Di colpi e controcolpi nella tradizione brasiliana

Immagine: Fidan Nazim qizi
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da FLAVIO AGUIAR*

La tradizione golpista brasiliana, i suoi tanti successi e pochi fallimenti, ci aiuta a definire linee di comportamento di fronte alla minaccia attuale

Si scrive e si dice molto oggi in Brasile sulla prospettiva che l'usurpatore del Palazzo Planalto tenti un colpo di stato prima, durante o dopo le elezioni di ottobre, vista la prospettiva della sconfitta contro Lula. La speculazione spazia da chi vede questo come nient'altro che un vanto, a chi vede il tentativo come riuscito in anticipo, a chi è sicuro che l'usurpatore tenterà il colpo ma non dà per scontato il suo successo.

Varianti per le valutazioni includono la posizione dei comandanti militari, il comportamento del basso clero delle Forze Armate, i militari in pigiama, la polizia militare di stato, i club di tiro, le milizie para-poliziesche e il banditismo, soprattutto a Rio de Janeiro, e i fanatici seguaci dell'eventuale leader del golpe.

Come fattori di controgolpe, le argomentazioni additano la popolarità del governo in caduta libera, il mancato sostegno di settori della comunità imprenditoriale, l'incertezza sul comportamento generale delle Forze Armate, la totale mancanza di sostegno internazionale e un l'eventuale apatia da parte di vaste fasce della popolazione vale come un'arma a doppio taglio, potendo essere elemento favorevole o contrario al golpe. L'evidente antilulismo dei media tradizionale conta come un elemento a favore del successo del golpe, anche se questi stessi media dimostrano scetticismo e paura di fronte al mostruoso golpista che hanno contribuito a creare.

Penso che uno sguardo alla nostra tradizione golpista, i suoi tanti successi e pochi fallimenti, possa aiutarci a definire linee di comportamento di fronte alla minaccia, anche se queste linee sono diverse, secondo le molteplici preferenze possibili. Non prometto un sondaggio completo, poiché non sono uno storico. Intendo rivedere quello che ho imparato studiando i colpi di stato o vivendoli di persona ea colori, o sulla mia pelle.

Non appena il Brasile si ritrovò indipendente nel controverso 7 settembre 1822, ci furono tre grandi colpi di stato nella sede della Corte, Rio de Janeiro. Ricordo anche che è possibile discutere se l'“offerta” di D. Pedro I sia stata un colpo di stato o meno. Fu certamente un "gioco di prestigio" che mantenne l'Impero che si stava creando lì come una sorta di condominio per i Braganças. In una lettera indirizzata a suo padre, datata 22 settembre 1822, D. Pedro dichiara a suo padre che non attuerà più i decreti di – e cito – “Cortes faziose, orribili, machiavelliche, disorganizzanti, orrende e pestilenziali” di Portogallo. Il colpo di Stato per l'Indipendenza fu consumato.

Poi, in mezzo all'enorme confusione politica instauratasi nel paese, ci fu quella grande successione di tre colpi di stato. Il primo, nel 1823, fu classico: Pedro I ordinò al suo apparato militare di circondare, impadronirsi e chiudere l'edificio dell'Assemblea Costituente, e l'anno seguente abbassò con decreto la Costituzione. L'Assemblea, completamente fratturata, se non frammentata, non seppe resistere e Pedro I poté, con una consultazione del Consiglio di Stato e poi un tratto di penna, approvare la prima Costituzione del Paese.

Dopo il 1831, quando l'imperatore si dimise, seguì il travagliato periodo di Reggenza, con rivolte regionali da nord a sud, interrotte dal cosiddetto “colpo di maggioranza”. In questo, nel giugno/luglio 1840, il Parlamento eluse uno dei requisiti della Costituzione del 1824 e proclamò la maggiore età di D. Pedro II, a 13 anni. Per quanto ne sappiamo, si trattava di un colpo di stato ordito da membri del Partito Liberale per rimuovere dal potere il reggente conservatore, Araújo Lima. Questo golpe godette di una certa popolarità, come si evince dal verso cantato all'epoca nelle strade e nelle piazze della capitale: “Vogliamo D. Pedro II/Anche se non ha età/La nazione fa a meno della legge/E viva la maggioranza”… Va bene, ma quel “fare a meno della legge” andrebbe a fondo nella tradizione brasiliana.

Si formò un ministero liberale, che fu infine deposto dal giovane imperatore nel 1842, tra accuse di brogli elettorali, ma sostanzialmente sotto la pressione dei conservatori, che tornarono così al potere, imponendo alla Corte un'agenda accentratrice. Ciò ha portato i liberali alla rivolta armata a San Paolo e Minas Gerais. Questi, dopo alcuni primi successi, furono sconfitti dall'Esercito Imperiale comandato da una figura che sarebbe diventata fondamentale nella politica conservatrice durante il Secondo Regno: il già Barone, futuro Conte, Marchese e Duca di Caxias. I ribelli di São Paulo cercarono di costruire un ponte con quelli del Rio Grande do Sul, ma Farroupilha era già in declino, l'Esercito e la Marina Imperiali dominavano rispettivamente l'altopiano intermedio e l'intera costa fino al bar Lagoa dos Patos, e il collegamento non è stato stabilito.

Caxias è stato un elemento chiave in un altro episodio della politica del Secondo Regno che aveva accenni a un colpo di stato, sebbene seguisse le regole delle leggi dell'epoca. Nel 1866, quando la guerra del Paraguay era già in corso, il gabinetto, che era liberale, nominò Caxias comandante generale delle forze brasiliane. Nel 1868 Caxias sarà nominato comandante generale delle “forze alleate”, che comprendevano anche argentini e uruguaiani. Facendo una ricerca sulla biografia di José de Alencar, poiché Caxias era legato anche al Partito Conservatore, ho trovato sulla stampa dell'epoca indicazioni che in quel momento Caxias avesse fatto pressione sull'Imperatore, chiedendo, per rimanere nella carica di comandante generale della guerra, il licenziamento del gabinetto liberale, con il quale era caduto, e la sua sostituzione con un gabinetto conservatore, guidato dal visconte di Itaboraí, di cui Alencar era ministro della giustizia, con una prestazione molto controversa. L'episodio segnala l'influenza militare sulla politica della Corte, che crescerà fino al successivo colpo di stato, quello della Proclamazione della Repubblica, nel novembre 1889.

Questo è stato uno dei colpi di stato più curiosi, controversi e controversi della nostra storia. A quanto pare, chi lo comandava, il maresciallo Deodoro, sapeva che stava dando un colpo, ma non sapeva esattamente quale colpo stesse dando. Febbricitante, era costretto a letto e lasciò il letto su richiesta di ufficiali subordinati, tra cui il maggiore Frederico Sólon de Sampaio Ribeiro, che sarebbe poi diventato il suocero di Euclides da Cunha, per comandare la truppa che agitava le strade di Rio de Janeiro.

Diversi malumori convergevano in quella circostanza. L'imperatore e la principessa Isabel avevano perso il loro ultimo baluardo significativo, il sostegno degli oligarchi proprietari terrieri di Rio, San Paolo, Minas e altrove, grazie alla Lei Áurea, che abolì il regime degli schiavi senza il preteso compenso finanziario ai proprietari di schiavi. La principessa, una fedele cattolica, considerava indecente questa indennità. I militari erano scontenti e non si sentivano prestigiosi, il debito pubblico stava salendo e ci furono gravi scontri in Parlamento. Il primo ministro, il liberale Visconde de Ouro Preto, aveva presentato progetti di riforma politica che decentravano il potere e stabilivano che i senatori non sarebbero stati più a vita, tra l'altro che dispiacquero profondamente anche ai conservatori.

Spinto da giovani ufficiali repubblicani, Deodoro accettò di assumere il comando delle truppe mobilitate e radunate a Campo de Santana, la futura Praça da República. Deodoro pensava che l'agitazione fosse destinata a deporre il gabinetto liberale di Ouro Preto; ma gli eventi precipitarono e la pressione repubblicana aumentò. La versione attuale dice che Deodoro accettò di firmare il decreto che deponeva il suo amico Imperatore, quando venne a sapere che avrebbe nominato, in sostituzione di Ouro Preto, suo disamorato nemico politico e si dice che anche un rivale in amore, il politico gaucho il liberale Gaspar da Silveira Martins, detto “Il Tribuno”.

Secondo una tradizione ormai in declino, la Proclamazione della Repubblica non fu altro che una caserma pacifica e incruenta, che non mutò nulla nella struttura del potere politico dell'epoca. Divenuta celebre la frase del giornalista Aristides Lobo, pubblicata in un articolo del 18 novembre: “la gente guardava ciò bestializzato, attonito, sorpreso, senza sapere cosa significasse; molti credevano seriamente di vedere uno stop”. Un'altra immagine di fama è quella del romanticismo Esau e Jacó, di Machado de Assis: in quei giorni travagliati, il personaggio Custódio esita tra chiamare la sua Pasticceria “dall'Impero” o “dalla Repubblica”; infine, scelse il nome meno compromettente di “Pasticceria Governativa”…

Sono immagini sorprendenti; ma fa attenzione. Presi dal contesto di quei giorni del novembre 1889, quando l'Imperatore decise di non resistere, così come il comandante della guardia di Palazzo, Floriano Peixoto, non obbedì agli ordini di resistenza impartitigli dallo stesso Ouro Preto, possono portare a l'errata comprensione che tutto era fiori nell'Annuncio. Con questo, se il potere non ha cambiato classe, ha cambiato mani e zampe di cavallo.

Ha nel suo resoconto alcune delle guerre civili più sanguinose della storia brasiliana: la Federalista, nel Rio Grande do Sul, tra il 1893 e il 1895, le due Rivolte della Marina, a Rio de Janeiros, la prima nel 1891 - quando in una nuova il colpo di stato Estado Deodoro fece chiudere il Congresso - e nel 1893/1894, con alcuni ribelli diretti nel sud del paese; a Nossa Senhora do Desterro, oggi Florianópolis, l'unione dei federalisti del Rio Grande do Sul e dei ribelli dell'Armada provocò una delle repressioni più sanguinose della nostra storia, comandata dal colonnello Moreira César; Infine, anche il terribile episodio della Guerra de Canudos, nel 1897, in cui Moreira César riapparirà, questa volta tragicamente, è collegabile all'effervescenza neorepubblicana.

Ancor prima, Floriano Peixoto prolungò il proprio mandato alla presidenza assunta dopo le dimissioni di Deodoro nel 1891, a causa della prima Rivolta della Marina, quando la Costituzione ordinò nuove elezioni, e governò con l'ausilio dello stato d'assedio. Da notare inoltre che le Revoltas da Armada, in quella che oggi è la Capitale Federale, segnarono il primo intervento diretto, seppur discreto, degli Stati Uniti nella politica brasiliana, a sostegno di Floriano Peixoto.

E così, avendo ancora nelle orecchie il trotto dei cavalli, il fischio delle pallottole, il rombo dei cannoni, nelle narici quella mescolanza dell'odore acre della polvere da sparo con l'odore del sangue, siamo entrati nel promettente Novecento, volendo costruire l'immagine che il Brasile era un paradiso pacifico e ordinato!,

*Flavio Aguiar, giornalista e scrittore, è professore in pensione di letteratura brasiliana all'USP. Autore, tra gli altri libri, di Cronache del mondo sottosopra (Boitempo).

 

Nota


[1] Questo è il primo articolo di una serie di sei. Come ho già detto molte volte, non sono né uno storico né uno scienziato sociale. Sono uno scrittore e ho insegnato Lettere per 38 anni. Non aspettarti ipotesi, tesi e conclusioni oggettive o definitive, tanto meno statistiche e quadri teorici. Questa collana è costituita dal risultato di letture sparse, anche se non sparse oa caso, spesso motivate dai miei studi letterari; di storie familiari e ricordi personali, oltre a osservazioni e pareri di mia responsabilità.

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