Tra orale e visivo

Image_Adir Sodré
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da IN DE MELO E CASTRO*

Un saggio del poeta portoghese recentemente scomparso

Si può immaginare un viaggio diacronico della parola poetica dall'oralità alla scrittura e da questa alla poesia visiva. Si può notare, in un atto storico-classificativo, che la poesia visiva compare costantemente quattro volte nella storia dell'arte occidentale: durante il periodo alessandrino, nel rinascimento carolingio, nel periodo barocco e nel XX secolo.

Si può anche vedere che ciascuno di questi focolai di poesia visiva è legato alla fine di un periodo storico e all'inizio di una nuova era. La poesia visiva sarebbe quindi “un segno di trasformazione, un grido del poeta, poiché il contenuto del passato è canceroso e deve essere prodotta una nuova pelle per contenere i sogni del futuro – un'affermazione che nulla di significativo potrà mai essere detto. prima di ristrutturare la concezione di base di cosa sia una cultura storica”. Questa è, ad esempio, l'opinione del nordamericano Geoffrey Cook.

Una tale visione storica, tuttavia, mi sembra troppo facile, oltre alle attrattive che ha indiscutibilmente come potenziatore della funzione della poesia visiva, in un mondo in trasformazione. Funzione che risiede principalmente nel potere di sintesi della comunicazione visiva. Forza che si collega contemporaneamente a due tipi di strutture: a formazioni archetipiche che saranno alla base del funzionamento dell'attività mentale umana (vedi Jung); e ai movimenti di sintesi che, dopo i momenti analitico-razionalistici della prima e della seconda rivoluzione industriale, hanno consentito l'equilibrio qualitativo, nello sviluppo futuro della spirale, dialettica che già si proietta nel XXI secolo.

Tuttavia, questo tipo di pensiero non può darci più che un quadro astratto per qualcosa di molto concreto: la pratica della poesia visiva, nel suo rapporto interdisciplinare e intertestuale, con altre forme di articolazione della parola e la produzione di immagini. È così che siamo portati a considerare, sincronicamente, una vasta gamma di produzioni verbali e non verbali che si intrecciano tra oralità e visualità, come se fosse una rete intricata di traduzioni ed equivalenze. Oralità e visualità concepite come qualità radianti dei segni attraverso le quali percepiamo la loro esistenza, attraverso i sensi dell'udito e della vista.

Due zone di strutturazione di questi segni possono essere schematizzate in serie combinatorie, più o meno articolate: la zona della comunicazione orale e la zona della comunicazione visiva, che possono essere rappresentate graficamente come due quadranti, rispettivamente il sinistro e il destro.

Il quadrante sinistro, essendo quello dell'oralità, conterrà i valori sonori, temporali, ritmici che tenderanno alla musica. Il quadrante destro, essendo quello della visualità, conterrà i valori visivi e spaziali che tenderanno verso le arti visive (nel sistema di classificazione delle belle arti, ancora di uso comune). La poesia visiva corrisponderà quindi a un investimento dei segni da cui si formano le poesie (lettere, parole, immagini) nel quadrante destro, cioè in valori spaziali e visivi, a scapito dei valori sonori e temporali che predominano in poesia non verbale visiva.

Tuttavia, questa schematizzazione, se ha valore pedagogico, è riduzionista, poiché la poesia visiva non abdica ai valori temporali e sonori, come la poesia scritta convenzionalmente, che gioca nel quadrante dell'oralità, e non abdica nemmeno ai valori visivi e spaziali e spesso li richiama, nella sua funzione immaginaria.

Questo è, veramente, il tema di questo testo: cercare di stabilire un sistema di relazioni significative tra ognuna delle poetiche che giocano preferenzialmente nell'uno e nell'altro quadrante; in primo luogo, attraverso un'adeguata formulazione teorica, in secondo luogo, attraverso esempi visivi e sonori di testi-poesie.

Prima di proseguire, credo sia necessario fare una parentesi per avvertire che non si tratta dell'idea di illustrare poesie attraverso disegni, dipinti o fotografie, né tanto meno, senza il senso inverso, di stimolare la produzione verbale attraverso la contemplazione di immagini pittoriche, un revivalismo quello che è molto in voga tra noi.

Ciò che qui si propone è la costruzione di equivalenze strutturali tra due sistemi semiotici, l'orale e il visivo, in modo da poter attuare formulazioni “verbi-vocali-visive”, come proposto dal gruppo Noigandres, da San Paolo, su James Joyce. Equivalenze che si giocheranno in ciascuno dei due citati quadranti, attraverso le rispettive specificazioni caratteristiche, dell'orale e del visivo, ma che, proprio per questo, consentiranno al lettore-utente di una simultanea rete di stimoli e percezioni sinestetiche il poema.

La nozione di Charles S. Pierce di “segno interpretante” può essere utile come attrezzatura teorica per comprendere questa rete di equivalenze. Dice Pierce: “Un segno, o rappresentante, è ciò che, sotto un certo aspetto o modo, rappresenta qualcosa per qualcuno. Si rivolge a qualcuno, cioè crea nella mente di quella persona un segno equivalente, o forse un segno più sviluppato, il cosiddetto segno "interpretante" del primo segno. Il segno rappresenta qualcosa, il suo oggetto.

È facile osservare che è a livello del segno interpretativo che si svolge la funzione di lettura-uso della poesia. È quindi interessante caratterizzare i segni interpretativi in ​​gioco, rispettivamente nel quadrante visivo e in quello orale. Nel quadrante visivo il segno interpretativo è specificamente sincronico, compatto, sintetico, spaziale, concreto. Nel quadrante orale il segno interpretativo è specificamente diacronico, estensivo, temporale analitico, astratto. Si possono così stabilire coppie antitetiche di caratteristiche specifiche, attraverso le quali stabilire relazioni valide o interdisciplinari, che costituiscono una sfida alla creatività dell'artista e anche alla capacità di lettura del lettore.

Il poeta ovviamente lavora con ciò che Peirce chiama “rappresentante” che sono costituiti dai materiali che utilizza: suoni nel caso dell'oralità (anche se scritta), lettere e segni grafici, nel caso della visualità. Il lavoro di costruzione dei testi, in ciascuno di questi ambiti, non può abdicare alla caratteristica specificità dei segni.rappresentante) usato. Non è dunque a livello del segno, visivo o orale che sia, che si possono cercare equivalenze, ma piuttosto nelle articolazioni scritturistiche che cercheranno segni interpretativi equivalenti nel lettore.

Prima di procedere con alcuni esempi pratici della possibilità creativa di stabilire queste equivalenze, credo sia necessario chiarire, seppur brevemente, alcune nozioni che aiuteranno una lettura più corretta degli esempi che propongo. Pertanto, considererò che esistono relazioni interdisciplinari quando, attraverso formulazioni identiche in due diverse discipline del sapere, possono essere stabiliti trasferimenti di terminologia o principi. La costituzione di coppie anteiche tra concetti specifici di due discipline consente anche trasferimenti di questo tipo. Le relazioni intertestuali sono caratterizzate, come è noto, dal recupero e dall'alterazione del testo, attraverso momenti plagiotropici e parodie.

Le relazioni intratestuali rimandano, a loro volta, agli elementi strutturali di un dato testo. Infine, come relazioni intersemiotiche, si possono concepire quelle che si instaurano tra due codici diversi, come una possibile equivalenza tra i segni interpretanti, ma che dipendono dall'organizzazione strutturale del rappresentamen. Queste nozioni, un po' sintetiche, ripeto, si giustificano solo perché sarà attorno ad esse che si proporrà la lettura di alcuni esempi di poesie, dal polo estremo dell'oralità al polo estremo della visualità, passando per vari gradi di interequivalenza.

Successivamente, diversi tipi di queste interequivalenze semi-ottiche sono mostrati in poesie di diverso tipo:

Esempio XNUMX — Poesia Rondel do Alentejo, di José de Almada Negreiros. Si noti innanzitutto la musicalità come valore stilistico dominante. I valori sonori e ritmici sono collegati diacronicamente. Ma il testo è intessuto, comunque, di immagini visive, il che si traduce in un clima sinestetico dinamico in cui le rime, le allitterazioni, le ripetizioni e i parallelismi sono totali.

RONDEL DO ALENTEJO

nel minareto
compagno
bate
lieve
verde neve
minuetto
di chiaro di luna

Mezzanotte
del Segreto
sul masso
una notte
di chiaro di luna
occhi costosi
Morgada
adornato
con i preparativi
di chiaro di luna

sfondare la nebbia
tamburelli
moreta
martedì ballo
e bellissimo
i ghepardi ballano
e giacche
sono i nastri
sollievo
di chiaro di luna

lo scialle vola
rondine
per il ballo di fine anno
è la vita
malaticcio
e l'eremita
Al chiaro di luna

pizzo
scarlatto
di cocotte
gioia
di Maria
La-ri-tate
in baldoria
di chiaro di luna

girare i piedi
i passi girano
girasoli
e i cappucci
e le braccia
di questi due
i loop girano
Al chiaro di luna

il giubbotto
di questa Vergine
impazzire
con
dal razzo
nelle vertigini
di chiaro di luna

nel minareto
compagno
bate
lieve
verde neve
minuetto
di chiaro di luna

(1913)

Esempio 2 – Scrittura a mano di Roland Barthes o il “significante senza significato”. Ci si può però chiedere se esista realmente un significante senza significato... poiché tutti i segni sono significante di un oggetto, anche se puramente estetico, cioè non traducibile in un altro codice, per esempio ideologico o di altra natura. E che un segno puramente estetico non può esistere in quanto tale, poiché può esserci un “interpretante” sempre aperto.

Esempio 3: poesia concreta di EM de Melo e Castro in cui i segni visivi strutturati in forme spiraliformi aperte e dinamiche propongono contemporaneamente un suono sibilante, frammentato e anestetico.

*EM di Melo e Castro (1932-2020) è stato poeta, saggista, scrittore e artista. È stato visiting professor nell'area di Studi comparati di letterature in lingua portoghese presso l'USP. Autore, tra gli altri libri, di Antologia dell'effimero (Lacerda).

Estratto del libro Poetica dei media e arte high tech. Lisbona: Ed. Vedi, 1988.

 

 

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