da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*
I giudici del lavoro rispettano le leggi e la Costituzione. È tempo che la STF, in materia di lavoro, faccia lo stesso con l’ordinamento giuridico costituzionale
Report pubblicato, forse non a caso, dalla rivista Guardare, porta il titolo: “Il duro messaggio di Gilmar Mendes ai giudici del lavoro che ignorano la STF”.
Ebbene, innanzitutto è importante ricordare che quando entrano in carica, i giudici prestano giuramento di rispettare le leggi e la Costituzione. Pertanto, quando affermano (come fanno da decenni) che in una data forma di prestazione di servizi esiste un autentico rapporto di lavoro, fondato su precetti giuridici e costituzionali, adempiono precisamente il loro dovere funzionale.
La novità di oggi, iniziata nel 2023 – è bene sottolinearlo – è che la STF ha deciso di affermare che il Tribunale del lavoro non può più adempiere al suo ruolo istituzionale, definito tale fin dalla sua istituzione nel 1941, di prendere decisioni con riconoscimento della rapporto di lavoro, adducendo che tali decisioni sarebbero contrarie alla posizione stabilita al riguardo dalla STF.
Ma se non vi è stata alcuna modifica dell'ordinamento giuridico costituzionale riguardo al posizionamento dei diritti del lavoro, inserito, è bene ricordarlo, nel Titolo dei diritti fondamentali e avente il rapporto di lavoro come presupposto della sua applicazione; e se non vi è stato alcun cambiamento nemmeno riguardo all’esistenza del Tribunale del lavoro, un tribunale specializzato, creato proprio per far rispettare i diritti dei lavoratori, non esiste alcuna base giuridica per sostenere questo brusco “cambio di direzione” da parte della STF.
Se esiste un conflitto, accertato a partire dal 2023, tra le decisioni del Tribunale del Lavoro e della STF, è perché la STF, senza alcun supporto costituzionale, ha ritenuto opportuno ridefinire la competenza del Tribunale del Lavoro e disattendere le prescrizioni giuridiche relative alla il riconoscimento del rapporto di lavoro.
Se, come dice il ministro Gilmar Mendes, la STF è “affollata” di ricorsi contro le decisioni del Tribunale del lavoro che riconoscono il rapporto di lavoro in una determinata prestazione di servizi (2.566 reclami su un totale di 4.781) è perché la stessa STF, accettando e accogliendo le prime denunce, pur senza alcun supporto costituzionale o infracostituzionale e eccedendo di molto le proprie competenze, soprattutto perché tale analisi comporta un esame probatorio, ha favorito il deposito di siffatte denunce.
Non sono quindi i giudici e i giudici del lavoro a “sovraccaricare” l’STF. In realtà, ciò che questi numeri rivelano è che i giudici del lavoro continuano a rispettare la Costituzione e che l’STF, in modo inaspettato e arbitrario, ha semplicemente smesso di farlo, il che è estremamente grave, poiché spetterebbe all’STF esserne il tutore. della Costituzione e ciò che abbiamo, concretamente, è un'inversione di valori, cioè è la magistratura del lavoro che lancia un duro messaggio alla STF che la mancanza di rispetto della Costituzione non passerà inosservata!
E il ministro Gilmar Mendes va oltre e inizia, in modo rude, ad attaccare l'istituto, alludendo a “capricci del Tribunale del lavoro”, quando riconosce il rapporto di lavoro “tra persone giuridiche e tra lavoratori di app e piattaforme come Uber”; e che la STF “perde tempo” annullando tali decisioni.
Ora, se il Ministro fosse a conoscenza dei precetti giuridici che, sulla base delle norme costituzionali e di numerosi trattati internazionali legati ai Diritti Umani, sono alla base del Diritto del Lavoro, non farebbe una dichiarazione così gratuitamente offensiva e priva di base giuridica come questa. Questo modo di pensare è ciò che fa perdere tempo a molte persone, inclusa la stessa STF, e ha causato enormi sofferenze a coloro che sono costretti a vendere la propria forza lavoro in Brasile e si trovano di fronte a una realtà in cui i loro diritti minimi, previsti dalle leggi e la Costituzione, vengono spontaneamente rispettate.
Al contrario, ciò che si riscontra nel mondo del lavoro è l’uso diffuso di molteplici formule di assunzione che eludono fraudolentemente i diritti dei lavoratori, accompagnato da un attacco sistematico e sostenuto dai media a tali diritti – e, ultimamente, con un sostegno istituzionale sempre più esplicito.
Va inoltre rilevato che i vari casi, ai quali si riferiscono le denunce presentate alla STF, riguardano una presunta “disobbedienza” all'interpretazione della Corte in cui veniva riconosciuta la validità dell'outsourcing, anche nell'attività caratteristica dell'azienda. Risulta che l'outsourcing, come si è visto nel caso in cui è stata stabilita l'intesa della STF, non è un contrappunto al rapporto di lavoro ma piuttosto una forma di spostamento del rapporto di lavoro dall'azienda mutuataria all'azienda fornitrice. Il lavoratore esternalizzato continua ad essere assunto, ma non dall'impresa considerata mutuataria, bensì dall'impresa incaricata di fornire i servizi, in una sorta di rapporto triangolare. Il rapporto di lavoro nei casi di esternalizzazione permane in ogni caso.
Quando un'azienda assume un lavoratore come persona giuridica, non si tratta quindi di outsourcing. E se le prove del fascicolo (e solo in questo caso e non automaticamente o per “capriccio”) portano alla conclusione che questa assunzione è stata effettuata per eludere l’applicazione della legislazione sul lavoro, cioè che si è basata su frode e ciò, accertato nell'analisi probatoria degli atti, spetta al Tribunale del Lavoro, ai sensi dell'art. 114 TU e in base agli articoli 2, 3 e 9 TLC, dichiarare l'illegittimità, riconoscere il rapporto di lavoro e ordinare il pagamento dei diritti lavorativi applicabili nei fatti.
Inoltre, considerate le ricadute di ordine pubblico che l'applicazione dei diritti del lavoro comporta, spetta alla magistratura del lavoro determinare l'emissione di una lettera al Pubblico Ministero del Lavoro, affinché possa procedere all'accertamento delle irregolarità, quando riguardano atti omogenei, individuali, collettivi o pubblici, nonché alla Procura della Repubblica, per accertamenti circa l'eventuale commissione dei delitti di falsificazione di atti pubblici (art. 297, § 3, II, e § 4, c.p.) e evasione contributiva (art. 337 -A cp).
Un altro rapporto, pubblicato casualmente lo stesso giorno, sul sito legale Jota, mostra che la situazione è ancora più grave quando l'argomento per l'“invalidazione” (poiché non esiste un nome legale per questa azione da parte della STF) delle decisioni del lavoro è che le aziende possono scegliere il tipo di rapporto giuridico che avranno con i dipendenti lavoratori, cioè, con o senza diritti dei lavoratori.
Come si legge nell'articolo: “i ministri affermano che la Corte ha precedenti che riconoscono la possibilità di assunzioni con regimi di lavoro che vanno oltre il CLT”. (…) Nonostante ciò, i magistrati del lavoro continuano a condannare le aziende che optano per un regime diverso e a ordinare loro di pagare a questi lavoratori i diritti del lavoro, previsti dalla CLT”.
Tuttavia, la Costituzione federale garantisce espressamente ai lavoratori un elenco di diritti minimi e non esiste alcuna disposizione normativa che leghi l'efficacia di tali diritti all'accordo delle aziende, perché, ovviamente, ciò non accadrebbe. Non a caso, infatti, i diritti del lavoro sono inalienabili, sono norme vincolanti ed esprimono precetti di ordine pubblico legati, tra l'altro, alla Previdenza Sociale e alla funzione sociale della proprietà, della libera impresa e dell'ordine economico.
Come se ciò non bastasse, come annuncia lo stesso rapporto, sotto la presidenza del ministro Luís Roberto Barroso la situazione tende a peggiorare, poiché la “creazione” casistica e selettiva di meccanismi specifici per intervenire in modo ancora più incisivo nelle azioni del Tribunale del lavoro (il che ci porta ad una logica esplicita di stato di eccezione).
Risulta che, concretamente, se la magistratura del lavoro, alla luce degli elementi prodotti in causa, accertando il dolo, non dichiara accertate le illegittimità, non riconosce il rapporto di lavoro e non condanna l'imputato al rispetto della normativa del lavoro, esso, infatti, violerebbe il suo dovere funzionale.
Ma, come si vede dal contenuto dei rapporti citati, i giudici del lavoro rispettano le leggi e la Costituzione. È ora che la STF, in materia di lavoro, faccia lo stesso!
*Jorge Luiz Souto Maior è docente di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Danni morali nei rapporti di lavoro (Studio degli editori). [https://amzn.to/3LLdUnz]
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