Effi Briest

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Di Arlenice Almeida da Silva

Commento all'ultimo romanzo di Theodor Fontane.

Nel 2013 è stato tradotto in Brasile, per la prima volta, Effi Briest, l'ultimo romanzo di Theodor Fontane (1819-1898). Indirettamente, il lettore brasiliano conosceva già l'autore fino in fondo un vasto campo, romanzo del 1995 di Günter Grass, in cui lo stesso Theodor Fontane è reso protagonista di un felice intreccio di storia, letteratura e immaginazione, in cui Grass tesse una trama che mescola le impasse etiche ed estetiche di Fontane con i dilemmi di una Germania riunificata. Con Effi Briest personaggio e opera si incontrano, permettendo al lettore di verificare fino a che punto Fontane sia, in territorio tedesco, al tempo stesso un grande realista e un ammirevole narratore.

Theodor Fontane ha sperimentato vari generi prima di dedicarsi al romanzo. Nato nel 1819, a Neurupiin, nella provincia del Brandeburgo, di discendenza ugonotta, iniziò a lavorare come farmacista come il padre, ma presto abbandonò il mestiere, dedicandosi al giornalismo nel quale si distinse a Londra, nel tedesco-inglese Corrispondenza, tra il 1855 e il 1858.

Autodidatta, il suo soggiorno a Londra gli ha permesso di entrare in contatto con la pittura inglese e il teatro, in particolare con Shakespeare, di cui Fontane ha tradotto l'opera. Tali approfonditi e rigorosi studi gli aprono il campo delle arti, nelle quali comincia ad agire attraverso l'attività critica. Quando è tornato a Berlino, ha lavorato per quasi vent'anni come editorialista teatrale per il Vossische Zeitung, stimolando la quotidianità culturale della città, nella quale è rispettato come cronista, critico e poeta, anche se rimane poco riconosciuto negli ambienti ufficiali dell'intellighenzia.

Come poeta, è l'autore di Balladen, del 1861, poemi narrativi che ruotano attorno a leggende popolari e motivi storici, con conclusione moralistica; e anche daWanderungen durch die Mark Brandenburg” (Pilgrimages through Brandenburg), in cinque volumi, del 1862, un misto di guida turistica e descrizione del paesaggio; scritti, insomma, che gli servirono da esercizio propedeutico al genere romanzesco, al quale si dedicherà a sessant'anni.

La fonte documentaria del romanzo Effi Briest è giornalistica e storica: il piano iniziale è stato concepito dopo la cronaca che Fontane venne a conoscenza dei fatti reali, noti come “caso Ardenne”, che videro coinvolti Elisabeth Freiin von Plotho e suo marito Armand Léon von Ardenne in un conflitto composto da adulterio, duello , morte e divorzio. L'argomento ha mobilitato diversi scrittori all'epoca, come mostrato da Epilogo di Gotthard Erler, tra cui Friedrich Spielhagen che scrisse anche il romanzo sul caso Zum Zeitvertreib (Per passare il tempo).

Attenendosi a ciò che è realmente accaduto, la finzione si lascia alle spalle i modelli letterari e si articola in anticipo con la scrittura giornalistica, cioè con il presupposto che ci sia un elemento di verità che il discorso stabilisce quando enunciato in un'attualità istantanea. . Il che spiega perché Fontane, giornalista e romanziere come Sue, Dumas o Balzac, abbia permesso che la narrazione fosse letta prima come un serial., tra ottobre 1894 e marzo 1895, in Deutsche Rundschau, e pubblicato solo alla fine del 1895 in formato libro; Vale la pena ricordare che l'anno successivo, nel 1896, il romanzo raggiunse cinque ristampe, l'unico successo ai tempi di Fontane.

La familiarità con ciò che si supponeva accadesse, però, permise a Fontane di andare oltre il conosciuto, introducendo sospetti, ipotesi esplicative, destabilizzando il fatto in molteplici percezioni, mosso sempre dal desiderio di raggiungere una verità e non come esercizio mimetico di una data oggettività; l'autore penetra così nell'universo della finzione, liberando nella narrazione l'immaginario e quanto in esso trabocca di sotterraneo e misterioso.

Ora, tra i soggetti enigmatici prediletti, quello del femminile perseguita Fontane in diversi romanzi: ellernklipp (1882), L'adultera (1882), Graf Petofy (1884), Cecile (1887), Frau Jenny Treibel (1892) Unwiederbringlich (1892), e infine Effi Briest (1894). In questa serie le donne sono nobili, piccolo borghesi, proletarie, urbane o provinciali; In esso, tuttavia, troviamo il topos del femminile presentato quasi sempre in contorni imprecisi, come schizzi, che combinano l'affettività con l'instabilità o con una sorta di tradimento, sulla falsariga del caso Ardenne. Fontane, nell'enunciare un discorso sul femminile, non agisce però come un semplice moralista, poiché modula volutamente le sue narrazioni sulla base di diversi punti di vista, tutti intessuti in una complessa rete di molteplici causalità.

Em Effi Briest abbiamo un discorso femminile unico, Effi è una donna che non ama, né è capace di assumere vere passioni. Ciò che qui interessa all'autore non è dunque l'insorgenza di una passione, ma la sua impossibilità, vissuta come genesi dell'infelicità, della sofferenza inevitabile, che nei suoi momenti più acuti ricorda quella del Giobbe biblico; è però un dolore che non si dice, se non indirettamente, attraverso allusioni e silenzi. Questa sordina che percorre l'intero romanzo rimanda direttamente allo stile di Fontane: una scrittura contenuta, sobria, di origine protestante, ugonotta e luterana, a cui si deve l'unicità dell'opera. Gunter Grass, a un vasto campo, vede in Fontane un “osservatore discreto”: una “persona che scrive sinteticamente di ciò che è grande e in gran parte di ciò che è piccolo” (Grass, 1998, p.601).

La "sventurata Effi" è la figlia della nobiltà terriera, in Hohen-Cremmen, la ragazzina vestita di bavero alla marinara, colta dalle prime battute a correre, saltare e giocare spericolata nel suo giardino e che sposa, poche pagine dopo , a diciassette anni, con il ben più anziano barone Instetten, consigliere provinciale a Kessin, nella Pomerania Orientale, soprattutto per ambizione e rispetto dei genitori.

Effi si presenta, da un lato, come un'indomabile forza della natura, quasi mitica come la fata Melusine, nelle parole della madre, "figlia delle brezze" (Torcia della Luft), dall'altro, come personaggio paradossale ed enigmatico, visto che in lei “c'era un misto di grazia e petulanza, i suoi ridenti occhi castani tradivano una grande intelligenza naturale, tanta voglia di vivere e una profonda gentilezza” ( Fontane, 2013, p.11). L'indeterminazione è anche storica, poiché siamo nella vecchia Prussia, in declino, e in transizione verso la moderna Germania bismarckiana. Qui, come negli altri romanzi di Fontane, vediamo oscillare i due poli della storia tedesca, la vecchia Prussia nostalgicamente idealizzata e la Germania moderna, guardata ancora con riserbo e sospetto.

Il formato del romanzo è misto. Da un lato predomina la descrizione epica, ricca di dettagli, sia sulla società berlinese che sulla provincia di Kessin, più la sobria caratterizzazione dei personaggi, svolta soprattutto attraverso i dialoghi; dall'altro c'è la concentrazione dell'intreccio sul personaggio di Effi e l'uso significativo della forma intima della lettera, che permette al romanzo di realizzare anche intenti drammatici.

Infatti, come ha sostenuto Peter-Klaus Schuster, nella scrittura di Fontane c'è un tenue equilibrio che è soprattutto pittorico, in quanto le sue osservazioni denunciano una sensibilità visiva sviluppatasi a contatto soprattutto con la pittura inglese di Turner, Reynolds, Hogarth e in particolare con i preraffaelliti, come Millais, Collins, Hughes o Rossetti, le cui figure femminili sono conservate, metà letterarie, metà realistiche, avvolte nella religiosità e nell'erotismo. (Schuster, 1978, p.40).

il cinese

Dopo aver sposato Geert von Instteten, Effi va a vivere nella sua casa di Kessin; abbandona l'atmosfera familiare e piacevole e si addentra in un paesaggio desolato, desolato e noioso. Davanti a lei appare una Germania esotica, forte, composta da un misto di slavi, tedeschi e occasionali stranieri, come un servitore cinese che aveva vissuto lì e fu sepolto in un vicino cimitero. Effi non comprende nessuna particolarità della regione, tutto è triste per lei e, di fronte all'estraniamento, si rannicchia sola nella sua paura. La casa è, soprattutto, infestata, abbellita brutalmente con pesanti mobili antichi o oggetti esotici; il soffitto del vestibolo mostra, come sospesi in aria, uno squalo e un coccodrillo.

In questa sinistra casa, Effi vive nella paura, incoraggiata dal marito, dai servi e da altri residenti della regione, che la spaventano sempre con la storia dei cinesi. In breve, era stato il servitore di un ricco mercante, Thomsen, che aveva vissuto nella stessa casa di Instetten e si era probabilmente innamorato perdutamente della nipote del suo padrone. Fatto sta che quando è costretta a soccombere a un matrimonio di convenienza, la sposa scompare la prima notte di nozze e, giorni dopo, il cinese viene ritrovato morto.

 Seguendo la tradizione tedesca, soprattutto i racconti fantastici di ETA Hoffmann o Adelbert von Chamisso, Fontane innesta nella presunta razionalità del genere, accenni al soprannaturale, suggerendo rapporti tra il fantastico e l'erotico. Lo straniamento viene esplorato nella presentazione di diversi opposti inconciliabili, che si moltiplicano nella trama narrativa, come, ad esempio, la casa, che si presenta allo stesso tempo accogliente e sinistra (è sondebarerweise gemütlich e unheimlich contemporaneamente) (Fontane, 2013, p.139).

È in questi termini che il motivo del perturbante appare nella scrittura pudica di Fontane (Unheimliche), anticipando il significato che Freud, nel 1919, chiamerà “sensazione inquietante”, sulla base di riferimenti letterari e linguistici, soprattutto nel racconto “L'Uomo Sabbia, di ETA Hoffmann. Il suggerimento di Freud è che nel termine unheimlich ci sarebbe una relazione tra il familiare e il non familiare; poiché ciò che appare lì "non è qualcosa di nuovo o estraneo, ma qualcosa di familiare alla psiche da tempo, e che avrebbe dovuto rimanere nascosto, ma è apparso". In altre parole, l'inquietante è facilmente e spesso “raggiunto quando il confine tra fantasia e realtà viene cancellato, quando ci viene incontro qualcosa di reale che fino ad allora vedevamo come fantastico, quando un simbolo assume la piena funzione e il significato del simbolizzato (Freud, 2010, p. 360-364)”.

La storia dei cinesi, narrata ugualmente attraverso omissioni e allusioni, da varie voci nel corso dell'opera, stabilisce un parallelo con il destino di Effi. Il motto per Unheimlich sia come inquietante che sinistro, attiva elementi arcaici e, nel caso di Effi, la primitiva paura dei morti, permettendo al lettore di intuire la posta in gioco di ciò che è messo a tacere, cioè la forza perturbante e incontrollabile della sessualità che nel romanzo è evocato dalle zone profonde del desiderio. A quanto pare la paura di Effi è del marito, della sua autorità; paura che si manifesta, indirettamente, come paura dei cinesi.

Effi vuole andarsene dalla casa lugubre, la “casa maledetta col cinese di sopra”, col cappotto blu, che cammina a notte fonda, entra nella sua stanza, le spazzola il letto, spaventando anche il cane Rollo. Ora, il marito contemporaneamente deride e stimola la sua paura, umiliandola con l'argomento della sua inferiorità sociale, dal momento che “le infestazioni sono un privilegio come gli alberi genealogici” (Fontane, 2013, p.111) e la paura è “propria delle persone insignificanti”. Instetten, con la sua “propensione a seminare nebbia e inquietudine e poi ridere della credulità umana” cerca di camuffare la mediocrità della casa, dandole una connotazione esotica, mostrandola incantata o incantata.

Così, la paura di Effi viene sempre trattata dal marito in modo puerile, poiché lei non “perde mai la sua aria maliziosamente infantile”, nemmeno quando rimane incinta, perché, certo, un bambino sarebbe per lei un “adorabile giocattolo”. Da “educatore”, però, reprime le sue preoccupazioni, ordinando la distanza da tutto ciò che è strano: “attenzione a ciò che è diverso, o a ciò che si chiama diverso”, (...) [perché] ciò che sembra seducente, costa noi la nostra stessa felicità” (Idem, p.119). A differenza di Emma Bovary, donna adulta, Effi è quasi sempre presentata come una bambina e, come Otilie in attività elettive, di Goethe, sempre avvolta da qualche mistero.

La paura è soprattutto – diagnosi cara a Fontane – la progressiva scoperta da parte di Effi di meccanismi di controllo che si ramificano in tutte le direzioni e che si riconoscono soprattutto nella gestione sociale dei rapporti erotici, in cui c'è poco spazio per gli eccessi, le deviazioni, cioè per qualunque liberazione il desiderio fa nascere. Paura che viene enunciata, esemplarmente, dal cantante Tripelli, descrivendo la società: “siamo pedinati a destra ea sinistra, davanti e dietro. Vivrete ancora questa situazione” (Idem, p.130).

L'altalena

Effi era stata educata con relativa libertà, il suo temperamento generoso non controllato dai suoi genitori; era figlia unica, viziata, nulla era stato rimproverato severamente, ma il suo carattere è contraddittorio, indefinito, un dilemma per l'autrice: a volte è capricciosa, gentile, gentile, ingenua e naturale; altre volte è frivolo, spericolato, superficiale e privo di fibra morale. Di qui l'importanza dell'altalena, elemento allegorico utilizzato da Fontane, costruita austeramente con tavola, corda e pali, sulla quale Effi ondeggiava selvaggiamente stando in piedi nel giardino della casa dei suoi genitori. Su quell'altalena, guardando i vasti e infiniti orizzonti, non aveva conosciuto alcun senso di responsabilità.

Quando i suoi genitori hanno commesso l'errore di proporre il suo matrimonio a Instetten, lei non ha resistito né reagito, ma ha accettato la proposta, vedendo in essa, da un lato, la possibilità di esaudire il desiderio di ascesa sociale della madre, che inaspettatamente prende come tuo, e allo stesso tempo per conquistare ancora più libertà. Evidentemente il matrimonio con Instetten, l'"uomo del dovere" (Pflichtmenschen) e la convenienza, che, in generale, attiravano solo paura e avversione, impedirebbero entrambe le cose e non potrebbero che concludersi in un tragico esito (Horváth, 2004, p.48).

Sull'altalena, in movimento, Effi è sempre in pericolo, sia nelle frequenti cadute avvenute nell'infanzia, senza grosse conseguenze; sposarsi, sulla slitta nella neve, con Crampas, quando la caduta sarà irreparabile. Il motivo dell'oscillazione, quindi, si riferisce ai movimenti dell'aria e della luce, come slancio dell'eroina verso la libertà, in cui Fontane vede una forte inclinazione all'avventura e al piacere del pericolo, cioè, con i suoi stessi termini, "libertà". in ciò che era buono” (Fontane, 2013, p.197) e non solo libertà in ciò che è ragionevole, ostaggio della convenienza.

La libertà nel campo dell'interdetto è esplorata da Fontane in modo sobrio ma non ingenuo, in cui si ha accesso all'immaginario dirompente, attraverso il quale sfuggono alcuni momenti di sensibile autonomia del discorso femminile, sia nei termini superficiali e leggeri di Effi – “voleva amore, affetto, onore, splendore e divertimento” –, o nei termini severi e repressivi della madre: “si lascia andare volentieri, e quando la marea è giusta, sta bene anche lei. La lotta e la resistenza non sono il suo forte” (Fontane, 2013, p. 293).

Nell'altalena per bambini, che si trasforma in sedia a dondolo nella casa stregata di Kessin, il desiderio di Effi si manifesta come presenza di una sessualità imprescindibile che, pur elisa e senza espansione – proprio come un desiderio irrisorio – è il varco attraverso il quale Fontane introduce suggestioni di femminilità oppure l'erotismo, inteso come felice mobilitazione dell'essere, o semplicemente, come espansione dell'essere. L'intimità di Effi non è mai invasa dall'autrice, né vi è una descrizione delle sue fantasie o dei suoi sogni, anche se sappiamo che sono intensi e frequenti. La sua intimità, al contrario, è presentata timidamente, alla maniera puritana, attraverso figurazioni indirette della natura, come i venti e le acque.

Come mostra Andrea Horváth, se Flaubert si tuffa direttamente nelle sensazioni e nei sentimenti di Emma, ​​Fontane, al contrario, li dipinge solo attraverso l'apparenza esteriore degli eventi, lasciando al lettore un'allusione ai motivi interni. È così che la sessualità di Effi, secondo le convenzioni, viene solo esternata come oggetto di seduzione di uomini maturi e virili, davanti ai quali deve operare il modello ideale normativo della donna pudica e moralmente corretta; se il desiderio di Effi non può essere descritto, né osservato, dovendo rimanere sottoterra, è perché l'equilibrio ricercato dal testo presuppone che tali pulsioni siano preventivamente conosciute e moralmente controllate.

L'architettura dell'opera è però complessa: da un lato predomina il narratore repressivo e maschile, che insiste nel presentare il caso negativamente, come una banale illusione amorosa; come ennesima volgare seduzione del già noto Crampas, 44 anni, comandante militare nella regione di Kessin, che aveva già alle spalle precedenti di duello per tradimento con donne sposate. D'altra parte, attraverso il motivo dell'altalena, piacere e senso di colpa si intrecciano: “quando ha riaperto gli occhi”, dice il narratore, dopo l'episodio della slitta nella neve, Effi soffre tremendamente.

Il romanzo è così effettuato attraverso una fredda distanza estetica, in cui gli eventi centrali sono descritti velocemente, di sfuggita, presentati come non essenziali, quasi a caso, in modo volutamente disattento. Ad esempio, Effi lascia in un cassetto le lettere e gli appunti dell'amante Crampas, “legati con un filo rosso, con tre o quattro giri e un nodo invece che un fiocco”; anni dopo, esattamente sei anni e mezzo, Instetten li ritrova, “tutti gialli per l'età”. Attraverso tali dispositivi, Fontane cerca di provocare nel lettore un luogo vuoto, enigmatico, non moralistico, in cui sarebbe possibile un giusto giudizio sul destino di Effi.

Nello stesso tempo, però, lo stile sobrio indica, sempre più, la difesa di una realtà corretta, rassegnata e, soprattutto, feroce, il cui accesso è dato solo dal tema dell'onore, e che assume colorazioni inedite come nel lettera della madre, la signora . Briest a Effi, in cui la crudeltà trasparente è scambiata per onestà, nelle sue parole: “ci piace mettere le carte in tavola e vogliamo pronunciare davanti a tutti la nostra condanna del tuo gesto”, per cui ora “vive da solo”, poiché sia ​​il mondo in cui visse sia “la casa paterna saranno chiusi” (Fontane, 2013, p. 346). In ciò che è comodo ed elegante, il principio del dovere prevale su quello della felicità; ciò che ci si aspetta da un onore tradito è l'atteggiamento conveniente e necessario per riparare l'errore secondo convenienza. "Tutto è terribilmente corretto", ironizza Günter Grass un vasto campo..

Quando Fontane sposta brutalmente il fulcro della narrazione da Effi a Instetten, dal desiderio al sentimento dell'onore, inteso come fedeltà a se stessi e ai principi, ricevuti e accettati dallo Stato e ai doveri che ne derivano, la narrazione subentra dal tema della determinazione morale (die Gesinnung entscheidt). Mentre Effi riposa a Schwalbach ed Ems, arbitrariamente, senza il suo consenso, l'errore viene riparato secondo convenienza e l'ordine viene ristabilito, nonostante il suo futuro sia stato brutalmente sacrificato.

In questo momento, però, il narratore Fontane è soprattutto ironico: allo stesso tempo glorifica e accusa lo spirito prussiano; secondo Joseph Rovan, “ogni affermazione porta al suo contrario”, affermando allo stesso tempo i valori prussiani e criticando la società del suo tempo con toni di satira, perché i suoi romanzi, insiste Rovan, non si stancano di lodare, con discrezione, le virtù dell'antica Prussia: modestia, coraggio, semplicità, fedeltà, come chiaramente e rigorosamente formulate dalla morale kantiana del dovere.

Se i temi della colpa e dell'onore potrebbero indicare nel finale del romanzo un impegno conservatore verso i valori del passato, assumendo un finale ironico, volutamente debole, Fontane mette questi stessi valori sotto sospetto, soprattutto nel potente , lamenti inconciliabili che enuncia, come: “ha lasciato la tavola troppo presto”; o “sono successe molte cose; ma in realtà non hai perso nulla” (Fontane, 2013, p. 397), frasi in cui l'opera stessa innesca, paradossalmente, un contenuto sovversivo che rende irrealizzabili i neutrali tentativi dello scrittore. In questi vuoti aperti dai silenzi di Fontane, si annida, in esplosione, riassumendo in modo sconnesso, ora in supplica, ora in sfogo, l'inquietante e ribelle presenza della sessualità di Effi, tutta la vicenda che l'autrice sensibile aveva cercato di ordinare in trentacinque capitoli.

Nel momento più acuto del suo dolore, di fronte all'indifferenza della figlia, Effi si infuria: “Il troppo è troppo. Un carrierista è quello che è, niente di più. Onore, onore, onore... e poi ha ucciso il pover'uomo, che nemmeno amavo e che avevo già dimenticato, perché non lo amavo. Era tutta stupidità e poi sangue e omicidio. E io sono colpevole. E adesso mi manda la ragazza perché non può rifiutare la richiesta della moglie del ministro, e prima di mandarla qui la addestra come un pappagallo e le insegna a dire “se puoi”. Sono disgustato da quello che ho fatto; ma ancor più mi disgusta la tua virtù. Fuori con te. Ho bisogno di vivere, ma questo potrebbe non durare per sempre” (Fontane, 2013, p.371).

Il “Via con te” della fanciulla ferita a morte è il grido ribelle, autentico, inquietante, contro tutto e tutti, che nemmeno la silenziosa morte di Effi può mettere a tacere. Un vitupero o ordine sovversivo che riecheggia all'interno della società che chiude i battenti, il cui contrasto con la soluzione finale edificante rende ancora più eloquente la sua rabbia. Coltivando allusioni ed ellissi, opponendole a scene drammatiche, la scrittura di Fontane mette in tensione il romanzo con un'aura di intensità, in cui il fragile edificio dell'ordine minaccia in ogni momento di crollare.

L'emarginazione e la morte di Effi dimostrano chiaramente che il confronto con Emma Bovary è imperativo; pur rispettando le differenze che sono significative: Effi è una Emma prussiana. In entrambi i casi la situazione sociale delle donne è simile, cioè lo spazio minimo a disposizione delle donne per vivere una personalità e una sessualità non convenzionali le porta fatalmente all'adulterio e alla morte.

Diventano adultere, perché non c'è altro destino per loro, come per le serve, loro intime e uniche compagne, che la marginalità della società e le sue norme. Come suggerisce Andrea Horváth, senza un posto sociale per loro, rimangono gli stessi sogni e fantasie con cui hanno iniziato il loro viaggio: un circolo crudele in cui soccombono fatalmente a banali seduttori come Crampas e Rodolfo: Ema per sentimentalismo, Effi per curiosità (Horváth, 2004, p.80).

Emma è l'eroina dell'insoddisfazione, che insegue i suoi sogni sbagliati in un ambiente senza orizzonte. Effi, eroina della paura, mentre abita un ambiente saturo di potere, controllato da tutto e da tutti. Sono, quindi, eroine passive, da un lato ambiziose e superficiali; dall'altro, vittime insoddisfatte che incarnano una potente fonte di opposizione ai costumi borghesi.

Il realismo pittorico di Fontane, che l'osservatore penetrante guarderebbe senza giudicare, cercando di essere giusto da tutte le parti, conduce, con la presenza spettrale di queste donne inadeguate, a bordi inconciliabili. Inoltre, la marginalità è presente nella scrittura, poiché Fontane, come Flaubert, guarda il mondo dall'esterno, marginalmente. Fontane è ancora uno degli ultimi romanzieri che cercano di comprendere tutti i motivi della società, dandole una certa legittimità, o, sul piano estetico, un po' di ordine e bellezza, alla maniera preraffaellita; Flaubert concede con disprezzo a questo mondo né legittimità né bellezza.

Emendamento, citato da Grass, che Samuel Beckett, erede e critico radicale della tradizione del romanesco nell'atto unico, l'ultima registrazione, consoliderà: “i miei occhi si sono stancati di guardare così tanto quando sono tornato a leggere Effi, un pagina al giorno, e di nuovo in lacrime. Effi – pausa. – Sarei stato felice con lei sul Mar Baltico tra pini e dune – pausa – No?” (Grass, 1998, p.185).

* Arlenice Almeida da Silva è docente presso il Dipartimento di Filosofia dell'Unifesp.

Riferimento

Theodor Fontane. Effi Briest – 13 agosto 2013 Traduzione di Mario Luiz Frungillo. Edificio della stazione Liberty. 424 pagine.

Riferimenti bibliografici

FONTANE, Teodoro Effi Briest, Trans. Mário Luiz Frungillo, San Paolo: Estação Liberdade, 2013 (https://amzn.to/3YIbFGF).

ERBA, Gunter. un vasto campo. Rio de Janeiro: Record, 1998 (https://amzn.to/47GHpQO).

SCHUSTER, Peter Klaus, Theodor Fontane: Effi Brieste- ein Leben nach christlichen Bildern. Tubinga: Niemeyer, 1978 (https://amzn.to/3OFoeOo)

FREUD, Sigmund, l'inquietante. in: Opere complete, v.14, San Paolo: Companhia das Letras, 2010 (https://amzn.to/3E7ruwY).

HORVÁTH, Andrea, Geschlechterverhältnis in Flauberts Madame Bovary und Fontanes Effi Briest. In: officina, 3, Debrecen; Kossuth Egytem Kiado, 2004. (in questo collegamento)

ROVAN, Joseph, “Pour saluer Fontane” In: Effi Briest, Parigi: Gallimard, 1981

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