Figlio di sopravvissuti all'Olocausto, sono cresciuto seguendo il motto "non uccidere". Pertanto, osservo con orrore l’irresponsabilità dei sionisti nei confronti della vita e del mondo
Il 21 ottobre 1956 mia madre semplicemente scomparve da casa e io fui affidato alle cure di mia nonna materna e di mio padre. All'epoca avevo già cinque anni e non ricordo quali spiegazioni ricevetti, se ce ne furono. Comunque mia madre tornò qualche giorno dopo portando in grembo un tenero bambino avvolto in fasce. Non avevo nemmeno notato che le era venuta la pancia. Per quanto incredibile possa sembrare, a quel tempo le conversazioni su sesso e gravidanza non facevano parte dell'agenda domestica e sociale di un bambino. Secondo Michel Foucault parlare di sessualità, anche tra gli adulti, è una caratteristica della modernità.
Tra la scomparsa di mia madre e il suo ritorno, probabilmente per distrarmi, mio padre portò un televisore che ronzava continuamente, a volte mostrando sullo schermo un indigeno nordamericano e, raramente, qualche altra immagine e suono. L'indigeno, appresi più tardi, era il simbolo di TV Tupi, la prima emittente ad operare in Brasile. Anche se occasionalmente mi divertivo, non sono mai stato legato né ho mai avuto la televisione a casa mia.
Hai mai sentito il Nona sinfonia di Beethoven? Tenero di João de Barro e Pixinguinha o Assumi il nero di Humberto Teixeira e Luiz Gonzaga? Forse Sampa di Caetano Veloso? Beh, probabilmente hai ascoltato tutte queste canzoni più di una volta e, nonostante ciò, sei ancora disposto ad ascoltarle di nuovo. Leggo e rileggo Sofocle, Shakespeare e Leone Tolstoj che, pur conoscendo le trame avanti e indietro, mi emozionano sempre come se le leggessi per la prima volta. Posso dire lo stesso riguardo Il ragazzo di Chaplin, Sunset Boulevard di Billy Wilder e Blade Runner di Ridley Scott.
Quindi non avevo la televisione e vivevo sepolto nei libri che leggevo e rileggevo e nei vecchi film che guardavo al cinema. Nel 1990, quando vivevo in Rua Frei Caneca, l'Elétrico Cineclube aprì in Rua Augusta 973 [http://www.cinemasdesp.com.br/2008/08/eltrico-cineclube.html], a due isolati da casa mia. Frequentavo così tanto i cinema che, a un certo punto, decisi di iscrivermi a vita al Cineclube, che mi garantiva l'ingresso gratuito fino alla fine della mia vita. Sono ancora vivo, ma la vita di Elétrico si è conclusa un anno dopo che sono diventato membro permanente (ciò che restava era la mia tessera associativa, che conservo ancora oggi).
Nel 1985, anno che segnò la fine della dittatura militare, ero professore stabile all'Unicamp e mi dimisi dall'università, che, dispoticamente e irregolarmente, non autorizzava il mio congedo per un post-dottorato, anche senza retribuzione. Mentre i miei colleghi, nominati da Ulisses Guimarães, si dirigevano a Brasilia, io salpai per Nuova scuola a New York.
I miei amici più cari rimasero stupiti dalla mia iniziativa, perché l'Istituto di Economia dell'Unicamp era il più importante del Paese e, come professore di ruolo, avevo un posto a vita e avevo diritto alla pensione completa. Unicamp mi perdona, ma pensavo fosse tutto un ritardo della vita. Avevo 30 anni e non volevo sacrificare la mia vita per assicurarmi una pensione completa. Vivevo nel presente, non ho mai pensato al mio futuro e a vivere una vecchiaia milionaria.
Sono sempre stato distaccato dalla vita. Non temere la morte, per me, era un modo di vivere pienamente la vita. Il 20 luglio 1971, dopo aver subito interrogatori e torture nel quartier generale dell'Operazione Bandeirantes in Rua Tutóia, fui preso e mi addormentai nella cella, sopraffatto dal desiderio di non svegliarmi vivo il giorno dopo. Ma io sono ancora vivo e la dittatura è morta, nonostante i desideri che ancora suscitano in vari macabri modi.
Oggi, che ho settant'anni, ho programmato la mia partenza per il 2035. Rimango distaccato dalla vita, non mi sono fatto rapire dalla TV, sono sopravvissuto alla dittatura militare, all'Unicamp e al Cineclube elettrico, ma non mi sono preparato a sopravvivere al mondo, guarda la fine del mondo. Seduto qui sul mio divano, mi sento completamente impotente di fronte alle notizie che mi circondano, in particolare la carneficina in Palestina e l'intrepida provocazione dell'Iran da parte di Israele.
C’è chi pensa che tutto fosse pacifico prima delle violenze subite da Israele il 7 ottobre 2023. Altri, più consapevoli, attribuiscono il conflitto all’ascesa al potere della destra sionista nel 1977 e, definitivamente, nel 2001. Altri ancora pensano vedere l’origine dei problemi nell’occupazione della Striscia di Gaza e della Cisgiordania dal 1967 in poi, responsabile dell’emergere del movimento nazionale palestinese.
Pochi sono coloro che riescono ad accettare le violenze e le espulsioni perpetrate contro la popolazione autoctona della Palestina dall'inizio del XX secolo, quando gli ebrei rappresentavano l'8% della popolazione, e soprattutto durante la creazione dello Stato di Israele nel 1948. nelle sue varie gradazioni, i difensori dello Stato d’Israele si posizionano come se non esistesse alcun rapporto tra il moderno sionismo politico e la leadership di un primo ministro che preferirebbe vedere il mondo crollare piuttosto che dover affrontare la magistratura e la prigione riservatagli dalla corruzione.
La storia dell'umanità, in alcune culture, convive con attentati suicidi e attentatori suicidi. Ma esiste anche il concetto di stato-bomba o stato suicidario, nei termini di Paul Virilio, usati da Bentzi Laor, riferendosi al Stato d'Israele. Patrick Lawrence, in un articolo successivo all’assassinio di Ismail Haniyeh, ha scritto che Israele è determinato a portare avanti una guerra più ampia nella regione, incentrata sulla distruzione di Repubblica islamica. A quanto pare, lo Stato di Israele mira a estendere il conflitto e, se necessario, secondo la sua interpretazione, è disposto a vedere il mondo, armato di bombe all’idrogeno, entrare in una guerra mondiale per salvaguardare la propria esistenza come Stato ebraico.
Figlio di sopravvissuti all'Olocausto, sono cresciuto seguendo il motto "non uccidere". Pertanto, osservo con orrore l’irresponsabilità dei sionisti nei confronti della vita e del mondo. E, come sempre, vado in bianco e nero, riverso la mia angoscia sulla carta. Inoltre, poiché potrei sbagliarmi riguardo alla fine del mondo, resterò impegnato a parlare contro la carneficina di Gaza, la crisi climatica, l’ingiustizia sociale, a mettere in ordine i miei cassetti e a pagare le bollette in scadenza alla fine di questo mese. Mia madre scomparve da casa ma ritornò portando in grembo un tenero bambino avvolto in fasce.
*Samuel Kilsztajn È professore di economia politica alla PUC-SP. Autore, tra gli altri libri, di Jaffa [amz.run/7C8V].
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