Coppa del Mondo oltre le quattro linee

Immagine: Juan Salamanca
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da FRANCISCO FERNANDES LADEIRA*

La Coppa è una grande vetrina di propaganda geopolitica, un potente meccanismo di esercizio potenza morbida

Una volta terminate le elezioni più importanti della nostra storia (fortunatamente con il risultato atteso), a partire da questa domenica (20/11), una nuova agenda dominerà l'agenda pubblica dei brasiliani (e della popolazione planetaria, in generale). Questa è la Coppa del Mondo FIFA – Qatar 2022.

Non che questo torneo sportivo sia immune dalla sfera politica. Piuttosto il contrario. In Brasile le due aree sono sempre state intrinsecamente intrecciate. Il terzo campionato della squadra brasiliana, nel 1970, ad esempio, fu utilizzato dal governo militare come propaganda per il regime, essendo una sorta di cortina fumogena per le atrocità avvenute nei cosiddetti “seminterrati della dittatura”. I boicottaggi dell'élite Tupiniquim ai due Mondiali qui disputati (1950 e 2014) miravano a destabilizzare, rispettivamente, i governi di Eurico Dutra e Dilma Rousseff.

Sulla scena globale, l'associazione tra i Mondiali e la politica è ancora più forte. Del resto, un evento a cui partecipano miliardi di persone in tutto il pianeta è una grande vetrina di propaganda geopolitica, un potente meccanismo per esercitare potenza morbida.

Come i militari brasiliani, i fascisti italiani usarono la vittoria della loro squadra ai Mondiali del 1934 (giocati in casa) come propaganda per il regime. Addirittura, alla vigilia della partita decisiva contro l'Ungheria, i giocatori azzurri ricevettero un telegramma firmato dallo stesso dittatore Benito Mussolini, con il succinto e diretto messaggio: “O si vince o si muore”.

Nel decennio successivo l'influenza politica sul torneo di calcio fu più radicale. Le coppe previste per il 1942 e il 1946 non si sono svolte a causa della seconda guerra mondiale, il più grande conflitto armato della storia umana.

D'altra parte, la neutralità mantenuta dalla Svizzera nel conflitto militare citato nel paragrafo precedente diede al piccolo paese europeo l'opportunità di ospitare i Mondiali del 1954 (curiosamente vinti dalla nazione responsabile di aver provocato la seconda guerra mondiale: la Germania).

Nel 1978, come i fascisti italiani ei militari brasiliani, anche la dittatura argentina usò il titolo della sua squadra per scopi politici. Otto anni dopo, nella coppa disputata in Messico, nel 1986, la stessa Argentina batterà l'Inghilterra per 2 a 1, in un match disputato appena quattro anni dopo la sconfitta dei sudamericani da parte degli inglesi nella guerra delle Falkland. Evidentemente una partita di calcio non ha lo stesso peso di un conflitto bellico; tuttavia, sarebbe controverso negare il carattere geopolitico di questo confronto storico.

Le sedi degli ultimi tre Mondiali – Sudafrica, Brasile e Russia, nel 2010, 2014 e 2018 – simboleggiano la forza dei Brics nell'attuale scenario geopolitico globale. A proposito, parlando di Russia, a causa dell'invasione della vicina Ucraina da parte dell'esercito di Mosca, la nazionale del Paese è stata bandita dalla FIFA dalla qualificazione ai Mondiali in Qatar (fattore che ha portato all'accusa di agire secondo fini politici, considerando che la stessa sanzione non è stata applicata ad altre selezioni, come, ad esempio, gli Stati Uniti).

Infine, la Coppa del Mondo non è immune da vincoli esterni. Il calcio, lo sport più popolare del pianeta, influenza ed è influenzato anche da altre istanze sociali. Non a caso, nei giorni scorsi, la CBF ha avviato una campagna per “depoliticizzare” la maglia della nazionale brasiliana, ovvero vuole che la divisa del Canarinho non sia più associata ai fanatici sostenitori di Jair Bolsonaro. Se questo tentativo avrà successo o meno, vedi la polarizzazione ideologica della nostra società, questa è un'altra storia.

Il fatto è che, non solo in Brasile, ma in molti altri paesi, un titolo mondiale (o una sconfitta umiliante) può aiutare a eleggere governi, deporre presidenti e contribuire ad aumentare o diminuire l'autostima di un'intera nazione. ricordando un famoso meme: "Non è solo calcio".

*Francisco Fernando Ladeira è un dottorando in geografia presso Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di L'ideologia delle notizie internazionali (CRV).

 

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