da CARLA TEIXEIRA*
La storia ci insegna che prima o poi, in Brasile, arriva sempre il colpo contro i governi laburisti
In Brasile, lo sviluppo industriale e urbano è stato accompagnato dalla crescita e dall'organizzazione delle classi popolari. Gli anni '1960 segnano una svolta nel conflitto instauratosi tra le loro rivendicazioni, che chiedevano l'ampliamento dei diritti (di voto, di essere eletto, istruzione, sanità, riforma agraria, urbanistica, politica, ecc.), e i settori conservatori che cercavano mantenimento della sua egemonia politica, economica e sociale. La guerra fredda ha gonfiato il vecchio discorso anticomunista e gonfiato gli spiriti, espandendo una cultura politica che era stata diffusa e interiorizzata all'interno della società brasiliana per decenni. Ai comunisti fu attribuita una posizione di forza molto maggiore di quella reale.
All'epoca, i conservatori sapevano che il Partito Comunista Brasiliano (PCB), che fu rovesciato nel 1947, era una forza politica minoritaria, ma la paura del comunismo era qualcosa di efficace nella società che riceveva sempre un'impressione terrificante dai comunisti. L'intenzione era quella di suscitare l'indignazione popolare, come la “Marcia della Famiglia con Dio per la Libertà” che sostenne il golpe del 1964 e aprì lo spazio per classificare l'intera sinistra come “comunista”. La stampa e l'Unione Nazionale Democratica (UDN) hanno fatto eco al discorso di rottura, chiedendo che i militari reagiscano contro il “pericolo rosso”.
Il golpe del 1964 ebbe l'entusiasmo e il sostegno della classe media e delle élite economiche, militari, politiche e religiose. La lotta alla corruzione è stata usata come bandiera nella lotta contro il governo Jango, che ha sostenuto le riforme. L'anticomunismo, argomento centrale del golpe, fu una manovra utilizzata per coprire i piani di rottura di settori della destra, bloccare le riforme e legittimare il processo autoritario che si sarebbe instaurato e approfondito nei decenni successivi.
Dopo la caduta del muro di Berlino e la disintegrazione dell'Unione Sovietica, il discorso anticomunista ha perso vigore. Tuttavia, la crescita e l'espansione del Partito dei Lavoratori (PT) ha mostrato la forza politica di un nuovo rosso che rappresenta le classi popolari. L'agenda neoliberista adottata dagli anni '1990 in poi, che privilegia il settore finanziario improduttivo e penalizza la popolazione con le strette, non sarebbe mai approvata in uno scrutinio elettorale dopo gli anni 2000. Altro per tornare al potere diverso dalla rottura istituzionale. La storia ci insegna che prima o poi, in Brasile, arriva sempre il colpo contro i governi laburisti.
L'anno 2016 ha segnato la fine di molti accordi che hanno dato origine alla Nuova Repubblica, ma anche tirato fuori dalle fogne il sentimento anticomunista rivisitato e risignificato nell'anti-PTismo. La stessa retorica anti-corruzione è stata usata e diretta contro il PT, in generale, e contro Lula, nello specifico. L'obiettivo era rendere politicamente e moralmente irrealizzabile il principale rappresentante delle classi popolari e, quindi, fermare l'agenda di sviluppo e inclusione sociale che si stava praticando nel paese.
La squalifica della politica e le successive accuse di corruzione associate ai governi del PT (“Mensalão”, “Petrolão”), hanno accresciuto il sentimento anti-sistema tra la popolazione, rapidamente capitalizzato dall'anti-PTismo. Rimuovere il partito dal potere e impedirne il ritorno era una questione essenziale. Corrosa dal processo di impeachment che hanno condotto, la cosiddetta destra liberale si è trovata, nel 2018, senza un candidato competitivo e ha dovuto fare affidamento sulla scialuppa di salvataggio bolsonarista per far vincere la sua agenda economica neoliberista al setaccio elettorale. Si formò così l'alleanza strutturale tra neoliberismo e neofascismo che oggi (dis)governa il Brasile.
La retorica anticomunista si è rinnovata in tempi di anti-PTismo, ancorata a vecchie bandiere come “Il Brasile non sarà una nuova Cuba”, ma anche con Fake News che trattavano della “bottiglia di scarafaggi”, del “Gay Kit” e del “ legalizzazione della pedofilia”, temi che attaccavano direttamente valori difesi superficialmente dall'estrema destra bolsonarista: Dio, Patria e Famiglia. Gli agenti coinvolti nelle azioni del 2016 e del 2018 corrispondono a quelli del 1964: le classi medie, imprenditoriali, militari, élite politiche e religiose, con il supporto dei media, della Magistratura e del Pubblico Ministero Federale. Tutti la stessa zuppa, sempre la stessa storia.
Le élite brasiliane sono prive di cultura politica civica e hanno sempre mostrato disprezzo per la democrazia, il cui legame occasionale era casistico e congiunturale. Il mantenimento al potere di Bolsonaro, nonostante il genocidio della popolazione brasiliana causato dalla cattiva gestione della pandemia da parte del suo governo, sotto l'approvazione dei media e della destra liberale, è un sintomo del male che ha afflitto la nostra Repubblica sin dalla sua fondazione. Solo un popolo organizzato e consapevole delle proprie esigenze e dei propri diritti potrà approfondire e consolidare la democrazia nel nostro Paese, prevenendo rotture e violazioni istituzionali che minacciano gli interessi del popolo e della Nazione.
*Carla Teixeira è un dottorando in storia presso l'UFMG.