Inondazioni nel Rio Grande do Sul

Immagine: Hilmi Işılak
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da SANDRA BITENCOURT*

Coprire la sofferenza e l'assenza dei responsabili

È una tragedia. Viviamo in un momento storico. Ma non è un fenomeno naturale. Ossessionati, guardiamo alle conseguenze delle scelte, solitamente guidate dall’avidità, che danneggiano l’ambiente, negano la crisi climatica e la usano persino come piattaforma politica di estrema destra.

In mezzo a queste acque torbide abbiamo la liquidazione dell’intelligence e della struttura dello Stato, contempliamo la distruzione delle barriere naturali e di protezione (deforestazione, insabbiamento), abbiamo licenze per imprese senza tutela dell’ambiente, abbiamo scarsi investimenti nella difesa e sistemi di controllo, abbiamo arretrato nella legislazione, abbiamo anche nuove leggi da avanzare e piantare in aree di protezione ambientale.

E come sempre accade durante un'alluvione, la sporcizia e i topi si nascondono nel fango. Che copertura offre il giornalismo? E lo fa attraverso il coraggio e la dedizione dei suoi professionisti... Ma la linea delle aziende è quella di mostrare i danni, produrre immagini di grande impatto e resoconti commoventi e raccomandare che la tragedia non venga politicizzata. Il dramma umano in tutto questo deve essere mostrato, ovviamente.

Ma sarebbe opportuno che, oltre a questo e agli esempi di carità, venisse esplorato l’insieme delle decisioni politiche che ci fanno andare verso il precipizio. Ad ogni tragedia esaltiamo la nostra solidarietà, preghiamo, ma non provochiamo la riflessione sulle cause di questa situazione catastrofica.

Il Rio Grande do Sul, da sempre in prima linea nella tutela dell'ambiente, vede il suo smantellamento legittimato in parlamento, nell'esecutivo e nei media. Il giornalismo offre un falso equilibrio mostrando presunte due facce, con difese intollerabili del business degli orchi (c'è anche l'agrobusiness che non è dannoso). Ma è l’ogrobusiness che da anni sfrutta il suolo, consuma il clima, modifica i corsi dei fiumi e produce ricchezza tradotta in lusso, jet e camion, mai condivisa con tutti.

Questa ricchezza limitata a pochi ci porta tutti a un punto di non ritorno. Ci rende perplessi di fronte al dolore e alla distruzione. E il reporter uscito dallo studio, infilato gli stivali ed entrato in acqua per portare avanti il ​​racconto della sofferenza, per documentare il dramma, resta senza sapere cosa dire quando i residenti inzuppati denunciano la mina che ha alterato l'intero ambiente , dicono che l'impresa ha distrutto l'ambiente circostante, mentre prima gli effetti non erano questi.

Al di fuori del copione, il giornalista può giustificare il fatto che i residenti sono nervosi. E va avanti, alla ricerca di grida innegabili, di ringraziamenti rassegnati per le donazioni. E ancora una volta ci insegnano: non politicizzare la tragedia. E tuffiamoci dentro. Non abbiamo più il Porto e non siamo Alegres.

* Sandra Bitencourt è un giornalista, PhD in comunicazione e informazione presso l'UFRGS, direttore della comunicazione presso l'Instituto Novos Paradigmas (INP).


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