da JOÃO CARLOS BRUM TORRES*
La flagrante violazione del solenne dovere assunto dal presidente quando, entrando in carica, giurò di “promuovere il bene generale del popolo brasiliano”
Nove mesi fa, il video della riunione ministeriale del 22 aprile 2020 irrompeva sulla scena politica mentre i 62 milioni di m3 di sterili dalla diga di Fundão. Certo, l'effetto tossico delle parole e delle immagini pubblicizzate non scorreva allo stesso modo sul Brasile, non aveva l'enorme massa fisica del fango di Samarco. Ma il suo impatto distruttivo sulla fiducia, sui valori e sugli ideali che sono alla base delle istituzioni democratiche non è stato da meno. Credenze, impegni, norme di civiltà, rispetto della legge, opinioni e idee divergenti, salute e pace non si misurano in metri cubi. Ma questa dimensione ideale della convivenza ha il suo modo di essere densa.
Il ripristino della democrazia ci è costato di più ed è stato più lento dell'estrazione del ferro. Ci è voluto un quarto di secolo per rifondarla e più di 30 anni in cui, tra battute d'arresto e tristi delusioni, abbiamo mantenuto il corso della nostra democrazia un po' sconnessa, ma resiliente.
Già lì, la raffica di volgarità del presidente per attaccare governatori e sindaci ha violato il “dignità, onore e decoro d'ufficio”, per usare espressioni della legge dei delitti di responsabilità (legge 1079/1950). Ma in quell'incontro ci fu qualcosa di molto più serio, l'annuncio del presidente che lo avrebbe fatto armare il popolo, cosa che ha fatto continuamente con il rilascio dell'acquisto di armi in parallelo con un costante sforzo di seduzione politica ed emotiva della Polizia Militare e l'incorporazione di un contingente senza precedenti di personale militare nell'amministrazione civile. Come capirlo?
Il Brasile è stato invaso da una potenza straniera? Le istituzioni democratiche vengono sovvertite da movimenti terroristici o insurrezionali? Ci sono iniziative separatiste che mettono a rischio l'unità nazionale? Le nostre Forze Armate sono disunite?
L'evidente impossibilità di rispondere sì a nessuna di queste domande fa pensare che l'intenzione rivelata nell'intimità del governo avesse un'altra logica: o si trattava di una minaccia di “cambiare con la violenza la forma di governo della Repubblica” o di un caso di strutturato delirio paranoico. Per fortuna finora questi intenti eversivi non si sono concretizzati, in quanto Magistratura, Congresso, i maggiori organi di opinione, nonostante minacce velate o esplicite, come la recente dichiarazione che sono le Forze Armate a decidere se mantenere o meno la democrazia , sono riusciti a sostenere il nostro impegno costituzionale nei confronti delle istituzioni della democrazia rappresentativa, prevenendo l'azione dei gruppi d'assalto di destra, come si è visto di recente negli Stati Uniti.
Tuttavia, come se non bastasse, da allora, pur non avendo più accesso a quanto accade nei consigli di potere, il disservizio di Bolsonaro agli interessi permanenti del Paese non è stato meno ostensivo o meno grave. Da allora infatti, senza rimpianti, ha lavorato instancabilmente e con astuzia per adeguare il governo e la cultura civica del Paese alle sue convinzioni reazionarie e autoritarie. Per sfigurarli, possibilmente dall'interno, ma pronti ad abbatterli se quella via è bloccata. I modi per farlo ei fronti d'azione erano tanti e non c'è modo di passarli in rassegna qui. Ma è necessario evidenziare almeno tre di queste linee di continua follia.
La prima è la politica estera iperideologizzata ed erratica, le cui malefatte vanno dallo svilimento della dignità della Presidenza della Repubblica del Brasile contenuto nella servile e ridicola dichiarazione d'amore per Trump, in una riunione dell'Onu, ai patetici voltafaccia delle dichiarazioni, ufficiose e ufficiali, sulla Cina, primo partner commerciale del Brasile.
Il secondo, la manifesta incompetenza nell'affrontare le complesse e scivolose questioni della politica ambientale, i cui danni all'ambiente e all'immagine internazionale del Brasile sono gravissimi.
Ma il danno più grave risiede nella flagrante violazione del solenne dovere assunto dal Presidente quando, entrando in carica, giurò promuovere il bene generale del popolo brasiliano. O il disprezzo con cui Bolsonaro tratta la pandemia non viola quel giuramento?
L'indifferenza verso il malato, verso chi non malato teme la malattia, verso chi non la teme, ma adotta i comportamenti dolorosi dell'isolamento sociale solidale con gli altri, gli effetti dei suoi innumerevoli esempi di mancanza di educazione sanitaria e umanistica non sono la prova che il presidente maltratta il popolo brasiliano? Licenziare due seri ministri della salute nel mezzo della gravissima crisi della sanità pubblica, affermando che la tutela dei più deboli è responsabilità delle famiglie, non dello Stato, avendo avuto la più incompetente e pericolosa delle trattative sui vaccini, questo è non ammettere che tutto ciò che ha i servizi sanitari svolti in nostra difesa o in loro assenza? Quando il covid-19 ha già ucciso più di 220mila persone e in Amazzonia l'eutanasia diventa una risorsa per evitare atroci morti per soffocamento, dichiarare che la morte attende tutti non è forse una presa in giro delle sofferenze dei brasiliani in questo momento di sventura? Assumere tali posizioni contro l'opinione pubblica mondiale non sembra esprimere un'opinione sostenibile solo dal freddo bronzo delle convinzioni eugenetiche?
Non finirà? È per questo che elegge e mantiene un presidente?
*Joao Carlos Brum Torres è un professore di filosofia in pensione presso l'UFRGS. È stato Segretario alla Pianificazione del governo del Rio Grande do Sul (1995-1998 e 2003-2006). Autore, tra gli altri libri, di Trascendentalismo e dialettica (L&PM).