È sempre mai

Hans Hofmann, Effervescenza, olio, inchiostro di china, caseina e smalto su pannello di compensato, 54,375" x 35,875", 1942.
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da PRISCILA FIGUEIREDO*

Cinque poesie.

Per Adriana Braga
(“'Rafael [Braga] verrà rilasciato domani, venerdì'”, dissi. Lei rispose in tono rassegnato:
…………………………………………………………………………………………………………….'Non mi dicono mai niente'.,).

Rafael verrà rilasciato domani
avvertito, in visita, il giornalista,
e la madre, mascherando a malapena il suo orgoglio
già ferito dalla conoscenza di seconda mano,
bianco, sconosciuto e magro,
la notizia che aspettavo da tanto tempo,
così risentito
piuttosto che dimettersi:
“Non mi dicono mai niente…”

Non ti dicono mai niente!
è sempre mai
è sempre niente
sono sempre loro

I suoi reni ancora dolevano,
come una cintura che si stringe
memoria e attesa.
C'erano molte notizie che aspettavi,
ci sono state molte chiamate
perché ti sei svegliato prima
e, deviando dal suo percorso,
mai arrivato.

Molti furono quelli che evaporarono
all'alba, e la sua voce
giurò di aver sentito
dall'interno dei sogni
o remare nell'aria.

è sempre mai
è sempre niente

Tosse molto,
il ragazzo si avvicinò alla casa,
debole, mutilato dalla guerra,
una busta di medicina tra le dita -
non deve aver sentito la madre dire:
“Vieni subito
Stavo per prendere il mio caffè!

Quasi non era giusto anche se si apriva
mano di caffè e i suoi miseri minuti,
Lo prendo da solo da un po' di tempo.
Ciò che è venuto per essere in contrasto
con tutto l'anno
da quando il figlio era in prigione?
Quante volte, quante
preparato invano,
perseverato, camminato, camminato
costante come la luce
era il caso giudiziario?

Sul tavolo,
inaspettato,
come tutti i giornalisti,
i gerani ascoltavano ancora
“non mi dicono mai niente…”
scomparendo nel nulla.

 

che superbo Ficus
è stato a lungo conteso con la strada…
Non bastava essere un titano per sfondare
uno ad uno i legami concreti che vincolano
gli antenati, ampi movimenti.
Se facciamo un passo indietro, possiamo vedere chiaramente l'immagine di a
formidabile barca a vela ormeggiata sul marciapiede.

Lui, in cui speravano gioia, vasta ombra e bellezza,
lui, a cui non è mai stato chiesto cosa volesse
né quello di cui avevo bisogno,
più di una volta deve aver favolato nel suo esilio:
“Ce ne sono tanti quanti sono io,
siamo forti – serrare i ranghi;
la nostra liana
catturerà e strangolerà tutta questa città!

Deformato, coperto di grosse vene varicose,
il dolore e l'odio che lacerano ciò che un tempo era pacifico
cuore di legno,
vuole ora mostrarci, non senza rammarico,
l'orgoglio di un gigante che fa scoppiare il soffitto di cemento,
finché in cima,
nel groviglio di fili elettrici e brutti,
colpisci la testa,
torcendo le braccia prigioniere.

Trasformato in una bestia, a cui cercano di mettere la museruola,
sarà ucciso, ma morirà orgoglioso.

 

Non sono mai stato un fan di poesie che parlavano di poesia –
il motivo esatto per questo? Non lo so
ma non fa male cercare di scoprire:
sarà perché il poeta, quel giorno,
non gli viene in mente niente, proprio niente –
nessun rombo, un ritmo,
nessuna parola in particolare lo ispira,
tintinna nel tuo spirito,
chiunque potesse
derivare per puro caso un mondo,
o un mondo tramontante, forse il tuo,
e tutto questo accade senza di lui
non prevedere assolutamente nulla.

(Poiché Saul non prevedeva che lo avrebbero salutato
come re, quando era uscito solo per andare a prendere
i culi smarriti di suo padre.
Dopo che un mago ti ha parlato del suo
alto destino, eppure Saul
volevo sapere il destino degli asini:
“Non occupare il tuo cuore con loro
perché già ci siamo trovati l'un l'altro.")

Può anche essere,
nel caso di coloro che concepiscono in sogno,
che il tuo impianto sciopera,
non un altro pulsante verso
nella notte mutevole e incosciente.
Questo tipo però non si addolora, aspetta.

A volte si verifica anche dalla stanchezza
portarti per mano alla poesia
senza bisogno di parlarne.
Segue il motto:
“Più fanno quelli che Dio aiuta
chi presto si alza presto” – anche perché
presto, nel suo letto, lui ancora
sta facendo poesia.

Ma non essendo quel tipo di demiurgico,
poi comincia a dire quanto è stanco,
mentre ti stai quasi arrendendo,
la poesia è più impossibile, le parole
prostituite e senza freschezza, e toglietele dalla strada
è duro come rompere la pietra (cosa che lui
tutto il tempo sta facendo).

Si lamenta così tanto finché alla fine si spaventa:
"Non è che ho scritto una poesia!"
Mi sento un po' ingannato, non lo so
se ti senti anche tu.

 

Hai visto come la luna Era bello ieri?
L'ho visto, l'ho visto, me ne vergogno, basta
per il mio amico per descrivere un po' di più
com'era abbagliante l'immensa palla di fuoco
e i suoi lampi rossi nel cielo grigio.
Ma non avevo davvero visto niente -
Era da un po' che non alzavo il collo...

In ogni caso, ho chiesto: e oggi
Pensi che continui così, così?
No, l'ultimo giorno dell'eclissi è stato ieri!
Ecco perché sembrava essere di sangue.
Rimango zitto e con un certo senso di colpa
per aver vissuto con la mia testa... sulla luna
precisamente,
quello del passato e dei sogni ad occhi aperti,
rivedendo le notti limpide di una corte nell'infanzia,
del cinema, dei film sui lupi mannari,
poesia di tutti i tempi.

– Ma che dire di questo satellite del mio tempo?, mi rimprovero.

È davvero colpa della città, io ci vado
cacciare la poesia tra timpani e spuntoni?
Ho già rinunciato a questa lotta,
Mi sono rassegnato – ci sono cose
irraggiungibile nella vita,
e poi guardo avanti, a volte indietro,
lateralmente, è vero, di tanto in tanto
giù – sassi e merda sulla strada sono uguali –,
ma se non gocciola proprio sopra la mia testa
o non seguo le orme di un gatto o di un vicino,
dirigere gli occhi verso l'alto è sempre più raro;
quando giro la nuca, sollevando il mento,
Sento già che non è più un'abitudine, come se
il cardine si era arrugginito.

Dev'essere per questo che non mi piace.
di fuochi d'artificio; la “monaca merencorosa”
inseriti nello stesso ordine e in quell'ordine
Non distinguo la natura del manufatto.
Per un momento la gente si ferma e dice
“Guarda che bello!”, più persone filmano che guardano
qualunque sia lo spettacolo;
tirami, fammi alzare da tavola, e
Mi controllo per non essere un guastafeste.

No, lasciami in pace,
i muri di cemento ci seppellirono vivi;
la città è un letto di spighe, e tra queste
le stelle vengono a mettere le loro braccia prigioniere.
Conforme, non mi manca l'orizzonte -
quante specie non vivono sottoterra
e stavi bene senza di essa?
"Ma abbiamo gli schermi!"
Quindi, non va più che bene?

 

Midas

“Numen (gli rispose) comanda tutto
Possa tutto ciò che tocco trasformarsi in oro.
(Ovidio, Metamorfosi, trad. di Bocage)

Dio sapeva che il desiderio era folle,
ma grato a Mida per i festeggiamenti
di dieci giorni, concedigli il male che l'altro,
per errore e avidità, ha giudicato bene.
Ramo, terra, mele e porte,
prelibatezze, liquori, vetrine, la mano
del suo compagno,
i tuoi figli, la caviglia stessa
– non c'è nulla da toccare che sfugga all'essere oro,
e se si meraviglia, brinda all'occhio.

Il paesaggio perde i suoi colori, tutto va dove
allunga il braccio metallizza, tace.
I suoni si ritirano,
le acque sono d'oro,
gli uccelli, splendenti, cadono duramente.
non può più mangiare
che l'oro non si mangia,
né ha di che dissetarsi.
Ogni volto che la tua carezza irrigidisce.

Non può più dire se il pane d'oro
sul tavolo era caldo o già freddo,
se il ruscello scorreva dolcemente o frettoloso.
Con sgomento, chiama più vicino il cane amico,
ma quando ci metto sopra la mano, si asciuga il muso,
giallo o nero dell'intero mantello –
tutto lui ora è un animale d'oro,
sarcofago di se stesso, che è già morto.

Quanto è diventata noiosa la vita di Mida:
le notti irrompono limpide come il giorno,
il giorno più luminoso che fosse mai stato.
Tutto ciò che luccica è grigio di tutto.
Sileno nel suo compiacimento non aveva pensato
che, in risposta alla richiesta, impoverì –
d'oro! – il paesaggio di tutti.
Ben presto vide il re, i colori spariti
e la natura stessa delle cose,
che labbra fulve e dure non baciarono,
e le coperte di metallo - com'erano pesanti!

Poi ha voluto rivedere il mondo della plastica, dove
le entità si dissolvono bacio ebb concessione,
e si tuffò nella corrente di un fiume. Gli dei
sono benigni, disse Ovidio, che ci disse anche:
là lavò il corpo e lavò il delitto – e il mondo,
concludevamo, era per lui come per gli altri
tornato di nuovo.

*Priscila Figueiredo è professore di letteratura brasiliana all'USP. Autore, tra gli altri libri, di Matteo (poesie) (beh ti ho visto).

Nota


[1] Basato su un rapporto di Juliana Passos per la rivista Piauí, 19 settembre 2017. La poesia, scritta nello stesso anno, è stata rivista ancora una volta per la presente pubblicazione, ma era già stata pubblicata in precedenza sulla rivista InSURgência: Revista dei diritti e dei movimenti sociali, 4(1), 2018.

 

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