Io, capitano

Fotogramma da 'Io Capitano', film di Matteo Garrone/ Disclosure
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da JOÃO LANARI BO*

Commento al film di Matteo Garrone, in uscita nelle sale cinematografiche

Io Capitano, lungometraggio di Matteo Garrone, è un'epopea, nel senso letterario del termine: poesia epica o eroica, un genere letterario la cui composizione consiste in un lungo poema narrativo, che tratta generalmente delle gesta di un eroe, storico o mitico eventi, elementi considerati fondamentali per una determinata cultura.

L'eroe compie un percorso epico: l'incrocio di eventi, reali e immaginari, contribuisce alla formazione di un ethos personale, insieme di tratti e modalità di comportamento che modellano il tuo carattere e la tua identità. In Occidente, l'eroe di tutti gli eroi è Ulisse, che vagò per dieci anni fino a raggiungere la sua terra natale, Itaca, dopo aver distrutto la sacra cittadella di Troia, visto città e costumi di molti uomini e sofferto mille tormenti in mare, quando combatteva per la vita e il ritorno dei suoi compagni.

Nel mondo globalizzato in cui viviamo, dove i feticci viaggiano alla velocità della luce, un video TikTok può racchiudere una traiettoria epica. È quello che è successo a Seydou e Moussa, due ragazzi della periferia di Dakar, capitale del Senegal: spinti da un sogno consumistico immediatamente desiderabile: diventare celebrità pop in Europa – ma dolorosamente impraticabili, risparmiano denaro e combattono.

Dal punto di vista psicoanalitico è un film lacaniano: credono fermamente nell'immaginario, ma non si rendono conto che il reale è incomprensibile. Non mancano gli allarmi dissuasivi: la madre di Seydou ricorda i morti abbandonati nel deserto e quelli che annegano in mare. Un altro adulto, infuriato come ammonisce sua madre: “L’Europa non è come la immagini”. Solo lo sciamano locale approva il viaggio. Niente li ferma, prendono il pullman e intraprendono un viaggio attraverso metà del continente africano, lasciando la costa orientale e risalendo attraverso la Libia fino al Mediterraneo, con l'obiettivo di approdare in Italia.

Matteo Garrone suggerisce una metafora cinematografica per situare la spazialità del film. Conosciamo queste storie, barconi pieni di immigrati, ma Io Capitano racconta da un'angolazione diversa: non dal punto di vista delle barche in arrivo, ma dal punto di vista di chi ha intrapreso il viaggio. In questo senso il film è il contrappunto dell’immaginario occidentale.

L'epopea inizia in Niger dove ottengono passaporti falsi: attraversano la zona subsahariana a bordo di un piccolo camion affollato, guidato senza alcuna attenzione: un viaggiatore cade e viene ignorato. Il paesaggio è pieno di cadaveri che galleggiano nella sabbia del deserto. Successivamente, una faticosa camminata sotto il sole implacabile miete un'altra vittima, una donna anziana, tra la disperazione di Seydou che cerca di salvarla. “Non possiamo fermarci”, insiste Moussa – e la guida prosegue velocemente, non resta che la fantasia di levitazione dell’anziana donna. La morte perseguita gli eroi: iniziano gli arresti arbitrari, la riduzione in schiavitù, la violenza proveniente da ogni parte, pochi si salvano.

Comunque, la Libia. Un Paese frammentato, ricco di petrolio e tormentato da divisioni interne guidate dalle milizie islamiche, tra cui la più temibile di tutte, l’Esercito islamico: tra il 2012 e il 2020 la Libia ha vissuto una crisi guerra civile polverizzato, dove le milizie avevano ciascuna la propria ideologia e il proprio potere armato. Hanno monitorato la sicurezza delle città e delle installazioni strategiche, controllato i confini e persino gestito i centri di detenzione. Proprio come nel poema classico di Omero, Seydou e Moussa soffrono mille tormenti mentre combattono per la propria vita: prendere la barca e andare in Europa era l'ultima opzione. A questo punto, Io Capitano prende una svolta: dal paesaggio desertico si passa all’avventura marittima, nello stesso Mediterraneo dove navigò Ulisse.

Per preparare la sceneggiatura sono state fondamentali due fonti, entrambe immigrate africane. Mamadou Kouassi, originario della Costa d'Avorio, ha intrapreso il viaggio con suo cugino circa 15 anni fa e ora vive a Caserta, vicino Napoli. Come Seydou, Mamadou Kouassi ha assistito all'abbandono di persone nel deserto, è stato separato da suo cugino e successivamente detenuto in Libia, dove è rimasto per tre anni. L’altro riferimento è Amara Fofana, che ha lasciato il suo paese d’origine, la Guinea, nel 2014, diretta in Europa. A Tripoli è stato costretto a comandare una barca con 250 persone. Arrivato sul suolo italiano, gridò: “Ho 15 anni, sono il capitano della nave!” È stato arrestato, lasciato e ora vive e lavora in Belgio. La sua odissea durò un anno.

Le ripercussioni di una narrazione come questa sono immediate, soprattutto in Europa, dove la pressione migratoria è una delle principali questioni politiche. Nel settembre del 2023, Papa Francesco ha ricevuto il regista e i consulenti africani: poco dopo, a Bruxelles, centinaia di parlamentari europei hanno assistito alla proiezione speciale del film, seguita da dibattiti. Il film è stato selezionato per competere per l'Oscar per le produzioni internazionali. La saga continua.

*João Lanari Bo È professore di cinema presso la Facoltà di Comunicazione dell'Università di Brasilia (UnB). Autore, tra gli altri libri, di Cinema per russi, cinema per sovietici (Bazar del tempo). [https://amzn.to/45rHa9F]

Riferimento


Io, capitano (Io Capitano)
Italia, Belgio, Francia, 2023, 121 minuti.
Regia: Matteo Garrone.
Cast: Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawadogo.


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