Frammenti XXXV

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da AIRTON PASCHOA*

Due pezzi brevi

Giusta causa

La mia domestica ha ficcato il naso in un'altra vita. E non lo dico per come mi guarda. So che ho alimentato le fantasie di molti di loro. Entrarono felici ed efficienti e, col passare del tempo, arrivò il momento della negligenza, una specie di legge del lavoro domestico in vigore fin dalla vedovanza. Ho pensato di risposarmi, ma mi ripugnava l'idea di aggravare il problema. La soluzione fu quella di assumere una donna. Ottimo, tra l'altro, ma ora mi ha incuriosito. Una volta la sorpresi, con la scusa di pulirlo, di accarezzarlo, pagina per pagina, a volte il libro aperto, lei che è praticamente analfabeta, a volte chiuso, mentre seguiva con il dito le creste della copertina che solo lei riusciva a vedere. Quando ho aperto gli occhi l'altro giorno, l'ho trovata seduta accanto a me, che ascoltava Mozart, mentre il caffè sul vassoio si raffreddava:

– Che tristezza…

A dire il vero, a parte i suoi errori, è perfettamente umano e rimane impeccabile come nessun altro. Ma oggi ho pensato che la cosa stesse cominciando ad andare troppo oltre. Davanti a un Matisse in argilla, una bella riproduzione incorniciata e appesa per il piacere personale, con le braccia penzoloni, come se non avesse il coraggio di spolverarlo, non ha fatto il minimo gesto quando ha percepito la mia presenza. Risuonava solo in lontananza:

– Stessa canzone, giusto?

Come saperlo? Cosa dimostra la custodia vuota? l'apertura della finestra? che lo sia o no? se c'è o no musica? se non viene dal vento, dal mare, dall'estate rumorosa dei bagnanti? se proviene dalla terrazza o da dentro, dalla nostra? Sì, forse lo era, e allora? ma non era per lei, non era per noi, non era per nessuno, hai capito? ed è per questo che se ne va, hai capito? Sebbene!

Tisana

Lei si dibatteva e si dibatteva, ma non erano coliche, poverina, era casalinga e cattolica. Pensavo sempre a tutti i tipi di corsi e li frequentavo: informatica, infermieristica, trucco, parrucchiere, manicure, qualsiasi cosa mi capitasse a tiro. Credo che proverei anche con l'inglese. Nessuno di loro finì, ovviamente, perché a volte erano i soldi, a volte era la testa che non funzionava. Era con me da anni, sempre uguale, ricomparendo di tanto in tanto con qualche nuovo corsivo; ultimamente, tuttavia, sembrava essere stata colta da una nuova furia; buttava via riviste, giornali, volantini, opuscoli... Sorrideva, sapete, sua madre era stata una domestica, sua sorella era una domestica, e sua figlia, a parte la lotteria, non avrebbe avuto altra fortuna.

Niente era cambiato, era solo un altro credo in vista, rimaneva efficiente come sempre, e discreto, consapevole del suo posto, una qualità inestimabile, come sapete, e che pagava il meglio che poteva. Era buongiorno, buon pomeriggio, quando passeggiava dopo la scuola, e buonasera, quando andava in pensione (o si rimpiccioliva, un'impressione che ho sempre avuto e che non ho mai capito). Buona notte? Aveva cominciato a sentire un certo rumore... strano, e per quanto ascoltasse non riusciva a capire cosa fosse, uno sfregamento, uno scricchiolio, dei fogli? Sembrava che, se non te ne frega niente, carte o zampe? Non chiusi più occhio né ascoltai più. C'è qualche rumore, anche lo scricchiolio del legno, nella stanza? nel corridoio? rosicchiato? e lo prese con la pantofola.

Un giorno molto presto, incoraggiato dalla luce, in punta di piedi la presi in braccio, inginocchiata sul bordo del letto, con le mani giunte, come una mantide religiosa? No, la mantide religiosa non fa quel rumore, quel terribile insetto che mangi senza ritegno e che cresce senza ritegno mentre lo mangi, l'insetto. Un altro giorno, un'altra notte, ho giurato, mi sono schiantato contro i muri, volando alla cieca, alla cieca e con gli occhi strabici, sempre più superficiale, ho aperto l'Ave Maria con la pelle d'oca, te lo ricordi ancora? – ala, poteva essere solo, immenso, mortuario, sudario, non poteva essere carta, né lenzuolo, copriva la testa, frusciava, tè, tè, tè, fino al tonfo finale sulla porta della camera da letto. Lo presi e lo ringraziai: stavo tremando? la tazza, hai notato? di tisana.

La mattina dopo, dopo un'altra notte limpida e buia come il giorno, quando all'improvviso la vidi in alto, con le braccia alzate, aperte, incollate, che si dimenavano contro il vetro della finestra, bolle? uova? gocciolante… ti… sâ… nia! sì, era proprio lei, era lei, era quella giusta, Tisania agrippina! L'avevo letto una volta, ora lo ricordavo, la falena impossibile, un giorno si sarebbe rotta, ne ero certa, più paura che certezza, ma lo ero, imperatrice, e pretendevo, sì, sì, pretendevo, questa ossessione per i corsi non faceva che saccheggiare i miei risparmi, che non avevo ma che avrei potuto avere, se non fosse stato per questo inferno, prometteva persino un aumento, purché dormisse in pace e in pace lasciassi anche il mio dolore - ingoiai. Sorridere, sai, era tutto ciò che serviva. Fuori, Agrippina! Urlai dentro di me e la buttai fuori.

*Airton Paschoa è uno scrittore. Autore, tra gli altri libri, di Fermacarte(e-galassia, 2022).[https://amzn.to/3XVdHE9]


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