Rusticana Cavalleria

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da TESSUTO MARIAROSARIA*

Considerazioni sul romanzo di Giovanni Verga e sui suoi adattamenti teatrali, lirici e cinematografici

Nel 1874, con la pubblicazione del romanzo Nedda, Giovanni Verga accantonò momentaneamente i romanzi mondani ambientati nei circoli della borghesia e dell'aristocrazia,, che gli aveva permesso di consolidare la sua fama di scrittore, e iniziò una svolta nella sua carriera, quando raccontò la storia di un povero raccoglitore di olive, che peccava trascinato dalla passione.

Nedda inaugurò la fase matura di Verga, quando si avvicinò al Verismo, guidato dal conterraneo Luigi Capuana, grande promotore delle idee del movimento, e influenzato da nuove letture, soprattutto di autori francesi, da cui trasse la suggestione di un metodo piuttosto che di un modello, avvalendosi dei precetti del Naturalismo solo nella misura in cui lo aiutassero a vedere meglio la realtà della nativa Sicilia.

Verismo (il termine deriva da vero, nel senso di reale [“reale”, “realtà”]) nasce dalla penetrazione della tendenza naturalista nell'ambiente intellettuale italiano post-unitario intorno al 1870, tendenza che si afferma a partire dai dibattiti sul Realismo che agitano Milano per un decennio, aprendo la strada per un rinnovamento della letteratura, con approcci più moderni alla realtà. Pur adottando alcuni postulati del movimento francese, il Verismo aveva un carattere regionalista, tendendo a ritrarre ambienti rurali con la sua massa contadina piuttosto che spazi urbani in cui convivevano tutte le classi sociali.

con il successo di Nedda, la redazione chiese allo scrittore altri racconti brevi, che diedero vita a raccolte di romanzi il cui tema principale era il mondo popolare della sua terra natale, tra cui Vita dei campus (1880) e novelle rusticane (1883). A questo periodo fecondo appartiene anche la sua produzione Padron 'Ntoni, un “bozzetto marino”, che Verga aveva cominciato a redigere nel 1874, ma che non lo soddisfaceva. Il testo rimase inedito, sebbene l'autore lo avesse riformulato quattro volte, dedicandosivi con dedizione, come si evince da una lettera all'amico Capuana, datata 14 marzo 1879: “Confido in Padron 'Ntoni e vorrei […] averle dato quell'impronta di fresco e sereno raccoglimento, che avrebbe stabilito un contrasto immenso con le passioni turbolente e incessanti delle grandi città, con quei bisogni fittizi, e quell'altra prospettiva di idee o, Direi, anche i sentimenti. Per questo avrei voluto andare a rifugiarmi in campagna, al mare, tra quei pescatori e prenderli vivi, come Dio li ha fatti. Ma forse non è male, invece, che io li consideri a una certa distanza, in mezzo all'attività di una città come Milano o Firenze. Non credi che per noi l'aspetto di certe cose sia importante solo se visto da una certa angolazione visiva? E che non potremo mai essere così sinceramente ed efficacemente veri come quando facciamo un lavoro di ricostruzione intellettuale e sostituiamo i nostri occhi con le nostre menti?

Finalmente, nel gennaio 1881, lo scrittore pubblicò sulla rivista l'episodio del temporale la nuova antologia, con il titolo di “Poveri pescatori”, e, in febbraio, lancia il romanzo, dal quale, nell'aprile dell'anno precedente, aveva tagliato le prime quarantadue pagine, perché l'opera risultasse più efficace e interessante (consapevole di sacrificare paesaggio, ambiente e personaggi) e modificato il titolo. Io Malavoglia (I Malavoglie) è stato il primo libro del ciclo Marea, successivamente intitolato io venti, successivamente incorporato da Mastrodon Gesualdo (Maestro Dom Gesualdo, 1889), progetto che conferma l'adesione di Verga al Verismo.,

Io Malavoglia narra la storia dei Toscano, comunemente detti Malavoglia, una famiglia di pescatori capeggiata dal patriarca Padron 'Ntoni, la cui rovina inizia dopo un tentativo frustrato di ottenere un ulteriore guadagno vendendo un carico di lupini. Il giovane 'Ntoni, prestando servizio in Marina, scopre il mondo e cerca invano di prendere le distanze dalla vita di sacrifici che gli altri membri della famiglia accettano con rassegnazione. Se 'Ntoni finisce sconfitto, i fratelli che sono riusciti a superare i lutti e le disgrazie che hanno colpito la “casa del nespolo”, faticano a ricostruire il nucleo familiare.

L'itinerario di Giovanni Verga verista è tutto racchiuso nelle opere concepite nello stesso periodo: i romanzi ei due romanzi degli anni Ottanta dell'Ottocento, considerati i suoi capolavori. Per lo scrittore i racconti brevi erano schizzi, studi preparatori per i testi più ampi; scritti parallelamente, i romanzi permettono di verificare come temi, personaggi e tecniche narrative sono stati utilizzati nei vari generi a cui l'autore si è dedicato, compreso quello teatrale.

la gravidanza di Io Malavoglia, ad esempio, si rifletteva nell'elaborazione di Vita dei campus (e viceversa) e novelle rusticane. L'immobilità sociale a cui sono condannati il ​​vecchio pescatore e la sua famiglia fantascienza (Fantasia, 1879, poi pubblicata nella prima raccolta) rispecchia la stessa condizione che imprigionerà padron 'Ntoni e il suo nucleo familiare, mentre pane nero (pane amaro, 1882, poi aggiunto al secondo) può essere considerato un cinico dispiegamento di Io Malavoglia, con il degrado della figura del capofamiglia e l'affermazione di un nuovo fornitore, che ricostituisce la casa spezzata grazie al suo corpo offerto come merce di scambio.

Il caso più significativo per comprendere questa transizione tra i generi è Rusticana Cavalleria (1880), che include Vita dei campus: l'incipit del romanzo deriva direttamente dall'episodio romanzesco in cui il giovane 'Ntoni, di ritorno dal servizio militare, flirta con le ragazze del paese: “'Ntoni era arrivato in un giorno di festa, e andava di porta in porta salutando i suoi vicini e conoscenti, in modo che ovunque andasse, tutti lo fissassero; i suoi amici lo seguivano in processione, e le ragazze si sporgevano dalle finestre; ma l'unica che non si vedeva era Sara del Comadre Tudda.

«È andata con il marito ad Ognina» disse alla Santuzza. Sposò Menico Trinca, vedovo con sei figli piccoli, ma ricco come un maiale. […]

Comadre Venera […] voleva prendersi gioco della faccia che 'Ntoni avrebbe fatto con quella notizia. Ma anche per lui il tempo era passato, ed è consuetudine dire “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. 'Ntoni ora portava il berretto sull'orecchio. – Compadre Menico vuole morire con un corno, disse per consolarsi [...].

'Ntoni se ne andò tutto vanto, ondeggiando i fianchi, con un seguito di amici, e desiderò che ogni giorno fosse domenica per andare a passeggio in camicia con le stelle […].

Comunque 'Ntoni ha passato l'intera giornata a divertirsi […].

Nello sloop lo prendevano in giro perché Sara lo aveva scaricato […]. - "I porci e gli uomini di guerra hanno vita breve", dice il proverbio; ecco perché Sara ti ha scaricato. […]

– La ragazza non mi manca, rispose 'Ntoni; a Napoli mi correvano dietro come cuccioli”.

Nella trasposizione del triangolo amoroso nel romanzo, il giovane 'Ntoni, un pescatore, diventa Turiddu Macca, un contadino, Sara diventa Lola e Menico Trinca diventa compadre Alfio:

“Turiddu Macca, figlio di Nhá Nunzia, terminato il servizio militare, ogni domenica si aggirava impettito per la piazza con la divisa di un bersagliere e il berretto rosso, come l'uomo dell'organetto quando monta la tenda con il parrocchetto. Andando a messa con il naso nascosto nello scialle, le ragazze lo mangiavano con gli occhi ei bambini, come mosche, gli ronzavano intorno. Aveva portato anche una pipa intagliata, con il Re a cavallo che sembrava vivo. E, alzando la gamba come per prenderla a calci, accese i fiammiferi nel fondo dei calzoni. Nonostante tutto ciò, la Lola di Seu Angelo non si presentò né alla messa né al balcone, perché si era fidanzata con un tale, nativo di Licodia, che faceva il carrettiere e aveva quattro muli di Sortino nella sua stalla. Come faceva a sapere che, proprio all'inizio, Turiddu – maledizione – voleva strappare le viscere al ragazzo di Licodia, ebbene lo voleva! Lui però non fece nulla e si sfogò andando a cantare le canzoni di disprezzo che conosceva sotto la finestra della ragazza.

- Ma questo Turiddu, figlio di Nhá Nunzia, non c'entra niente - dissero i vicini - perché passa le notti a cantare come un uccello non accompagnato?

Alla fine incontrò Lola che tornava dal pellegrinaggio alla Madonna dei Pericoli e, quando lo vide, non impallidì né arrossì, come se non fossero affari suoi.

- Fortunato chi ti vede! - Egli ha detto.

– Oh, compadre Turiddu, mi è stato detto che eravate tornato all'inizio del mese.

– Per me hanno detto altre cose in più! – rispose – è vero che ti sposerai compadr Alfio il carrettiere?

"Se Dio vuole," rispose Lola, tirandosi le due estremità della sciarpa sul mento.

– La volontà di Dio per te è ciò che ti si addice meglio. Volontà di Dio è stata che dovessi tornare da tanto lontano per avere questa bella notizia, signorina Lola!

Il povero diavolo stava ancora cercando di fare il coraggioso, ma la sua voce era diventata rauca e camminava dietro la ragazza ondeggiando, così che la nappa del suo berretto danzava da una parte all'altra sulle sue spalle. A lei, in cuor suo, dispiaceva vederlo così abbattuto, ma non voleva ingannarlo con lusinghe.

«Sentite, compadre Turiddu», disse infine, «fatemi raggiungere i miei amici. Cosa direbbe il villaggio quando mi vedesse con te?...

–Esatto – rispose Turiddu – ora che stai per sposare compadr Alfio, che ha quattro muli nella stalla, il popolo non deve parlare. Mia madre invece, poverina, ha dovuto vendere il nostro mulo baio e le poche viti ai lati della strada mentre ero nell'esercito. Ma tutto questo è passato e non pensi più a quella volta che abbiamo parlato dalla finestra del cortile e mi hai dato un fazzoletto prima che me ne andassi. Solo Dio sa le lacrime che ho versato su di lui quando sono partito per così lontano, dove non conoscevano nemmeno il nome della nostra terra. Quindi arrivederci signorina Lola, facciamo finta che sia piovuto e si sia fermato e la nostra amicizia sia finita.

Nhá Lola sposò il carrettiere e la domenica si metteva sul balcone, con le mani sulla pancia, per sfoggiare tutti i grandi anelli d'oro che le aveva regalato suo marito. Turiddu andava su e giù per il vicolo, la pipa in bocca, le mani in tasca, e l'aria indifferente, tenendo d'occhio le ragazze. Ma dentro si rodeva, perché il marito di Lola aveva tutto quell'oro e lei faceva finta di non accorgersene quando passava”.

Per vendicarsi, Turiddu diventa caposquadra di Cola, ricco vignaiolo, padre di Babbo Natale, con il quale il giovane inizia a flirtare. Lola, gelosa, riesce ad irretirlo nuovamente e Babbo Natale, per vendicarsi, racconta tutto al compadre Alfio, il quale, la vigilia di Pasqua, lancia una sfida al rivale. Il giorno dopo, all'alba, i due si affrontano e compadre Alfio, pur ferito, riesce ad uccidere Turiddu.

Rispondendo alle richieste dell'amico Giuseppe Giacosa, celebre drammaturgo lombardo, Verga trasferì il romanzo sulle scene nel 1883. Il 12 ottobre Capuana gli scrive (in una lettera trascritta da Sarah Zappulla Muscarà): “Ho letto e confermato la mia idea, vale a dire, che, in quello che intendiamo per romanzo e telenovela, da lì al dramma vero e proprio c'è solo un passo e non è molto difficile. Chi ha una mano abituata a tutte le marachelle della scena non avrebbe saputo adattare la tua telenovela al teatro meglio di te. C'è tutto: l'atmosfera, la velocità dell'azione, l'effetto”.,

C'era infatti, secondo Pietro Gibellini, una "teatralità latente" nella telenovela, che, nella sua prima parte, accanto a momenti di commedia (come la corte di Turiddu a Santa), "ha la cadenza di un dramma", mentre, nella seconda parte, “il tono è quello della tragedia o dell'epopea tragica”, passaggio segnato dall'invito di Lola al giovane a farle visita.,

L'adattamento ha comportato alcune modifiche: accanto ai personaggi già presenti nel breve racconto – Turiddu Macca, Santuzza, Compadre Alfio di Licodiano, Nhá Lola, sua moglie – prendono vita Nhá Nunzia, madre di Turiddu (solo prima citata), Tio Brasi , scudiero, Comadre Camilla, sua moglie, Tia Filomena e Pippuzza, che annunceranno la morte di Turiddu; la questione economica (con Lola che sposa un uomo più ricco e la domenica ostenta la sua ricchezza) passa in secondo piano rispetto alla dichiarata passione e gelosia di Santuzza, che acquista maggior risalto nel nuovo genere; il duello tra i due rivali non va in scena.

La tentazione di mostrare questa scena con garantito effetto drammatico era però grande, e al Verga non fu risparmiato il dispiacere di assistere a una rappresentazione (gennaio 1908) in cui il celebre attore siciliano Giovanni Grasso ne modificò l'esito, come riporta Ignazio Burgio: “ Prima di calare il sipario, […] tornava improvvisato sul palco, e, inseguito dagli attori che impersonavano i carabinieri, mostrava agli spettatori atterriti il ​​coltello tutto rossastro (probabilmente di pomodoro!), con che aveva ucciso il rivale Turiddu”.

E pensare che l'autore, il 18 agosto 1884, aveva commentato all'amico Luigi Capuana: “Questa piccola commedia deve essere interpretata male per essere eseguita bene, cioè senza enfasi o effetti teatrali. Voglio la stessa semplicità e naturalezza delle persone che parlano e si muovono come contadini e che non sanno interpretare” – come cita Muscarà, che aggiunge: “Attenta alle sfumature, ai minimi dettagli, consapevole [... ] che tutto concorre a rendere esplicita la verità di cui i personaggi sono portatori, aveva scritto a Capuana, chiedendogli di inviargli foto di contadini e luoghi, disegni e schizzi, campioni e oggetti, e al fratello, perché poteva fornire, a Vizzini, i costumi meticolosamente descritti”.

Così c'era tutto: “l'acre Verismo, il muto e arcaico codice d'onore, i riti atavici, gli elementi folcloristici, antropologici e consuetudinari, capaci di affascinare per il loro esotismo”. Pensando all'effetto scenico, lo scrittore ha ambientato “il dramma nella 'piazza del paese', rinnovando la scena italiana piena di interni borghesi”, come osserva Muscarà.

Il successo di pubblico e di critica fu clamoroso, anche per la fama dello scrittore e, soprattutto, per l'interpretazione di Eleonora Duse., Rispetto a questa interpretazione, anni dopo, Capuana sarà una voce dissenziente, forse per il rifiuto della gran dama del teatro italiano di recitare nella sua pièce. giacinta, rappresentato dal 1888, adattamento del controverso romanzo omonimo, che tanto scandalo aveva suscitato quando fu pubblicato nel 1879. Nella prefazione di Teatro dialettale siciliano (nei cui cinque volumi ha raccolto le sue commedie rurali, scritte tra il 1911-1912 e il 1920-1921), confrontando diversi allestimenti di Rusticana Cavalleria, scriverà: “la 'Santuzza-Duse' era parsa ai miei occhi siciliani 'una specie di falsificazione dell'appassionata creatura di Giovanni Verga, nei gesti, nell'espressione della voce, negli abiti'”, contrariamente a quel “'vivace e reale', 'di prim'ordine', di 'povera attrice di provincia', o di interpreti eccezionali come Marinella Bragaglia e Mimì Aguglia”' (come ricorda Muscarà).

I guadagni ricavati dall'attività teatrale incoraggiarono l'autore a proseguire su questa strada, in quanto dedicarsi solo a soap opera e romanzi rendeva meno che scrivere per il teatro, lavoro che in realtà era facilitato dalle opere di narrativa su cui spesso si basava. Nonostante ciò, la questione economica non può essere vista come l'unico stimolo per questa attività, dal momento che, all'inizio della sua carriera, Verga si era cimentato nella drammaturgia con la commedia di costume I nuovi tartufi (datato 1865, ma inedito fino al 1982) ,, e con il dramma rosa caduche , e la commedia L'onore ,, entrambi del 1869. Dello stesso periodo sarebbe anche un altro pezzo, Nuvole d'estate, di cui non si hanno molte notizie, e l'opera teatrale che l'autore ha cercato di estrarre dal romanzo Storia di un'erbaccia.,

Rusticana Cavalleria, quando fu pubblicato nel 1884, diede origine al teatro verista. Nel pezzo successivo, in portineria (1885), Verga tenta di cambiare registro, come scrive, il 5 giugno, a Luigi Capuana: “Volevo che il dramma fosse rigorosamente intimo, il tutto con sfumature di interpretazione, come accade realmente nella vita; e, in tal senso, è stato un ulteriore passo nella ricerca del reale”, sottolineando che, ambientando le sue storie nell'ambiente proletario milanese, intendeva ritrarre “un altro lato della vita popolare: fare per il sottoproletariato della città ciò che io aveva già fatto per i contadini siciliani”. Tratto dalla telenovela “Il canarino del n. 15” (1882), che fa parte della collezione per le vie (1883), il testo teatrale, oltre ad essere un fallimento nella sua prima messa in scena, ricevette critiche violente, che amareggiarono lo scrittore; ma l'anno successivo, grazie a un nuovo montaggio con Eleonora Duse, ottiene il plauso del pubblico. Estratto dall'omonima telenovela (che integra Vita dei campus), la lente d'ingrandimentoAnche , rappresentato nel 1896, ebbe successo, nonostante il suo contenuto controverso ,; nello stesso anno, il pezzo è stato pubblicato, insieme a in portineria e Rusticana Cavalleria, in un unico volume a cura dell'editore Treves.

Verga redasse anche, nel 1886, un testo teatrale basato su dramma intimo (1883), romanzo pubblicato in precedenza in dramma intimo (1884) e successivamente I ricordi del capitano d'Arce (1891), e, nel 1887, senza concluderlo, il terzo atto della commedia Il come, il cuando ed il perché, (basato sull'omonimo romanzo che faceva parte dell'edizione del 1881 di Vita dei campus), titolo che compare anche nel manoscritto del secondo atto di un'altra commedia d'atmosfera mondana, poi intitolata Le farfalle (1890). Dal breve racconto “Il mistero” (1882), pubblicato in novelle rusticane, lo scrittore, con la collaborazione di Giovanni Monleone, ha estratto l'omonima sacra rappresentazione della Passione di Cristo, con musiche di Domenico Monleone.,

Da un altro breve racconto che non integra alcun volume, “Caccia al lupo” (1897), che è in qualche modo imparentato con “Jeli il pastore” (“Jeli, il pastore”, pubblicato in Vita dei campus), l'autore ha estratto l'omonimo atto unico, che, unitamente a caccia alla volpe, fu messo in scena nel 1901 e pubblicato nel 1902; mentre nel pezzo successivo, Dallo A me, montato nel 1903, prese la strada opposta, dal testo drammatico al racconto, trasformando la commedia in un romanzo con lo stesso titolo (1906), uscito senza successo.,

Tornando alla messa in scena di Rusticana Cavalleria, il successo del brano indusse lo scrittore a pensare di metterlo in musica e, per questo, il 22 marzo 1884, scrisse al maestro Giuseppe Perrotta, suo amico d'infanzia, chiedendogli una piccola sinfonia che gli facesse da epilogo all'opera, da eseguire prima che si apra il sipario, “qualcosa che ha l'efficacia della semplicità, come la commedia, che ha il colore, il respiro proprio siciliano e campagnolo” (come ricorda Muscarà).

La prima esecuzione del preludio sinfonico avvenne il 29 luglio 1886, all'Arena Pacini di Catania, sotto la direzione del maestro Perrotta. Due anni dopo, Gian Domenico Bartocci Fontana scrisse il libretto Borsa di Pasqua, musicato dal maestro Stanislao Gastaldon. Il dramma lirico in tre atti, rappresentato al Teatro Costanzi di Roma, il 9 aprile 1890, non ebbe successo, a differenza dell'opera trionfale di Pietro Mascagni, Rusticana Cavalleria; nel 1907 fu la volta di un altro melodramma con lo stesso titolo, di Domenico Monleone. Con Mascagni, le idee veriste entrarono nel mondo dell'opera, in cui, accanto a questo compositore, si distinsero, tra gli altri, Giacomo Puccini, Ruggero Leoncavallo, Umberto Giordano, Francesco Cilea, Alfredo Catalani e Riccardo Zandonai.

Sia Mascagni che Gastaldon avevano partecipato alla stessa edizione del concorso che l'editore musicale milanese Edoardo Sonzogno teneva tra compositori che non fossero ancora riusciti a rappresentare un'opera propria. Il concorso ha avuto settantatré candidati, e mentre Gastaldon è entrato Borsa di Pasqua (che si è classificato ultimo), ha proposto Mascagni Rusticana Cavalleria, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, vincendo il primo posto, che assicurò un montaggio finanziato da Sonzogno. Andata in scena al Teatro Costanzi, il 17 maggio 1890, l'opera di Mascagni ebbe uno straordinario successo, ma, nei titoli di coda, non si faceva menzione di Verga, il cui nome fu inserito solo dopo la sua manifestazione.,

Pur non essendo informato a priori di questo adattamento, lo scrittore ha preteso solo quanto gli era dovuto dalla legge sul diritto d'autore. Anche il maestro Gastaldon, autorizzato dall'autore a trasformare Rusticana Cavalleria nell'opera non si oppose a un contratto tra Verga e Mascagni, o tra lo scrittore e l'editore musicale, al quale il compositore aveva affidato il dramma lirico. Non trovandosi d'accordo sul valore della percentuale da pagare, Verga affrontò un lungo contenzioso legale con Sonzogno per recuperare parte degli ingenti dividendi ricavati dal melodramma di Mascagni, che si concluse nel 1893, con parere favorevole allo scrivente.

Vale la pena ricordare che il trionfo operistico, accanto al successo teatrale dell'opera di Verga, determinò il cambiamento del titolo della raccolta di cui faceva parte l'omonima soap opera, che cambia da Vita dei campus per Cavalleria rusticana e un altro romanzo, nell'edizione del 1892, e suscitò l'interesse della settima arte per la sua trama, portata sugli schermi all'inizio del Novecento, che confermò la penetrazione del Verismo anche nel cinema. La doppia paternità di Rusticana Cavalleria, tuttavia, poneva qualche problema, poiché non sempre era possibile stabilire se un film fosse tratto dal romanzo o dal dramma di Verga, oppure dal dramma lirico di Mascagni.

La lunga lite tra l'autore siciliano e il compositore toscano si è ripetuta in campo cinematografico. Ad esempio, nel 1916, lo scrittore assistette alle riprese della produzione di Ugo Falena, mentre quella di Ubaldo Maria Del Colle ebbe il benestare del maestro e del suo montatore musicale, che vietò la rappresentazione dell'opera durante la proiezione anche di altri adattamenti cinematografici. autorizzato Rusticana Cavalleria. Nell'eseguire la sua versione nel 1982, Franco Zeffirelli l'ha estratta dalla telenovela e dall'opera.

De Rusticana Cavalleria derivato da altri cinque film con lo stesso titolo, quelli di Mario Gallo (1908) ,, Émile Chautard (1910) ,, Mario Gargiulo (1924), Amleto Palermi (1939) e Carmine Gallone (sangue per amore, 1954), nonché una prima trasposizione in chiave comica, datata 1901, Cavalleria rustica?! ,, e “Cavalleria rusticana oggi”, primo episodio della commedia Io uccido, tu uccidi (1965), di Gianni Puccini. ,

Altri romanzi di Verga che hanno raggiunto gli schermi sono stati la lente d'ingrandimento (Il lupo), da cui sono state estratte le omonime trasposizioni di Alberto Lattuada (1953) e Gabriele Lavia (1996), caccia al lupo, L'amante di Gramigna (L'amante di Gramigna) E Rosso Malpelo (capelli rossi), girati con il titolo originale da Giuseppe Sterni (1917), Carlo Lizzani (1968) e Pasquale Scimeca (2007), rispettivamente, e libertà (Libertà), in cui Florestano Vancini si è ispirato a realizzare Bronte: chronaca di un massacro che i libbri di storia non hanno raccontato (1972).,

Tra i romanzi ci sono Storia di un'erbaccia, una peccatrice, Eva, vera tigre, Il marito di Elena ,, tutti adattati con lo stesso titolo. Il primo è stato girato rispettivamente da Giuseppe Sterni (1917), Gennaro Righelli (1943) e Zeffirelli (1993); il secondo, della Polifilm di Napoli (1918); il terzo di Ivo Illuminati (1919); La camera da letto di Giovanni Pastrone (1916) ,; il quinto di Riccardo Cassano (1921). I capolavori dello scrittore siciliano ebbero anche una versione audiovisiva: Io Malavoglia è stato portato sugli schermi da Luchino Visconti, in la terra trema (a terra fantastico, 1948) ,, e da Scimeca, in Malavoglia (2010); Mastrodon Gesualdo ha dato origine all'omonima serie televisiva (1964), diretta da Giacomo Vaccari.,

Riprendendo il discorso su Rusticana Cavalleria, quando fu trasformato in libretto, l'opera subì ulteriori modifiche: la Santuzza, che nella commedia era il secondo personaggio, fu elevata a protagonista; La madre di Turiddu, ora chiamata Lucia, iniziò ad avere una maggiore presenza scenica, diventando il terzo personaggio dell'opera; il coro di quartiere acquistava rilievo nelle arie cantate dai paesani al ritorno dalle fatiche, nell'osteria, in chiesa o in piazza. L'azione è rimasta ben sintetizzata, come nello spettacolo, in cui è stata rispettata l'unità spazio-temporale tipica del teatro greco.

Tutto si svolge nella piazza di un paese siciliano, il giorno di Pasqua, e fatti importanti che precedono quel giorno e spiegano il comportamento dei personaggi sono ripresi dalle battute, come in questo sfogo di Santuzza a Lucia, estratto dal libretto del musica lirica:

“Sai, mamma,
prima di essere un soldato,
Turiddu aveva giurato fedeltà
Eterna Lola.
Restituita, ed era sposata; È
con un nuovo amore volevo cancellare il
fiamma
che gli bruciava il cuore:
mi amava, lo amava.
Invidiava i miei piaceri
ha dimenticato suo marito, bruciato
gelosia…
Mi ha derubato... Escluso dall'onore
Sono:
Lola e Turiddu si amano,
Piango, piango!

Il personaggio di Santuzza, appena delineato nel romanzo e che ha trovato spazio nel dramma e nell'opera, finisce per avvicinare psicologicamente il protagonista di la lente d'ingrandimento, anteponendo la forza della sua passione alle leggi della comunità. La crescita della ragazza sedotta e disprezzata dall'amante e dalla madre di Turiddu sposta l'asse dell'opera, che da dramma tra due rivali maschili diventa tragedia dell'impossibilità femminile di infrangere certe barriere sociali.

Tra il 18 e il 29 ottobre 2014, il Teatro Municipal de São Paulo ha proposto una nuova versione di Rusticana Cavalleria ,, questa volta con la regia scenica di Pier Francesco Maestrini, che, nella lettura dell'opera, introduce una serie di licenze poetiche. Al posto della tradizionale scenografia della piazza del paese, con la chiesa, a sinistra, e l'osteria e la casa di mamma Lucia, a destra, ha preferito svelare davanti agli occhi del pubblico un paesaggio più ampio, con il paese in cima una collina e circondata da valli e colline (con una profondità di campo quasi cinematografica) e portano la location dell'azione fuori dal paese, in uno spazio che si presta ad ospitare i vari eventi.

La messa in scena ha così recuperato un elemento fondamentale dell'arte di Verga: il paesaggio. Nella prima scena, prima che i contadini inizino la raccolta delle arance, su una specie di pianoro, sulla sinistra, appaiono Turiddu e Lola che fanno l'amore all'alba. Il luogo dell'incontro tra gli innamorati richiama l'attenzione per il fatto che si riferisce agli scogli in riva al mare dove 'Ntoni Valastro e Nedda , si stavano frequentando la terra trema.

Il movimento dei paesani in scena è molto vivace, strappando così il coro al suo ruolo di mero spettatore e commentatore (come nel romanzo, nella pièce e in alcuni passaggi del libretto), in cui si limita a sottolineare le linee di i personaggi principali. . In questo senso si accosta al coro collettivo dell'intero borgo di Acitrezza, in Io Malavoglia, con i suoi dialoghi e il suo cosiddetto-me-detto, estremamente vivaci e colorati, ai quali anche Visconti non ha saputo resistere, recuperandoli magistralmente, soprattutto nella prima sequenza narrativa del film, in cui il movimento incessante della macchina da presa, che guida lo sguardo dello spettatore da un punto all'altro della spiaggia, è dettato dal ritmo sonoro della grande polifonia costituita dal parlato quasi incomprensibile dei pescatori siciliani.

l'angolo di Hallelujah che risuona in chiesa e in piazza è stato sostituito da un corteo di grande effetto scenico, che dialoga con i cortei presenti nelle produzioni cinematografiche del 1939 e del 1954, ad esempio. UN pietà, portato su una lettiga, diventa una parodia di a quadro vivo, perché quando la barella ornata viene posata a terra, la Madonna aggiusta Cristo che era poggiato sulle sue ginocchia e si unisce agli altri fedeli, che stanno cantando il canto religioso, seguita poco dopo dal figlio.

Compadre Alfio non è più un carrettiere, ma un boss mafioso che viaggia su una macchina nera con i suoi scagnozzi, senza tradire affatto la concezione del lavoro, nel pensare che questa organizzazione patriarcale si fondi sugli stessi valori legati all'onore e al possesso di patrimonio dei personaggi verguiani. Né è un riferimento a Il padrino III (Il potente capo III, 1990), di Francis Ford Coppola, che ha incorporato il preludio dell'opera nella sua colonna sonora. Del duello tra i due rivali, assente nel libretto, viene mostrato solo l'inizio, con Turiddu sottomesso dai suoi scagnozzi; e il suo corpo verrà da loro gettato davanti alla casa della madre, subito dopo il famoso grido che ne annuncia la morte: "Hanno ammazzato compare Turiddu!" (“Hanno ucciso compadre Turiddu!”). In questo caso l'effetto visivo si sovrappone al canoro, e l'elemento maschile al femminile, ma nulla riesce a vincere la forza impetuosa della Santuzza.

L'intertestualità , chi ha presieduto a questa messa in scena dell'opera fa riferimento alle diverse possibilità di lettura a cui la trama di Rusticana Cavalleria è stato soggetto fin dalla sua ideazione e ai vari livelli di interpretazione che si frappongono tra esso ei suoi estimatori contemporanei, che non fanno altro che arricchirlo e testimoniare la forza creativa di Giovanni Verga.

*Mariarosaria Fabris è professore in pensione presso il Dipartimento di Lettere Moderne della FFLCH-USP. Autore, tra gli altri testi, del cap Verga e il Verismo italiano, che include il volume Il naturalismo (Prospettiva).

Versione riveduta dell'articolo pubblicato in Lettere in rivista, volo. 6o. 1, 2015.

 

Riferimenti


BURGIO, Ignazio. “Giovanni Verga e il cinema: l'eterna battaglia contro cineasti, la censura, Mascagni e …se stesso”, sd .

FABRIS, Mariarosaria. “Verga e il cinema”. In: MOURÃO, Maria Dora G. et al. (org.). Studi cinematografici e audiovisivi – SOCINE: annali dei testi integrali. São Paulo: SOCINE – Società brasiliana di studi cinematografici e audiovisivi, 2013, p. 631-638 [risorsa elettronica].

GIBELLINI, Pietro. “Tre coltellate per compare Turiddu: lettura anthropologica di Rusticana Cavalleria”, 1993. Disponibile su:https://it.wikipedia.org/wiki/Cavalleria_ rusticana_(romanzo)>.

MUSCARÀ, Sarah Zappulla. “Rusticana Cavalleria di Giovanni Verga fra Teatro, Melodramma e Cinema”, 2014. Disponibile a:http://apcz.pl/czasopisma/index.php/ TSP/article/viewFile/TSP-w.2014/007/4730>.

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RICCARDI, Carlo. "Introduzione". In: VERGA, Giovanni. Tutte le novelle. Milano: Mondadori, 2001, p. VII-XXX.

ROBERTO, Federico de. “Prefazione” [a Processi verbali] In: ________. Romanzi, novelle e saggi. Milano: Mondadori, 2004, p. 1641-1642.

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VERGA, Giovanni. I Malavoglie. Trans. Aurora Fornoni Bernadini e Homero Freitas de Andrade. San Paolo: Ateliê Editorial, 2002.

 

note:


[[1]] mentre una peccatrice (1886), Storia di un'erbaccia (1871) e Eva (1873) precede “Nedda”, vera tigre (1875), Eros (1875) e Il marito di Elena (1882) furono pubblicati successivamente.

, Il progetto avrebbe dovuto essere completato con La duchessa delle Gargantà (Dopo La duchessa di Leira), L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso. La protagonista del terzo romanzo del ciclo avrebbe dovuto essere Isabella, presunta figlia di Gesualdo e futura contessa di Leyra. Il nucleo del romanzo, quindi, era già nell'opera del 1889. La duchessa di Leira, Verga tornerà ai temi dei romanzi borghesi, ritraendo la vanità aristocratica e le loro passioni. Il testo è stato scritto in più fasi: nel 1898, la nuova antologia ne ha annunciato la pubblicazione; nel 1907 l'autore comunicò a Édouard Rod, suo traduttore francese, che ci stava lavorando, ma, nel 1918, bruciò il manoscritto, segno evidente che l'esperienza verista era giunta al termine. Dopo la morte dello scrittore, Federico De Roberto pubblicò il primo capitolo del romanzo e il frammento del secondo, ritrovato tra le sue carte, sulla rivista la lettura (1 giugno 1922).

[3] Del resto, commentando uno dei postulati del Verismo, l'impersonalità – cioè una narrazione caratterizzata dal dialogismo e dall'assenza di commento, in cui lo scrittore “scompare” –, Federico De Roberto, il terzo grande nome di il movimento, nella prefazione di Processi verbali (1889), affermerà: “L'assoluta impersonalità può essere raggiunta solo nel puro dialogo, e l'ideale della rappresentazione oggettiva consiste nella dei prezzi come si scrive per il teatro. L'evento deve svolgersi da sé, ei personaggi devono significare ciò che sono attraverso se stessi, attraverso le loro parole e le loro azioni”.

, Carla Riccardi ha fatto lo stesso tipo di considerazioni quando lo ha suggerito Mastrodon Gesualdo è un romanzo “teatrale” nella sua struttura, non solo perché il “protagonista-eroe agisce in una società basata sulla finzione”, ma anche per l'uso di dialoghi e scene con la folla che sembrano atti di una commedia.

[5] Successo dimostrato anche dalle parodie Voce di cavalleria, eseguita al Teatro Milanese dalla compagnia di Eduardo Ferravilla ed Eduardo Giraud, e Fanteria rusticana: scena livornesei, messo in scena dalla compagnia Ciotti-Serafini al Teatro Nuovo di Firenze. Anzi, Io Malavoglia, quando uscì, fu un fiasco, sconcertando pubblico e critica.

[6] Nel dramma, cui allude il titolo Tartufo (Pecksniff, 1664), di Molière, lo scrittore oppone i valori della famiglia agli intrighi e all'ipocrisia della politica.

[7] Ispirato fondamentalmente da La dame aux camelias (La signora delle camelie, 1848/il romanzo; 1852/un dramma), di Alexandre Dumas Filho, rosa caduche si concentra su un tema costante nell'opera di Verguiana: la disparità di intensità e durata del desiderio amoroso in una coppia. Lo spettacolo non fu messo in scena all'epoca (la prima produzione è del 1960) e fu pubblicato solo nel 1928.

[8] Nonostante alcuni tentativi di ripresa, nel 1872, 1876 e 1878, il dramma non fu completato, ma l'autore utilizzerà parte dei suoi personaggi nella cosiddetta trilogia dell'amore – Eva, vera tigre e Eros - è a Il marito di Elena, mentre quelli che avrebbero dovuto recitare in due delle opere del ciclo di io venti: la duchessa di Gargantàs e l'avvocato Scipioni.

[9] Di quest'opera esistono tre bozzetti con titoli diversi, La moglie di Gerico (solo l'argomento), cenerentola (testo più completo, con atti, scene e personaggi) e Dolores (tre schemi), probabilmente del 1890, più un tentativo del 1913.

[10] Nel 1919, la lente d'ingrandimento fu musicato dal maestro Pietro Tasca, ma questa nuova versione andò in scena solo nel 1932.

[11] Un nuovo libretto di il mistero, scritto nel 1921, sarà pubblicato dalla rivista Scenario in 1940.

[12] Verga dedicò altre telenovelas all'ambiente teatrale, raccolto in Don Candeloro e Ci (1893): “Paggio Fernando” (1889); “Don Candeloro e Ci”, “Le marionette parlanti” e “La serata della diva” (1890); “Il tramonto di Venere” (1892).

13] Sebbene il libretto affermi che è tratto dal romanzo di Verga, la sua concezione è più vicina alla struttura dell'opera.

[14] Questa versione, prodotta in contumacia dell'autore, corrispondeva alle riprese della messa in scena dello spettacolo durante la tournée della compagnia teatrale di Giovanni Grasso in Argentina.

[15] Era la prima volta che Verga autorizzava la trasposizione cinematografica di un'opera di suo autore, ma non gli piaceva questa sceneggiatura di Rusticana Cavalleria; tuttavia acconsentì alla “Association Cinématographique des Artistes Dramatiques” per filmarlo, sperando di assicurare più a lungo il successo che stavano avendo in Francia le rappresentazioni teatrali dell'omonima pièce. Uscito l'anno successivo, il film diretto da Chautard non piacque alla critica e allo scrittore, che, nonostante l'esperienza negativa, non rinunciò a collaborare con l'industria cinematografica, come confidò alla sua compagna, la contessa Dina Castellazzi di Sordevolo, il 20 febbraio 1912 : “cavalleria o no cavalleria, il cinematografo oggi ha invaso il campo in modo e necessità argomenti o temi con cui istupidire pubblico e ciechi” (in carteggio citato da Muscarà nel 1999). I rapporti dello scrittore con il cinema sono sempre stati ambigui, poiché non voleva svilire la sua arte, ma allo stesso tempo, come altri letterati, si lasciava attrarre dal facile guadagno che la vendita dei diritti d'autore delle sue opere o di una sceneggiatura gli ha fornito. Inoltre, nel 1916, Verga diventa socio della “Silentium Film” di Milano, alla quale invia alcune sceneggiature, sempre con l'obiettivo di divulgare la sua produzione letteraria.

, Anche questo adattamento è stato realizzato senza il consenso dello scrittore. Verga, che, come già detto, si batté sempre per il riconoscimento del suo diritto d'autore, fu tra i fondatori della “Società Italiana degli Autori” (1882). Nel 1920 la neonata “Società Autori Cinematografici” lo invita ad associarsi, essendo uno dei direttori della fotografia più conosciuti e apprezzati al mondo.

, Tequila: storia di una passione (2011), del regista messicano Sergio Sánchez Suárez, è un buon esempio di altri film ispirati a Rusticana Cavalleria.

, Dei romanzi finora non citati, “L'amante di Gramigna” (1880) e “Rosso Malpelo” (1878) sono stati raccolti in Vita dei campus, mentre “Libertà” (1882) si integra novelle rusticane.

, Queste furono le ultime riprese che Verga poté assistere, poiché morì nello stesso anno.

, nei titoli di coda di vera tigre, il nome dello scrittore compare come sceneggiatore. Infatti, alcuni adattamenti delle opere di Verguiana per lo schermo hanno avuto la collaborazione dell'autore stesso, anche se non sempre li ha firmati. Verga lavorò come sceneggiatore dal 1912 al 1920, tuttavia, a volte De Roberto scriveva le sceneggiature, mentre la contessa Sordevolo si occupava degli adattamenti, ma sempre sotto la supervisione dello sceneggiatore.

, la terra trema continua ad essere la massima espressione di un testo verista nel cinema. All'inizio degli anni Quaranta Visconti era legato alla rivista Cinema, nelle cui pagine, con l'articolo “Verità e Poesia: Verga e il Cinema Italiano” (1941), Mario Alicata e Giuseppe De Santis avevano aperto un dibattito sull'opera dello scrittore siciliano. La riscoperta di Verga, come maestro dell'auspicato realismo, e la spinta a portare sulla tela la sua “arte rivoluzionaria, ispirata da un'umanità che soffre e attende”, erano legate alla volontà di opporsi a una cultura radicata nel sociale e realtà popolare del paese alla retorica della cultura ufficiale del fascismo. Visconti era interessato ad adattare “L'amante di Gramigna”, ma, quando gli è stato impedito di realizzare il progetto (la sceneggiatura non è stata rilasciata dal Ministero della Cultura Popolare), la sua scelta è caduta su Io Malavoglia, attratto anche dalla musicalità e dalla plasticità presenti in alcuni brani del capolavoro di Verguiano, che saranno elementi cardine del film, come ho già avuto modo di scrivere.

, In una lettera alla contessa Sordevolo (8 maggio 1912), discutendo quali scritti del suo autore potessero essere trasposti su tela, Verga – oltre a scartare “Le storie del castello di Trezza” (1875), “Certi argomenti” (1876 ), I ricordi del capitano d'Arce e Il marito di Elena – ha aggiunto: “Con Mastrodon Gesualdo e con Io Malavoglia, penso anche che nulla si possa fare per il gusto di questo pubblico” (come trascrive Muscarà nel 1999).

[23] L'opera, rappresentata per la prima volta in Brasile al Teatro São José (San Paolo, 9 febbraio 1892), fu presentata al Teatro Municipale di San Paolo in diverse occasioni, secondo il catalogo di quell'istituzione: 1 ottobre , 1913, agosto 1914, settembre 1915, ottobre 1922, giugno 1924, ottobre 1925, maggio-giugno e agosto 1926, dicembre 1928, luglio 1933, novembre-dicembre 1934, maggio 1938, ottobre 1941, ottobre 1942, settembre 1944, febbraio e giugno 1947, agosto 1948, ottobre 1949, giugno 1950, gennaio, maggio e settembre 1951, settembre 1956, novembre-dicembre 1957, settembre 1958, aprile 1962, ottobre 1963, ottobre-novembre 1965, ottobre 1968, ottobre 1974, novembre 1981, novembre 1993, dicembre 2000, ottobre 2013 – che attesta la sua grande penetrazione nel nostro ambiente culturale.

[24] Nel film, il cognome della famiglia di pescatori è stato cambiato in Valastro e la Sara del romanzo è diventata Nedda.

[25] È interessante notare che questo tipo di intertestualità caratterizzò anche il dialogo di Verga con registi italiani in opere che non erano trasposizioni di una telenovela o di un romanzo di sua autorialità. Ad esempio, ha fatto Visconti Rocco ehi i suoi fratelli (Rocco e i suoi fratelli, 1960) la continuazione di la terra tremamentre dentro Il gatto pardo (il leopardo, 1964), pur trattandosi dell'omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, aggiunse un tocco verguiano alla descrizione del giovane soldato trovato morto nel giardino del principe Salina, che trasse dal romanzo “Carne venduta”. carne”, 1885). Lo stesso hanno fatto Paolo e Vittorio Taviani quando hanno girato “La giara”, un episodio di Kaos (1984), prestando a Dom Lolló, uno dei protagonisti dell'omonimo romanzo e dramma di Luigi Pirandello, alcuni tratti dell'avaro Mazzaró de “La roba” (“La merce”, 1880), uno dei brevi narrazioni di novelle rusticane. Zeffirelli, al contrario, in Storia di un'erbaccia (sogno proibito), per le sequenze della peste, ha utilizzato la descrizione dell'epidemia di Alessandro Manzoni in Prometto sposi (La sposa e lo sposo, 1840-1844).

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