da JOÃO PAULO AYUB FONSECA*
Vita vissuta in un luogo sempre più povero, violento, arretrato, con idee invecchiate e conservatrici
La mezza età è fuoco. Superiamo i quarant'anni e all'improvviso, quando ci svegliamo, la vita è tutta sbagliata. Come avevo fatto a non accorgermene prima? È solo il malumore post-compleanno? O la noia provocata dalla stessa candelina ripetuta (quella che sembra avanzata dall'Ultima Cena) e dalla solita torta zuccherata? Non credo sia così... chi ha un bambino piccolo sa che la parte più bella della festa è quella in cui, per un minuto, la gioia genuina si stampa sul volto del bambino, in attesa del respiro travolgente che mette spegnere il fuoco e ricoprire la torta con uno strato in più di saliva.
La verità è che, dopo i 40 anni, non sono più abbastanza grande per la malinconia. Combattete! Scesi dal letto e mi rifiutai di ascoltare ancora una volta quel vecchio disco di Cazuza. Verso lo specchio, parto con tutto per un'autoanalisi! A cominciare dai capelli. Mi guardo di profilo e la silhouette è molto familiare. rabbrividisco! Vedo in me la forma dei capelli che andava di moda negli anni '1980: la parte anteriore dei capelli ha perso forza, la parte posteriore cresce a tutto vapore in avanti. Mi vedo come quel musicista del gruppo Nova. Significa allora che non era una questione di moda, ma solo di mezza età? Credo!
Mio nipote adolescente ha scommesso che avrei fatto meglio con un account su fare, instagram ou tic toc. Stare fuori dall'universo virtuale, secondo lui, non va d'accordo con i più giovani. Con le sue scarse risorse linguistiche, o addirittura laconismo e laconismo adolescenziale, non diceva perché, solo che era così. Ah, va bene... questo tradisce l'età, pensai. Sempre davanti allo specchio, devo dire che anche i miei vestiti non stanno bene. È deciso: cederò ai jeans attillati e ritirerò definitivamente il... non importa.
La verità è che quello che mi prende davvero è la voglia di cambiare paese. Ho voglia di andarmene... Il disagio che mi abita è il legittimo risultato della vita in un luogo sempre più povero, violento, arretrato, con idee invecchiate e conservatrici, controllato da un gruppo morboso che ha aggredito lo Stato e non vuole lasciare nulla prende.
Dato che non vado davvero da nessuna parte, forse c'è ancora la possibilità di provare qualcos'altro da fare, non so, cambiare lavoro, fare l'artista. In questo senso, vedo in me un certo talento per la tragicommedia. Allora potrei pensare a un'uscita gloriosa. Una via d'uscita che ha placato il mio scoraggiamento e l'impotenza di non poter fare quasi nulla di fronte al danno arrecato al Brasile.
Mi dedicherò alle arti, farò laboratori e lancerò uno spettacolo teatrale entro la fine dell'anno, prima dei 41 anni. Ho già un titolo e tutto: si chiamerà “The Nutty President”. Genererà polemiche, farà scalpore, finirà sulle copertine dei giornali. Immagina un personaggio di Gesù Cristo, una metafora presidenziale, che dice: "Non ti stupro perché non lo meriti!" Oppure, in un'altra scena, ambientata in un contesto pandemico, Gesù diceva: “È solo un po' di influenza…” e “Vai a comprare il vaccino a casa di tua madre!”. Questo è ancora meglio: Gesù stesso viene torturato dai soldati romani, alcuni potenti locali passano e gridano: "Sono favorevole alla tortura!"
Ho deciso di portare il nuovo progetto a casa di un mio amico, artista famoso. Ho suonato il campanello. Ci ha messo un po' ad aprirla e ha detto sorridendo di aver immaginato un gruppo di testimoni di Geova alla sua porta. Mi ha chiesto perché non l'avevo avvisato prima tramite whatsapp, visto che comunque non è più abituato a presentarsi o chiamare così. Di nuovo questa cosa dell'età, pensai. Deglutii a fatica e andai dritto al punto: “Voglio tentare, finalmente, una carriera in teatro. Ho già la parte e tutto. verrà chiamato Il presidente pazzo!"
Dopo aver letto attentamente ed esaminato i dettagli della produzione, il mio amico era profondamente scoraggiato. Quando aveva anche superato i 40 anni, disse che l'idea era molto buona, ma che di certo non avrebbe preso piede. Ha anche detto che il mercato delle arti era in crisi. Non c'era molto spazio per l'umorismo surrealista politicizzato. C'erano persone che facevano la cosa vera. Nel barattolo! Secondo lui, oggigiorno, quella frase che si dice sia di Oscar Wilde, “La vita imita l'arte molto più di quanto l'arte imita la vita…” non ha molto senso. Tutto è cambiato. Ci vediamo scrivere una cosa così comune… Dandomi una pacca sulla spalla tra l'ironico e il rassegnato, alla fine mi ha detto: “Sei in ritardo, è già tardi”.
Tornai a casa e mi resi conto che la cosa migliore da fare era ascoltare quel cd dei Cazuza. E che forse questa cosa della crisi 40 è una grande assurdità. Quando lo Stato stesso è in crisi, c'è molto di più da rimpiangere.
*Joao Paulo Ayub Fonseca è psicoanalista e dottore in scienze sociali presso Unicamp. autore di Introduzione all'analisi del potere di Michel Foucault (intermedio).
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