da LUIZ WERNECK VIANNA*
Sotto minaccia, la società ha iniziato il sentimento di insurrezione contro un governo che nega il meglio delle nostre tradizioni
Per gli osservatori disattenti, l'attaccamento irrazionale di Bolsonaro al potere quando tutti e tutto sfugge al suo controllo e comunica forte e chiaro che è arrivato il momento della sua fine, appaiono segni di follia, di fallimenti cognitivi che sfuggono alla normale percezione delle circostanze a cui si trova è esposto, sia nel processo elettorale che alle urne manda segnali irreversibili di sconfitta, sia nel manifesto rifiuto da parte dell'opinione pubblica greca e troiana, anche di larghi strati dell'élite, al suo stile di comando e di governo.
Ma c'è un metodo in questa follia, e che non rifugge dall'utilizzare alcun espediente per evitare la sua sconfitta finale, favorendo fino in fondo anche scontri che portino il Paese sull'orlo della guerra civile. Bolsonaro e i suoi immediati dintorni non hanno mai nascosto le loro finalità di quella che intendevano come una purificazione politica del Paese, l'eliminazione dei loro oppositori, al limite, fisica (i trentamila morti così spesso citati pubblicamente), esplicita nella glorificazione dei torturatori militari in la dittatura militare e nella sua ossessione per la difesa del regime AI-5. In questo senso fece della diffusione del culto delle armi e del possesso diffuso delle armi una politica di Stato, favorendo la creazione di milizie tra i suoi simpatizzanti e sostenitori.
Durante tutto il suo governo, in particolare dopo la sua flessione a favore delle forze politiche raggruppate nel Centrão, cercò di percorrere le strade della politica nella speranza che con esse sarebbe stato accreditato per disputare con successo la successione elettorale, senza perdere di vista, a in qualsiasi momento, l'alternativa del truffatore nel caso in cui si sentano frustrati. Salvo un disastro cosmico alla vigilia delle elezioni, la sua sconfitta elettorale è scontata, e già si sentono i tamburi che annunciano la presenza di cospiratori contro la democrazia, in cui cominciano ad alzarsi forti trincee, nazionali e internazionali, contro i loro tentativi.
I democratici, in questo momento estremamente grave, non possono illudersi anticipando il successo dei loro sforzi, perché, di fatto, la posta in gioco è portare avanti l'opera incompiuta di democratizzazione del Paese, rimuovendo ciò che ancora sopravvive delle macerie autoritarie. La disperazione di chi si sente sul punto di perdere il potere e le sue prebende possono portarlo a ricorrere al “tutto o niente” o a pensare che “dopo di me il diluvio”, facendo precipitare il Paese nello scompiglio e nel caos.
Il recente oltraggio alla dignità della nazione praticato da Bolsonaro nel famigerato incontro con gli ambasciatori di paesi amici ha messo in luce ancora una volta la natura sconsiderata delle sue azioni di leader politico che subordina tutto a ciò che intende come suo interesse a preservare il potere. I rischi letali che corre la nostra democrazia per l'azione di cospiratori disposti a impiegare estremi mezzi contro di essa non possono essere altri che quello di unire tutti in questa causa di salvezza nazionale.
Sotto la minaccia, la società ha iniziato il sentimento di insurrezione contro un governo che nega ciò che c'è di meglio nelle nostre tradizioni e nei nostri sforzi per radicare qui gli ideali civilizzatori. Il manifesto che conta ormai più di 500mila firme in difesa della democrazia e delle nostre istituzioni, al quale aderiscono giuristi, intellettuali, artisti ed enti di rappresentanza dell'industria, della finanza e del commercio e sei centrali sindacali, ancora aperte a nuove adesioni, punta in quella direzione .
Il suo testo, gli attori e il luogo in cui sarà annunciato pubblicamente l'11 agosto presso l'Università di San Paolo, portano simbolicamente i legami tra l'attuale movimento libertario e quello degli anni '1980, a significare la continuità nelle lotte democratiche tra questi due periodi in che quest'ultimo mira a completare ciò che mancava ancora al primo.
*Luiz Werneck Vianna è professore presso il Dipartimento di Scienze Sociali della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (PUC-Rio). Autore, tra gli altri libri, di La rivoluzione passiva: iberismo e americanismo in Brasile (Revan).
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