concorrenza sociale

immagine: Paweł L.
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da FRANCISCO FERNANDES LADEIRA*

Con la rete informatica mondiale, la competitività sociale è stata portata a livelli inimmaginabili.

Internet, senza dubbio, è una delle più grandi conquiste dell'umanità. Per quanto riguarda la diffusione dell'informazione, trova paralleli storici solo nelle invenzioni della scrittura e della stampa. Tuttavia, più che un mezzo di comunicazione, Internet è anche una potente piattaforma di confronto sociale, dove le persone si sfidano su chi ha la famiglia più bella, partecipa alle feste più popolari, viaggia sulle spiagge migliori, possiede la relazione più felice o mangiare nei migliori ristoranti.

Preliminarmente, è importante sottolineare che l'uomo, in quanto essere gregario, si costituisce come tale attraverso il contatto con l'altro. La mia immagine di me stesso è percepita da ciò che penso di me stesso e da ciò che gli altri pensano di me. Pertanto, il confronto è insito negli esseri umani.

Tuttavia, con la rete informatica mondiale, la competitività sociale è stata portata a livelli inimmaginabili. A mio avviso, questa trasformazione di Internet in una "piattaforma di confronto sociale" ha due punti fondamentali: l'emergere dei social network e la divulgazione dello smartphone.

A metà del primo decennio di questo secolo, Orkut, il primo social network su larga scala, ha inaugurato l'era della competizione sociale online. All'epoca i confronti tra i profili virtuali erano ancora piuttosto timidi, in quanto orkut non disponeva di funzionalità indispensabili per il successo virtuale di un individuo, come la possibilità di avere un gran numero di amici (o follower), l'utilizzo di filtri fotografici e, soprattutto l'accesso non avveniva tramite dispositivi mobili, fattore che impediva alle persone di vivere determinate situazioni e di condividerle contemporaneamente nei propri profili virtuali.

Sta di fatto che, per l'esibizionismo nel world wide web, Facebook ha più risorse di Orkut. Il famoso hashtag “partito” permetteva già all'utente di informare i suoi principali passi quotidiani. La competitività online, però, ha raggiunto livelli stratosferici solo con Instagram, social network basato essenzialmente su immagini e video.

Accessibile principalmente da applicazione, tramite smartphone, Instagram consente la condivisione di foto e video nel momento esatto degli eventi, indipendentemente da barriere fisiche e temporali, rendendo “la vita reale” (offline) e “vita virtuale” (online) confondersi.

A differenza di orkut, quando era necessario scaricare le foto sul computer per poi pubblicarle; su Instagram, sempre e ovunque, le persone partecipano al concorso per il successo virtuale.

In questo senso Instagram Stories – una funzione dell'applicazione che permette la pubblicazione di foto e video che vengono visualizzati per ventiquattro ore – si impone come il grande spazio contemporaneo di confronto social. Laggiù, quella cena gourmet, il paesaggio esuberante, l'allenamento perfetto o la presenza nello spettacolo internazionale non sono limitati a me, sono visti dal mondo.

Più "mi piace" ricevo, più commenti positivi ricevo, più invidia suscito. Pertanto, più prestigio virtuale, più il mio ego è convalidato (almeno durante le ventiquattro ore di durata di a storia). In questo modo, condividere una particolare esperienza sulle Instagram Stories – sia attraverso foto che video – diventa più importante del “vivere l'esperienza stessa”.

D'altra parte, legare l'autostima al successo nella sfera virtuale ha alcuni effetti collaterali. Come hanno dimostrato studi recenti, il piacere ottenuto dai “mi piace” nei post su Instagram Stories (e sui social network in generale) è simile a quello provato dai consumatori di alcol, tabacco e altre droghe.

Di conseguenza, nel tempo, è necessario aumentare la dose (in questo caso, post su Instagram Stories) per generare lo stesso effetto piacevole di prima. E così si forma un altro circolo vizioso. Non a caso, oggigiorno si parla molto di patologie legate al (cattivo) utilizzo di internet, come ad es selfie Stima, nomofobia, sindrome del tocco fantasma e disturbo da dipendenza da Internet.

Insomma, in questo conflitto di vanità che sono diventate Instagram Stories, non ci sono vincitori, ma sentimenti di benessere falsi ed effimeri. È un gioco la cui stecca sarà sempre più alta dopo che un post riceverà più like, visualizzazioni e commenti rispetto al precedente. Parafrasando un detto popolare: “il storia quello del vicino è sempre più verde del nostro”.

Sfortunatamente, non ci sono segnali di cambiamento in questo scenario travagliato. Al contrario, con l'inutilità della moda e la possibilità di nuovi strumenti a disposizione di chi vuole forgiare l'immagine di una vita perfetta, c'è una forte tendenza per la competitività sociale sulle Instagram Stories a diventare ancora più feroce e dannosa.

*Francisco Fernandes Ladeira è un dottorando in geografia presso Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di L'ideologia delle notizie internazionali (Editore CRV).

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