso dei costumi ci permette di mettere in relazione con il nucleo (o centro del sistema sociale) un’intera legione di esseri, ruoli sociali e categorie che, nel corso della vita quotidiana, vengono nascosti ed emarginati” (DaMatta, p. 84).
Ricordando Radcliff-Brown, Roberto DaMatta paragona l’inversione carnevalesca ai rituali religiosi, proprio perché si tratta di rituali che hanno a che fare con la dialettica tra l’“evitamento” degli agenti socialmente separati e l’“inversione” di questa separazione, che genera effetti congiuntivi e disgiuntivi tra questi stessi agenti. Per realizzare la “comunicazione tra agenti della relazione attraverso canali normali”, le relazioni carnevalesche vengono invertite, interrompendo temporaneamente quelle regole che “evitano” il contatto tra coloro che sono separati da diversi tipi di regole.
Per Roberto DaMatta, citando Lévi-Strauss, ciò avviene in analogia al rituale religioso cattolico della messa, quando, ad esempio, l’ordine costituito, che genera l’evitamento tra i suoi agenti, viene invertito: «Dio scende verso gli uomini; gli uomini si elevano a Dio; gli oggetti sacri sono incorporati nei fedeli; c'è un posto appropriato per la confusione di categorie ecc." (DaMatta, 2012, pag. 87).
L'analogia tra il carnevale e il rito religioso della messa risulta insolita solo se si trascura proprio questo: che i processi rituali sono caratterizzati dal tratto comune di provocare un'irruzione nel tempo e nello spazio della vita quotidiana. A proposito di ciò, nel testo precedente, ho addirittura citato un estratto di un saggio del filosofo tedesco Hans-Georg Gadamer, quando affermava che la temporalità della festa, così come quella del gioco, e perfino della festa religiosa, provocano l'interruzione della temporalità comune, ordinaria, del lavoro quotidiano, creando la condizione di possibilità di questo stesso tempo comune, ma basato su altri codici sociali (Gadamer, 1985).
È in questo senso che l’“inversione carnevalesca”, allo stesso modo in cui avviene nel rituale religioso cattolico, sospende gli ordini gerarchici, provocando una vera sospensione non solo della temporalità, ma anche della struttura normativa del potere che la vita quotidiana stabilisce. E questo è in relazione con quella “anarchia legale” a cui faceva riferimento Karl Meuli: il permesso, all’interno dell’ordine stesso previsto, che emerga una certa anomia, o meglio, una certa assenza di norme comuni.
L’espressione “anarchia legale” suscita un’idea paradossale. Dopotutto, come potrebbe la legalità consentire più dell'illegalità, una situazione senza legge, senza norme, anomica e, per giunta, senza il principio regolatore, creando una mancanza di arco?
Em Iustitium (2003), il filosofo italiano Giorgio Agamben insiste nel sostenere che esisterebbe una certa “solidarietà tra anomia e diritto”. Secondo lui, le festività saturnine nel mondo antico – note come Saturnalia –, così come i carnevali medievali e moderni, sono caratterizzate “da una sfrenata permissività e dalla sospensione e rottura delle gerarchie legali e sociali”.
Giorgio Agamben sostiene che in epoche e culture diverse: “Durante queste feste (…) gli uomini si travestono e si comportano come animali, i padroni servono gli schiavi, uomini e donne si scambiano i ruoli e i comportamenti criminali sono considerati leciti o comunque non punibili. Essi inaugurano quindi un periodo di anomia che interrompe e, temporaneamente, sovverte l’ordine sociale.” (Agamben, 2004, p. 92).
L'interpretazione che Giorgio Agamben dà di questo tipo di festa è che l'“anarchia giuridica” di cui parlava Karl Meuli è, in realtà, un modo di mettere in luce “in forma parodica l'anomia interna del diritto, lo stato di emergenza come impulso anomico nel cuore stesso del diritto”. nomos(Meuli, 2021).
3.
Questa ipotesi è interessante perché rivela il potenziale disattivante, o meglio dissacratorio, del carnevale, quando crea un mondo ludico, apparentemente fantastico, ma che mostra qualcosa che è presente nella nostra realtà quotidiana: che le rigide regole sociali, che creano distanza tra i loro agenti – o “evitamento”, come dice Roberto DaMatta –, coesistono, paradossalmente, con una segreta solidarietà con l’anomia, con l’anarchia.
Per un momento dell’anno, durante il Carnevale, il “gioco” è proprio quello di mostrare che ciò che separa le classi, ciò che distingue violentemente le persone, ciò che distingue persino le razze, i generi, le sessualità, le culture, i loro gesti e costumi, le ideologie e le visioni del mondo, per quanto riguarda i loro diritti e le loro opportunità, almeno, non sono “naturali”, o meglio, non possono essere visti in modo naturalizzato.
Come i costumi di carnevale, questi confini di distinzioni, di “elusione”, economici, legali e sociali, di genere, ecc., sono fantasiosi, fittizi, storici e in attesa di una possibile rottura – perché possono sempre essere in un altro modo.
È in questo senso che possiamo leggere molti dei costumi del carnevale brasiliano. È curioso notare la forte presenza di un lessico monarchico, regale, spesso imperiale, nel mondo carnevalesco brasiliano. Dai nomi delle scuole di samba – come, ad esempio, Império Serrano, Imperatriz Leopoldinense, a Rio de Janeiro, o Império do Samba Quem São Eles, a Belém –, o ancora nomi come Rei Momo, Rainha da Bateria, oltre a coloro che, come in una battaglia medievale, portano le bandiere dei loro feudi, il carnevale brasiliano è segnato da una vera e propria parodia della monarchia e del rigore della gerarchia sociale che la struttura.
La storia della monarchia brasiliana è indubbiamente legata al passato coloniale della corona portoghese. Ma c'è un fatto storico importante da sottolineare: il Brasile è un paese che, nella storia coloniale mondiale, è stato per un periodo considerevole la metropoli della sua stessa Corona colonizzatrice; e come se ciò non bastasse, l'indipendenza di questa stessa colonia avvenne con l'assunzione del trono imperiale da parte dell'erede della Corona da cui si era separato.
Proprio per questi fatti storici si potrebbe già parlare di una “parodia” dell’idea stessa di monarchia. Ciò che però non era affatto “parodico”, nel senso di scherzoso o satirico, era il modo in cui questo impero brasiliano si sosteneva economicamente: attraverso la schiavitù dei neri. Come un modo per mantenere la violenza di nomos coloniale, il nomos imperiale – guidata da un sovrano anch’egli portoghese, vale la pena ricordarlo – era associata al liberalismo atlantico del diciannovesimo secolo, di natura schiavistica.
E ciò che resta di questa storia brasiliana si manifesta nella disuguaglianza sociale ancora presente e nell'incapacità di affrontare il razzismo attuale, il genocidio indigeno in corso, l'eredità della schiavitù e la violenza repubblicana portata avanti dai colpi di stato civili e militari.
Il carnevale può quindi mettere in luce non solo l’“anarchia legale” del potere e l’idea fantasiosa di naturalizzare le differenze sociali in Brasile. La festa del Carnevale è la festa il cui tempo, anche se breve, può ricordarci la potenzialità di rendere inoperante il principio dominante – il arco – del potere nel territorio brasiliano, ancora strutturato da profonde disuguaglianze sociali e razziali, violenza di genere e, in ultima analisi, violenza necropolitica (Mbembe, 2018) ereditata dalla confisca delle terre nella nostra storia coloniale.
E l'atto di parodiare questo principio regolatore della società brasiliana è uno degli strumenti, dei mezzi potenzialmente emancipatori e rivoluzionari del carnevale in Brasile. Utilizzare una parodia dissacrante contro la realtà violenta, sacralizzata dalle classi oppressive del Paese. Collocare i corpi in strada, in “blocchi”, parodiando con i loro costumi personaggi pubblici che si prendono troppo sul serio, è un atto che Giorgio Agamben definisce poi “profanazione”.
Ma il significato di “profano” qui non deve essere letto come un mero atto di desacralizzazione di ciò che era aureo, elevato, puro, originale, corretto e vero. “Profanare” può avere il significato di dare un nuovo uso al vecchio modo di usare il potere e di strutturare la società (Agamben, 2007). E un nuovo uso, capace di trattare meglio ciò che la sacralizzazione distingueva, o meglio, separava, come quando i festaioli del carnevale distinguono tra divino e umano, santo e peccatore, ecc., utilizzando maschere e abiti dei loro personaggi.
4.
Con questa nozione di parodia, e prendendo in considerazione il carnevale brasiliano, solleverò ora un'ipotesi, basata sui testi di Karl Meuli e Giorgio Agamben, su questo tipo di festa anomica e anarchica che è il carnevale: quando i blocchi del carnevale sono nelle strade, o quando una scuola di samba sfila, cantando e ballando sul tema della canzone, invece di pensare a ciò come a una mera parodia di una realtà più vera, ciò che si fa in questa prova di "anarchia legale", attraverso l'"inversione carnevalesca", può anche essere dimostrare che la vera parodia è quella realtà che viene parodiata.
E il Carnevale in Brasile può esserne un esempio: al posto della monarchia portoghese e dei suoi discendenti in Brasile, travestiti da repubblicani, la vera “monarchia” può essere quella dei neri che ballano il samba con bellezza e grazia; quella degli amici che si incontrano per caso al luna park, si abbracciano e festeggiano la vita – sopravvissuti a una pandemia; e il desiderio, represso dalla società misogina e omofoba, che si realizza in un bacio consensuale, dato in mezzo alla strada.
D'altro canto, non vorrei nemmeno romanticizzare troppo il carnevale brasiliano. Naturalmente, non possiamo dimenticare che la festa di febbraio è anche catturata dai dispositivi di potere e di controllo, dalla violenza e dall'economia capitalista neoliberista. È un partito che genera anche entrate, voti, media e anche potere e violenza nei suoi spazi pubblici e privati.
Ma il carnevale può sempre essere molto di più: può essere un grande atto di performance trasformativa, un modo per questi corpi in strada di essere in alleanza (Butler, 2018), esprimendo i loro desideri e le loro insoddisfazioni politiche, così che la celebrazione e la protesta siano su una soglia in cui non sappiamo più se stiamo giocando, profanando o commettendo un atto rivoluzionario.
In definitiva, ciò che non possiamo davvero dimenticare è che, al di là della rivelazione dell'“anarchia legale” e del potenziale “inversivo”, politico-assembleare e persino rivoluzionario, possiamo divertirci, indossare maschere, non per nascondere chi siamo o eravamo, ma per essere chi vogliamo e possiamo essere.
Insomma, il Carnevale è un momento di preparazione alla Quaresima, ma non necessariamente di contrizione moralistica e malinconica. Il Carnevale può essere la realizzazione di un gesto di gioia, di festa, di un miracolo contro un presente quotidiano, scarso e opprimente – vale la pena ricordare, qui, il primo miracolo di Cristo, compiuto in una festa.
La festa del carnevale, che si conclude all’inizio della Quaresima, può allora essere la temporalità che ci prepara a una nuova vita, al passaggio – la Pasqua –, quella capace di realizzare la resurrezione dei nostri corpi, dopo che saremo riusciti a fermare il potere che frena il nostro potenziale trasformativo e rivoluzionario, mostrando che il nucleo del potere è vuoto, anomico e anarchico.
*Ricardo Evandro S. Martins Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federale del Pará (UFPA).
Riferimenti
AGAMBE, Giorgio. Iustitium: Stato di eccezione. Tradotto da Iraci D. Poleti. Milano: Einaudi, 2004.
AGAMBE, Giorgio. profanazioni. San Paolo: Boitempo, 2007.
BUTLER, Giuditta. Corpi in alleanza e politica di strada: appunti per una teoria performativa dell'assemblea. Rio de Janeiro: Civilizzazione Brasileira, 2018.
DaMATTA, Roberto. Carnevali, furfanti ed eroi: una sociologia del dilemma brasiliano. Rio de Janeiro: Rocco, 2012.
MBEMBE, Achille. necropolitico. San Paolo: edizioni n-1, 2018.
MEULI, Karl. L'originale del Carnevale. In: Gli Incatenati: e altri racconti. Vicenza: Black Pozza Publishers, 2021.
GADAMER, Hans-Georg. L'attualità della bellezza: l'arte come gioco, simbolo e celebrazione. Rio de Janeiro: ora brasiliana, 1985.
la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE