Fronte ampio: ragioni per combattere e vincere

Immagine: Ian Bittencourt Andrade
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da GENERE TARSUS*

L'Uruguay è un piccolo punto luminoso prima dell'Antartide. Di Con le spalle allo squallore di Milei e di fronte al Rio Grande, risplende come contrappunto al fantasma arancione di Hitler verso il nord del continente

“A entrambe le imboccature della galleria tenebrosa, solide recinzioni di ferro e legno quasi marcio impedivano l’accesso ai curiosi e perfino ai possibili fantasmi”.
(In un racconto di Mario Benedetti)

Non sono sicuro che sia ancora possibile parlare di “cicli storici”, nel senso inteso dalle grandi narrazioni della teoria della storia, le cui azioni compiute dagli attori più importanti di ogni epoca si situavano, politicamente, sulla base di l'analisi degli interessi materiali in conflitto, più facilmente visibili. Sembra ovvio che le classi e la lotta tra di esse non sono scomparse, e resta valido lo stesso significato dell’idea di nazione. Ma sembra certo, tuttavia, che il fenomeno dell’immigrazione di massa e la brutalità della transizione climatica hanno aggiunto nuove complessità alla comprensione e al situarsi con l’umanità, nell’ambito delle grandi lotte di emancipazione, culturali, ambientali ed economiche del 21° secolo. .

Nei momenti di cambiamento, che non sono ancora apparsi chiaramente sulla scena, la storia assomiglia più a un tunnel – con fantasmi del passato e nuovi, indefiniti personaggi del presente – che all’orizzonte di un’alba o di una tarda notte. crepuscolo. è che “primo” e “tardo”, nella storia, non sono legati alla nostra breve esistenza, ma al periodo in cui l’umanità, nel suo insieme, si fa universo.

Penso al sud del Cono del Sud, in questo momento dove un piccolo punto luminoso davanti all’Antartide, l’Uruguay – con le spalle allo squallore di Javier Milei e di fronte al Rio Grande – brilla come contrappunto al fantasma arancione di Hitler verso il nord del continente.

In un articolo pubblicato il 04 novembre 2024, l'autore del giornale Folha de S. Paul Bruno Boghossian ha pubblicato una sintesi del programma che Donald Trump applicherebbe, se fosse eletto, come avvenne il giorno dopo, con una vittoria devastante ottenuta su Kamala Harris: “svolta autoritaria, deturpazione delle leggi, costruzione di un circolo di assoluta lealtà e soffocamento di agenti capaci di resistere alle sue idee, distorcere vecchie leggi per perseguitare gli immigrati (…) e usare la forza per punire i suoi rivali e, se vince, probabilmente dirà di aver ottenuto il consenso delle urne per governare da autocrate .” E lo ha ottenuto, su una scala enorme, tale da rendere impossibile dire che i poveri, i lavoratori e i miserabili americani, che hanno votato per lui, “sono stati ingannati”.

A mancare, però, è stata la promessa più violenta di Donald Trump, per l’estrema destra locale e globale: deportazioni di massa, che il presidente eletto ha ribadito poco dopo la sua vittoria, il che significa – mettendo insieme questi punti programmatici – la completa distruzione della democrazia liberale americana. e anche la dimostrazione di una chiara tendenza politica nazifascista della maggioranza del suo popolo, dimostrata dai sondaggi.

Per effettuare deportazioni di massa – ricordiamo la Germania di Hitler e la “democrazia militarizzata” in Israele con il genocidio di Gaza – è necessario instaurare in qualsiasi paese un’autorità di fatto, al di sopra delle leggi interne e internazionali, sia con il sostegno elettorale scatole pervertite dal denaro, o con l’appoggio di spietati alleati sulla scena internazionale.

Con le elezioni tenutesi in Germania, quindici anni dopo la sconfitta tedesca nella Prima Guerra, Hitler venne nominato Cancelliere del Reich, per formare il nuovo Governo (gennaio 1933) con il Leader rafforzato da due elezioni elettorali. Le urne del luglio e novembre 1932 – già scosse dal terrore nazista – permisero di legittimare gli attacchi contro gli ebrei e contro tutta l’opposizione delle forze di sinistra, di centrosinistra e di centro, sulla base di un’elezione in cui la rappresentanza parlamentare il partito nazista salì da 107 a 230 deputati, mentre il nazionalsocialismo ottenne solo il 37% dei voti.

Sia Hitler che Donald Trump hanno detto cosa avrebbero fatto prima delle elezioni. Non c’è errore, non c’è dissimulazione, non c’è stata mistificazione programmatica per conquistare l’opinione degli elettori, come l’hanno conquistata entrambi brandendo contro i valori del vecchio umanesimo democratico borghese, nel momento di sfinimento, dicendo che la loro le promesse politiche di progresso nella libertà fallirono clamorosamente: le libertà divennero sempre più formali, il desiderio di uguaglianza sempre più appassito e la pace sociale fu confutata dalle guerre. Uccidono, torturano, massacrano e uccidono senza pietà né pietà!

In Germania, Hitler è cresciuto grazie alla sconfitta della Rivoluzione tedesca, ma negli Stati Uniti Donald Trump è cresciuto perché il “sogno americano” è stato riformato dall’utopia della destra, di cercare “un posto nell’ombra”, un Luogo illusorio – per ciascuno – accanto ai bianchi, ricchi e malvagi, vicino agli artigli dell’aquila americana, ma lontano dai campi da golf dove le élite celebrano il potere, la vita e la gloria delle proprie imprese.

Negli Stati Uniti, sembra che la lotta di classe dei poveri contro i ricchi sia stata cooptata dall’estrema destra, per trasformarla in una lotta di classe dei poveri contro i più poveri (o i più esclusi) dalla tradizionale società classista. Questo da solo dovrebbe cambiare molte delle nostre analisi del periodo contemporaneo.

La situazione della sinistra pensante, che cerca nuove strade per ritrovare la base sociale perduta, a causa di molteplici fattori che non possiamo qui analizzare, è molto simile a quanto accade a un personaggio di un racconto definitivo dell'uruguaiano Mario Benedetti. Nel tuo libro Insonnie e Duermevelas (Seix Barral), in un racconto intitolato “Tunnel e duermevela”, un tunnel ferroviario – misterioso e allucinante nella minuscola città di São Jorge – è chiuso alle sue due imboccature, cosa che per molti anni ha impedito “l’accesso a curiosi e possibili fantasmi”.

Contiene personaggi ricordati da un ragazzo che osa penetrare al suo interno, che assomiglia al coraggioso Uruguay, dove l'estrema destra è irrilevante. Paese di tunnel e torture, di resistenza armata e ora di fede nella democrazia più esemplare del Sud America.

Marquitos — figlio di don Marcos — e Lucas Junior, figlio di don Lucas, parlavano continuamente dell'enigma di quell'immenso e misterioso vuoto da cui emerse — così diceva la leggenda — un cavallo bianco senza cavaliere e, con l'aiuto di “qualche impulso di vento, un sabato pallido e senza rughe che un topo pianificò come un tetto immobile e crollò sui pascoli".

Sia Marquitos che Lucas Junior erano legati alla mistica del Tunnel, facendo ogni sorta di speculazioni, quando in una di queste conversazioni Lucas Junior disse: “hai visto che adesso è aperto, ma nessuno osa entrare in quella grande cavità”. Fu allora che Marquitos annunciò: “Oserò!” E divenne schiavo del suo stesso annuncio, nel «gesto più eroico che avesse mai compiuto in vita sua».

E poi avvengono gli incontri nel buio del Tunnel, prima con un uomo di nome Servando che si presenta come un delinquente accusato di aver picchiato una vecchia, ma che in realtà, sostiene l'uomo, è stato picchiato da lei; poi, con Marisa, che informa di essere stata lì perché suo marito, per meglio dire, “il mio maschio”, se n'è andato con un'amante e i suoi due figli, affinché lei potesse suicidarsi; Ben presto si trova un cane che gli passa accanto, senza abbaiare né muovere la coda, seguito dal suo padrone che gli dice “non aver paura, perché questo buio fa rannicchiare il cane”, anche se ha già morso un tre- bambino di un anno. E lo segue Marquito, che adesso si imbatte in una ragazza, che ha paura di dormire, ma che non si tira indietro perché non vuole “mollarsi” e gli dice anche di non preoccuparsi per lei, perché i solitari per professione, come entrambi, non succede mai nulla.

Mentre si prepara a lasciare l'altro lato del Tunnel, un volto familiare di un vecchio amico di suo padre, Fernandez, in sella a una moto, lo supera e gli chiede: "Don Marcos, cosa ci fai lì così solo?" Marquitos risponde, un po’ perplesso e molto confuso: “Non sono Don Marcos, sono Marquitos!” La risposta non viene accettata dall'amico di suo padre, Fernandez, che gli dice semplicemente: “Questo tunnel fa impazzire tutti. Dovrebbero chiuderlo per sempre!

Nei momenti della storia in cui i cicli giungono alla fine, c’è sempre un luogo speciale in cui una scintilla della coscienza umana, plasmata da decenni e secoli, può inaugurare una nuova era, sia sotto forma di esperimenti stimolanti che come nuova resistenza contro lo sfruttamento e l’infamia. Benedetti e tanti uomini e donne di ogni ceto hanno attraversato insieme questo Tunnel e hanno intravisto, al di là delle singolarità di ogni incontro nel buio sotterraneo della dittatura, ragioni forti per lottare e vincere.

* Tarso in legge è stato governatore dello stato del Rio Grande do Sul, sindaco di Porto Alegre, Ministro della Giustizia, Ministro dell'Istruzione e Ministro delle Relazioni Istituzionali in Brasile. Autore, tra gli altri libri, di possibile utopia (arti e mestieri).


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