da SERGIO SCARGEL*
Considerazioni sulle divergenze interpretative del concetto storico
Con quasi 100 anni di storiografia e fortuna critica, ci sono diverse correnti interpretative sul fascismo, sia come concetto che come movimento di Mussolini. Alcuni sono contraddittori tra loro, ma altri sono contaminati, hanno punti di consenso. Tra le principali correnti contrapposte, vale la pena richiamare l'attenzione su due in particolare: il fascismo ermetico e il fascismo malleabile.
Il nome stesso indica già cosa aspettarsi. Una corrente che interpreta il fascismo come un movimento limitato alla sua manifestazione italiana con Mussolini (o, semmai, l'Europa tra le due guerre), l'altra che lo intende come un concetto più ampio, soggetto a spostamento nel tempo-spazio. Cioè, un fascismo x diversi fascismi. Il movimento si forma dal concetto o il concetto si forma dal movimento? Come il dilemma dell'uovo e della gallina, trasposto nella teoria politica.
Per gli aderenti al fascismo ermetico, il fascismo deve essere congelato nella sua versione italiana, e qualsiasi movimento successivo, per quanto simile possa essere, non sarà riconosciuto all'interno dello stesso concetto. Cioè, il concetto non dovrebbe assorbire nuove funzionalità. Per quanto simile, è qualcosa di nuovo. Oppure, come dice Michael Mann, “Il fascismo tra le due guerre non è un fenomeno generico, ma un periodo specifico in Europa. La sua eredità sopravvive oggi principalmente in un diverso tipo di movimento sociale: gli etnonazionalisti”. Michael Mann ignora, tuttavia, che il fascismo è sempre stato precisamente una forma di etnonazionalismo, un nazionalismo populista di massa.
Questa corrente opportunamente ignora anche un aspetto chiave: qualsiasi concetto politico si ricostruisce da solo. Nel 2022 la democrazia brasiliana è la stessa del 2002? O la democrazia statunitense è la stessa della democrazia francese nel 2022? Certamente no. Il concetto è lo stesso, ma gli aggettivi sulla democrazia rasentano l'infinito: procedurale, liberale, agonistica, minimalista... liberismo I francesi guarderebbero con orrore gli americani che si definiscono liberali, eppure il concetto è lo stesso. Se parliamo di democrazie diverse, autoritarismi diversi, nazionalismi diversi, populismi diversi, conservatorismi diversi, perché non parliamo di fascismi diversi? O accettiamo il fascismo come un concetto elastico, o dovremo impiegare aggettivi consecutivi ogni volta che ci riferiamo a democrazie, conservatorismi e altre nozioni politiche.
Altro punto: come si può parlare di fascismo o di fascismo, quando di fascismi ce n'erano tanti? Ricordiamo che il Fascismo di Mussolini è sopravvissuto per più di 20 anni, e non è stato certo a tenuta stagna. C'erano molti movimenti, all'interno di una matrice. Il fascismo italiano si è reinventato, ha attraversato diverse fasi, si è evoluto, a volte regredito, a volte intensificato. Ebbe un'esperienza liberale, all'inizio emerse come dissidenza del Partito Socialista Italiano (e nei suoi primi momenti mantenne ancora analoghe preoccupazioni sociali), un periodo di dichiarata dittatura dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti, le campagne coloniali in degli anni Trenta e il tentativo di istituzionalizzazione con la pubblicazione del Dottrinae, infine, la fusione con il nazismo durante la guerra. Come dire, allora, che il movimento di Mussolini fu uno? A quale fascismo ci riferiamo quando parliamo di Mussolini?
Se prendiamo l'interpretazione di Robert Paxton di un fascismo "elastico" o "stepista", allora non c'è nulla nel concetto che ne impedisca la diffusione al di fuori dell'Italia o dell'Europa tra il 1919 e il 1945. Equivalenti dello stesso periodo, come l'Integralismo, potrebbero essere considerato fascista. È evidente che quando si sposta un concetto dall'Europa al Brasile, appariranno differenze significative. Tuttavia, rimangono punti fondamentali di consenso, tali da permetterci di chiamare una versione brasiliana del liberalismo in quanto tale, e lo stesso con il fascismo. In altre parole, è necessario lavorare sui punti di consenso e di dissenso, quando si tratta di politica comparata, per cogliere queste ricostruzioni.
Alla luce di questi argomenti, cosa impedirebbe al fascismo di apparire nel mondo contemporaneo? Se l'integralismo era una versione del fascismo brasiliano, per esempio, perché non poteva esserlo il bolsonarismo? L'argomentazione di politica economica è insufficiente, considerando che il fascismo di Mussolini pervase un periodo liberale. Come suggerisce Paxton nel suo libro, è necessario riscattare il concetto dall'abuso che ha subito a partire dalla Terza Internazionale, quando è stato ampliato al punto da classificare i socialdemocratici come “social-fascisti”, ma non scartarlo del tutto. Perché è necessario un concetto che sia in grado di racchiudere la forma inedita della politica che emerge all'alba del XX secolo, una politica di massa, populista, reazionaria, autoritaria e profondamente nazionalista, diversa da tutto ciò che si è visto fino ad allora. Un movimento che mescola caratteristiche simultanee, condensate in questi altri concetti, come messianismo, rifiuto della democrazia agonistica, desiderio di ritorno a un passato idealizzato, nemici oggettivi disumanizzati per aver imposto alla nazione una presunta degenerazione, cospirazione paranoica e base di massa. In mancanza di un concetto migliore, si usa il fascismo.
In un articolo senza traduzione in portoghese, ma poi condensato nel suo libro, Paxton sottolinea che tutto il fascismo obbedisce a una logica guidata da cinque fasi, che vanno dalla creazione dei movimenti all'entropia o alla radicalizzazione. Quello che ci impedisce di vedere apparire ogni giorno nuovi Hitler e Mussolini, così come impedì al fascismo di raggiungere l'Esecutivo Federale in Brasile nel 1938, non è un miracolo, ma la combinazione di variabili come la tenuta democratica, la cultura politica, la volontà di IL stabilimento nell'abbracciare il movimento, il sentimento di crisi, tra gli altri. La maggior parte dei fascismi, come sottolinea l'autore, muore nel primo o nel secondo stadio, senza riuscire ad acquisire una sufficiente rilevanza politica. Alcuni, come l'integralismo o il falangismo, vanno oltre e arrivano al potere. Ma falliscono nella terza fase, poiché arrivano come partecipanti secondari, costretti a obbedire a un movimento protagonista parallelo come il franchismo o il varguismo.
È importante ricordare sempre, tuttavia, che concetti come reazionario e autoritarismo ovviamente esistono indipendentemente, non essendo necessariamente fascismo. Ma quando compaiono contemporaneamente, l'aroma cresce.
*Sergio Scargel è dottoranda in scienze politiche presso l'Università Federale Fluminense (UFF). Autore di Eterno fascismo, nella finzione e nella realtà (bestiario).
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