Brasile centrale

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Di DANIEL BRASILE*

Il nuovo quotidiano di TVT sta diventando un riferimento nella comunicazione audiovisiva brasiliana

I mass media sono diventati il ​​grande campo di battaglia ideologico del XXI secolo. Radio e TV avevano già anticipato questo scenario negli ultimi decenni del secolo scorso, ma la crescita esponenziale di internet ha messo altra benzina sul fuoco, con risultati disastrosi.

Guidato in modo anonimo, decentralizzato e spesso irresponsabile, Internet è diventato il veicolo ideale per diffondere bugie, voci, versioni frivole e discorsi fuori contesto. I grandi mezzi ne hanno risentito, su scala mondiale. Diminuì la diffusione di giornali e periodici, diminuirono gli introiti pubblicitari, si investì in portali e notizie virtuali, e oggi praticamente non c'è giornale, radio o tv che non utilizzi internet come supporto, fonte, archivio o veicolo ausiliario.

Il Brasile ha perso la grande occasione per modernizzare le sue comunicazioni con l'accantonamento delle proposte raccolte in occasione di conferenze regionali e nazionali tenutesi nel 2009, alla Conferenza Nazionale sulla Comunicazione, CONFECOM. Il governo ha fatto marcia indietro di fronte alle pressioni delle grandi società dei media, orzo sotto il quadro normativo del 1962, che era obsoleto ed elitario. Lontani dalla rappresentazione sociale delle tv e delle radio pubbliche europee, e anche lontani dalla liberaldemocrazia nordamericana, che impedisce la proprietà incrociata dei media (chi possiede un giornale non può possedere una tv, e viceversa), i clan familiari continuano a dominare i veicoli nel Paese, in legami sempre più contaminati con politici delle oligarchie locali, regionali e nazionali.

Ci sono stati molti tentativi di creare veicoli alternativi, popolari o eruditi. Ci sono momenti luminosi, irrimediabilmente accompagnati da finali malinconici. I coraggiosi giornali di resistenza alla dittatura, le riviste di cultura, i programmi musicali innovativi, stavano scarseggiando, soccombendo alla volgarità mediatica comandata dal grande capitale.

Quando il PT è salito al potere, creando un rapporto di forze senza precedenti nel Paese, ci si aspettava che si creassero veicoli impegnati in nuovi valori, sulla carta stampata, alla radio, in tv. Non dall'alto verso il basso, ma come risultato di una richiesta legittima da parte di settori storicamente esclusi della popolazione. Sfortunatamente, le esperienze di successo sono state poche.

TV Brasil non è mai riuscita ad affermarsi come “ente statale indipendente”, alla maniera di una BBC o di un RTF. Il governo del PT pensava che versare molti soldi in TV, radio e giornali privati ​​avrebbe ottenuto sostegno, o almeno spazio nella programmazione. Questa politica pragmatica non ha funzionato, come dice il proverbio popolare. Alza i corvi e ti caveranno gli occhi, recita un detto spagnolo molto appropriato.

L'esperienza più consistente di TV alternativa è stata attraverso i sindacati, TVT – TV dos Trabalhadores. Senza risorse statali o inserzionisti privati, è sopravvissuto alla caduta del governo del PT e mantiene una programmazione che non è in sintonia con l'uniformità sottomessa dei canali TV in chiaro. Diritti umani, attivismo politico, lotte sindacali, cultura periferica, dibattito di idee, dialogo con il mondo accademico e movimenti sociali sono i tratti distintivi della sua traiettoria.

Sotto pressione, economicamente strangolata e lavorando con un team minimo, TVT ha lanciato un nuovo telegiornale nel giugno 2020, in collaborazione con Rede Brasil Atual, Brasil de Fato e i fronti Brasil Popular e Povo sem Medo. Chiamato Central do Brasil, il nuovo giornale intende “dare voce ai movimenti popolari e analizzare i temi principali della situazione brasiliana”, come afferma il suo direttore, Igor Felippe.

Notizie di analisi? Ecco una novità sulla TV brasiliana. Certo, ci sono stati altri programmi con una proposta simile, ma non dal lunedì al venerdì, in prima serata (ore 20). Rilasciato in un contesto altamente sfavorevole, politicamente e pandemiologicamente parlando, Central do Brasil è stato presentato in anteprima il 15 giugno 2020, aprendosi con un omaggio all'omonimo film e una dichiarazione del regista Walter Salles. Ha dato voce ai delivery delle app (prima dello sciopero che ha rotto il blocco dei vecchi media), ha intervistato padre Julio Lancelotti e rappresentanti di altre religioni, comprese quelle afro-brasiliane, e ha parlato di Covid-19 con l'ex ministro Arthur Chioro. Buon inizio.

Da allora, con i limiti imposti dalle circostanze, che trasformano le relazioni in interviste via web conference in ambienti francescani, il programma affronta consapevolmente e con chiarezza temi rilevanti, dando voce a leader indigeni, comunitari, sindacali e popolari. Richiama anche analisti politici, sociologi, artisti e pensatori generalmente esclusi dalla TV tradizionale, legati al mondo accademico o ai movimenti sociali.

Prendendo inconsueta ispirazione dalla Rete della Legalità degli anni '60, il telegiornale si posiziona nettamente a sinistra, assumendo una posizione critica nei confronti del fascismo imperante. Nonostante i limiti economici, formali ed estetici, Central do Brasil è già un punto di riferimento nella comunicazione audiovisiva brasiliana. Possa avere lunga vita e possa realizzarsi il suo contributo al ristabilimento della piena democrazia.

Il programma può essere visto quotidianamente su TVT e sui social network come Youtube. Lacune che il nuovo sistema di comunicazione imposto da Internet consente alle voci dissonanti del lo status quo. Rafforzare iniziative come questa significa mantenere la speranza nella democrazia, il rispetto della diversità e la lotta contro ogni forma di autoritarismo.

* Daniele Brasile è uno scrittore, autore del romanzo seme di re (Penalux), sceneggiatore e regista televisivo, critico musicale e letterario.

 

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